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Autore: MaxT    18/02/2011    4 recensioni
Una Elyon esuberante e sorprendente torna a cercare le sue vecchie amiche, che si troveranno presto coinvolte in avvenimenti più grandi di loro. Che spaventosa profezia ha pronunciato la Luce di Meridian? Vera è…vera? Dove sono andate le gocce astrali delle W.I.T.C.H.? E’ una storia dove i personaggi assumono diversi ruoli contrastanti, si muovono nel segreto e nell’invisibilità, e le loro motivazioni autentiche si delineano a mano a mano che la storia si avvicina alla conclusione. Note: qualcuno potrebbe considerare OOC Elyon e le gocce astrali. Da parte mia, penso che siano una evoluzione plausibile dei personaggi visti nel fumetto. Aggiornamento: I primi sei capitoli sono stati riscritti nell'ottobre 2008.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le profezie di Meridian' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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59-aracnofobia  

Ad personam

Cara Lux, grazie millemila per la tua bella recensione, sulla quale conto sempre.
L'intervento di Dora e Wanda è stato dovuto soprattutto al fatto che Irene, grande gaffaiola, stesse per urlare il nome delle Nemesis, la cui esistenza è rigorosamente tenuta segreta. Certo, apparire lì non è un gran modo per mantenere un segreto, ma un rimprovero tempestivo ci stava tutto.
Il risentimento dei soldati nei confronti di Elyon e delle Guardiane fa il gioco di Vera, che punta a screditarle per prenderne il posto. Basta che non tirino troppo la corda, perchè secondo il piano questo stato di cose dovrà proseguire ancora per circa otto mesi prima che la gentile principessa venga acclamata nuova regina. 
Cara Melisanna, che piacere ricevere le tue recensioni! Ti ringrazio per avere espresso le tue obiezioni, proverò a rileggere i due capitoli e chissà che non mi venga lo spunto per limare qualche cosa.
La singolare pluralità delle Nemesis... questa mi piace molto!
Un grande grazie anche a Kuruccha per le sue gentilissime recensioni ai primi capitoli, e spero tanto che prima o poi arrivi anche a questo.

Qualche parola sul presente capitolo, che segue il precedente di circa un mese, quindi siamo cinque-sei mesi dopo l'inizio del golpe.  Questo chiude una trilogia incentrata soprattutto su Theresion e sui suoi segretissimi incarichi di progettista d'incantesimi di sorveglianza. Va precisato che lei non ha poteri autonomi, perciò la realizzazione degli incantesimi, intesi come imprimere parte del proprio potere psichico su un supporto inerte, spetterà a Vera. 
Vedremo anche alcuni aspetti della vita di Paochaion, Irenior e delle terribili Nemesis prima del salto temporale di sei mesi che, col capitolo successivo, ci porterà vicini all'apice della falsa tirannia.

Buona lettura
MaxT

PROFEZIE


Riassunto delle puntate precedenti 
Dopo un incontro misterioso con la Luce di Meridian, Vera ha convinto le Gocce a sostituirsi a Elyon a Meridian, impersonando la regina e le guardiane. 
A Meridian, la controfigura di Elyon e le finte guardiane esiliano Miriadel e Alborn, mentre Caleb sfugge alla cattura;  pur avendo assunto il potere, si 
rendono conto di non essere convincenti, e inventano la storia che le guardiane sono a palazzo per proteggere la Luce di Meridian da un complotto. 
A Heatherfield, Elyon spiega che quella che si sta realizzando è una sua profezia, che prevede che la tirannia duri un anno, che a Meridian dura diciotto mesi. Elyon è decisa a non tentare niente prima di questa scadenza.
Il nuovo piano di Vera prende rapidamente forma, basandosi sull'ambiguità del termine di un anno: prima simuleranno che Elyon diventi sempre più tirannica, screditandola, poi Vera, che ha comunque il rango di una principessa Escanor, la spodesterà dopo un anno terrestre di dodici mesi, facendo finire apparentemente la tirannia e realizzare la profezia; poi, dopo aver guadagnato il consenso della gente, si prepareranno per affrontare Elyon e  le Guardiane al loro ritorno dopo diciotto mesi, un anno di Meridian. 
Vera crea venti copie di Wanda, dette Nemesis, che avranno l'incarico di impersonare le guardiane, sollevando le gocce dal compito, e di sorvegliare la città restando invisibili o sotto falsa identità, o con l'aspetto di aquile. 
Come dal piano di Vera, le false Guardiane imprigionano Galgheitha e altri personaggi importanti, che potrebbero rendersi conto che la sempre più tirannica Regina e le Guardiane sono state impersonate da controfigure; la principessa Vera fa la parte della buona, facendo fuggire questi prigionieri dalla città.
Vera affida a Theresion, che gode della sua massima fiducia ed ha già preso in mano gli incantesimi del sistema d'allarme del palazzo, anche l'incarico di realizzare un sistema di sorveglianza del sotterraneo basato sul contatto mentale con gli insetti che lo popolano, incarico che però le crea una resistenza psicologica dovuta alla sua aracnofobia. Così Vera, con la scusa di studiare il percorso possibile di un trenino, manda tutte le gocce ad accompagnarla nei sotterranei.

Cap.59

Aracnofobia

Meridian, camera di Theresion e Paochaion

Distesa nel suo letto, sotto le coperte di raso, Theresion ripensa a queste sue giornate: a un osservatore superficiale potrebbero apparire di noiosa routine davanti allo schermo di un computer, ma in realtà sono colme di sfide straordinarie. Con luci e con ombre.
Nell’incontro del pomeriggio Vera, come al solito, è partita dai complimenti per i suoi brillanti risultati ottenuti applicando la programmazione a blocchi, derivata dalle sue abilità di informatica, alle magie. Infatti la ragazza dai capelli candidi sta ideando nuovi modi di concatenarle. Così facendo può attribuire a reti di incantesimi, impresse su banali oggetti inerti, delle possibilità di discernimento logico che fino a oggi sembravano appannaggio di una mente umana o di un programma per computer. Per esempio, ha reso il firewall contro il teletrasporto attorno al palazzo così autonomo che né lei, né Vera vengono più sovraccaricate da un torrente di informazioni inutili ogni volta che contattano l’interfaccia telepatica del sistema.
Dopo le lodi, è giunto anche un velato rimprovero mascherato da domanda: Vera le ha chiesto a che punto fosse con il sistema di sorveglianza dei sotterranei, e lei ha dovuto ammettere che ogni contatto mentale con il pur semplice apparato sensorio di un insetto la turbava. Era solo un eufemismo, però: in realtà, la sola idea le provoca vere crisi di panico. Questa è una sfida che terrebbe a vincere da sola, ma come fare?

Mentre sta per prendere sonno, Theresion sente un debole rumore di strofinio di una matita, subito seguito da uno scuotimento del tavolino. Apre un occhio: una luce accesa alle sue spalle illumina ancora la stanza.
Girandosi indietro, vede che Paochaion è ancora seduta al tavolo tra due lampade, intenta a cancellare con una gomma.
Le biascica: “Pao, basta disegnare, sarà mezzanotte ormai”.
L’altra risponde, senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro: “Ancora cinque minuti… ti dà fastidio? Ho un momento creativo da non sprecare!”.
Theresion richiude gli occhi rassegnata: troppo spesso, davanti a carta e matita, Pao perde ogni nozione del tempo.
“Questo cambierà il volto di Meridian!”, dice orgogliosamente la cinesina tra sé e sé.
Un po’ preoccupata, Theresion riapre gli occhi. “Di cosa parli?”.
“Del nuovo mercato coperto. Vieni a vederlo!”.
Riluttante, Terry si alza a sedere sul letto, e aguzza gli occhi verso il foglio che Pao le solleva. “Ma cos’è?”.
“Il nuovo mercato, te l’ho detto!”. Pao le viene vicino con un grande blocco di fogli millimetrati. “Guarda, mi sono ispirata al bazar di Istanbul: dei corridoi ramificati, con le nicchie per i negozietti sui lati. Ma questo non avrà bisogno di anni per sorgere, basteranno poche settimane!”.
Ora la sua curiosità ha la meglio sul sonno. “Come?”.
“Con dei prefabbricati modulari! Corridoi, nicchie, coperture andranno su facilmente come i mattoncini dei Lego! E saranno già predisposti per gli impianti: elettricità, acqua corrente, climatizzazione!”.
“Elettricità? A Meridian?”.
“Certo”, le fa Paochaion come cosa ovvia. “Come il tuo computer e queste lampade alogene”.
Smorfia scettica. “Pao, questa è magia. Possiamo far funzionare così un paio di apparecchi, non tutte le lampade di una città”.
L’altra scuote le spalle, imperturbata. “Vera mi ha detto che incaricherà proprio te di pensarci, non appena avrai finito quei tuoi lavori di cui non ci parli mai”.
Theresion sospira a disagio davanti a tanta cieca fiducia. “Pao, come ho messo in guardia Vera, metto in guardia anche te: non facciamo il passo più lungo della gamba!”. Mentre l’altra la guarda sorpresa, continua: “Che figura faremo se il nuovo mercato restasse sfitto per mancanza di merce da vendere? Se le nuove fabbriche non partissero per una qualunque difficoltà nel trovare energia o materie prime? O se partissero e spiazzassero gli artigiani esistenti, imponendo prezzi di vendita bassi che li metterebbero fuori mercato?”.
Pao risponde, quasi offesa da queste obiezioni: “Ma, Terry, anche adesso esiste un mercato: semplici bancarelle all’aperto. Noi offriremmo un posto al riparo dalla pioggia, che si potrà chiudere a chiave ogni sera. E poi sarà modulare: possiamo iniziare con qualche decina di loculi per i commercianti esistenti, e poi espanderlo al bisogno. Abbiamo già scelto un’area in periferia che ci dà tutto lo spazio che vogliamo!”.
“In periferia... E perché commercianti e clienti dovrebbero essere così entusiasti di trasferire il mercato dal centro città alla periferia?”.
“Perché sarà vicino alla nuova stazione dei portali di teletrasporto, no?”.
Therese esala un grosso sospiro paziente. “Pao, quel sistema non diventerà mai di uso comune: consumerebbe troppa energia magica, e non l’abbiamo. Creare nuovi bisogni e poi non riuscire a soddisfarli è un modo di scavarsi la tomba, politicamente parlando. Quello di cui la gente sente il bisogno davvero è l’acqua magica per farsi curare gli acciacchi dai guaritori o per comunicare con gli amici lontani, proprio ciò che stiamo… che Elyon sta togliendo loro”.
“E allora, cosa dovremmo fare?”, chiede Paochaion irritata, “Lasciare tutto come sta?”.
“Non necessariamente. Ma novità del genere dovrebbero evolversi gradualmente con l’ambiente sociale, non essere introdotte dall’alto in tutta fretta solo per dimostrare qualcosa”.
Pao scuote il capo, imbronciata; “Sono sicura che Vera ci avrà già pensato seriamente”. Riguarda i disegni, e il sorriso amorevole ritorna sul suo viso: il suo nuovo ruolo di architetto sta diventando una ragione di vita per lei. “Guarda il sistema di montaggio, come quello dei Lego. Gli elementi sono di un calcestruzzo di calcare e granito ricristallizzato e protetto dall’acqua, come i muri del palazzo. Con questi innesti, basterà calarli in posizione…”. Si interrompe un attimo, pensierosa. “Terry, sai quando sarà pronta l’autogru, agli archi di crescita?”.
“Lo sai anche tu, Pao. L’autogru è stata fermata due mesi fa”.
“COSA?”. Paochaion si alza in piedi, gli occhi fuori dalle orbite come per un insulto inaspettato. “Io ne avrò bisogno fra pochi mesi! Questi elementi prefabbricati peseranno tonnellate!”.
“Ora stiamo dando la priorità a nuovi pannelli psic..”.
“IO HO BISOGNO DI QUELL’AUTOGRU!”, strilla Pao battendo i piedi, viola in viso. “LI VOLETE O NO, I NUOVI EDIFICI ?!? E ALLORA, TIRATE FUORI SUBITO L’AUTOGRU! O PREFERITE COSTRUIRLI PIETRA SU PIETRA PER I PROSSIMI TRENT’ANNI?!?”.
“Pao, datti una calmatina!”.
“CALMATINA UN CORNO!”.

Qualcuno bussa alla porta. “Cosa succede?”, fa la voce di Irenior al di là del battente, poi si sente scattare la serratura.
Lei e Carol entrano nella stanza, allarmate, e chiudono la porta in faccia a due soldati richiamati dalle grida.
“Ragazze, va tutto bene?”, chiede Irenior.
“Pao, cosa c’è che non va?”, fa eco Carol.
L’altra le accoglie con i pugni piantati sui fianchi. “Dite a Vera che non posso fare a meno dell’autogru, punto e basta! E serve anche un autocarro, e poi un bulldozer! O niente mercato e niente stazione!”.
“Ma…”.
“Calma, Pao”, fa Theresion conciliante, alzandosi dal letto. “Se abbiamo lasciato indietro l’autogru, è perché abbiamo allo studio un’alternativa migliore del materializzare venti tonnellate di ferraglia”.
“Davvero?”, fa Pao sorpresa, “E quale sarebbe?”.
“Non posso ancora parlarne”, si schermisce l’altra.
Carol, in disparte, intuisce il motivo di tanta reticenza: se quella cosa ha applicazioni militari, è meglio che lei non tenti neppure di venirne a conoscenza. Getta lo sguardo sui disegni appoggiati sul tavolino, sotto le lampade alogene, e li sfoglia. “E così, Pao, questa è la bozza del nuovo mercato”.
Paochaion, nuovamente sorridente, le sfoglia il grosso blocco con mal celato orgoglio. “Bello, vero? Completamente componibile!”.
“Bello, sì. Molto razionale. Però è troppo ripetitivo per Meridian”.
L’altra la guarda delusa. “La simmetria è fonte di bellezza!”.
Carol nicchia. “Pao, la simmetria bilaterale va bene, la ripetitività no. In questa città l’estetica del disomogeneo è una radicata scelta ideologica. E’ anche sostenuta dalla famiglia reale per incoraggiare la tolleranza tra persone dall’aspetto molto diverso. Insomma, si vuole scoraggiare ogni tendenza a suddividersi in razze”.
“Ma come fanno a trovarsi un compagno?”, chiede Irenior. “Tra tanta gente diversa che ho visto qui, non ce n’era uno che avrei accettato per… beh, per passarci il tempo. A parte Caleb, beninteso”.
“Sono abituati alla disomogeneità”, ribadisce Carol, sfoggiando l’immensa e confusa cultura che le deriva dalla sua attività di ladra di memorie. “Paradossalmente, gli unici che facevano eccezione erano proprio gli Escanor, che erano endogami come i faraoni”. Notando gli sguardi perplessi, chiarisce: “Cioè si sposavano tra loro, in famiglia”.
“Non è che sia proprio una cosa sana”, storce il viso Irenior.
“Non lo è; infatti sono quasi estinti. Quest’usanza trasmetteva poteri parapsichici incredibili alla discendenza, non si può negare. Però trasmetteva anche difetti metabolici che erano spesso letali per i neonati. Elyon e Phobos erano gli unici sopravvissuti di sei figli”. Accenna un'alzata di spalle. “Se le cose fossero andate diversamente, probabilmente lo sposo predestinato a Elyon sarebbe stato proprio lui”.
“Phobos…”, ripete Theresion con un brivido di disgusto.
“Però era un gran figo!”, se ne esce Irenior. “Ci avrebbe aiutate a passare tutto questo tempo lontane dal nostro mondo”.
Tre sguardi severi la fanno vergognare della sua uscita.
“No, eh?”, balbetta arrossendo: anche oggi ha fatto la sua bella figura.
Dopo un attimo d'imbarazzo, contrattacca: “Ma almeno io non sono sua sorella! E poi, se vogliamo cercare cose strane, guardiamo tutte noi: ora siamo il gruppo dominante nel metamondo! E, a parte questi colori fasulli della pelle, siamo tutte terrestri, tutte femmine, tutte della stessa età, tutte create per magia. Compresa Vera. Per non dire niente di ventuno Nemesis tutte uguali. E’ difficile immaginare un gruppo dirigente meno disomogeneo! E con meno prospettive di ricambio generazionale!”.

Nemesis Quindici esce dalla camera, non vista e non salutata, attraversando il battente della porta come fosse illusorio. Guarda nel pianerottolo debolmente illuminato dalla luce del giardino: meno male, non c’era nessuno ad ascoltare. Irene e le altre dovrebbero evitare questi discorsi compromettenti a voce così alta.
Sospira amareggiata: il destino che le Nemesis hanno accettato è crudele. Indipendentemente da ciò che faranno, dal fatto che vincano o meno il loro confronto con le vere Guardiane e con Elyon, su questo mondo saranno destinate a restare per sempre nell’ombra.
Guarda dalla finestra che dà sul giardino interno: lo spettacolo dei fiori bioluminescenti è di una bellezza da mozzare il fiato, come un mare e un firmamento assieme sotto i suoi occhi.

Alle sue spalle, una voce sommessa sussurra: “Bello, vero? Si dice che ai tempi di Phobos fossero molto, molto più brillanti, irrigati con l’acqua magica negata alla popolazione”.
Nemesis Quindici si volta stupita: è Vera, in camicia da notte e con degli occhiali avvolgenti dalla lente iridescente, che si sfila e fa sparire nel palmo.
“Vera, non ti avevo sentita. Come hai fatto?”.
“Ho i miei trucchi, Katja”, risponde con un sorrisino enigmatico.
“Sei stata richiamata dallo strepito di Pao?”.
“Sì e no. Ero già sveglia. Questa notte ho qualcosa di importante da fare, ma non subito. Nell’attesa, andrò a farmi quattro passi nel giardino”.

La porta della camera si apre, e la sua luce squarcia la penombra del pianerottolo. Senza notarvi alcuna presenza, Irenior e Carol escono salutando le amiche e rientrano nei loro alloggi.


Notte

Il ragno avanza, inesorabile, emergendo dalla penombra verdina della camera, e si arrampica sulla coperta di lucido raso azzurro. 
Lei vorrebbe fuggire, ma non può. Si sente come intrappolata nel suo letto. Il suo corpo, irrigidito dal terrore, non risponde alla volontà. Le mani non colpiscono, le gambe non fuggono; la bocca non grida, serrata dal ribrezzo.
Lo vede risalire sulla sua gamba rigida come legno, fino ad avvicinarsi al viso. E’ orrendo, è enorme: con le zampe, è quasi più grande di una moneta.
La prospettiva cambia: ora si sta arrampicando su un’immensa distesa di stoffa lucida, risalendo pieghe che lo sovrastano come onde di tsunami, nascondendogli l’orizzonte finché non vi arriva in cima, per poi dover scendere nell’abisso successivo nella suo lento avvicinarsi. Ed ogni volta che arriva in cima ad una piega, la sua meta è un po’ più vicina: un viso enorme, terrorizzante eppure immobilizzato in una maschera di terrore. E’ il suo stesso viso, ingigantito alle dimensioni di una casa.
Il misterioso visitatore parla con una voce senza suono: “Therese, ho dovuto chiamare a me un coraggio che non sapevo di avere. Sono arrivato di fronte a te, a portata della tua enorme mano. Se tu lo volessi, potresti schiacciarmi con un semplice gesto. Ma sento che non lo farai.
Io ho sempre avuto terrore degli esseri umani. Essi ci uccidono con indifferenza, con disprezzo, senza neppure il bisogno di mangiarci, né di degnarci del loro odio.
Tu sei diversa. Ci temi, eppure ci hai salvati.
Tempo fa, nel corridoio sotterraneo che è tutto il mio mondo, una luce maligna è apparsa, balenando lenta e inesorabile lungo e pareti. Percepivo l’orrore di mille creature che sentivano il loro corpo dissolversi: i miei fratelli, le mie prede, tutto ciò che faceva parte del mio piccolo mondo.
Preparando il mio addio alla vita, guardavo questo chiarore spettrale serpeggiare verso di me. Poi ho sentito la tua voce gridare ‘NO!’, e la luce assassina si è esaurita un attimo prima di raggiungermi. Io sono il primo dei sopravvissuti di quella volta, e lo devo a te.
Ho deciso di vincere la mia paura, perché ho scrutato nel tuo cuore e ho visto che anche tu ci temi come la morte, nonostante il tuo corpo gigantesco e quasi invulnerabile.
 Allora sono venuto a proporti pace e amicizia a nome mio e di tutte le umili creature del cielo, della terra e del sotterraneo, che chiedono solo di essere lasciate vivere”.

Theresion si sveglia di soprassalto. Apre gli occhi nella semioscurità della stanza, tagliata da due fioche lame di luce delle lune artificiali che filtrano tra i tendoni accostati. Accende il suo specchietto, apparsole nel palmo, ma non vede nessun piccolo animale attorno a sé.
Nel letto accanto, Paochaion mugola e si volge dall’altro lato, poi riprende il respiro del sonno.
Theresion spegne la luce e sprofonda di nuovo nel cuscino morbido: era solo un sogno, ma ricorda ancora le parole del ragno, una per una. Turbata, eppur serena, si scopre a sorridere quasi con affetto di quel ricordo, poi il sonno la rapisce nuovamente e la porta con sé nel profondo.


Sala da pranzo, la mattina dopo

Il giorno dopo, Theresion arriva per ultima a colazione; le sue amiche sono già sedute al tavolone con Vera.
Pao, con gli occhietti più sottili del solito, si sta sorbendo un’enorme tazza di koofii nero come l’inferno, mentre Irenior sta collaudando con soddisfazione tutti i tipi di pasticcini della portata e Carol sta prendendo appunti per la sua prossima missione segreta a un centro commerciale di Midgale.
Quando il suo sguardo incrocia quello della Grande Sorella, Theresion non ha più dubbi. “Vera, ti aspetti che ti ringrazi?”.
Tutte le altre si interrompono, sorprese da quest’uscita.
L’altra le sorride sorniona. “Non serve, grazie. Mi piace fare del bene”.
“Ma ghi coja shtate pallando?”, chiede Irenior a bocca piena. “Dei shuoi shogliti sheheti?”.
“Lo sa lei, di cosa parlo! Vera, ti avevo pregato di tenerti fuori dalla mia testa!”.
Dopo un’occhiata penetrante, Irenior farfuglia: “Hai sciognato un uagno he hi harlaua?”, e comincia a ridacchiare.
Temendo un epilogo tragico di quella risata a bocca piena, Carol si fa scudo con un tovagliolo alzato. “Controllati, Polpetta! Terry, benvenuta nel club delle plagiate!”.
“E’ che volevo vincere quella paura da sola!”, rinfaccia la ragazza dai capelli candidi. “Era una scommessa con me stessa!”.
“L’avresti persa, lo sai”, le risponde Pao quasi nel sonno, continuando a sorseggiare il koofii.
“Vedila così”, la rigira Vera senza perdere il sorriso, “L’hai persa, ma l’hai anche vinta. Ecco il bello di scommettere con sé stessi”.
“Che sofisma!”, sbotta Theresion.
L’altra aggiunge: “E ora non hai più paura dei ragni. Ti pare un male?”.
Irenior, deglutito il pasticcino, esclama raggiante: “Niente più paura dei ragni? Ma è meraviglioso, Terry. Faccio fatica a crederci!”. Poi, puntandole contro un cucchiaio, aggiunge: “Vorrei metterti alla prova. Liberati per un’oretta, stamattina! Verrai con me in un posto speciale”.


Meridian, sotterranei

“Complimenti, Terry”, si compiace Irenior scrutandola mentre proseguono fianco nel corridoio dalla luminescenza verde. “Neanche un segno di nervosismo!”.
L’altra annuisce. Le secca ammetterlo, ma potersi avvicinare a un palmo da un ragno senza essere scossa da spasmi di panico le dà un senso di libertà mai provato prima. Anzi, le sembra quasi di ritrovare l’amico inatteso che è venuto a parlarle nel sogno. Ciò le fa quasi svaporare il rimpianto che questa vittoria non sia stata davvero sua.
“Adesso la prova del sei!”, aggiunge Irenior, incamminandosi veloce lungo una diramazione del corridoio.
“Del nove, vorrai dire”, la corregge Theresion, seguendola senza esitazione.
L’altra liquida l’osservazione con un gesto di nonchalance. “Sei, nove… sai, come dice il proverbio, non c'è sei senza nove!”.

Dopo pochi passi, nota che l’odore del luogo si sta facendo sempre più stantio e sgradevole man mano che procedono.
“Eccoci”. Irenior alza il suo specchietto, e la sua luce biancazzurra illumina in profondità la galleria. Da lì in poi, il pavimento è cosparso di detriti di ogni tipo, e solcato da rapidi movimenti guizzanti di chi sa che animaletti. L’aria è costellata da insetti diafani dalle zampe filiformi che volano lentamente, districandosi tra le ragnatele lunghe e dense come tendoni.
Irenior si volta indietro, carica di attesa. “Allora, Terry, te la senti di seguirmi qui?”.
L’altra storce il viso. “Mi sa che ci sporcheremo… ma sì”.
“Guarda che qui i ragni sono grossi come topi e i topi sono grandi come gatti”.
Theresion si acciglia, ma oggi sente il bisogno di vincere una qualche sfida. “Io non ho paura dei gatti”, le rimanda, “Almeno finché non ruggiscono”.
“L’hai voluto!”. Irenior si incammina decisa nel corridoio, senza neanche preoccuparsi di schivare le grandi ragnatele. La luce azzurrina del suo specchietto, diffondendosi da dietro, le trasforma in veli traslucidi dalla bellezza sinistra di una tomba abbandonata da millenni in attesa dei suoi profanatori.
Sforzandosi solo un po’, Theresion la segue. Il contatto con quei filamenti lievi le procura una sensazione indefinibile: se si vince lo schifo, potrebbe essere considerata quasi una carezza. Comunque i grossi insetti che le ballano davanti al viso sono tutt’altro che attraenti, e l’odore di chiuso le fa quasi nausea, ma vede Irenior che cammina senza paura, voltandosi divertita a osservare le sue reazioni. Troppo divertita.
Alla fine, lo specchietto illumina una robusta parete di pietra. Il corridoio appare senza sbocco.
“Fine della corsa”, commenta Theresion raggiungendo l’amica.
“Errore!”, le sorride l’altra, e attraversa la parete come se fosse di fumo.

Un attimo dopo, anche Terry si trova in un grande stanzone illuminato da pannelli dalla fluorescenza bianca posti sulla volta. Le pareti, il pavimento e le colonne sono imbottite di qualcosa simile al sughero.
In mezzo alla stanza, le guardiane Hay Lin e Taranee si voltano a guardarle.
“Irene, che sorpresa!”. “E Terry? Come mai?”.
“Ma.. che posto è questo?”, chiede Theresion. “Sembra… una specie di palestra”.
“Proprio così”, conferma Nemesis Sei, apparsa dalla porta alle loro spalle, probabilmente dopo averle scortate lungo tutto il loro tragitto nel sotterraneo. “Noi lo usiamo per allenarci”. Con un movimento della mano come per abbattere un cappuccio, il caschetto dalla visiera iridescente sparisce dal suo capo.
Nove botti risuonano in rapida successione da una oltre una porta socchiusa, poi Nemesis Diciotto in divisa fa capolino, tenendo una pistola ancora fumante puntata verso il soffitto. “Ehilà. E’ già ora di merenda? Ciao, Terry, come mai qui?”.
“Mi ha portata Irene”, risponde questa guardandosi attentamente le maniche: non c’è traccia delle ragnatele che ha attraversato. “Ma quel corridoio...”.
“E’ tutta un’illusione per tener lontani i curiosi”, le chiarisce Sei.
Irenior annuncia festosa: “Ho messo alla prova Terry. Non ha più neanche un filo di paura degli insetti!”.
“Paura degli insetti…”, riflette Taranee, “Al bisogno, dovrei simulare anche quella per essere più convincente. Ma è una cosa così sciocca…”.
“Grazie!”, le risponde gelida Theresion, incrociando le braccia al petto.
La guardiana spiega: “Qui ci stiamo allenando a combattere in un modo che assomigli a quello delle vere Guardiane. Non è facilissimo: i loro poteri derivano dagli Elementi, mentre i nostri ci vengono da Vera. Non sono gli stessi, quindi”.
Theresion annuisce. “E così, tu dovresti combattere generando fiamme!”.
“Già. Le simulo creando fasci ionizzati. La luce non è la stessa, però possiamo utilizzare anche le pulsazioni teleipnotiche adrirezionali”.
“Insomma, un’allucinazione per farli sembrare fiamme”, aggiunge Sei, “Un tipico effetto speciale di Vera”.
“Già”, conviene Taranee, “Però non dimentichiamo neanche che i fasci ionizzati, se usati al massimo, possono bucare una parete da parte a parte”.
“Io utilizzo la telecinesi per simulare la portanza dell’aria”, interviene Hay Lin
Guardatemi!”.  Per dimostrarlo, comincia a levitare fino a portarsi appena sotto la volta, iniziando poi qualche lenta e timida evoluzione. Poi tende le mani verso Irenior, che inizia a sollevarsi da terra.
“Ehi, mettimi giù!”, protesta questa agitandosi scompostamente. “Giù, ho detto, altrimenti a pranzo per te ci sarà solo un tozzo di pane secco! Anzi, neppure quello!”.
La minaccia fa effetto. Ad un gesto di Hay Lin, Irenior viene deposta nuovamente sul pavimento.
“Oh, bene!”, fa lei ricomponendosi, “Hay Hey, tu sarai anche la Guardiana dell’Aria, ma io resto sempre la Guardiana della Cucina!”.

Nemesis Diciotto fa strada alla stanza successiva. “E questo è il poligono!”.
Il locale è un tratto di corridoio rivestito di sughero, e presenta bersagli circolari di legno disposti a distanze diverse, abbondantemente sforacchiati. Il più vicino, a dieci passi, ha tutti i fori in prossimità del centro, mentre il più lontano è simile a un groviera.
Nemesis Diciotto capisce subito cosa sta guardando Theresion. “Non si può fare di meglio da lontano, con questi giocattoli”, si discolpa mostrando la sua piccola Walther PPK, “E Carol non ne vuole sapere di acquistare armi più serie. Che so, dei fucili M16, per esempio”.
Theresion si rabbuia. “Che bisogno avete di ‘armi più serie’? I poteri mentali non sono abbastanza?”.
“Certo”, risponde l’altra
sulla difensiva. “Ma non si sa mai che possano venire meno. Basta che Vera prenda un tranquillante, un ansiolitico, magari per errore… e niente più poteri per un po’. Né lei, né noi. Né voi”.
“Se succedesse, noi potremmo restare bloccate con l’aspetto delle guardiane, o delle aquile”, aggiunge Hay Lin.
“Bisogna sempre poter contare su un qualche ripiego”, aggiunge Diciotto.
Irenior fa un sorrisino divertito. “Mah… non credo che un’aquila se ne farebbe molto di un’arma più seria. Meglio un trespolo più comodo, no?”; poi ammicca rivolta a Terry: “E’ che alle nostre amiche Nemesis piacerebbe avere un bel giocattolone in più, tutto qui”. Poi la prende per una mano: “Vieni a vedere qualcosa di meglio!”.
La trascina, attraverso un'altra stanza attrezzata a palestra, fino a un altro corridoio, sul quale si aprono delle diramazioni simili ad androni, nei quali si trovano diverse porte di legno, come di case private.
“Ecco, Terry: le Nemesis alloggiano qui”.
Nemesis Sei, che le ha seguite, aggiunge: “Salvo quelle che impersonano le guardiane ed Elyon, che dormono a palazzo”.
Lei si guarda attorno. “Dormire nel sotterraneo… non fa freddino?”.
Irenior le ammicca: “Lo farebbe, se non ci pensassi io”. Apre una delle porte e fa strada nell’appartamento.
Al suo ingresso, alcune lanterne a olio sembrano accendersi da sole. L’interno è accogliente e pulito come una qualsiasi casa di superficie; al centro del tavolo c’è perfino un vaso con alcuni fiori di campo quasi freschi. “Carino, vero? E chi è che lo tiene così bene? Chi è che accende la stufetta, fa da mangiare, tiene pulito?”.
“Tu?”.
“Certo, io. Beh, non solo io. Il letto se lo rifanno da sole, come bravi soldati”, dice Irenior, facendole strada verso alcune camere.
Nelle quali, come per contraddirla, tutti i letti sono disfatti.
Pianta i pugni sui fianchi. “Cosa significa questo?!?”.
Nemesis Sei, dietro di lei, guarda il soffitto con espressione innocente, il più ovvio indice di colpevolezza. “Questo… eeh… non preoccuparti, lo sistemerò subito”.
“Brava! Se no niente merenda!”. Fa due passi verso la porta. “Ora vado a casa mia a preparare i biscotti, ma prima di farvi mangiare controllerò che sia stato messo tutto a posto!”.
L’altra annuisce compunta come una bambina che vuol far dimenticare di essere stata cattiva.
Irenior accenna ad uscire dalla camera. “Vieni, Terry”.
“Un attimo”, risponde Theresion. “Sei, mi potresti prestare il tuo casco? Sono sempre stata curiosa di provare la visiera anti-ipnotica”.
“Mi chiamo Laurie, dovresti saperlo”, sbotta l’altra. Esita un attimo, poi si fa apparire in mano un paio di occhiali avvolgenti dalle lenti iridescenti. “Prova questi, piuttosto”. Glieli porge. “Però devi renderli subito. Anche questi sono un segreto militare”.
Irenior trascina l’amica per la manica. “Vieni, Terry, li proverai strada facendo. Casa mia è a due passi da qui. Laurie, raggiungici appena hai finito”.

Uscita dall’alloggio sotterraneo, Irenior si dirige verso un muro che sembra chiudere il corridoio, poi si ferma ad aspettare. “Allora, ci sei?”.
Theresion la segue, indossando gli occhiali sulla punta del naso, e alternando occhiate attraverso le lenti con altre da sopra. “Quel muro è fasullo”, sentenzia subito prima di attraversare senza esitazione lo spazio dove chiunque altro avrebbe visto una solida parete di sasso.
Al di là, sfilandosi gli occhiali, le sembra nuovamente di vedere una barriera di ragnatele e di sporcizia, ma anche questa è un’illusione.
Irenior è subito accanto a lei. “Ed eccoci di nuovo nel tunnel degli orrori!”, esclama divertita, poi parte in avanti fendendo i festoni repellenti con le braccia tese. “Guarda come sono coraggiosa, Terry!”. Le fa vedere un grosso ragno nero dall’addome a puntini aranciati che le penzola dalla manica.
Theresion guarda bene da sopra gli occhiali, poi attraverso le lenti, poi di nuovo da sopra. “Irene… Vorrei tanto non dovertelo dire, ma quello è un ragno vero, e pure velenoso!”.

Mentre sta riordinando la sua cameretta, Nemesis Sei sobbalza al sentire l'agghiacciante strillo di puro terrore che rimbomba nella galleria.

  
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