2.
Stella marrone
Sei in gabbia,
Magda. Come un usignolo.
Usignolo,
tutti ti chiamavano così, all’accampamento. Libera
e canterina.
Dieci anni
sono troppo pochi per non essere più libera, figlia del
vento. Perchè i Rom
sono questo, figli del vento, liberi e focosi.
Nemmeno tu
ricordi con perfezione cos’è successo. Un giorno
sono venuti gli uomini in
divisa, SS li chiamano, ma a te ricordano dei demoni, e vi hanno presi.
Sei qui,
con Drina, tua sorella, sola e spaventata. Ci sono altre bambine, in
questa
baracca umida e buia, fredda come il cuore di queste persone.
“Guarda gli
occhi, Magda, sempre. Saranno loro a dirti cosa fare. E bada ai gagi,
sono
crudeli ed impuri.”
Siete tutte
romi, se così si può dire. Tu sei una delle
più vecchie, quindi le rassicuri
tu. Ci sono due donne che si prendono cura di voi, ma vi guardano con
uno
sguardo strano, come si guardano i cavalli troppo sfiaccati e infermi
per
lavorare.
Entrano nella
baraca, gli uomini senz’anima, mentre tu fai uno scongiuro.
Chiama tua sorella
Drina e altre bambine. Le portano via.
Sai che Drina
non tornerà più.
Sai che Drina
finirà su un tavolo freddo di metallo.
Che la
taglieranno, come fanno con le altre bambine.
Che morirà
lì.
Che non la
vedrai più.
Che la
prossima sarai tu.
Le stelle
marroni erano i Rom e gli apolidi. Durante Olocausto, moltissime
bambine Rom
vennero usate negli esperimenti di sterilizzazione con mezzi
chirurgici, senza
anestesia. Morivano per le infezioni o di emoraggia interna.
La parola Romi,
donna, è il femminile di Rom, uomo, non nel senso di essere
di genere femminile
quanto di vera donna, adulta. Qui ho usato la parola romi per far
vedere che,
anche queste bambine, davati a questo orrore, sono dovute crescere in
fretta.