Fisica
delle particelle
(seconda
parte)
-
Cos…?- mugugnò Dominic, tirandosi immediatamente
a sedere e poi in
piedi.
L’altro
sorrise nervosamente, mostrando gli incisivi accavallati ed aguzzi.
-
Scusa il disturbo… Ti ho visto sdraiato per terra e
così… -
Bellamy mosse una mano in un gesto vago che per lui doveva valere
come ulteriore spiegazione del suo intervento precedente.
Nel
frattempo, Dominic si stava spolverando i pantaloni, occhieggiando il
nuovo arrivato con fare circospetto.
-
Figurati… Cioè, anch’io…-
iniziò, senza in realtà avere la
più pallida idea di dove andare a parare.
“Anch’io
importunerei un perfetto estraneo se lo vedessi spaparanzato per
terra in un parco in una sera novembrina”? Un po’
campata in
aria, come replica.
Fra
l’altro, non si poteva nemmeno parlare di “perfetto
estraneo”:
un po’ perché frequentavano lo stesso istituto, un
po’ perché a
Teignmouth si conoscevano tutti almeno di vista e un po’ per
ovvie
ragioni.
-
Già… Insomma, fa davvero freddo, eh? -
Nel
sentire l’inflessione forzatamente noncurante nella voce del
suo
inaspettato interlocutore, Dominic ebbe la strana sensazione che
quell’approccio fosse in parte qualcosa di non troppo casuale.
Si
sforzò di non dar peso a quel pensiero. Troppo inquietante,
come
prospettiva – senza contare che rimanere da solo con quel
tipo in
un posto così tetramente solitario già gli dava
un po’ i brividi.
-
Be’, ma come mai allora vai in giro?- volle sapere Dominic,
incrociando le braccia sul petto in un istintivo gesto di chiusura.
Bellamy
scrollò le spalle, lisciandosi i capelli: - Stavo andando a
casa,
infatti.-
Indicò
un punto indistinto alle sue spalle, senza che Dominic si rivelasse
interessato alle coordinate precise di esso.
-
Mhm... Anch’io. -
-
Oh… Be’, allora… Ciao. -
-
Ah-a. Ciao. -
Il
quadretto surreale terminò con quell’insipido ed
impacciato botta
e risposta: Bellamy non tentò di instaurare un dialogo
migliore e
Dominic gliene fu molto grato.
Camminando
con le mani rintanate nelle tasche del giubbotto, il vento che gli
gelava le gambe attraverso i jeans umidi, Dominic borbottò a
mezza
bocca il ritmo richiestogli da Bowman durante il provino.
Cazzo,
almeno avesse motivato il suo rifiuto... La nozione di
“critica
costruttiva” proprio non gli apparteneva, eh?
Iniziò
a tremare di freddo.
Ma
quanto strada doveva fare ancora? Gli sembrava di essere in cammino
da una vita.
Tossicchiò.
Si era già pentito del suo impulso di poco prima.
Fanculofanculofanculostoghiacciando.
Quando
vide in lontananza il cancello di casa sua gioì
silenziosamente,
entrando a passo di carica ed andando a rintanarsi direttamente in
camera – sua madre non c'era, si trovava a quel seminario
comunale
su tematiche concernenti il disagio adolescenziale e roba del genere.
Il
giorno dopo si risvegliò con tutti i classici sintomi di un
febbrone
da cavallo proprio come aveva auspicato, con l'unica differenza che
non ne era più così entusiasta.
Gli
dolevano la gola e le giunture e la testa gli sembrava gonfia come un
pallone, nonché pesante come un'incudine.
Scese
in cucina, trovando un paio di croissant nel microonde ed un
biglietto di sua madre: “Buona giornata,
cucciolotto!”
Dominic
rabbrividì, appallottolando il foglietto e gettandolo nel
cestino.
Disdegnando
i croissant, trangugiò del müsli a fatica e si
trascinò in bagno.
Nel
lavarsi i denti, rifletté su quali lezioni avrebbe saltato,
quel
giorno.
Dunque...
Storia, biologia, educazione fisica...
Sorrise
stancamente – bel
colpo, Howard... Proprio oggi che la prof spiegava.
Dopo
essere uscito dal bagno, andò dritto dritto in salotto e si
sistemò
sul divano, cominciando a fare zapping.
Telegiornale.
Documentario sul tursiope. Cartoni animati. Altro telegiornale.
Dominic
sospirò, sdraiandosi sui cuscini foderati di pizzo del sofa.
Sonno.
Noia. Mal di testa.
Sonno.
Stava
per addormentarsi, quando un suono attirò la sua attenzione.
Un
suono vagamente stridulo ma cadenzato, con un proprio ordine ritmico.
Veniva
da lontano, forse da fuori. Magari qualcuno stava ascoltando della
musica a volume molto alto.
Dominic
decise di non farci caso e di tornare al suo pisolino ma la melodia
aumentò sensibilmente di intensità, quasi si
fosse fatta più
vicina.
Archi.
Una sezione d'archi.
Alzandosi
e sbadigliando pigramente, Dominic si guardò attorno come ad
individuare la direzione dalla quale la musica si stava propagando
–
lenta, solenne e forse un filo troppo melodrammatica per i suoi
gusti.
Intontito
da febbre e relativa debolezza, si accorse dopo qualche secondo che
non si trattava più solo di archi.
Credette
che fosse uno scherzo del suo cervello annebbiato, quando si rese
conto che qualcuno stava cantando su quella melodia...
… e
che quel qualcuno doveva trovarsi nella sua cucina.
Il
cuore iniziò a battergli più forte.
Ok.
Forse era sua madre che era rientrata e magari non l'aveva sentita
–
dopotutto era a pezzi, no? I suoi sensi e riflessi funzionavano a
rilento... O poteva essere una delle gemelline accanto alla finestra
della cucina – la voce era abbastanza acuta da appartenere ad
una
donna o una bambina.
Prima
di rendersene effettivamente conto, si ritrovò a seguire la
voce un
passo dietro l'altro.
Non
pronunciava parole, ma solo vocalizzi precisi ed intonati ed a
tonalità ragguardevoli.
Dominic
chiuse gli occhi per un secondo e gli parve di nuotare in quel mare
di note sempre più prossimo ed intenso: una parte di
sé sembrava
guardarlo da fuori, rimproverandogli l'imprudenza che lo stava
guidando verso la porta chiusa della cucina, abbassandone piano la
maniglia come per non disturbarne la voce dietro.
Trattenne
il respiro...
… e
vide sua madre che stava lavando i piatti, cantando.
Dominic
buttò fuori il fiato in uno sbuffo sollevato.
- Ciao,
ma'. -
- Oh,
tesoro! Ma sei qui? - squittì allegramente Diane, dandogli
le
spalle.
Indossava
un grembiulino ricamato ed una gonna a fiori gialli su sfondo nero.
Dominic
non gliel'aveva mai visti addosso.
-
Be', sì, ho un po'
di febbre e quindi... - bofonchiò, scuotendo il capo come
per
schiarirsi le idee.
- Oh,
piccolo... - lo compatì sua madre, sfilandosi i guanti di
gomma
verde dalle mani e slacciandosi il grembiule.
Quando
si voltò, Dominic trattenne un urlo a malapena.
Sotto
la folta chioma ramata di sua madre c'era il muso di un tursiope, che
lo squadrò preoccupato con i suoi occhietti neri e brillanti.
-...
hai preso l'antipiretico? -
Dominic
si svegliò di soprassalto, ritrovandosi sdraiato sul divano
con il
collo irrigidito e una gamba penzolante oltre il bordo del divano.
Si
tastò la fronte, trovandola bollente ed asciutta esattamente
come
l'aveva lasciata, e poi si abbandonò di nuovo contro il
cuscino sul
quale aveva riposato – cazzo, ci aveva anche sbavato un po'
su.
Spense
la TV, caracollando in cucina ed aprendo lo sportello del microonde:
sbocconcellando un croissant e chiedendosi perché non
l'avesse fatto
prima - cavolo, era buono anche da freddo - fissò il vuoto
per
qualche minuto.
Mai
sentito così di merda, e non solo per la febbre.
A
chi li chiedo i compiti, stavolta? Buchanan? No, già
è convinto che
siamo ad un passo dal diventare fratelli di sputo alla maniera dei
Piccoli Lupi del Devon perché mi ha passato quella stracazzo
d'equazione il mese scorso. Evitiamo.
Nessie?
No, mi odia. Jason? Naah, mi odia pure lui. Julie? No, mi o... Ok,
non mi caga e basta. Quella troia.
Tanto
ho tempo per decidere. Sono solo le... Undici? Sì, le
undici. Mi si
stanno incrociando gli occhi, cazzo.
Quando
si adagiò sul ripiano di legno freddo del tavolo, un ultimo
pensiero
lo cullò piacevolmente prima di sprofondare nel sonno
più pesante e
scuro.
La
Pennyworth per un po' di tempo dovrà trovarsi un altro
schiavetto...
O al limite dovrà muovere il culo e spolverarsi gli scaffali
da
sola.
***
«
Professore, sono un extraterrestre!»
La
sconvolgente dichiarazione di un liceale della città di
Teignmouth
Una
mattinata come tante trasformatasi in un’esperienza da
“Ai
Confini Della Realtà”, per un insegnante di
scienze e la classe
del primo anno del liceo *** di Teignmouth, cittadina del Devonshire:
uno studente, evidentemente annoiato dalla lezione tenuta dal
professore, decide che l’unica risoluzione da intraprendere
è
quella di balzare sul proprio banco e declamare un discorso sulle
proprie ipotetiche origini extraterrestri.
Buontempone
o vittima di un grave esaurimento nervoso? Di certo per ora il
giovane non è riuscito a rimediare consensi fra i suoi
compagni,
alcuni dei quali dichiarano: “È sempre stato un
po’ strano”.
La
bibliotecaria della scuola asserisce: “Lo vedevo quasi sempre
da
solo e passava un sacco di tempo in biblioteca… Chiedeva
sempre dei
titoli particolari, e amava leggere saggi scientifici. Più
volte ha
cercato di coinvolgermi in strani discorsi a proposito delle sue
strambe teorie spionistiche, ma non ho mai dato molta importanza a
certe fantasie”.
In
attesa che l’eco mediatica attorno al caso si smorzi, il
giovane è
stato allontanato dalla scuola e si vocifera di un suo ricovero in un
istituto d’igiene mentale.
A
suo tempo la notizia aveva avuto una risonanza sorprendente,
guadagnandosi un trafiletto persino sulle pagine del Sunday Times:
ovviamente, l’importanza dedicata al caso dal quotidiano era
inversamente proporzionale all’accurato sensazionalismo della
prima
pagina dei giornali locali e del giornale della scuola.
Matthew
Bellamy aveva attraversato il cielo nebuloso e statico di quel buco
di culo di Teignmouth come una meteora, con l’unica
differenza che
la gente aveva continuato ad osservarne la scia anche a distanza di
tempo.Cosa
non si faceva, per sconfiggere la noia… Giocare a carte,
ubriacarsi
di birra da quattro soldi e parlare di quel mezzo matto del giovane
Bellamy – quello che credeva di venire da un altro pianeta,
te lo
ricordi?
Dominic
sollevò la testa dal vecchio quotidiano per sbirciare la
signora
Pennyworth seduta dietro la sua scrivania, mentre si limava le unghie
sospirando contemporaneamente su una rivista di moda.
Chissà
come doveva essersi emozionata al pensiero di essere finita in
qualche modo sul Sunday Times. Sicuramente dopo aver letto il
giornale doveva essersi precipitata a riferire la notizia al suo
criceto, festeggiando con un goccino di gin. Forse più di un
goccino.
In
quel momento la donna si accorse dello sguardo di Dom, e
assottigliò
le palpebre pesantemente truccate di cobalto: - … credevo di
averti
detto di riordinare i quotidiani, non di fare una rassegna stampa. -
Invece
io ho sempre creduto che tu fossi il perfetto modello della Zitella
Acida in Piena Menopausa, ed infatti ti manca solo una casa piena di
gatti puzzolenti, stronza.
Il
ragazzo borbottò delle scuse indistinte, richiudendo le
pagine
lievemente ingiallite spalancate sul tavolo.
A
suo tempo non si era molto interessato al caso Bellamy, anche
perché
tempo due giorni e la vicenda aveva cominciato a nausearlo: tutte
quelle persone che affermavano di “conoscere molto bene il
soggetto”, di “aver notato in lui qualcosa di
strano nei giorni
precedenti al fattaccio”…
Stronzate.
Di Bellamy non si era mai interessato nessuno.
Era
un lupo solitario addirittura peggiore di lui, uno di cui non ci si
accorgeva fin quando non veniva degnato dell’attenzione dei
bulletti della scuola… Attenzione del tutto negativa,
ovviamente.
Personalmente
a Dom era capitato di occhiarlo nei corridoi – non era ancora
lo
schiavo di Lady Menopausa, quando Bellamy bazzicava per la
biblioteca scolastica - con il suo passo dinoccolato e i suoi libri
sullo spionaggio internazionale e sul cospirazionismo, ma non gli
aveva mai realmente rivolto la parola. Almeno fino a qualche giorno
prima, ovviamente.
Dom
riportò tutti i quotidiani deposti sul tavolo al proprio
posto,
salutando appena a mezza voce la signora Pennyworth
nell’uscire per
la sua pausa: tanto non l’avrebbe sentito, persa
com’era nei suoi
sogni ad occhi aperti popolati di vestiti e borsette troppo onerosi
per le sue tasche.
La
campanella aveva sancito il termine delle lezioni pomeridiane da
un'ora circa, ma come ogni giovedì per lui la tortura
continuava.
Di
tutte le attività extracurricolari era andato a scegliersi
di certo
la meno impegnativa – sulla
carta
– ma anche la più noiosa.
Il
tutto, con in sottofondo una discreta cover di Sly
di
Herbie Hancock eseguita da chissà quale talentuoso ensemble
di elementi del terzo anno del quale non era degno di far parte.
Ah,
che bello tornare a scuola.
Mentre
percorreva il corridoio deserto dirigendosi verso il distributore
delle merendine, dall'aula magna uscirono un ragazzo ed un'acuta nota
di clarinetto.
-
Ok... Due Light e un
té al limone. - sorrise il tipo, appoggiato allo stipite
della porta
che si richiuse alle spalle subito dopo.
Arrivò
alla macchinetta qualche istante prima di Dominic, aiutato da un paio
di gambe ben più lunghe delle sue: riconoscendo quella
caratteristica ed associandola ai riccioli castani, Dominic
ricordò
distrattamente che si trattava del tizio che aveva tentato di
consolarlo dopo il suo famigerato provino.
Chissà
perché girava tanto dalle parti della band... Gli pareva
suonasse
già in un gruppo, ma non ne ricordava il nome... C'erano
troppe band
in giro, a Teignmouth, per tenerle a mente tutte: alcune duravano lo
spazio di un'esibizione ad una Battle of Bands, altre si scioglievano
dopo un mese, altre ancora cambiavano nome e membri ad un ritmo
spiazzante.
-
Oh, no. - mormorò Dominic, dopo aver selezionato il numero
corrispondente al suo marchio di patatine preferito.
La
busta, leggera ed elegante, era planata poco più in basso
rispetto
al luogo di partenza, incastrandosi fra il vetro dello sportello ed
un Mars sporgente di qualche centimetro dalla postazione
assegnatagli.
-
Ma porca...! - imprecò il ragazzo, guardandosi attorno e
mollando
poi un pugno ad un lato del distributore per far cadere la
confezione.
Nulla.
La bustina non si era nemmeno mossa.
-
Oh, cavolo! - esclamò di nuovo Dominic, stavolta calciando
rumorosamente lo sportello al puro scopo di sfogare il nervosismo.
-
Così non verrà mai giù. -
Il
ragazzo si voltò di scatto, trovandosi di fronte il tipo di
prima:
avvampando all'idea di aver dato un pessimo spettacolo di sé
stesso,
indicò goffamente l'oggetto del suo desiderio.
-
Be', allora non so che altro fare. -
Lo
spilungone si avvicinò di un passo, ed istintivamente
Dominic gli
fece spazio.
Afferrando
la sommità della macchinetta con entrambe le mani, il
ragazzo fece
leva sui polpacci e la inclinò leggermente, facendola poi
ricadere
con un tonfo sonoro.
Il
Mars mal posto all'interno del suo settore seguì la busta
delle
patatine.
Dominic
aprì la bocca, forse alla ricerca di un ringraziamento, ma
il
perticone lo prevenne.
-
Di solito funziona anche con le patatine, ma in realtà ci
vuole più
di uno scrollone... Sono troppo leggere. - spiegò, infilando
poi una
monetina nell'apposita fessura per un'altra lattina di té
freddo.
Stringendo
il pacchetto fra le mani, Dominic si mordicchiò il labbro
superiore
con aria incerta.
Grazie.
Dai, su. Si dice "grazie".
-
Uh... Grazie. - bofonchiò alla fine, aprendo la busta e
cacciandosi
una manciata di patatine in bocca.
L'altro
si chinò a raccogliere la lattina appena caduta ed il Mars
lasciato
lì da Dominic, per poi raddrizzarsi e guardarlo negli occhi.
Aveva
una faccia strana... Non che fosse brutto: anzi, per gli standard dei
liceali di quella zona, non era neanche eccessivamente brufoloso o
peloso ed in generale i suoi lineamenti ispiravano abbastanza
simpatia.
Solo
che sembrava davvero grande. Più grande di lui, sicuramente.
-
Figurati. - scrollò le spalle ampie sotto la sua larghissima
camicia
a scacchi nel rispondergli; poi gli mostrò il Mars,
chiedendo: - Non
lo prendi? -
-
Non mi piace granché. - scosse il capo Dominic, pulendosi le
briciole ed il sale ai lati della bocca con due dita.
-
Meglio per me. - approvò l'altro, strappando
l'estremità della
confezione dello snack con i denti.
Senza
che Dominic se l'aspettasse, gli indirizzò un sorriso.
-
Quando sei di corvèe con quello stronzo di Bowman hai
bisogno di
energia. -
Quindi
era come pensava... Era il nuovo assistente di Bowman. Anzi, quello
stronzo di Bowman.
Come suonava disgustosamente bene, l'idea di non essere il solo a
pensarlo!
A
bocca piena, lo spilungone appoggiò la schiena al
distributore e lo
guardò di sbieco.
-
Tu sei Dominic Howard, vero? -
-
Sì. - ribattè asciutto Dominic, annuendo e
nascondendo il lieve
stupore di essere stato riconosciuto.
L'altro
annuì, indicandolo con il Mars già dimezzato: -
Ti avevo già visto
da qualche parte... Sei quello del provino. -
Oh,
benissimo. Dai, mettiamo il dito nella piaga ed allarghiamola ben
bene...
-
Già. - ammise controvoglia il ragazzo, sgranocchiando con
espressione che sperò risultasse abbastanza indifferente
l'ultima
patatina integra del pacchetto.
Forse
sarebbe stato carino offrirne una al compagno, prima di rimanere con
il solito mucchietto di schegge in fondo alla confezione.
Lo
spilungone ingoiò un boccone del suo snack, prima di
commentare: -
Per quello che vale... Suoni meglio di me e del nipote della
vicepreside, questo è poco ma sicuro. -
Dominic
lo fissò, sorpreso.
...
un raccomandato? Uno stupido, pidocchioso raccomandato gli aveva
fottuto il posto a cui forse, in caso contrario, sarebbe potuto
arrivare?
-
Il nipote della...? -
In
quella, la porta dell'aula magna si spalancò e Bowman fece
capolino
con cipiglio arcigno.
-
Wolsen... Wolset... Christopher,
ci sei andato personalmente a raccogliere le foglie di questo
té? -
-
Mi scusi, professore... Dovevo dirgli una cosa riguardo ai compiti. -
si giustificò gentilmente il ragazzo, mantenendo
un'espressione
educatamente cordiale fin quando l'insegnante non fu scomparso dentro
l'aula: dopodiché sospirò lungamente,
afflosciando le spalle
sconfitto.
Si
rivolse a Dominic.
-
Be', direi che ci vediamo... Il giovedì sei inchiodato qui
anche tu,
immagino. -
-
Sì... Biblioteca. Aiuto la signora Pennyworth. - lo
informò
telegraficamente il giovane, scacciando il pensiero che la sua pausa
di un quarto d'ora e
che sia solo uno, giovanotto! stava
per terminare e che sarebbe dovuto tornare a scatastare libri ed
archiviare riviste per almeno un'altra oretta.
-
Però... Siamo nella merda tutti e due, mi sa. -
ponderò il più
alto, strappando un sorriso rassegnato all'interlocutore per poi
presentarsi.
-
Comunque... Christopher Wolstenholme. Ma se mi chiami semplicemente
Chris fai un favore sia a te che a me. -
Indubbiamente,
rabbrividì Dominic.
-
Ok. -
-
Allora ci vediamo, Dom. -
Mentre
il suo sguardo si incollava alla schiena larga di Chris, di ritorno
dal suo negriero personale, Dominic pensò solo una cosa.
...
"Dom"?
Nyah.
\*O*/
Immagino
sarete un po' deluse da come ho liquidato l'incontro fra Bellamy lo
Svitato e Dominic lo Sfigato – tranquille, il bello per quei
due
deve ancora venire XD – ma intanto ho introdotto Chris il
Passante... È già qualcosa, no? ;)
Oh, e... Non fatemi domande sull'incubo di Dominic. Non so che dirvi,
giuro. XD
Grazie-grazie
a chiunque stia seguendo, preferendo ecc ecc la storia, come sempre.
Cheers! :***