Orrore. 27 gennaio 1945
1.Stella
gialla.
Il treno
avanza. Verso dove, non si sa. I suoi passeggieri sono uomini, donne,
bambini,
vecchi e giovani, sani e malati. Viaggiano pigiati come bestie. Alcuni
piangono, altri parlano per farsi coraggio, ma sono tutti stanchi.
Tra questi
c’è
Esther.
Lei sta lì,
appoggiata alla parete del vagone piombato, di quelli dove si caricano
le
bestie, non le persone.
Esther stringe
la mano di sua madre. Esther ha sei anni, Esther è bionda,
Esther è allegra.
Esther è
ebrea.
Ha vissuto gli
ultimi mesi in un ghetto della Germania. La Germania, il suo paese.
La gloriosa
Germania.
Sua mamma si
chiama Sarah, suo papà Jakob. E poi c’è
sua sorella, Judith.
-Mamma, dove
andiamo?- la sua domanda è sempre questa.
-In una nuova
casa, tesoro.- e sempre questa è la risposta di sua madre.
Il treno si
ferma. Un’altra pausa? No, aprono le porte e gli uomini con
la divisa, quelli
che urlano parole cattive, con quei cani che abbaiano e fanno vedere il
denti a
tutti, li fanno scendere.
C’è una
ressa,
giù dal treno: famiglie che cercano i loro parenti, persone
confuse, donne e
anziani che fanno fatica a muoversi, alcuni sono colti da malori.
Papà cerca i
nonni e gli zii, ma non li trova.
Li
raggiungeranno dopo, dice.
C’è una
grande
scritta, sul cancello di questo posto, brutto e freddo. E ci sono
persone
strane.
Però Esther
non sa dire se siano persone vere. Sembrano delle bambole di pezza
venute male,
senza capelli e con dei vestiti brutti. Sembrano dei fantasmi, pensa,
tutta
orgogliosa per quel paragone da grande. Come quelli di Judith, che, a
dodici
anni, è bella e intelligente e tutti le fanno i complimenti
per la sua
parlantina.
Le
persone-fantasma le guardano come se non le vedessero. Lei fa ciao con
la
manina, ma non rispondono.
Sono ammalati?
O ciechi? O forse, solo maleducati? Ah, no, dice Esther, lei da grande
non sarà
mai tanto maleducata. Povera bambina, piccolo tesoro, tu che grande non
ci
diventerai mai. Perchè vi dividono, vi scelgono, vi
smistano. E tu finisci
nella colonna sbagliata, con mamma e Judith.
E marciate,
fino a quelle strane stanze, dove vi fanno spogliare. E a te non ti va
di
lasciare la tua bambola.
Ma vi dicono
che troverete tutti dopo. Dovete fare una doccia e la doccia mica si fa
vestiti, no?
Mamma e Judith
aiutano una vecchia signora.
Entrate, la
stanza è buia e le persone in uniforme chiudono la porta
piombata.
L’ultima cosa che senti, Esther, di questo mondo ingrato, è il dolore di una morte ingiusta.
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Questa è una raccolta di one-shot scritte in memoria di chi è morto, nei modi più disparati ed orribili, nei lager e i campi di sterminio.
Fin
da bambina questo evento oscuro della stria mi ha affascinata, non in
modo positivo, certo, perchè dimostra a che livelli la
cattiveria e la stupidità umana possa arrivare e ho deciso
di celebrare la memorie di queste vittime (di cui gran parte bambini),
per quanto possibile. non sto glissando tanto sui punti strorici,
quanto sul punto di vista umano: la paura, la confusione e l'incertezza
di un mondo in rovina, della cattiveria umana, visti dagli cchi di una
bambina che non ha idea di cosa sia la morte. L'orrore visto dagli
occhi di un puro di cuore.