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Autore: kikkinavampire    10/02/2011    5 recensioni
Il ragazzo che Elena, come tutti gli studenti della mia classe, una buona parte dell’indirizzo linguistico e quasi metà del resto della scuola, chiamava pazzo, in realtà è Edward Masen.[...]
Io non credevo che fosse pazzo,perché,bhe,come avrei potuto? Nemmeno lo conoscevo. Ed era questo quello che cercavo disperatamente di far capire ad Elena, che erano solo pregiudizi. Nessuno conosceva davvero Edward, quindi non poteva giudicarlo.[..]Appena pronunciate quelle parole pensai di aver fatto un atroce errore nell’avergliele dette, non cercavo il suo sguardo, sapevo già che sarebbe stato arrabbiato.
Ma poi mi resi conto, che non avrei potuto realmente sapere se era arrabbiato se non avessi guardato.
Né se era pazzo se non lo avessi conosciuto.[...]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Obscurity.

1. Pazzia.

-Bellaaaaaa!!!- urlettò Elena appena entrai in classe.

Mi spaventai,come ogni mattina.

-Elena, ciao- sorrisi timidamente in confronto al suo saluto.

Le alzò gli occhi al cielo, -Che entusiasmo!!!- poi riflesse un secondo e diventò completamente bianca,-Oh… oh mio dio.. ci credo che hai poco entusiasmo..- disse mentre mi incamminavo al mio nuovo posto assegnato durante l’assemblea del sabato prima,-Non ti vorrai sedere proprio lì, vero? Che sei matta?! Bella, fermati!- disse quando io la guardai storto e andai avanti a camminare, -No- mi prese per un braccio,-Quello è pazzo, hai capito! P-a-z-z-o! e tu lì non ti ci siedi! Quello ti fa fiori con un solo pugno,magra com----

-Elena!- la bloccai, -Sempre i soliti pregiudizi…!-

-Ma ci credo,Bella! Dio!!-.

-Elena, sta tranquilla, non succederà proprio nulla. Ora va a sederti che se la Brusa ci trova in piedi..-

-Ci dà quattro, sì,sì.. e io vado dal preside e la denuncio- borbottò lei.

Alzai gli occhi al cielo, -Su- la incitai, -Tranquilla-.

Il ragazzo che Elena, come tutti gli studenti della mia classe, una buona parte dell’indirizzo linguistico e quasi metà del resto della scuola, chiamava pazzo, in realtà è Edward Masen.

Dicevano tutti che era pazzo perché non parlava con nessuno, se ne stava sempre per i fatti suoi ed era un po’ violento –da quanto si sente in giro ha mandato cinque o sei ragazzi all’ospedale fra gli ultimi due anni delle medie e i primi due delle superiori, di cui una col naso rotto-.

Io non credevo che fosse pazzo,perché,bhe,come avrei potuto? Nemmeno lo conoscevo. Ed era questo quello che cercavo disperatamente di far capire ad Elena, che erano solo pregiudizi. Nessuno conosceva davvero Edward, quindi non poteva giudicarlo.

Tutti gli stavano alla larga, fin dal primo giorno di scuola, mentre io l’avevo sempre salutato e qualche volta, soprattutto quest anno, lui aveva ricambiato un con un semplice ciao o con un gesto della mano, come a far capire che aveva sentito.

All’inizio ,in realtà, nemmeno mi guardava o mi guardava stralunato come per farmi intendere che ero io una pazza a salutarlo. Per questo non lo consideravo pazzo, perché teneva alla larga tutti.

Persa fra i miei pensieri su come avrebbe reagito quando mi fossi solo avvicinata al suo banco per sedermi, mi stavo sempre più avvicinando al mio destino.

-Ciao- sorrisi dolcemente, cercando di essere il più cortese possibile.

Edward si girò calmo,con viso furente ,ma si distese subito quando mi rivolse lo sguardo, -Ciao- sussurrò.

Mi sedetti calma, senza far capire troppo che ero agitata, mi sudavano le mani e tremavo come una stupida.

Lui intanto continuava a fissarmi con quell’ espressione seria di sempre, di quando mi salutava controvoglia – o almeno quello era ciò che pensavo io-.

Non pensavo di stargli molto simpatica ,dopotutto non ero un gran che bella, né attraente e nessun ragazzo mi aveva mai rivolto più di due parole in croce.

Sapevo che dovevo cercare di iniziare una conversazione con lui,buttar lì quattro parole o una domanda, ma ero così agitata che non sapevo da che parte prendere.

Non sapevo nemmeno perché ero così agitata, o meglio, dentro di me lo sapevo il perché ma non volevo darlo a vedere. Edward era il più bel ragazzo che io avevo mai visto.

Era alto, ben proporzionato, né troppo muscoloso, né troppo esile, i capelli sul rosso-marrone erano corti e a volte metteva del gel per fissarli; l’abbigliamento non era come quello degli altri ragazzi che portavano quei pantaloni con la vita sotto il ginocchio e che inciampavano ogni due secondi nelle proprie scarpe slacciate, era diverso, era elegante, con quel fare di misterioso e affascinante.

Era per questo che ero così agitata.

Però io ,con la mia felpa lilla mezza scolorita, i jeans di sottomarca e le prime scarpe che avevo trovato quella mattina, non ero nulla al suo confronto.

Lui era considerato pazzo e violento e io timida,riservata e gentile.

-T-ti sono v-venute le frasi d-d-di lat-tino?- domandai balbettando appena mi affiorò un po’ di coraggio.

Lui mi guardò per un secondo mentre io tenevo gli occhi bassi e quando incrociai i suoi arrossi come una sciocca.

-Non tutte, l’ultima non sono riuscito. Ho scritto le parole tutte in fila, ma non hanno alcun senso- rispose.

Lo guardai stupefatta: la sua voce era dolce mentre mi parlava, non come quando mi aveva salutato prima di allora o come quando rispondeva agli insegnanti.

Quando mi accorso che lo stavo fissando, arrossi nuovamente.

-Oh, bhe nemmeno a me l’ultima è venuta.. c-c-cioè ho scritto qualcosa m-ma.. è sbagliata-balbettai.

-Erano difficili- controbatté dopo qualche istante, e si girò verso la finestra. Lo faceva sempre, io sapevo che lui vedeva cose che io non avrei mai visto.

Si girò solo dopo un po’, quando il bidello ci venne ad annunciare che la professoressa sarebbe stata assente per tutta la settimana e forse anche quella dopo, e quindi dovevamo fare silenzio.

Due ore di supplenza… al giorno. E io odiavo le ore di supplenza, per precisare.

Edward mi guardò un istante quando sbuffai alla notizia e annullai sul diario tutti i compiti vari di inglese, dati in anticipo di settimane.

-Olè!- saltai dallo spavento sulla sedia, mentre Elena rideva come una pazza.

-Sorry-,rise. –Ma ci pensi?- riprese –Niente test, niente inglese, niente BRUSA per una settimana!!!- applaudì e rise, -Oh, già… ma a te non piacciono le ore di supplenza,- sbuffò, -L’unica in tutto il mondo a cui non piacciono!- urlettò e mi fece la linguaccia.

Sorrisi compiacente alla sua solita battuta, ma la cacciai via con una manata quando mi sussurrò che se Edward mi avesse toccato avrei dovuto urlare e poi si mise a ridere.

Non sapendo cosa fare, presi il libro di latino e cercai di ricontrollare brevemente il resto delle frasi assegnate, trovando anche un paio di errori.

-Quindi.. non ti piacciono le ore di supplenza?- mi chiese Edward dolcemente dopo qualche istante.

-Mmm.. no, so che .. forse sono l’unica in tutto il mondo, però.. non servono a nulla.. e noi.. bhe, veniamo a scuola per fare qualcosa, quindi…- scossi la testa.

-Non sei l’unica-, sorrise piano.

Qualche attimo dopo riprese con le domande, come se fosse curioso di sapere qualcosa su di me.

E a ogni domanda saltavano fuori cose, anche minuscole che avevamo in comune.

-Ti piacciono questi bracciali?- chiese indicando il mio polso sinistro, sul quale c’erano cinque o sei di quei braccialetti colorati riusciti a sfuggire all’estate appena passata, gli unici che non si erano rotti con tempo o consumati, insomma.

Sorrisi ironica, -Sì, a me piacciono… ma c’è.. gente .. bhe… che mi considera fuori moda, perché ormai non si usano più.. io però li metto lo stesso- dissi, cercando di fargli capire che se anche la gente lo considerava pazzo, lui comunque doveva continuare a essere ciò che era senza farsi coinvolgere in stupidi pregiudizi.

Non so se capì realmente dove volevo arrivare.

-Non sei l’unica nemmeno in questo- disse mostrandomi il suo polso, anch’esso con qualche braccialetto simile al mio, -Sai mia zia me ne ha comprati moltissimo quest estate. Diceva che andavano di moda e mi avrebbero aiutato a socializzare- sorrise sconsolato ma in parte divertito,-Avrà speso un patrimonio per questi ..resti di plastica. Però,- mi guardò e sorrise, -Sono carini-.

A differenza di molti ragazzi Edward non sorrideva mai apertamente, i suoi segreti, come pensavo all’epoca, dovevano essere così grandi da non permettergli di sorridere o comunque di fidarsi di qualsiasi persona.

E non avevo poi così tanto torto.

Dopo poco riprese a parlarmi, ma questa volta il suo tono era diverso, come se avesse cambiato umore da un momento all’altro, era serio e cupo.

-Allora, non le sai le cose che dicono in giro sul mio conto?-

Quella domanda mi lasciò a bocca aperta,non sapevo proprio che cosa avrei potuto dirgli. Immaginai che dirgli in faccia “so che sei un pazzo, ma non mi interessa” era brusco, ma non trovavo un altro modo per farglielo capire.

Per cui, non risposi.

Per un attimo rimase in attesa di una risposta, ma non ricevendone una continuò,-Non lo sai che sono pazzo?-

Sì, avrei dovuto rispondergli, ma non mi importa. Mi sentivo in imbarazzo,non sapevo che dire, che fare,avrei voluto mettermi a piangere e dirgli che era un ragazzo fantastico. Ma nemmeno lo conoscevo,per cui nemmeno quella era una riposta adatta.

Così, non riposi nuovamente.

I miei occhi erano pieni di lacrime e lui mi fulminò con uno sguardo terribile, come se avesse voluto uccidermi da un secondo all’altro.

-Non lo sai che potrei … ucciderti?- mi chiese, ma il suo tono di voce cambiò ancora, diventando soffice e dolce, quasi ironico sulla parola “ucciderti”.

-Il tuo posto assegnato è questo, ma sei vicino ad un pazzo,non lo dimenticare- riprese.

-Vuoi che me ne vada?- furono le uniche parole di senso compiuto che riuscii a pronunciare,per evitare di rimanere di nuovo a fissarlo con gli occhi lucidi.

Edward cercò i miei occhi col suo sguardo, -Certo che no- mi sussurrò, quasi impaziente che io ricominciassi a parlare, ma io proprio non sapevo che dire.

Immagino che vedendomi di nuovo arrossire, dovesse aver sicuramente pensato che anche solo un pochino ero attratta da lui –il che era vero- ma anche che volevo conoscerlo.

Certo, chi tace acconsente, ma anche chi tace ascolta, si potrebbe dire.

Nessun ragazzo prima di Edward mi aveva anche minimamente presa in considerazione: più che altro la mattina qualcuno mi chiedeva i compiti da copiare o faceva qualche battuta stupida sugli insegnanti alle quali io raramente ridevo, più spesso sorridevo.

-Mi chiedevo una cosa, ma immagino che tu non voglia nemmeno… prenderla in considerazione..- disse, cercando una mia risposta.

-Dimmi- sorrisi timidamente.

-Mi chiedevo se- disse più serio, -Se… ti andava di prendere un gelato con me questo pomeriggio. Sempre che tu sia libera ed abbia intenzione di uscire con un pazzo-.

Questa volta ,però, non pensai a moderare le parole, -Tu, tu non sei pazzo,okay? La gente.. ha dei pregiudizi stupidi nei tuoi confronti.. ma.. ma non dovrebbe averli! Nemmeno ti conoscono e ti giudicano.. non dovrebbe essere così,non trovi? Tu non sei pazzo, perché.. perché tu tieni alla larga le persone da te, quindi.. non vuoi fare proprio niente a nessuno.. io non credo tu sia pazzo, non sei pazzo..-.

Appena pronunciate quelle parole pensai di aver fatto un atroce errore nell’avergliele dette, non cercavo il suo sguardo, sapevo già che sarebbe stato arrabbiato.

Ma poi mi resi conto, che non avrei potuto realmente sapere se era arrabbiato se non avessi guardato.

Né se era pazzo se non lo avessi conosciuto.

Così, cercai il suo sguardo.

Mi guardava con meraviglia e tenerezza assieme, per nulla con sguardo arrabbiato o furioso.

Poi mi sorrise, con il sorriso sghembo che mi faceva battere a mille il cuore, -Questa volta sei proprio l’unica- sussurrò, -Lo credi davvero quello che hai appena detto?-.

-S-sì- balbettai.

A quelle parole si appoggiò allo schienale della sedia come per riflettere un minuto, ma subito io interruppi i suoi pensieri, -C-comunque- balbettai, -Oggi pomeriggio non ho nulla da fare,quindi..-.

-Sicura?- mi chiese. Ma quel “sicura” non intendeva se ero sicura di non aver nulla da fare, ma se ero sicura di voler passare del tempo sola con lui.

Annuii, -Certo-.

Alla fine della mattinata, dopo aver convenuto che nessuno era riuscito a fare quella strana frase di latino perché c’era un errore in due sostantivi coniugati sbagliati, decisi di non dire nulla a Elena sulla mia uscita pomeridiana.

Salutai Edward che mi diede appuntamento in piazza per le tre e mi incamminai velocemente sulla strada di casa.

Appena cercai di aprire la porta con la chiave notai che era già aperta e notai anche che c’era un’auto nera parcheggiata nel vialetto.

-Mamma..- sussurrai.

-Mamma?-

-Bella!- mi abbracciò mi madre.

-Non credevo tornassi oggi- sussurrai.

-Oh, non sai che bello quando mi hanno detto che potevo tornare qualche giorno prima! Ti ho preso un regalo in Francia.. è una felpa di quelle che ti piacciono tanto! È in camera tua, Sali su e vedi se ti piace- mi sorrise, -Io intanto preparo qualcosa per pranzo, ti va?-.

-Sì,certo- sorrisi, -Ah,mamma alle tre mi trovo con.. un amico.. quindi.. -.

-Ma certo,tesoro, vai pure-.

Salii in camera e guardai sul mio letto: c’era una felpa arancione con la scritta FRANCIA dietro e la bandiera davanti,più piccola. Mia mamma aveva lavorato in un sacco di posti, per cui di quelle felpe ne avevo un sacco, di quasi tutti i paesi. Alcune me le aveva prese anche mio padre, ma era raro che si ricordasse di portami qualcosa.

Soprattutto da quando non viveva più con noi.

Mangiammo la pasta al sugo che aveva cucinato mia mamma e ci perdemmo nel raccontarci ciò che avevamo fatto nelle ultime settimane.

-Oh mio dio!-.

Quasi urlai e sudai freddo quando vidi che mancavano già cinque minuti alle tre.

“Edward mi uccide davvero” pensai in preda al panico.

Mia madre mi vide correre in camera a prepararmi il più velocemente possibile, lavarmi i denti e mettermi le scarpe in pochissimi minuti, salutarla e correre fuori dalla porta. Era abbastanza perplessa.

Corsi il più velocemente possibile nelle vie secondarie ma nelle principali non potevo andare in giro correndo. Così camminavo molto velocemente cercando di non dare troppo nell’occhio.

Erano già le tre e dieci quando arrivai in piazza e scorsi Edward in piedi di spalle vicino all’edicola.

-Ciao- dissi affannata, -Scusami… io..- cercai di riprendere fiato.

Quando si girò la sua faccia era un mix di noia e perplessità, ma era anche un pochino arrabbiato.

-Riprendi fiato. Poi mi spieghi- disse calmo.

Chiusi un secondo gli occhi e cercai di rilassarmi,le gambe mi facevano male per la corsa e la gola bruciava per l’affannamento.

Quando riaprii gli occhi Edward mi guardava teneramente, -Allo che è successo?- chiese quasi impaziente di ricevere una stupida giustificazione per il ritardo.

-Mia mamma è tornata proprio oggi dalla Francia, ma io non lo sapevo.. e così abbiamo fatto tardi a parlare…-

-Francia?- mi interruppe lui. –Sì, è andata a lavorare lì due settimane…-,spiegai.

-E i papà non sono bravi in cucina- proseguì.

-No… in realtà mio padre non vive con noi- sussurrai, -Loro, cioè mia mamma e mio papà sono divorziati.. mio papà lavora per una multinazionale a Londra, mia mamma in giro per il Mondo per uno studio di cause internazionali.. per cui non c’è quasi mai-.

Edward strabuzzò gli occhi, -Ma, perdonami, se tua madre non c’è, e nemmeno tuo padre,tu con chi stai?-

-D-da sola- balbettai.

Mi guardò qualche secondo con un’espressione serissima,-Ma tu… voglio dire, a te sta bene che i tuoi genitori non ci siano mai?-

-Bhe..- cercai di trovare una risposta decente, ma in realtà non mi ero mai posta una domanda di questo genere, -Non lo so.. cioè, alla fine non gli posso dire nulla, è il loro lavoro- sorrisi sconsolata, -Certo ero più felice quando almeno sapevo che si amavano anche se erano lontani, ora.. che nemmeno sono più assieme mi spiace di più, però non posso farci nulla. Mi spiace solo quando.. ad esempio a Natale dell’anno scorso mia madre –erano già separati- non è tornata a casa…-

-Sul serio?- chiese lui quasi arrabbiato.

Annuii, -Sì, e allora ho passato la Vigilia e Natale sola.. mi dispiaceva un po’ perché vedevo le altre famiglie che si riunivano.. però.. bhe non fa nulla-, sapevo di non aver dato una risposta degna, ma solo un insieme di pensieri in generale, ma alla fine Edward avrebbe dovuto conoscermi per quello che ero.

-Tu sei tanto buona con loro.. con tutti, in realtà- sorrise, -Ma loro non sono così buoni con te- precisò, -Bhe dai ora andiamo a prendere un gelato-.

-Edward?- chiesi mentre camminavamo verso la gelateria.

-Sì?-

-Perché .. perché ti considerano pazzo?-

Lui sorrise, -Lo sai perché-.

-No,voglio dire, perché non parli con nessuno e tutto il resto?-

Lui divenne serio e proseguì, -Perché nessuno mi capirebbe…- poi si fermò un attimo, -A parte te-.

Non disse nulla a riguardo, ma io ero diventata troppo curiosa.

-Ti prego, allora spiegami…- lo presi per una manica per fermarlo,-Ti prego- sussurrai.

Lui mi fulminò con uno sguardo serissimo perché avevo appoggiato una mano sul suo braccio e i miei occhi si riempirono di lacrime, -S-scu-scusa- balbettai e tolsi velocemente la mia mano.

Per un attimo interminabile non parlò, poi mi prese una mano e me la accarezzo piano, -Dai, vieni-.

Ero felice che non si fosse arrabbiato più di tanto ma a un certo punto si girò quasi di scatto e mi guardò serio, -I miei genitori sono morti -, disse quasi come se si fosse liberato di un assurdo peso.

Le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento, a quell’ultima dichiarazione si lasciarono andare e rigarono il mio viso.

-Non dovresti piangere per me- disse serio ma con voce calma e mi asciugò le lacrime dal viso.

-S-scu--- ma non mi lasciò finire che mi appoggiò due dita sulle labbra per fermarmi.

-E nemmeno ti devi scusare- sorrise.

-Mi sp---

Di nuovo.

-è un vizio- rise. La prima volte che lo vedevo ridere.

-Dai forza, lo vuoi questo gelato?- mi sussurrò a un orecchio.

-Sì- sorrisi.
  
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