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Autore: Goten    11/02/2011    11 recensioni
Adesso cominciavo sinceramente a essere curioso, chissà che razza di uomo era Charlie Swan. Avvertii il rumore dell'acqua provenire dal piano di sopra, sicuramente era una doccia, sospirai, volevo tornare a casa alla svelta. Scesi dall'albero e attesi che finisse i suoi bisogni umani, avevo intenzione di incontrarlo subito e se fosse stato possibile, lo avrei portato via con me ancora quella stessa mattina. Certo che per essere un uomo ce ne metteva di tempo sotto la doccia, erano già ventisei minuti buoni che stava sotto quel getto. Magari si era sentito male... no, il suo cuore batteva forte e armonioso. Decisi di attendere ancora un po'. Finalmente sentii chiudere la manopola dell'acqua e il suo ciabattare al piano superiore. Aveva un passo leggero per essere un uomo, notai. Contai mentalmente fino a mille, prima di bussare gentilmente alla sua porta, quando questa si aprì, mi trovai di fronte lei, la donna delle pulizie.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17
 

Il tempo riprese a scorrere attorno a me, tutti avevano la loro vita, le loro abitudini... io avevo Bella che non voleva amarmi. Questo però non m’impediva di andare da lei e di distruggermi poco alla volta.
Il sorriso gentile che mi rivolgeva era un balsamo per il mio animo che sprofondava nelle tenebre più cupe quando rientravo a casa.
Leggevo nella mente di Esme quanto fosse dispiaciuta per tutto questo e che non dovevo arrendermi, soffrivo anche per lei, perché sapevo quanto mia madre mi amasse e quanto tenesse alla mia felicità.
Anche quel giorno andai da Bella, bussai alla porta ed entrai.
<< Ciao. >> Mi sorrise sempre gentile, anche se notavo una certa titubanza nell'avermi lì. << Accomodati. >>
<< Grazie. >> Mi sedetti sul divano che ultimamente mi ospitava spesso.  << Allora? Niente dolori ancora? >> Le chiesi, sapendo che Carlisle aveva pronosticato che ogni momento era buono.
<< No, non ancora. >> Si mise seduta sulla poltroncina di fronte alla mia, accarezzandosi la pancia. << Non né vuole sapere di uscire a quanto pare. >>
Sorrisi, << Si trova bene lì dentro, è al sicuro. >> allungai la mano, fermandomi poco prima di sfiorare il suo ventre gonfio. << Posso? >>
Fu Bella ad afferrare la mia mano e a posarla sulla pancia. << La senti? >> Mi domandò sorridendo felice. La bimba decise di muoversi in quel momento.
<< Sì. >> Sorrisi come uno scemo. << La sento, è bellissimo. >> M'inginocchiai davanti alla donna della mia vita e mi avvicinai piano parlando con il suo pancione. << Ciao piccolina, credo che sia arrivato il momento di uscire sai, la mamma non potrà tenerti lì dentro per sempre. >>
Bella ridacchiò piano, ma io continuai. << E poi, la zia Alice ha già in mente un sacco di vestitini da farti provare, e anche la zia Rosalie non vede l'ora di abbracciarti sai. >> La mano di Bella mi accarezzò la testa, chiusi gli occhi e sospirai. Eravamo un quadretto familiare quasi perfetto. Peccato che fosse tutto frutto della mia fantasia.
A malincuore mi staccai e dopo averla guardata forse con troppa adorazione, decisi di allontanarmi da lei, riprendendo posto sul divano.
<< Scusami, ti sarò sembrato sciocco. >> Ero imbarazzato, non volevo rendere le cose più difficili di quanto non lo fossero, ma non potevo evitare di starle accanto. Ero masochista. Pregavo sinceramente che dalle sue labbra non uscisse mai il desiderio di lasciarla stare, perché in quel caso davvero non so cosa avrei fatto.
<< No, sei molto dolce Edward. Non ti trovo sciocco. >> Un delicato color rosa le imporporò le guance.
Mi sentivo piacevolmente felice, adoravo sapere e sperare di essere l'unico a farle quell'effetto. << Che nome hai scelto per la piccola? >>
Ecco, questo era terreno neutro e soprattutto vidi gli occhi di Bella accendersi per l'entusiasmo. << Ne ho pensati alcuni, ma non volevo sceglierlo da sola il nome. >>
Aggrottai le sopracciglia. << Alice e Rose non ti hanno aiutato? >> Strano, le mie sorelle e forse anche mia madre avrebbero fatto a gara per aiutarla a scegliere il nome della loro futura nipotina.
<< Sì, avrebbero voluto, ma io volevo che fosse qualcun altro a sceglierlo con me. >> Sbaglio o era in imbarazzo. Che le prendeva?
<< Capisco, è una scelta importante, dovresti in teoria sceglierlo con il padre, ma non credo che sia a conoscenza della tua esistenza adesso... >> La vidi annuire ancora con un po' di rosa sulle guance, questa cosa mi stava rendendo curioso. << Beh, se mi dici chi devo chiamare... Carlisle? >> Scosse la testa negativamente. << Esme? >> Ancora no, non poteva essere... << Emmett? >> Domandai titubante.
<< Oh per favore no, lui avrebbe scelto Oscar come nome, come il cartone Lady Oscar. Vorrebbe crescerla come un maschio. >> Ridacchiò ed io mi unii a lei, in effetti, Emmett aveva un ragionamento tutto suo.
<< Rimane solo Jasper, vuoi che lo chiami? >>
<< No, Edward, davvero, non serve. >> Sorrise stavolta imbarazzata, ma se non voleva nessuno di noi, allora chi? << Che ne dici invece di cominciare? >> Si alzò andando in cucina, afferrò un piccolo blocco e tornò a sedersi accanto a me.
Io la guardavo senza capire.
<< Allora, io avrei pensato a Caroline, ma non mi sembra che suoni molto bene, poi avevo come seconda scelta Lilian, ma credo che scatenerei una guerra fra Rose e Alice scegliendo questo nome, dato che Lilian è il secondo nome di Rose, poi.. >>
<< Aspetta, aspetta. Che stai dicendo? >> Non capivo.
Si umettò le labbra e tornò a fissarmi con i suoi occhi così profondi da perdermi dentro. << Sono i nomi per la bambina... io.. credevo che lo avremmo scelto assieme. >> E il rosso tornò a farla da padrone sulle sue guance. << Forse ho sbagliato. >> Sussurrò piano. << Scusami io credevo che.. >>
<< Lo vuoi scegliere con me? >> La guardavo sorpreso.
<< Beh sì, ma se tu non vuoi, non fa nulla, davvero è solo che a Forks credevo che tu.. ah, senti non fa niente, davvero. >> Chiuse il blocco agitata, il suo cuore batteva più veloce del normale.
La mia voce risuonò sicura. << A Forks io ho dichiarato davanti a Mike Newton che il bambino era mio, e lo considero tutt'ora. >> Sospirai. << Io considero te e la tua bambina la mia famiglia, io le voglio già bene, anche se non l'ho ancora vista. E poi... >> Lasciai vagare lo sguardo sul suo viso, il mio pollice accarezzò le sue labbra morbide. << … sappiamo bene che per te provo qualcosa che tu non vuoi sentire. >> Finii mormorando rocamente.
<< Edward io.. >> Stavolta fui io a zittirla, posando la mia mano fredda sulle sue labbra.
<< Sshh, va bene così Bella, nel momento in cui tu lo vorrai io, ci sarò, e se invece un giorno deciderai di non volermi più con te, io mi metterò da parte. >> Sorrisi triste. Avrei dovuto trovare la forza di farlo.
Le presi il blocco dalle mani e lo aprii osservando i nomi scritti a penna, sentivo il suo sguardo su di me, mi piaceva, lo avrei voluto per sempre.
<< Questo mi piace. >> Le indicai il secondo nome di Rose. << Questo no. >> Si avvicinò a me cautamente osservando anche lei la lista dei nomi.
Piano piano la tensione si sciolse e dopo una bella tazza di tea con biscotti e ventisette nomi improponibili, eravamo arrivati forse ad una svolta.
<< Che ne dici di Elizabeth. >> Le proposi.
Volse il suo sguardo verso l'alto e lo pronunciò più volte. << Elizabeth... mi piace, è molto bello. >>
<< Bene. >> Annuii contento, un giorno le avrei rivelato che quello era il nome di mia madre. << Quindi siamo fra Lilian che ancora è in lista e Elizabeth. >>
Si mordicchiò il labbro inferiore. << Io scarterei Lilian e terrei Elizabeth, mi piace molto. >> Mi guardò aspettando una mia risposta.
<< Piace molto anche a me. >> Ammisi, contento, cancellando l'altro nome lasciando quello scelto in bella vista.
<< Direi che abbiamo scelto il nome, papi. >> Ridacchiò contenta, mentre io nel risentire quel nomignolo sentii uno spicchio di felicità in più.
<< Sembrerebbe di sì, mammina. >> La punzecchiai stando al gioco.
Era bello rimanere così vicini rilassati, piacevole e in fondo al cuore sapevo di averlo desiderato tanto, osservai il cielo dalla finestra. Era scuro, che ore avevamo fatto? << Non credi che sia meglio per te mangiare qualcosa? >>
La vidi arcuare le sopracciglia. << Sì, in effetti, ho un po' di fame. >> Rifletté ad alta voce.
<< Ottimo. Rimani lì seduta, ti preparo qualcosa. >> Mi alzai dal divano arrivando in meno di un secondo in cucina.
<< Hey, guarda che non sono malata. >> Brontolò arrivando dietro di me.
<< Mai detto che lo fossi, ma non ti voglio vicino ai fornelli, e poi se non ricordo male, a Forks cucinavo io ogni tanto e non ti sei mai lamentata della mia cucina. >> Mi voltai con il mestolo in mano.
Il suo sguardo era scettico. << Se anche mi lamentassi tu non mi lasceresti cucinare, dico bene? >>
<< Dici bene. >> Le confermai fermo.
Sbuffò contrariata ma si mise seduta sulla sedia. << Allora non sprecherò nemmeno le forze per controbattere. Vediamo, cosa mi cucini papi? >> Ironizzò con un piccolo ghigno in volto.
Mi abbassai arrivandole di fronte, eravamo occhi negli occhi. << Ti piacerà, fidati. >> E dovetti fare forza su me stesso per non baciarla. Le sue guance erano nuovamente tinte di rosa. Le adoravo.
Cominciai a trafficare con le padelle, misi a scaldare il sugo di pomodoro, riempiendo il piccolo ambiente con il suo profumo, Bella si era alzata e stava apparecchiando la tavola. Mi piaceva questa situazione, sembravamo davvero una famiglia in procinto di cenare.
Misi il sale nell'acqua e poi appoggiai la pentola sul fuoco e attesi che cominciasse a bollire. << Spero che la pasta con il sugo ti piaccia. >>
<< Se la fai tu, sicuramente. >> Scherzò. << Hai salato l'acqua? >>
<< Si tesoro. >> Scherzai, il sugo mi sembrava pronto, ne presi un po' nel cucchiaio e glielo porsi. << Assaggia, dimmi che ne pensi. >> Era accanto a me, osservava il cucchiaio di legno con dentro un po' di sughetto, soffiò piano sul cucchiaio cercando di raffreddarlo e poi lo assaggiò, la sua espressione era compiaciuta.
<< Ottimo. Buono, molto buono. >> E s’impossessò del cucchiaio, rubando dal pentolino dell'altro sugo.
<< Hey, guarda che va sulla pasta. >> Cercai di riprendere il cucchiaio, ma ottenni solamente di sporcare la mia faccia con schizzi di sugo rosso, la risata argentina di Bella si propagò per la stanza.

   
 
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