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Autore: Cherry pie    31/01/2011    0 recensioni
Moon, ragazza apparentemente normale, è discendente di una famiglia nobile. Ormai è incastrata nello stupido gioco dei genitori chiamata tradizione, ma Michael la trascinerà verso il basso facendola allontanare dai suoi genitori, dalle tradizioni ma soprattutto da Robert. Cadranno insieme o l'unico a scivolare tra grinfie di Lucifero sarà Michael? Basta credere nell'amore?
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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30th June, 1985.

I suoi occhi color oro schizzavano da una parte all'altra scrutando il nuovo ambiente.
Sì, era in un posto completamente nuovo e sconosciuto che solo Dio sapeva quante disgrazie poteva portarle o meglio, le avrebbe sicuramente portato.
Accavallò le gambe mostrando svariati centimetri della sua bianca e liscia pelle delle sue cosce.
I suoi lunghi capelli tinti neri ricadevano a onde sul prorompente decoltè poco nascosto dallo scollato vestito nero.
Le sue mani accarezzarono provocanti la pelle beje del divanetto che faceva risaltare le sue unghie rosse ben curate.
Sembrava una pantera; una bellissima pantera che sensuale, attirava a se la sua preda per poterla addentare. La sua preda ero io.
Il suo sguardo si puntò su di me e l'angolo destro della sua bocca si sollevò in un ghigno soddisfatto. Un serpente; un serpente in grado di avvertire cosa le accadeva intorno solo grazie alle onde che emanavano i corpi degli altri. Il mio sicuramente emanava imbarazzo seguito da un'insicurezza palpabile.
Le sue piene labbra a forma di cuore si posarono sul vetro del bicchiere. Quanto avrei voluto essere quel bicchiere solo per poter sfiorare le sue labbra e donarle quell'emozione inebriante che si attacca prepotente al cervello come poteva donarle quell'alcolico che ora scorreva veloce nel suo corpo. Nel suo perfetto corpo.


« Una gioventù bruciata, non è vero? »
Mi girai preso alla sprovvista.


« Oh ehm.. si.. si.. no, di cosa stai parlando? »
Lionel si sedette sul divanetto di fronte al mio e appoggiò pesantemente i pugni sul tavolo di vetro.


« Smettila Michael, sai di chi sto parlando »
Ribattè fecendo un leggero cenno con la testa.


« L'hai guardata fino adesso e lei sembra ricambiare con tutta se stessa. Proprio tutta. »
La scrutò con l'occhio sveglio e le sorrise per non farsi notare.


« Sembra una.. »
« Non cominciare con le tue similitudini, almeno non prima di essere ubriaco marcio »

Scherzò ridendo gravemente Lionel.
Scrollai le spalle e abbassai il cappello sugli occhi. Era così incredibilmente imbarazzante tutto questo, eppure la mia mente era seduta accanto a lei, era sopra di lei, era dentro di lei; e anche il mio corpo confermava questa mia fantasia, specialmente l'ultima.
Il liquido verde scendeva a cascata nel mio bicchiere e sembrava non fermarsi mai. Vodka. Un enorme bicchiere di vodka riempito fino all'orlo era quello che mi ci voleva per distrarmi.
I suoi occhi mi sfioravano la schiena, le spalle. Cercava la mia attenzione e io l'avvertivo. Sentivo il bisogno di guardarla ancora una volta.
Rilassai i muscoli affondando nel divanetto.
'Forza Michael'.


« Ehi, la tua dea si sta avvicinando »
Tolsi gli occhiali e mi sollevai. La sua presenza era forte come se un'aura bianco puro si fosse illuminata attorno alla sua anima racchiusa in quello snello ed agile corpo.
Si muoveva sinuosa scivolando tra un tavolo e l'altro. I suoi passi erano leggeri ma allo stesso tempo faceva tremare le pareti. Il suo sguardo era innocente e focoso. Passione. Desiderio. Pietà. Forse sentimento. Macchè, puro sesso nei suoi occhi.
Il suo tacco risuonò un'ultima volta prima di piantarsi di fronte al nostro tavolo. Abbassai la testa lasciando che il cappello facesse ombra sui miei occhi terrorizzati. Un sapore agrodolce esplose nella mia bocca. Era il suo profumo che enigmatico inebriò il mio corpo. Enigmatico come lo era lei.
La sua mano si posò sulla mia e le sue unghie graffiarono le mie dita come per invitarmi a ribellarmi, come per chiedere attenzione proprio come fa un gatto quando ha fame.
Una sensazione di calore si espanse in me come il primo sorso di un alcolico. Quello era il primo e sicuramente non ultimo assaggio che lei mi avrebbe dato quella notte; quella notte ad Hollywood.
La sua mano si allontanò dalla mia e con gesto elegante, prese tra le dita il mio bicchiere prendendone un grosso sorso.
Si sfiorò i denti con la lingua prima di svanire nel nulla. Con il mio alcolico.


« Cosa ci fai ancora quì te?! »
Lionel era scandalizzato. Ma che scandalizzato, di più.
Non capivo se era per lei o perchè io ero ancora qui seduto con la mano piantata sul tavolino e ancora quella sensazione di calore che si impossessava sempre meno di me.


« Vai subito a cercarla! »
Annuii incerto. Si, la mia mente era incerta ma a quanto pare il mio corpo non lo era affatto perchè, mentre con la testa ero ancora al tavolo, mi ritrovai al centro della sala a spintonare gente che sicuramente conoscevo ma che non avevo ne la voglia ne il tempo di salutare.
Le mie orecchie fischiavano e il respiro era carente. Era sicuramente vicina.
Sospirai e cominciai a correre.
Il suo profumo. Il suo corpo. I suoi occhi; sensuali occhi che mi avrebbero trascinato verso il basso, verso le viscere dell'inferno.


« Michael! »
Una voce acuta mi perforò un timpano. Mi sollevai dritto con la schiena e mi girai.
Diana Ross.


« Diana! Ciao.. »
« Oh carissimo! E' dai tempi di Thriller che non ci sentiamo più, sbaglio? »

Sorrisi nervosamente e mi sorpresi a torturare il mio freddo orologio.


« Non sbagli affatto! Guarda, sono davvero dispiaciuto ma devo and.. »
« Quanto tempo! T r o p p o! Coraggio, raccontami un pò di te! »
« Diana, cosa devo raccontarti? Sai tutto, e poi io devo andar.. »

Le sue lunghe e rugose dita afferrarono il mio braccio trascinandomi su uno di quegli squallidi divani beje.


« Coraggio, ci son tante cose di te che mi piacerebbe sentire »
« Oddio, senti? »

Diana sbarrò gli occhi e chinò la testa vicino alla mia tasca.
Con un gesto veloce portai la mano sulla tasca e sorrisi.


« Il telefono! Devo andare a rispondere »
Dissi alzandomi in piedi e ridendo in modo tanto finto che mi sorpresi del fatto che lei non si accorse di niente.


« Chi ti cerca Michael? Mi stai nascondendo qualche ragazza? »
Rise.
Mi bloccai e trattenni il respiro. Non stavo nascondendo niente; forse avevo la faccia di uno che nascondeva?!
Feci scrocchiare le noche e sussurrai


« No, è solo mia madre »


~



Il vento freddo si scagliò feroce su di me. La notte era ancora giovane; erano le stelle a dirmelo. Luminose e piccole stelle che da lassù vegliavano su di me, sulle mie azioni, sui miei pensieri.
Il solitario lampione illuminava solo una piccola parte di quel lungo marciapiede. Quel lampione era lontano da me, che ero avvolto dalle ombre.
L'unico quartiere di Hollywood piccolo e cupo, dove io passavo le serate, era vuoto. Nemmeno gli schiamazzi dei locali intorno erano udibili da dove mi trovavo io.
Il ruggito di un motore e poi una Mercedes schizzarmi veloce davanti agli occhi.
La seguii con lo sguardo mentre dentro il mio cuore si rimpiccioliva, diventava grigio e debole. Se n'era andata.
Ancora mi balenava in mente il suo corpo, i suoi movimenti, il suo profumo mentre dentro il sangue smetteva di fluire alla testa. Pensavo di morire.
Nel silenzio un rumore di tacchi rimbombò nelle mie orecchie: i suoi tacchi.
Mi girai di scatto e vidi da dietro la sua esile figura nera svanire nella nebbia che si era formata tra i due palazzi affiancati: voleva la seguissi.
Con passo svelto e felpato mi diressi frettoloso verso di lei ma la nebbia si faceva sempre più fitta, più bianca davanti i miei occhi accecandomi quasi totalmente. Solo il rumore leggero dei suoi passi mi faceva da guida.
Una porta. Stava entrando nel palazzo?
Il suono era metallico e freddo. E lì capii: stava entrando dalla porta di sicurezza.
Dimenai le mani in aria con l'intento di migliorare la visuale ma ben poco cambiò, finché non vidi una striscia di luce rossa che indicava l'uscita di sicurezza con la porta spalancata.
Senza pensarci due volte, saltai sul gradino e passai sotto la ringhiera di ferro.
Fatto un passo la temperatura cambiò drasticamente: dal freddo al caldo, quasi accogliente, dove lei mi aspettava.
Un enorme tavolo da biliardo bloccò i miei passi. Il suo profumo forte aleggiava nell'aria, e come una grossa freccia luminosa mi indicava che lei era alle mie spalle.
La porta si richiuse ma io ebbi l'istinto di rimanere immobile. Lei mi stava manovrando con il suo sguardo, che mi accarezzava prepotente e avido.
Le sue mani si appoggiarono sulle mie spalle e, come due ventose, fecero scivolare via il mio giubbotto che cadde pesantemente a terra.
Con un calcio lo lanciò nell'angolo della sala e mi fece girare.
I suoi occhi nei miei, le sua labbra vicinissime alle mie.
Il magnetismo nel suo sguardo era tale da mozzarmi il respiro.
La sua mano accarezzò il mio fianco e lentamente si spostò avanti, sfiorando quel pezzo di tessuto completamente tirato e rigido. Chiusi gli occhi e mi morsi il labbro cercando con tutto me stesso di non lasciarmi prendere dal desiderio.
Bastò una leggera pressione per far scattare la cerniera dei miei pantaloni neri.
Un ghigno cattivo nacque sul suo viso. Perfetto viso che ora mi stava leccando appena sotto l'orecchio.
Mi appoggiai al tavolo da biliardo e socchiusi gli occhi in attesa.


« Sarai la via del mio successo. »
Tagliente e sensuale come non mai la sua voce avvolse la mia mente strizzandola e facendomi perdere i sensi.
Le sue gambe si piegarono e le sue ginocchia toccarono terra.
Trattenni il respiro mentre il tessuto dei miei boxer sfregava contro le mie gambe e le sue dita fredde si avvicinavano vogliose verso il mio sesso.
Sinuosa la sua lingua si srotolava accarezzandomi mentre la mia mente si appannava man mano sempre di più.
In quel momento persi il controllo.
Le afferrai le spalle e con un gesto galante la posai sul tavolo da biliardo.
La sua risata si fece pesante mentre con la mano destra ornata di anelli, si asciugava la bocca accarezzandosi le labbra.
Quello spazio in mezzo alle sue gambe mi accolse caldo e umido quasi come fare un tuffo in una piscina riscaldata.
Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da quella sensazione che avvolgeva la mia mente e i miei sensi facendomi perdere totalmente il controllo.
Pesanti sospiri e gemiti di lei mi incitavano a continuare, sempre più forte di prima. Aumentare la velocità, raddoppiare la forza. Ma lei non era ancora sazia.
Strizzò gli occhi e appoggiò la testa sul morbido tappeto del tavolo da biliardo.
Le sue dita si aprirono sulle mie spalle e le sue unghie affondarono feroci nella mia pelle lasciandomi lunghi solchi sulle braccia, ora color sangue.
Affondai le mie labbra nel suo collo e con la lingua le solleticai sotto il mento. Mostrò una lunga fila di bianchi denti.
Fece leggermente pressione su di me e mi fece sdraiare al suo fianco. Chiuse gli occhi e mi accorsi che aveva il fiatone. Forse era troppo per il suo esile corpo?
Improvvisamente un'ondata di sensi di colpa si impossessarono della mia testa. Le presi il viso tra le mani e arrotolai la mia lingua con la sua, forse per tranquillizzarla.
Il rumore dei suoi tacchi contro il pavimento mi riportarono alla realtà.
Scossi la testa e mi coprii il viso con le mani. Se ne stava già andando.
Riaprii gli occhi e il suo viso parve luminoso sopra di me.


« Sono stata quello che volevi, ora a me spetta la ricompensa »
Squallida notte, qui ad Hollywood: maledetto desiderio di provare sensazioni nuove. Dovevo aspettarmi che sarei finito sfruttato come sempre. Maledetta quindicenne dai tacchi alti e lo sguardo sensuale che era stata capace di usarmi.
Ora sei famosa, tra le braccia di un'altro uomo; starai ingannando lui come hai fatto con me?
Maledetta quindicenne, affamata di successo e accecata dall'invidia.

  
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