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Autore: Viki_chan    23/02/2011    14 recensioni
“Parli tanto dei problemi con il tuo sangue, non vedi che stai facendo la stessa cosa con me? Fingi che non ti importi niente del mio marchio, ma alla prima occasione lo tiri fuori.”. Lei era ancora coperta, mi sembrava di parlare da solo. Forse stavo davvero parlando da solo, forse lei non voleva sentire quello che avevo da dirle. Forse nemmeno io avevo più voglia di chiarire quella situazione.
“Non è la stessa cosa. E’ difficile costruire la fiducia di una persona che per anni ha dimostrato di essere qualcun altro.” disse scoprendosi. E di nuovo, mi sembrò di avere davanti qualcun altro.
(cap XV)
Settimo anno ad Hogwarts. Draco Malfoy ritorna a scuola con la famiglia a pezzi e una brutta fama. Un incontro, una parola di troppo. Forse è arrivata l'ora di cambiare.
[Questa storia è il POV di Draco di The Life After]
------------------EPILOGO PUBBLICATO------------------
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Il trio protagonista | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Nota dell’autrice: Ciao a tutti! Sono Vik e questa è la mia seconda FF a capitoli. Questa storia si propone come il punto di vista di Draco di The Life after , anche se può essere letta autonomamente.
Che altro posso dire?
Fatemi sapere che ne pensate!
Stay tuned!




Qui
trovate The life after, POV di Hermione di questa storia.
Qui Summer's Chronicles, secondo Capitolo del POV di Hermione
Qui il mio profilo di Facebook

 


1. Comportamenti anomali

 
Hogwarts.
Hogwarts faceva schifo. Hogwarts era una maledetta prigione.
No, una prigione mascherata da bordello, visto tutte le ragazze che mi si erano avvicinate nei pochi giorni che erano trascorsi dall’inizio delle lezioni.
Camminavo per i corridoi senza una meta precisa, la borsa su una spalla. Il sole ancora alto si faceva beffe del mio umore.
Dovevo rimanere a casa.
Dovevo stare con mia madre.
Mi sedetti su una panchina e mi guardai intorno. Ovunque ragazzini allegri che scherzavano tra di loro. Qualcuno si voltava verso di me, indicava il mio braccio fasciato o borbottava qualcosa a denti stretti. Anche se non riuscivo a capire le loro parole, non era difficile intuirne il senso.
“Quello è Draco Malfoy, un mangiamorte.”
“Guardagli il braccio, copre il Marchio.”
“Che ci fa qui uno del genere? Sarà pericoloso?”
Dovevano andare tutti al diavolo. Come se fosse una mia scelta, come se io non avessi cercato di bruciare quella maledetta lettera della McGrannit prima che mia madre potesse leggerla.
“Devi finire la scuola Draco. E’ importante.” Aveva detto mia madre strappandomi la pergamena dalle mani. “Se prima il tuo futuro era già scritto, ora tutto è cambiato. Tutto..” si era interrotta voltandomi le spalle, la voce rotta dalle lacrime.
Avevo riletto quella lettera così tante volte da saperla a memoria. Ero invitato a terminare gli studi. Come se qualcuno in quella scuola mi volesse. Come se a qualcuno fregasse del futuro di Draco Malfoy.
A tutti però fregava del mio passato. Di mio padre in carcere e di mia zia morta.
Ad alcune ragazze interessava il mio presente. Era strano come a certe oche senza cervello non passava per la testa che uno come me avrebbe potuto far loro del male. L’importante era avermi per una notte, tanto per provare un po’ di adrenalina.
Persi lo sguardo nella scena che mi si parava davanti, cercando una nuova preda tra un gruppo di Serpeverde. Tutti intorno a me sembravano incredibilmente sereni. La guerra era finita, San Potter e la sua banda avevano salvato il mondo dal Signore Oscuro.
Potter.
Potter era strano. Se possibile più del solito.
Veniva osannato come un dio, tutti volevano un pezzo di lui, una parola, un saluto. Entrò in cortile circondato dal solito sciame di ammiratori.
Ma lui non era felice. Non che io lo conoscessi così bene per esserne certo, ma aveva sempre una faccia così falsamente sorridente, una di quelle espressioni che noi Malfoy impariamo alla nascita, fondamentale per tenersi buone le alte sfere. Mi passò accanto senza guardarmi, io non ebbi la forza per intavolare la solita gara d’insulti.
 “Vuoi anche tu una stretta di mano da San Potter?” mi chiese Blaise interrompendo il flusso dei miei pensieri.
“Si, peccato che anche oggi ci sia la fila.” Risposi alzando le spalle fintamente dispiaciuto.
“Ti aspettavo in biblioteca, quel Weasley maledetto mi ha occupato mezza giornata.” Disse sedendosi accanto a me.
Imprecai. Mi ero totalmente dimenticato del compito che quel mezzo lupo ci aveva assegnato. Non bastavano Lenticchia e la moglie di Potter, la McGrannit aveva scelto Bill Weasley per insegnare Difesa contro le arti oscure. Un altro rosso. Evviva.
“Mi fai copiare la tua ricerca?”
“Scordatelo. Adesso te ne vai in biblioteca. Cerca “Incantesimi di protezione oggi”. E’ molto interessante.” Disse ammiccando senza motivo.
“Fottiti Blaise.”
“Anche io ti amo Dra. Ci vediamo dopo.”
 
Mi alzai senza aggiungere altro e mi diressi verso la biblioteca, incontrando a metà strada Denise Derrell, una Serpeverde del sesto anno.
“Hey.” Mi disse con una voce che voleva essere suadente.
“Derrell.”
“Hai da fare stasera?”
“Forse.” Risposi interrogativo. Non era bella, ma era abbastanza disinibita da incuriosirmi. “Richiedimelo fra un paio d’ore.”
“Cosa vuol dire?”
“Vuol dire che se trovo di meglio hai la serata libera, altrimenti ci vediamo in camera tua dopo cena.”
Lei rise. A quanto pare trovava divertente il mio calpestare la sua dignità. Oppure, pensai notando la sua espressione da ebete, non aveva capito.
“A dopo Draco.”
Non le risposi nemmeno e proseguii per la mia strada.
La biblioteca era al solito abitata da piccoli gruppi di studenti. Mi diressi sicuro verso lo scaffale dei libri di Difesa e iniziai a cercare il titolo indicatomi da Blaise.
Il bastardo aveva scelto l’unico titolo non presente. Mi guardai intorno e lo vidi nelle mani della persona più sbagliata.
Hermione Granger.
Era seduta ad un tavolo sola e stava leggendo con attenzione il libro che cercavo. La osservai per qualche secondo, cercando le parole giuste per chiedergli il libro.
Qualcuno aprì la porta, lei si voltò verso la fonte del rumore e lo appoggiò sul tavolo.
Mi avvicinai di qualche passo, ma lei non se ne accorse. Aveva lo sguardo fisso nel vuoto e un sorrisino lieve in volto. Stava sognando ad occhi aperti.
Hermione Granger era il genere di persona che tutti guardavano con rispetto. Era un’eroina. Non era particolarmente bella, ma emanava una strana luce. Una luce che la faceva apparire graziosa nonostante fosse sempre struccata e con i capelli spettinati.
Già solo il fatto che mi faceva pensare un termine stupido come “grazioso” mi faceva impazzire.
Lei si che sarebbe stato un buon modo per passare una domenica sera diversa.
Scacciai quei pensieri scuotendo la testa.
“Granger?” sussurai.
Lei continuava imperterrita il suo sogno innervosendomi.
“Ehi, hai ancora molto con quel libro? Non sei l’unica ad avere 30 centimetri da scrivere.” Dissi prendendola per braccio e muovendola.
Si voltò verso di me confusa e chiuse il libro.
“No, ho finito.” Disse porgendomelo. Notai che sulla sua pergamena erano scritte solo poche righe e mi stupii. Aveva deciso di cedermi il libro nonostante non avesse finito.
“Grazie.” Borbottai andandomi a sedere poco più in là. Non aveva senso cercare un altro posto, tanto se ne sarebbe andata.
Tirai fuori dalla borsa la penna e la pergamena e dettai le prime righe della ricerca, sentendomi gli occhi di lei puntati su di me. Imprecai sottovoce,  sperando di farla desistere.
“Che hai da guardare?” le chiesi con troppa violenza. Idiota.
“Per te la guerra è finita?”
Non stava parlando con me, non poteva essere. Eppure i suoi occhi mi guardavano. Dovevo dire qualcosa.
“Il Signore Oscuro è stato sconfitto. San Potter ha riportato la pace. I mangiamorte sono stati catturati” risposi schifato dalle mie stesse parole.
Lei soppesò quello che avevo appena detto e iniziò a raccogliere le sue cose. Non mi aspettavo che aggiungesse qualcosa, così ripresi a dettare alla mia penna, la mente concentrata sulla sua domanda.
La guerra era finita?
Quella ragazza era stata Confusa. Magari credeva di parlare con qualcun altro. O forse no, forse voleva davvero una risposta sincera.
Dopo aver litigato con le chiusure della borsa mi passò accanto.
“Mi chiedi se la guerra è finita Granger? Lo chiedi a me? La vedi questa?” sibilai mostrandole la benda che mi copriva l’avambraccio. “Sai cosa c’è qui sotto? Sono un reietto Granger.” Mi sfiorai la fasciatura, il Marchio pulsò per un secondo. “Ti sei mai voltata a guardare il tavolo di Serpeverde, tra un bacio e l’altro con Lenticchia? E’ vuoto. Se ne sono andati tutti. Sono scappati, sono stati catturati, alcuni sono morti. Della vecchia guardia rimaniamo solo Io e Blaise, gli altri sono per lo più ragazzi più piccoli e i nuovi smistati. Non è più casa mia Hogwarts, non sono il benvenuto. La guerra per me non finirà mai.”

Non seppi perché dissi quelle parole proprio a lei, ma mi sentii decisamente meglio, come se avessi scaricato un peso che mi gravava sulle spalle. La Granger aprì la bocca senza dire altro, dovevo averla spaventata. Idiota.

La guardai finchè lentamente non riprese il controllo e lasciò la stanza.

“Stupida Granger. Stupido Draco Lucius Malfoy.” Borbottai prima di rimettermi a scrivere.

 

Trenta centimetri di pergamena dopo uscii dalla biblioteca soddisfatto.

“Ehi Dracuccio, ci siamo decisi?” Denise Derrel mi aspettava fuori dalla sala comune, la camicetta troppo slacciata e le labbra sistemate in uno stupido brocio.

“Chiamami ancora una volta così e deciderò per una tua condanna.”

“Lo sai che scherzo. Allora? Stasera ci facciamo un giro?”

“Sai che c’è Derrel?” le chiesi senza aspettare una sua risposta. “Due ore fa potevi anche passare. Ma adesso sei solo una gran vacca.”.
“Non pensare di essere meglio di me, schifoso mangiamorte.” Mi sputò addosso superandomi.
“Dovresti scegliertele meglio le tue prede Dra.”. Blaise appariva sempre nei momenti migliori. “Ti è servito il libro?” chiese con un mezzo sorriso.
“Hai trenta secondi di vantaggio. Poi se ti prendo ti ammazzo.”  

   
 
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