Ciao a
tutti!! Allora volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito, grazie
davvero! E poi volevo ringraziare Amy, Bonnie98, Crivevale, Desyree92, Iosnio90,
Irene862, Pinguino01, Tykisgirl e Aryadaughter per avere aggiunto la mia ff tra
le seguite o le preferite. Grazie di cuore!!
Mi
raccomando però continuate a recensire in molti, mi basta poco anche solo un “mi
piace” per sapere che sto andando bene e ke nn deludo nessuno, nel caso però
non preoccupatevi di dirmelo, le critiche sono sempre ben accette =)
Buona
lettura!!=)
CAPITOLO
3
Aprii
il grosso portone ed entrai diretta in salotto come se fosse casa mia. In
effetti ero così abituata a stare là che mi scordavo di essere un’ospite certe
volte.
-Ehi
Elena? Ci sei?- chiesi appena vidi che nella grande stanza regnata dal silenzio
non c’era nessuno.
-Si,
sono qua!- la voce cristallina attutita dalle mura proveniva dalla cucina.
-Ah
eccoti! Guarda prendi quel grembiule e dammi una mano. Ti dispiace? Sto
preparando questa torta ma mi sa che ho sbagliato qualcosa…tu ci capisci niente?
Assaggia…è troppo dolce- mi porse un cucchiaino con una strana crema del colore
del cioccolato prima di rituffarsi in un voluminoso ricettario dall’aspetto
veramente vecchio con uno sguardo corrucciato che la diceva lunga. Odiava non
capire le cose.
Mi
avvicinai con un sorriso e cominciai a leggere. In effetti si era dimenticata
un passaggio.
-Non
hai messo il cioccolato fondente, per questo ti viene così dolce- le porsi la
barretta intatta che aveva tristemente abbandonato ai lati del tavolo.
-Già,
ecco cosa mancava- la afferrò quasi con rabbia e cominciò a spezzettarla.
-Senti,
riguardo a ieri…volevo dirti che mi dispiace- dovevo assolutamente scusarmi per
come mi ero comportata, era tutta la mattina che ci pensavo. Solo perché ero
nervosa me l’ero presa con loro ingiustamente, mi ero comportata davvero
malissimo.
-Non
importa, tranquilla. Eri arrabbiata, stanca e nervosa, non fa niente- mi
sorrise e i suoi occhioni blu si soffermarono nei miei, allegri e sinceri. Era
un angelo, pensai, e per un attimo mi provocò una fitta di dolore perché era
proprio così che Damon la chiamava. Il suo Angioletto…
Ingoiai
il boccone amaro e richiusi il cassetto-Damon con rabbia e disperazione. Dovevo
assolutamente smettere di pensarci.
-Invece
no. Mi sono comportata malissimo, non volevo assolutamente dirti quelle cose
orribili. Io…ho anche aggredito Stefan e…voi non avete detto niente, vi siete
anche preoccupati per me…- la mia voce tremava dal dispiacere.
-Preoccupati?-
chiese colta di sorpresa.
-Damon.
Sai mi sembrava strano che un corvo continuasse a volare sopra la mia macchina
per tutto il tempo…- sorrisi alzando gli occhi al cielo per sottolineare la sua
stupidità. Non che lo ritenessi stupido, intendiamoci, ma faceva parte della
mia tattica anti-Damon deriderlo in continuazione, essere fredda, tagliente e
arrogante. Tutta una copertura, una maschera costruita col dolore e l’amarezza
della rassegnazione.
-Ah.
Te n’eri andata così scossa che gli ho chiesto se poteva darti un’occhiata…-
ammise con un sorriso velato d’imbarazzo.
-E
ovviamente se glielo chiedi tu lui accetta. Bravo cagnolino- conclusi con una
punta acida che Elena non riuscì a cogliere.
-Sai
dovresti chiedere scusa anche a lui- aggiunse dopo un po’, mentre apriva il
frigorifero in cerca di qualche ingrediente.
-Mai-
forse lo dissi troppo improvvisamente, con troppa durezza perché lei non lo
trovasse strano.
-Perché?
Perché ti comporti sempre così con lui? E’ perché è un vampiro? Anche Stefan lo
è, pensavo ti ci fossi abituata…-
-Sono
diversi, Elena. Ancora non te ne sei accorta? Stefan è leale, è buono, è
migliore. Damon è…- terribilmente sexy,
bello da morire, misterioso… -arrogante, presuntuoso, traditore, meschino,
egocentrico ed egoista. Ti basta o ne vuoi ancora?- quanto dolore ben celato e
quanta sofferenza nascondeva la mia voce forse neanche io lo sapevo con
esattezza.
Rimase
spiazzata per un attimo. Ripensandoci tutta quella sfilza di aggettivi un
tantino cattivi li avevo sfoderati solo nei miei lunghi monologhi interiori
quando rimanevo da sola a rimuginare contro quel vampiro tanto bello quanto
stronzo, mai davanti alla mia bella e bionda amica che occupava uno dei vertici
dei triangolo Elena-Stefan-Damon.
-Sei
ingiusta- disse alla fine con una punta di rammarico nella voce, era inutile
negarlo, lo si vedeva bene che una parte di lei, forse così piccola che neanche
Elena ne era a conoscenza, aveva un debole per lui.
-No,
Elena, non lo sono. Dico semplicemente la verità- trassi un profondo respiro e
mi stampai un sorriso falso sulle labbra –Comunque non sono mica venuta per
litigare. E non vorrei allarmarti ma dal forno esce uno strano fumo- aggiunsi
indicando lo sportello annerito.
-Oddio,
me ne sono completamente dimenticata!- saltò sul posto e corse ad aprirlo. Una
vampata grigiastra le esplose sulla faccia facendola tossire convulsamente.
Scoppiai a ridere vedendo l’espressione che fece quando tirò fuori quel che
doveva essere la sua torta: un disco carbonizzato dall’aria davvero poco
commestibile, e in meno di un secondo anche lei si unì a me, lasciando alle
spalle il peso di una conversazione che neanche lei sapeva quanto era grande.
-Angioletto
se volevi dare fuoco alla casa potevi anche usare un metodo più efficace- l’ilarità
in quella voce sensuale, profonda e anche troppo familiare per i miei gusti ci fece
voltare
-Davvero
spiritoso, Damon- Elena lo oltrepassò e corse ad abbracciare Stefan, il quale
la accolse con un sorriso zuccherino che disgustò il fratello maggiore.
-E
comunque non vedo il motivo di dar fuoco a questa casa se al suo interno non
c’è il proprietario- lanciai un’occhiata acida al diretto interessato
accompagnata da un sorrisetto gelido e falso che sembrò non scalfirlo
minimamente.
-Ah
ci sei anche tu streghetta- disse semplicemente, onorandomi di un’occhiata
traversa priva di emozioni. Anche troppo priva di emozioni per essere casuale,
ma nessuno ci fece caso, men che meno io.
-Cosa
stavate preparando?- chiese Stefan sorridente.
La
sua ragazza si strinse ancora di più ai suoi fianchi e mise il broncio.
-Era
una torta, e sottolineo era perché adesso assomiglia di più a un grosso blocco
di carbone-
-Non
preoccuparti la possiamo rifare, gli ingredienti ci sono tutti e bastano-
aggiunsi consultando per l’ennesima volta il libro e dando una rapida occhiata
in giro per la cucina.
-Ci
volete dare una mano?- la voce della mia amica risuonò carica di entusiasmo.
Vidi
la faccia di Damon e per poco non scoppiai a ridere, sembrava un cane
bastonato, poi me lo immaginai immerso nella farina, o a sbattere le uova, con
un grembiulino addosso e dovetti voltarmi per non ridergli in faccia. Sarebbe
stato davvero divertente.
-Oh
per favore…- disse contrariato e fece per andarsene, ma Elena lo riacchiappò.
-Eddai,
giuro che la tua reputazione non verrà messa in precario equilibrio. E’ solo
per stare tutti un po’ assieme- sbatté gli occhioni azzurri con tutta
l’intenzione di convertirlo all’idea.
-Che
bella famigliola allegra- il vampiro scimmiottò il suo tono, poi si avvicinò al
tavolo e si sedette su una sedia.
-Sia
chiaro, io sto solo a guardare- e mi lanciò un’occhiataccia mentre le mie
spalle venivano scosse dalla risata a stento trattenuta. Meno male che appena
l’avevo visto avevo bloccato i miei pensieri, altrimenti a quest’ora mi avrebbe
già uccisa dopo tutte le mie prese in giro mentali.
In
effetti era stato di parola. Non aveva mosso un muscolo, alzato un dito o si era
preoccupato di darci una mano. Era rimasto immobile a osservare quel che
facevamo con un moto di disgusto verso il “pivello sfigato” (come l’aveva
definito lui) di suo fratello che invece si rendeva estremamente partecipe e
disponibile.
Alla
fine il suo limite di sopportazione aveva raggiunto l’estensione massima e se n’era
andato nell’altra stanza, senza risparmiarci di un’occhiataccia contrariata per
averlo trattenuto lì contro la sua volontà.
Ci
trovavamo tutti in salotto dopo che il nostro progetto-torta era riuscito
splendidamente senza che niente avesse assunto strane tonalità annerite, e
guardavamo la tv. O meglio Damon la guardava, particolarmente annoiato, Stefan
ed Elena avvinghiati sul divano continuavano a parlare ed io vagavo con lo
sguardo per l’immensa libreria a muro in cerca di qualche titolo abbastanza
allettante, sempre attenta a non posare lo sguardo sul vampiro a pochi metri da
me che sembrava fare altrettanto, e mettendo un possente scudo sui miei
pensieri, così che neanche la loro ombra potesse essere percepita dai due fratelli,
uno in particolar modo.
Poi
lessi proprio quelle parole che non dovevano saltarmi agli occhi: Il grande
libro degli incubi. Il mio cuore perse un battito mentre la mia mente
cominciava a rielaborare il ricordo di quel sogno tremendo. L’immagine
terrificante di due occhi vermigli si fece spazio nella mia testa e potei
sentire il sangue defluire dalle mie guance.
Per
tutto il giorno avevo cercato di non pensarci e tra una cosa e l’altra c’ero
riuscita, ero riuscita ad accantonare il ricordo di quella notte senza fine in
un angolo remoto della mia mente, ma erano bastate poche parole a far riaffiorare
quella paura asfissiante e sciocca verso qualcosa che molto probabilmente era
stato il frutto della mia immaginazione.
-Bonnie?
Bonnie! Mi stai ascoltando? Bonnie!- la voce della mia amica mi fece
sobbalzare. Mi voltai cercando di sorridere con scarsi risultati e vidi che tre
paia di occhi erano puntati su di me, con mio grande disappunto per giunta.
-Cosa?
Scusa…non…stavo pensando ad altro- balbettai incapace di inventarmi qualcosa di
plausibile. Certo che ero proprio una pessima bugiarda…
-Lo
vedo. Stai bene? Sei un po’ pallida- mi chiese con una vena d’ansia nella voce.
Era nel suo carattere fare la mamma e preoccuparsi per ogni cosa. Una parte di
me odiava questo suo lato perché influenzava tutti gli altri che avevano
imparato a trattarmi come una bambina, preoccupandosi per ogni cosa che facevo,
neanche fossi di cristallo.
-Si
certo, tranquilla. Stavo solo pensando- cercai di essere rassicurante ed evitai
lo strano sguardo che Damon continuava lanciarmi. Ma che cavolo gli prendeva
adesso? Poi mi venne un dubbio: che avesse visto i miei pensieri? Forse avevo
lasciato cadere la barriera, troppo presa dal ricordo...
Mi
voltai verso di lui, trattenendo il fiato appena incrociai i suoi occhi d’onice,
e cercai di fare l’indignata.
-Che
c’è?- chiesi brusca.
-Cos’era?-
rispose lui, altrettanto freddamente. Accidenti, allora l’aveva visto.
-Cos’era
cosa?- mi diedi della stupida, come potevo credere di tenergli testa? Però così
avrei potuto prendere tempo per inventarmi qualche scusa…inutile, non mi veniva
in mente niente.
-Streghetta,
non giocare con me, ti faresti male. Rispondi- era scuro in volto, la voce dura
più del marmo.
-M-ma
che dici?- oh bene, adesso balbettavo pure! Davvero convincente, non c’è che
dire…
-Streghetta…-
faceva quasi paura. Anzi, senza il quasi.
Elena
e Stefan erano rimasti ammutoliti e ci fissavano, lei con gli occhi sgranati,
lui con un espressione indecifrabile sul volto. Probabilmente si chiedevano perché
quella reazione da parte del vampiro. E in effetti me lo stavo chiedendo pure
io a dirla tutta.
-Damon,
forse è meglio se…- il fratello minore tentò di parlare, ma ci rinunciò quando
vide che non lo ascoltava neppure.
-Ok,
ok e va bene…- sbuffai e affondai ancora di più nella poltrona –Era un incubo d’accordo?
Un incubo che ho fatto la scorsa notte, sei contento adesso?-
-Un
incubo? Solo un incubo?- capii che mi stava chiedendo se lo ritenevo qualcosa
di più, ad esempio una premonizione. Non gliel’avrei data vinta, era un incubo
e basta. Non avrei messo in agitazione Elena o gli altri solo perché quel che
potevo sognare poteva essere una visione. Non lo era. Dovevo esserne sicura,
non potevo far venire un colpo a tutti e poi dire “ehi ragazzi mi sono
sbagliata, non è niente di grave solo che ho mangiato troppo pesante a cena,
quindi rilassatevi non stiamo rischiando la pelle”, già la mia magia era
scarsa, se mi mettevo a dare false premonizioni nessuno si sarebbe più fidato.
Lo
guardai in cagnesco –Solo un incubo. So distinguere le due cose sai? So usare i
miei poteri-
-Ah
davvero? Io non ne sarei così sicuro…- si rilassò all’istante e sfoggiò quel
suo sorriso strafottente che mi faceva venir voglia di incenerirlo. Questo era
davvero un colpo basso. Va bene non guardarmi nemmeno, va bene prendermi in
giro e fare battutine, ma criticare i miei poteri no! Lo sapevo già de me che
avevo qualche problema con la magia, non c’era bisogno che ci si mettesse pure
lui. Solo perché era potente, solo perché era arrogane e meschino non aveva
alcun diritto di criticare i miei poteri.
Mi
alzai di scatto, furente, con tutta l’intenzione di tirargli un pugno. Ma alla
fine la parte razionale del mio cervello mi avvertì che chi si sarebbe fatto
seriamente male sarebbe stata la sottoscritta, lui si sarebbe solo piegato in
due, ma dalle risate.
Così
optai per il piano B: girare i tacchi e andarmene.
-Io
me ne vado, ho delle cose da fare- dissi a labbra strette seza distogliere lo sguardo da Damon, ch continuava a sorridere beato.
-Dai
Bonnie, resta ancora un po’- Elena cercò di trattenermi sorridendo appena, probabilmente
non ci aveva capito niente di quel che era successo.
-No,
davvero, devo andare. Ci sentiamo più tardi- le sorrisi, salutai Stefan e mi
avviai verso la porta senza degnare di un cenno il maggiore dei Salvatore.
Sentii la mia amica rimproverare Damon, sentii Stefan spalleggiarla, ma l’unica cosa che non
notai fu l’occhiata silenziosa che il vampiro mi lanciò.
Uscii
nell’aria fresca di settembre che mi
sferzò il viso donandomi un po’ di colore alle guance candide e cominciai a camminare
con passo rabbioso verso casa. Come diavolo si permetteva quel vampiro da
quattro soldi di dirmi che non ero potente?! Che razza di presuntuoso
antipatico! A volte era davvero insopportabile, per quanto bello e affascinante
era davvero seccante quando ci si metteva.
E
mentre rimuginavo su quanto odiavo e amavo quel vampiro sentii dei passi dietro
di me confondersi con i miei. All’inizio non ci feci granché caso, poi mi voltai
senza neanche sapere il perché e ciò che vidi mi lasciò spiazzata. Non c’era
nessuno. Eppure li sentivo, li sentivo chiari e nitidi mentre percorrevano lo
stesso terreno che avevo calpestato anche io. Ricominciai a camminare e di
nuovo lo scricchiolio delle foglie secche e il frusciare della gomma che
strusciava al suolo riaccompagnò il rumore dei miei passi. Una strana ansia mi
attanagliò la gola mentre cercavo di mantenere il respiro regolare. Mi fermai
di nuovo e il rumore cessò. Mi voltai e non c’era nessuno. Ricominciai a
camminare e il rumore ricominciò.
La
cosa era abbastanza sinistra da mandarmi nel panico. Presi a camminare più
veloce, sempre più veloce, fin quasi a correre. Vedevo la porta della mia casa
in lontananza e questo mi dava coraggio.
Poi
lo sentii, un alito sul collo, tiepido come il respiro di un amante, gelido
come il soffio della morte.
-
- - angolino dell’autrice - - -
Avete
visto? Questa volta ho provveduto a far comparire il nostro amato Damon =) Che
ne dite, sto continuando bene? Fatemi sapere cosa ne pensate e per favore
continuate a recensire è importante per me =)
Tanti
bacetti!!!