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Autore: Tarlia    27/02/2011    3 recensioni
Sequel di FFVIII. Cosa succede a Galbadia dopo la sconfitta di Artemisia? Come si evolverà la relazione tra Squall e Rinoa? E gli altri? E Laguna...?
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Laguna Loire, Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IN HONOR OF OUR CHILDREN
scritta da Tarlia, tradotta da Erika nel 2003, rivista da Alessia Heartilly nel 2010

~ Capitolo 31 ~

......

Non aveva idea di che ore fossero, che giorno fosse, o persino che settimana fosse. Non aveva idea di dove si trovasse e da quanto tempo fosse lì. All'inizio fu difficile svegliarsi, difficile ritrovare l'uso dei sensi. Ma poi sentì dolore, il suo intero corpo che gli doleva. Lentamente, cominciò a ricordare, ma vagamente.

Quando costrinse gli occhi ad aprirsi la pallida luce bianca lo accecò immediatamente e gli fece male agli occhi, e quindi li chiuse rapidamente di nuovo.

C'era qualcun altro lì. Avendo ovviamente notato che si era mosso, la persona si girò e urlò, "Rinoa! Penso che si stia svegliando!"

(Rinoa...)

Entrò qualcun altro, e lui cercò di aprire nuovamente gli occhi, la sua vista ancora offuscata mentre scorgeva un pezzo di qualcosa di blu. Era ancora il suo colore preferito.

Vedendo che la stava guardando, Rinoa si avvicinò velocemente e gli buttò le braccia al collo "Squall!" disse, con voce felice, ma anche spezzata come se avesse pianto o stesse per farlo.

Voleva abbracciarla a sua volta, ma non trovava davvero l'energia per farlo, non ancora. L'altra persona, che riconobbe essere la dottoressa Kadowaki una volta che la sua vista fu di nuovo chiara, spinse gentilmente via Rinoa. "Fa attenzione, cara. È ancora debole," si girò verso Squall, guardandolo negli occhi mentre stava probabilmente controllando se riuscivano a focalizzare. "Squall, puoi sentirmi?"

Lui annuì debolmente.

"Non so cosa dire – ti cacci in così tanti guai, ma sei anche estremamente fortunato. Ragazzo, eri a pochi passi dalla morte," disse la dottoressa solennemente. Rinoa, che stava in piedi accanto a lei, sembrò ancora più triste mentre diceva quelle parole.

(Che è successo...?)

"Prima di tutto, la pallottola avrebbe potuto benissimo colpirti il cuore, ma lo ha mancato e ha colpito uno dei polmoni invece. Sai quante possibilità ci sono! In più, la caduta giù dal balcone avrebbe potuto ucciderti, ma sei atterrato su qualche cespuglio che era proprio lì sotto, e il danno si è ridotto notevolmente. Ho tolto la pallottola, e te la sei cavata con una leggera concussione e una gamba rotta."

(Oh, fantastico...)

(... Caraway... Lui...?)

"Il... p-Presidente?" chiese Squall.

"Squall, non preoccuparti," disse Rinoa con un sospiro. "Sta bene. Xar è morto."

"...bene."

"Vi lascio da soli," la Dottoressa Kadowaki si girò verso l'uscita.

Rinoa sospirò un'altra volta e si sedette sul bordo del letto, asciugandosi alcun lacrime che le stavano scivolando giù dalle guance. "Oh Squall... sempre a pensare al tuo lavoro prima che a te stesso." Gli mise una mano sulla fronte, spostando alcune ciocche di capelli sudati che si erano appiccicati.

(È quello che siamo stati addestrati a fare...)

"E non venirmi a dire che è quello che si suppone dobbiate fare." Si morse il labbro e deglutì. "Odio questa cosa. Odio vederti andare in missione e il fatto che non posso venire con te. Odio essere lasciata indietro a preoccuparmi. Odio il fatto che non riesci a dire di no, almeno una volta," lei scosse la testa dolcemente, mentre altre lacrime cadevano dai suoi occhi. "Avrei dovuto aiutarti – sono una Strega! Era compito mio liberare Timber, ma è diventato tutto all'improvviso troppo grande per me da quando Xar è apparso... E poi Adrian... Non potevo andare da nessuna parte. Ora sto semplicemente seduta qui mentre tu sei là fuori, chiedendomi... 'Sta bene? Che sta facendo in questo momento? È ferito? È... ancora vivo?’" Affondò il viso nel suo petto, con un singhiozzo. "Avevo così tanta paura, Squall! Pensavo che saresti morto!"

Facendo un lento respiro, Squall mise un braccio intorno alle sue spalle arrangiandosi come meglio poteva. "Va tutto bene... Quello che ho fatto era necessario... e non sono morto."

"No, non lo sei," bisbigliò lei, alzando lo sguardo per incontrare il suo ancora una volta con occhi marroni bagnati e intristiti. "E non andrai da nessuna parte per alcuni mesi con quella gamba che ti ritrovi... ma che ne sarà del futuro? Non possiamo prevederlo, lo so, ma... che succederà se una cosa come questa accedesse ancora e... tu non fossi così fortunato? Non voglio essere lasciata da sola più di quanto lo voglia tu..."

(Che sta dicendo? ...Lasciare i SeeD? Lo sta sottintendendo... Non posso farlo. Il Garden è la mia casa... Questo è il mio lavoro. Non posso semplicemente lasciare tutto quello che conosco. Non posso. Il Garden è sotto la mia responsabilità, che mi piaccia o no...)

Non disse niente, non sapendo davvero come rispondere senza renderla ancora più infelice, perciò si limitò a stringere Rinoa tranquillamente mentre cercava di capire quanto ci sarebbe voluto prima che potesse camminare ancora. Gli incantesimi curativi funzionavano raramente con le ossa rotte, almeno se era una cosa grave... Ma potevano probabilmente accelerare la guarigione, almeno di un po'. Pensò che appena gli fosse stato di nuovo possibile farlo, sarebbe tornato al suo lavoro come preside.

Quella era la sua responsabilità, e lui l'aveva accettata.

"Dov'è Adrian?" chiese infine.

Rinoa sollevò la testa, guardandolo e asciugandosi le lacrime con la manica. "È con Quistis e Shu... Posso andare a prenderlo, se vuoi."

Squall annuì, poi aggiunse, "...Dì a Quistis di venire anche lei, va bene? Io... ho bisogno di sapere cosa è successo."

"Non puoi rilassarti almeno per ora? Tutto è stato sistemato. Il mondo non morirà anche se non riuscirai a sapere prima di domani." Rinoa si alzò e si mise le mani sui fianchi.

"Rinoa..." sospirò Squall.

(Sono sveglio. Voglio sapere qual'è l'attuale situazione di Galbadia ora che Xar è morto. È un così grande crimine?)

Lei si limitò a fare un mero sospiro e poi gli rivolse uno sguardo relativamente vuoto, poi lasciò la stanza. Era strano, perché di solito faceva più storie, anche se sapeva che avrebbe perso.

Squall colse l'opportunità di chiudere gli occhi e di riposare un attimo. Il suo mal di testa era peggiore del solito - non c'era da meravigliarsi, però, visto che era caduto da tre piani dal balcone di Caraway.

(Ci sono andato vicino... Ma era solo una delle tante volte. Quante volte ho rischiato la mia vita? Ho perso il conto... i SeeD lo fanno tutto il tempo. È semplicemente così. Ci siamo abituati.)

(Ma lo siamo davvero? Quando abbiamo pensato che Seifer fosse morto... Anche se non era esattamente nostro amico, la cosa ha influenzato tutti noi. Magari non siamo così bravi a dialogare con la morte come pensiamo di essere...)

~ Capitolo 32 ~

E per la prima volta in decenni, il mondo tirò un sospiro di sollievo... e si rilassò. Erano passati due anni da quando Xar era morto in quella fatale mattina a Deling City, ma la sua morte era stata solo l'inizio di una catena di eventi che avrebbero infine portato la pace a Galbadia. Il vendicativo ex-soldato aveva parecchi sostenitori che continuarono a causare problemi e ci volle un mucchio di tempo e sforzo al Presidente Caraway, ai suoi consiglieri e al suo esercito per riportare la pace senza uccidere i ribelli. Naturalmente, questo fatto toccò anche il resto del mondo. I SeeD del Garden furono assegnati a numerose missioni per aiutare ancora una volta Caraway, e anche Esthar venne in aiuto con qualche supporto militare, dal momento che molti soldati galbadiani erano già caduti in guerra.

Così quando divenne finalmente ufficiale che tutti i principali problemi erano risolti, tutti quanti ne furono sollevati.

Nel mezzo della confusione stava un bambino che si sforzava di capire cosa stesse succedendo. Guerre, politici, eserciti - nessuna di queste cose interessava ad Adrian. A soli cinque anni, non si era mai allontanato dal fianco di sua madre, non era mai stato fuori dal continente di Balamb, non aveva visto scene di guerra come molti altri, beatamente ignorante del dolore che molti bambini alla sua età avevano provato nel vicino continente.

Questo non significava che per lui le cose fossero perfette.

Adrian Leonhart era cresciuto dall'essere il bimbo carino che tutti nel Garden adoravano, al giovane bambino che era appena entrato in quell'età nella quale era grande abbastanza per diventare un alunno delle scuole elementari. Non c'era nessun'altra scuola disponibile, eccetto per quella locale nella città di Balamb, ed era troppo lontana. Anche se era uno studente del Garden questo non voleva dire che doveva completare gli studi e diventare SeeD - i giovani scolari della sua età non imparavano molto altro che le cose fondamentali come leggere e scrivere, con una minore aggiunta di conoscenza di combattimento - ma naturalmente, tutti i SeeD nel Garden si aspettavano che seguisse le orme di suo padre. Tutti quanti, tranne forse eccetto lo stesso Squall, che in verità non ne aveva mai fatto menzione.

Alla madre di Adrian non piacevano le aspettative degli altri. Lui poteva dire che era preoccupata, ma sapeva poco di quello che lei e Squall discutevano alle sue spalle. Non gli avevano mai permesso di ascoltare, anche se era del suo futuro che stavano parlando. Era così ingiusto.

Avere un padre che era il preside del Garden ed era considerato un eroe non era sempre così facile.

E il resto della sua famiglia – sua madre era l'unica Strega al mondo, e i suoi due nonni erano entrambi Presidenti. Anche se conosceva uno solo di loro, e non ne aveva mai incontrato uno di persona.

Quello che rendeva il tutto peggiore erano gli altri bambini della sua classe; la maggior parte di loro aveva cinque o sei anni, e potevano essere davvero crudeli con lui. Non riusciva davvero a capire il perché - era piccolo per la sua età, ma lo prendevano in giro soprattutto per essere chi era. Magari era gelosia, magari a loro non piaceva come prendeva tanta attenzione dagli studenti più grandi. Non lo sapeva. Nessuno di loro, nemmeno gli adulti o gli altri bambini, lo vedevano per chi era: un bambino timido ma intelligente a cui sarebbe piaciuto avere amici e giocare come gli altri bambini - ma agli altri non importavano cose come queste. Loro volevano che diventasse un grande guerriero, o lo disprezzavano per essere non ufficialmente indicato come 'il futuro Squall'.

Loro vedevano solo Leonhart. Nessuno vedeva Adrian.

L'unico sollievo che Adrian sentì, tre giorni dopo il discorso ufficiale di pace di suo nonno, fu un giorno fuori dal Garden. Rinoa avrebbe incontrato Zone e Watts là per ricordare i vecchi tempi. Non si erano visti per anni, e Rinoa aveva lasciato che Adrian venisse con lei a vederli. Non c'era alcun pericolo nella città di per sé, e andando lì in macchina avevano evitato i mostri che si trovavano nelle praterie.

Era una strana esperienza per Adrian – non si era mai allontanato tanto dal Garden prima d'ora, e capì quanto poco aveva visto del mondo. La gente qui viveva in case invece che in dormitori, non avevano alcun centro per gli allenamenti, e il piccolo bar sul pontile era così diverso dalla grande mensa a casa.

Eppure, fu un'esperienza noiosa per Adrian dopo tutto. Dopo la prima, strana presentazione agli amici di sua madre, loro tre si persero in noiose conversazioni da adulti, a parlare di cose di cui non gli poteva importare di meno. In un momento di distrazione, riuscì infine a sgattaiolare via dal bar e si diresse invece al pontile, sdraiandosi sullo stomaco sul bordo di esso a fissare l'acqua.

"Ce faai?" disse una voce dietro di lui. Adrian trasalì e saltò in piedi, quasi cadendo in acqua, ma riuscì in un qualche modo a mantenere l'equilibrio.

Davanti a lui stava una bambina, un po' più piccola di lui - probabilmente di circa quattro anni. Aveva capelli piuttosto corti e leggermente ricci, di un biondo pallido, e enormi, innocenti occhioni blu mare, che sembravano brillare di birichineria. "Oooh, tò paventato?" chiese dolcemente, poi fece una risatina.

"S... uh, voglio dire... nah," rispose rapidamente Adrian.

"Cometto di cì! Tò paventatooo!" disse la bimba prendendolo in giro, saltellando da un piede all'altro e guardandolo con un grosso sorriso stampato sul visino.

"No! Io non ho paura di niente!" protestò lui, corrucciando il viso mentre le si avvicinava. Grande, un'altra che lo prendeva in giro. Ma questa era più piccola di lui, poteva affrontarla.

"Paventato come gattino!" urlò felicemente, ancora ridacchiando.

"Prova a ridirlo!" la minacciò Adrian.

"Ce falai? Lo dicci alla mamma?"

Adrian rifletté. Non voleva davvero farle del male né niente del genere, d'altronde, si sarebbe cacciato nei guai se ci avesse provato. "No," disse. "Ma prenderò il mio gunblade e ti punirò con quello. Ne ho uno a casa!" – Beh, Squall ne aveva una, comunque, almeno, c'era un gunblade nel loro appartamento. Era quasi vero.

Gli occhi della bimba si spalancarono, "Davvevoo?" strillò. "Bimbi non cianno 'umblades! 'Commetto ce menti!"

"Non mento! Te la mostrerò se non mi credi!"

"Okay," i suoi occhi brillarono e sorrise all'improvviso. "Plomettii?"

Adrian deglutì. Sua madre gli aveva detto di non fare promesse che sapeva di non poter mantenere. Ma poi, gli aveva anche detto di non mentire, perciò il danno era già fatto. "Prometto!" disse lui.

"Belloo!" rise la bimba. "Mi ciamo Sejia. E tu?"

"Adrian," replicò Adrian, ridendo a sua volta. "Tu vivi qui?"

Lei annuì, "Cì! Io e mamma e papà, dall'atta palteee," si girò e segnalò un qualche luogo dietro gli edifici su per la strada.

"Che fai qui allora?" chiese Adrian.

Sejia ridacchiò, "Zio si plende cula di me... ma 'ta di novo dommendo. Posso annare dove vojo!"

Il bambino fissò il pavimento. "Magari potessi farlo io..." la guardò di nuovo e vide che stava ancora ridendo. Era la prima bambina che era mai stata così gentile con lui. Non lo conosceva, ecco perché, pensò. Poteva essere se stesso, perché lei non si aspettava niente da lui. Tranne per la storia del gunblade, naturalmente...

"Adrian!" lo chiamò una voce dal bar. Si girò e guardò sua madre, che stava gesticolando. "Adrian, dobbiamo andare!"

Corrucciando lo sguardo, si girò verso la nuova amica appena trovata. "Credo che devo andare... Ciao," disse prima di correre verso Rinoa.

"No dimetticare ce l'hai plomesssooo!" gli gridò dietro la bimba. Ancora ridendo, si girò nell'altra direzione e sparì.

~ Capitolo 33 ~

Il giorno cominciò come una qualunque ordinaria giornata.

E quando gli istruttori non stavano guardando, commentini malefici erano di routine. Le lezioni erano finite per i bambini, e molti dei ragazzini si erano riuniti in circolo intorno ad Adrian.

"Cocchino della maestra!"

"Pensi di essere così bravo solo perché sei il figlio del preside!"

"Comunque, sei troppo debole per diventare SeeD!"

"Lasciatemi in pace!" urlò Adrian. Perché non c'era nessuno lì? Perché nessuno vedeva mai quello che succedeva? Gli altri bambini non lo avevano mai toccato, ma non importava – le parole lo ferivano allo stesso modo, se non di più.

"Codardo!"

"Non sono un codardo!" Adrian guardò gli altri con occhi arrabbiati. Era come una scena dell'infanzia di Squall – solo con molti più Seifer – e come suo padre, Adrian si difendeva da solo. O almeno cercava di farlo. "Sejia non pensa che io sia un codardo!"

"Chi è Sejia?"

"È mia amica, si trova nella città di Balamb. Vi mostrerò che non sono un codardo – Le ho promesso che le avrei mostrato il mio gunblade, e lo farò!" Aveva quasi cominciato a credere alla sua stessa bugia, anche se non aveva nemmeno idea di come si teneva in mano un'arma. Dopo tutto, era solo un bambino che stava cercando di difendersi.

"Tu non hai una gunblade," disse uno dei bambini più grandi. "Ma sei troppo un codardo per uscire dal Garden in ogni caso."

"Vi proverò che sono più forte di tutti voi! Lo farò!" gridò Adrian, con le labbra tremolanti. Gli altri bambini non gli stavano prestando più attenzione. Un istruttore stava venendo nella loro direzione, e i bambini si separarono velocemente. Adrian passò loro oltre e corse giù per la sala. Lontano da loro, lontano da ogni cosa...

*~*~*~*~*

Squall si premette una mano contro la fronte e sospirò mentre firmava un altro pezzo di carta.

(Odio questi dannati rapporti...)

Le ferite che aveva subito oltre due anni prima l'avevano messo fuori gioco per parecchi mesi. Persino dopo che le sue gambe erano guarite aveva continuato a zoppicare per un po', e dopo, aveva solo occasionalmente guidato alcune piccole missioni. Il lavoro del preside non era proprio quello in cui intendeva finire, non gli calzava affatto. Ma non si lamentava mai con nessuno - non c'era nessuno con cui potesse lamentarsi, non c'era alcuna utilità nel lamentarsi. I SeeD sarebbero dovuti sopravvivere per altre generazioni, era semplice... Tuttavia, si sentiva piuttosto inutile nel trascorrere il tempo in un noioso ufficio.

"Shu," disse, alzando lo sguardo verso la SeeD più anziana. Anche dopo tutti questi anni lei era ancora lì, ad aiutarlo col lavoro. Era sorpreso che non sembrasse mai annoiata. "L'esame pratico è fra una settimana, giusto?"

Lei alzò lo sguardo dalle carte, annuendo pigramente. "Sì. Perché?"

"Penso che questa missione possa andare bene per un esame... ecco, dacci un'occhiata." Le porse la richiesta.

Shu annuì ancora. "La esaminerò," disse e si girò per andarsene. Proprio mentre raggiungeva la porta, questa si aprì, e quasi si scontrò contro un piccolo esserino che entrava nella stanza, "Woah, attento, Adrian."

"Mi dispiace," bofonchiò il bambino. Lei gli sorrise e uscì in corridoio. Adrian lanciò uno sguardo a suo padre, poi si avvicinò alla scrivania. "Ciao papà."

Squall alzò a malapena lo sguardo, volendo finire il lavoro il prima possibile. "Ciao Adrian," rispose senza pensarci troppo.

Adrian si leccò il labbro inferiore, fissando Squall per un attimo. Vedendo che non avrebbe ottenuto alcuna attenzione, si mosse intorno alla scrivania e tirò la manica di suo padre, "Papà?"

Sospirando, Squall si girò verso suo figlio, "Cosa c'è?"

"Ehm... puoi insegnarmi come combattere con un gunblade?" Il bambino fissava il pavimento. Squall sgranò gli occhi.

"Dici sul serio? Adrian, sei troppo giovane."

Adrian mise il broncio. "Ma-"

"Guarda... quando sarai più grande, okay?"

"Ma io voglio imparare ora!"

"Adrian, non ho tempo adesso. Ho del lavoro da finire." Vagamente irritato, Squall si mise di nuovo a guardare le carte sul tavolo. Aveva quasi voglia di buttarle giù dalla scrivania e fare qualcos'altro. "Va a trovare tua madre, va bene?"

Se Squall fosse stato più attento avrebbe notato lo sguardo ferito negli occhi di Adrian. "Va bene... lo farò," disse il bambino in tono quasi rude e lasciò prontamente la stanza.

*~*~*~*~*

Quel pomeriggio, più tardi, Squall fu interrotto ancora una volta. Rinoa entrò nell'ufficio, e sembrava essere stranamente di buon umore. Stava camminando, quasi saltellando, e aveva un grosso sorriso stampato sul viso. Squall non ci prestò troppa attenzione, però. Era felice da qualche giorno, sin dalla pace ufficiale di Galbadia.

"Che stai facendo?" chiese, chinandosi per baciarlo.

"Sto solo mettendo a posto queste ultime carte... finalmente."

La Strega ridacchiò e si mise le mani sui fianchi, "Squall Leonhart, lavori troppo. Prenditi una pausa e prestami un po' di attenzione, va bene?"

(Perché è così eccitata?)

Facendo spallucce, si alzò dalla sedia e le mise le braccia intorno. "Ti ascolto. Che c'è?"

Un enorme sorriso le si dipinse sulla faccia e come d'impulso, gli buttò le braccia intorno al collo e lo abbracciò forte, "Ho una cosa da dirti! Oh, Squall, è meraviglioso!"

"Wow, calmati. Stai cominciando a ricordarmi Selphie." Squall sorrise leggermente.

Rinoa ridacchiò. "Beh, sono appena stata dalla Dottoressa Kadowaki. Stavamo giocando a carte e-"

Lui sgranò gli occhi, "Dottoressa Kadowaki? Dov'è Adrian, allora?"

"Pensavo fosse con te?" sembrava confusa e lui scosse la testa, "non lo vedo da questa mattina, prima che andasse a far lezione. Probabilmente è nell'appartamento."

"Probabilmente..." Squall lasciò andare Rinoa. Qualcosa lo stava infastidendo. Ad Adrian non piaceva stare da solo. Se non era con Rinoa, di solito stava a giocherellare fuori dall'ufficio oppure era con Quistis.

(Sembrava giù per qualcosa. Allenamento con il gunblade...)

Rinoa lo guardò curiosa e preoccupata. Qualunque fosse il segreto che voleva rivelare a Squall, sapeva che era meglio non interrompere i suoi pensieri in quel momento. "Cosa c'è che non va?" chiese semplicemente.

All'improvviso, un pensiero colpì Squall, e i suoi occhi si spalancarono. "Devo controllare una cosa," disse velocemente, e mezzo camminando, mezzo correndo, uscì dall'ufficio e si diresse verso l'ascensore.

"Squall, aspetta!" urlò lei, ma lui non la sentì.

(Spero di non avere ragione...)

...ma quando entrò nell'appartamento, vide che la custodia che avrebbe dovuto contenere il suo gunblade era aperta, e la Lionheart non c'era più.

Bestemmiando, Squall si girò e corse più veloce che poteva.

*~*~*~*~*

Il gunblade blu scintillante era pesante, e lui dovette sforzarsi molto per evitare di trascinarlo dietro di sé, invece di tenerlo in braccio. Era stato piuttosto facile uscire di soppiatto, però. La maggior parte degli studenti era alla mensa, nella biblioteca o nei loro dormitori a quell'ora tarda del pomeriggio, ma aveva dovuto nascondersi da qualche istruttore che si trovava a passare di lì e da qualche SeeD più anziano di tanto in tanto. La guardia all'entrata principale era occupata a leggere il giornale, per fortuna.

La strada per la città di Balamb era più lunga di quello che aveva pensato. Stava seguendo la strada che stava tra la città e il posto in cui di solito stava il Garden mobile, ma era già stanco e riusciva a malapena a vedere la città in lontananza. Il Lionheart non rendeva le cose più facili.

Ma gliel'avrebbe fatta vedere, a tutti loro, che poteva prendersi cura di se stesso. Avrebbe mantenuto la promessa che aveva fatto a Sejia. Mentre camminava, però, capì piano piano quanto era stato sciocco e che tutto questo gli avrebbe portato nient'altro che guai. Poteva appena alzare l'arma... E se appariva un mostro...

Si udì un ruggito, e Adrian rimase pietrificato. Il terreno tremava mentre i passi di qualcosa di grande diventavano sempre più forti... Qualcosa di grande che si stava dirigendo nella sua direzione.

Raggiungendo la cima della colina, l'Archeosaurus buttò la testa all'indietro e ruggì ancora. Si era allontanato dalla foresta in cui viveva, avendo sentito l'odore di un umano che si avvicinava alla sua tana.

Adrian era paralizzato. Aveva sentito storie sugli Archeosaurus del Centro Addestramento, su quanto erano grandi e pericolosi - ne aveva visto delle foto, aveva sentito quello che avevano fatto a sfortunati studenti mentre stavano allenandosi. Ma niente poteva paragonarsi alla stazza di questa cosa - era enorme! Alto almeno tre metri, con i denti quasi più grandi delle mani di Adrian. Cominciò a tremare, voleva correre, ma non sapeva dove andare.

Fissando il gunblade, lo alzò, cercando di capire come usarlo. Era troppo grande perché potesse colpire con quello - non che non fosse abbastanza forte per farlo, comunque - e non aveva nemmeno capito che poteva premere il grilletto.

La belva non esitò. Camminava più velocemente di quanto lui potesse correre, e continuava a da avvicinarsi. In pochi secondi, lo avrebbe raggiunto.

Non sapendo cos'altro fare, il bambino lasciò cadere il gunblade e cominciò ad urlare disperatamente.

"Adrian!!"

Squall stava correndo più forte di quanto avesse mai fatto in vita sua. Era così vicino, eppure così lontano ancora – poteva vedere suo figlio stare lì fermo; incapace di difendersi, incapace di fare qualunque cosa se non fissare il mostro. Così vicino, ma non vicino abbastanza. Non aveva corso abbastanza velocemente. Non aveva scoperto l'assenza del bambino abbastanza presto. Non era abbastanza vicino da usare la magia.

Non poté fare nient'altro che guardare mentre il grande dinosauro alzava il bambino da terra come un animale con le sue grosse fauci, e i denti aguzzi rompevano le ossa. Il grido fu terribile.

"NO!!! Adrian!!" Arrivando al punto da cui poteva scagliare una magia, richiamò l'incantesimo Firaga sull'Archeosaurus, facendolo ruggire di dolore. Il corpo molle di Adrian cade a terra, duramente. L'incantesimo Firaga fu rapidamente seguito da una magia Stop. L'animale si congelò in quella posizione, come una statua vivente.

"Adrian!" Squall corse al fianco di suo figlio, chinandosi su di lui. Le ferite erano gravi.

C'era sangue... molto. E Adrian non si muoveva.

"Adrian, svegliati!" Richiamò un Curaga. Nessun effetto. Maledicendosi in silenzio, Squall tirò fuori una delle Code di Fenice che portava sempre con sé e la mise sulle labbra di Adrian, cercando di fargli bere il liquido, ma non ci fu ancora alcun effetto.

La disperazione cominciò a prendere il sopravvento, e Squall si alzò di nuovo, scuotendo la testa, "No..." Deglutì e si concentrò ancora, richiamando un'Areiz. Il bambino rimaneva immobile.

(Le ferite sono troppo gravi...)

"No... no... no. No. NO!" Le parole non potevano descrivere quello che provava. Non sapeva quello che provava. Voleva negare quello che sapeva, ma non ci riusciva - il mondo era crudele e lui lo sapeva fin troppo bene. Ma questo?

Adrian era steso lì; non si muoveva, non respirava, il suo cuore non batteva. Non avrebbe aperto gli occhi, non si sarebbe svegliato - in pochi ed eterni secondi era passato dall'essere un bambino pieno di vita a niente, andato. Adrian non poteva essere curato dalle magie.

Era morto.

Troppe emozioni lo attraversarono tutte in una volta, ma una sembrava superare le altre: cieca furia. Squall non ebbe nemmeno bisogno dell'incantesimo Aura mentre prendeva in mano il gunblade, gli occhi infiammati di rabbia pura. Fece a pezzi l'Archeosaurus inerme, che era ancora sotto l'effetto della magia Stop. Lo colpì ancora ed ancora ed ancora - la belva cadde a terra, ma lui continuò a colpirla. Ancora ed ancora, di nuovo e di nuovo, fino a che non cadde in ginocchio esausto, col sangue che gli macchiava i vestiti e il gunblade.

Gli occhi gli bruciavano. Di solito lo aiutava combattere per sfogare la frustrazione, ma questa volta, non lo aiutò affatto. Per nulla. Si sforzò di guardare di nuovo il corpo di suo figlio, e lo fissò, senza sbattere le palpebre, sentendosi come se stesse per svenire lui stesso.

In lontananza poteva sentire delle persone gridare. Poteva sentire le urla di Rinoa. Nemmeno una Strega poteva riportare qualcuno alla vita.

Nessuno poteva aiutarlo ora.

~ Capitolo 34 ~

C'erano tutti al funerale. Quistis, Zell, Selphie, Irvine, Shu, Cid, Edea... persino Nida era lì. Solo Bella era dovuta rimanere all'orfanotrofio per badare ai bambini.

Tutti loro avevano conosciuto Adrian, e il bambino aveva lasciato il segno nelle vite di tutti loro in un modo o nell'altro. Il pensiero del piccolo portato via da loro così presto, senza alcuna ragione o scopo, era devastante. Anche Selphie sembrava sinceramente depressa.

Ellione, Laguna, Kiros e Ward erano arrivati di proposito dopo che la cerimonia era finita - non volevano rendere le cose peggiori. O, più specificamente, Laguna non voleva peggiorare le cose. Erano tutti raggruppati nel Giardino del Garden, e mai prima un così grande gruppo di persone era mai stato tanto quieto. Squall non si trovava da nessuna parte.

Rinoa si tenne lontana dagli altri. Sedeva sotto uno degli alberi, abbracciandosi le gambe e fissando con sguardo perso l'aria. Quistis le si avvicinò cautamente, e si sedette lentamente accanto a lei, senza preoccuparsi che il suo vestito si sporcasse. Senza dire una parola, mise una mano sulla spalla dell'altra donna.

"Non ci posso ancora credere," bisbigliò la Strega, alzando la mano per asciugare le lacrime che continuava a caderle giù per le guance. "È irreale. È come uno di quei terribili incubi, e io aspetto solo che arrivi l'alba... aspetto di svegliarmi e capire che è solo un sogno"

Quistis la guardò con compassione, mentre Rinoa faceva un altro grande e tremolante sospiro e continuava, "ma non mi sveglierò, vero? Non mi sveglierò al suono dei latrati di Angelo che mi chiede di darle di mangiare, o al tocco delle labbra di Squall sulla mia guancia... non mi sveglierò per vedere il dolce visino del mio bambino mentre mi prende il braccio e mi chiede di alzarmi per stargli accanto." Trattenendo un singhiozzo, si lasciò andare volentieri quando Quistis la abbracciò in un tentativo di confortarla.

"Se solo potessi capire perché! Era così innocente, non aveva mai fatto nulla di male. Di tutte le morti inutili e terribili del mondo, perché doveva succedere proprio questa? A lui? A noi? Non abbiamo giù sofferto abbastanza?"

Chiudendo gli occhi, Quistis lasciò che Rinoa le piangesse sulla spalla, mentre cercava di trattenere lei stessa le lacrime. "Magari lo sapessi, Rinoa... ma penso che nessuno possa rispondere a questa domanda."

"E Squall..." Rinoa disse dolcemente non appena ebbe riacquistato la voce. Allontanandosi da Quistis, strinse ancora una volta le braccia intorno alle ginocchia e dondolò avanti e indietro, in un vano tentativo di calmarsi, "Squall... Lui è... è come se fosse morto anche lui. Come se il suo corpo fosse qui, ma fosse solo un contenitore vuoto, privo di ogni anima o emozione. L'hai visto, Quistis? ...non fa che fissare il vuoto. Non corruga la fronte, non piange, non sembra arrabbiato, o triste, niente di niente... ... Io... ho tanta paura di averlo perso... mi ha a malapena detto due parole da quando..." si fermò.

"È il suo modo di affrontare le cose, tesoro. Fino a che non ti ha incontrata, era così tutto il tempo," rispose Quistis. "Beh ... anche se non l'ho mai visto in questo stato prima," ammise.

"Quistis, lui non sta affrontando affatto la faccenda," Rinoa scosse la testa. "Non so, penso che stia cercando di negare il tutto, chiudendosi in se stesso... non ho mai capito come ci riuscisse. Qualunque cosa stia facendo... non la condivide con me. Mi parlava di solito, si apriva di tanto in tanto... Ora non c'è più niente di tutto questo," chiuse gli occhi, con un'espressione di dolore sul viso. "Dovremmo confortarci l'un l'altro. Dovremmo affrontarla insieme. Ma non lascia che mi avvicini a lui, non lascia che lo tocchi! È come se non lo capisse... fa male anche a me... così tanto..."

"Oh, Rinoa..." Quistis sospirò e abbassò gli occhi al suolo. Parte di lei odiava Squall per quello che stava facendo alla ragazza che sapeva incoraggiarlo più di chiunque altro, ma l'altra parte di lei poteva solo provare pietà per lui. Conosceva Squall - non sempre lo capiva, ma sapeva che questo era l'unico modo in cui reagiva. C'erano solo altri due esseri umani al mondo che lei sapeva per certo che lui amava; e aveva appena perso uno di loro. In più, Quistis aveva la sensazione che lui si stesse dando la colpa di quello che era successo.

Voleva aiutarlo, proprio quanto Rinoa. Tutti volevano aiutarlo, tutti loro avevano cercato di parlargli, ma era impossibile. Era come parlare con un muro di pietra. Lo stesso muro a cui aveva parlato quel giorno di sei anni fa, nell'area segreta del Centro Addestramento - solo che questa volta il muro era spesso il doppio, e non la ascoltava nemmeno quando parlava.

Il gruppo di amici che aveva sconfitto Artemisia si era spaccato. Solo Rinoa e Quistis erano rimaste per vedere com'era cambiato Squall negli ultimi due anni, dall'incidente a Deling. Sapeva che non sarebbe mai stato una persona aperto o sociale, ma prima di quell'incidente, almeno era migliorato. Quistis sapeva che si era aperto a Rinoa allora. Ma mentre restava sempre più intrappolato dal suo lavoro di preside, era diventato di volta in volta più assente. Ogni volta che qualcuno gli diceva che stava lavorando troppo, lui lavorava di più, come per provare loro che si sbagliavano - che poteva farcela.

Era Rinoa che di solito rimaneva da sola con Adrian.

Avrebbe dovuto passare più tempo con suo figlio, ma ora era all'improvviso troppo tardi. Non ci sarebbe stata un'altra occasione, non ci sarebbe stato un altro giorno. Per la prima volta, Quistis odiò veramente il suo lavoro e tutto quello per cui si battevano. Odiava il mondo per essere così pieno di dolore e morte, odiava il fatto che il Garden aveva allenato bambini innocenti per combattere per un futuro di ovvia distruzione. Odiava il fatto che stavano consapevolmente guidando i SeeD in una battaglia persa - che da qualche parte nel vasto futuro, tutti questi bambini - o i loro discendenti - sarebbero stati brutalmente massacrati da una strega totalmente pazza; e senza poter fare niente. Loro - Quistis e i suoi amici - sarebbero stati quelli che l'avrebbero uccisa, e tuttavia non sapevano che sarebbe successo dopo.

Come sarà il mondo allora? Avremmo combattuto per niente? Tutte le nazioni saranno già state spazzate, e saremmo arrivati troppo tardi?

Fra tutto questo, Adrian era un piccolo pezzo di un enorme puzzle - talmente piccolo che nessuno avrebbe notato se fosse venuto a mancare, nessuno lo avrebbe ricordato per qualcosa, come se i suoi cinque anni di vita non fossero mai importati. Ma importava a loro, importava a lei, a Rinoa, a Squall. Erano conosciuti come eroi molto prima di esserlo, ma nessuno avrebbe ricordato le loro personalità, e Adrian sarebbe stato una mera nota nei libri di storia: figlio di Squall e Rinoa Leonheart. Ucciso da un Archeosaurus all'età di cinque anni.

Quistis capì di pensare troppo, ma non poteva farne a meno. La sua vita era andata per il verso giusto di recente, era un'insegnante di alto livello e aveva un amorevole fidanzato, uno degli altri istruttori, ma tutto ciò sembrava non importare più. Voleva solo condividere il dolore di Rinoa, e in quel momento, era più depressa che mai.

~ Capitolo 35 ~

Le ossa dell'Archeosarus erano l'unica cosa che ricordava cos'era successo in quel punto una settimana prima. Il prato era ricresciuto, gli uccellini cantavano e il sole splendeva come se la tragedia non fosse mai accaduta. Il vento si era leggermente alzato, e arruffava i capelli lunghi e marroni di Squall e il collare piumato della sua giacca di pelle nera - non sembrava mai stancarsi di lei.

Il silenzio non era mai stato così definito prima, e l'idilliaco e bellissimo giorno sembrava solo prendersi gioco del suo umore, oscuro fino all'inverosimile. Anche se nessuno avrebbe potuto capirlo dalla sua espressione rigida, c'era un tempesta dentro di lui, gli occhi adombrati da pensieri e sentimenti dolorosi.

(Se solo sapessi perché... Se solo sapessi cosa stava pensando...)

Il suo sguardo rimase saldamente attaccato al terreno, dove rimanevano ancora deboli tracce di sangue miste al terreno. Deglutì e tirò fuori il Lionheart blu scintillante, facendo passare lentamente una mano sopra la sua lama.

(Che diavolo stava pensando?! Perché ha fatto una cosa stupida come quella? Non capisco...)

Non importava quante volte si facesse queste domande, però - ogni volta veniva alla stessa conclusione: non lo sapeva. Nessuno lo sapeva. Squall sentiva che avrebbe dovuto saperlo, ma non aveva la minima idea di quali pensieri o ragioni avessero attraversato la mente del bambino, non sapeva quali esperienze aveva avuto Adrian quando non era con lui. Ultimamente, non era stato presente per la maggior parte del giorno. E si odiava per questo.

(Avrei dovuto capirlo prima... Avrei dovuto correre più forte...)

All'improvviso, si sentì come se l'arma che teneva fra le mani era stata colei che aveva assassinato suo figlio, e che lui era quello che l'aveva stretta in pugno. Disgustato, buttò a terra il gunblade rudemente e si portò la mano alla fronte, "Dannazione!" sibilò.

Per un attimo, si prese il tempo di riguadagnare la sua compostezza, che si era quasi spaccata poco prima, prima di riprendere il Lionheart in mano e camminare via nella direzione della città di Balamb. Qualunque cosa per evitare di affrontare gli altri. solo per un altro po'...

*~*~*~*~*

"Aiuto, aiuto!" la voce gridò distintamente nell'aria e lo fece sobbalzare dai suoi pensieri ancora una volta mentre si avvicinava alla città. Era un bambino, poteva dire, o più probabilmente una bambina. Senza riflettere, afferrò il gunblade e accelerò il passo, correndo in direzione delle grida.

Quando girò la colina, vide una piccola, bimba bionda attaccata da un Lesmathor. Si stava coprendo la testa con le mani, accovacciata al terreno, quasi ricordandogli un riccio che cercava di proteggere se stesso. Si diresse immediatamente verso di loro, saltando davanti alla bambina e portando la lama della sua spada giù attraverso l'insetto gigante. Il Lesmathor emise un debole ronzio, poi cadde al suolo e morì.

Ripulito il gunblade, Squall lo mise nuovamente nel suo fodero e si girò verso la bimba. Lei lo guardò con grandi occhi blu spalancati, e azzardandosi lentamente a mettersi in piedi e a pulirsi il vestito. "Grazie, signore!" disse raggiante, sorridendo. Sembrava stranamente familiare in una certa maniera, ma lasciò perdere.

Squall si appoggiò su un ginocchio per essere al suo livello, e corrugò leggermente la fronte. "Che stai facendo qua fuori tutta sola, signorina? Avresti potuto farti male."

La bimba inclinò la testa, e il suo sorriso si trasformò in un broncio, "Cio Wai si è addommentato ancola... Così sono annata a 'epplolale'," spiegò, poi sembrò preoccupata. "Pensi che mamma e papà ci allabbielanno?"

Questa scena sembrava così completamente fuori luogo visto quello che era appena successo ad Adrian. Squall sentì a malapena quello che la bambina aveva detto, ma quando si rese conto che aveva parlato, ripensò alla domanda per un secondo, e le rispose scrollando le spalle, "forse. Saranno contenti che tu stia bene, però." Si alzò nuovamente. "C'è ancora un po' da camminare prima di arrivare in città. Andiamo, ti porto a casa."

Senza guardarla, si diresse di nuovo verso la strada, ma la bambina gli si mise davanti e lui si dovette fermare per non finirle dritto addosso, "Tieni la mano?" chiese. "Papà lo fa semple."

"Io non sono tuo padre" disse Squall, tagliente. Adrian era solito fare così - stava diventando tutto troppo strano. Come se la sua mente non fosse già occupata da suo figlio per tutto il tempo.

"Pefavole? ho paula dei glandi insetti..." lo pregò, alzando lo sguardo verso di lui. Sapendo che non sarebbero andati da nessuna parte se continuava a dire di no, Squall sospirò e la sollevò semplicemente, facendola sedere sul braccio. Così era più veloce. La bimba sembrò sorpresa, ma pensò che così era anche meglio e non si lamentò.

"Io sono Sejia," disse all'improvviso, "Qual'è il tuo nome?"

Lui le lanciò uno sguardo di traverso, "...Squall."

Per tutta la strada verso Balamb, Seija continuò a parlare di tutto quello che stava tra la terra e il cielo per come lo vedeva lei, nella sua parlata infantile, e Squall seguì a malapena una parola. I suoi occhi erano fermamente rigidi sull'orizzonte per tutto il tempo, vuoti e privi di espressione.

Anche mentre si avvicinavano alla città, non prestò attenzione a quello che lo circondava. Non prima che Seija si interrompesse nel mezzo di una frase e urlasse, "Papà!!" Si divincolò e Squall la fece scendere, osservandola mentre correva verso i suoi genitori-

-sgranò gli occhi.

Un uomo alto e biondo prese la bimba fra le braccia e la alzò alto in cielo, facendola girare, "Sejia! Dove diavolo sei stata? Mi hai fatto preoccupare da matti!" Nonostante tutto, stava ridendo, e Sejia ridacchiò di gioia.

"Un uomo gentile mi ha savata da insetto!"

La donna vicino a lui – con i capelli grigiastri che le scendevano sulle spalle, e con una benda sopra l'occhio sinistro, si girò verso l'uomo di pelle scura e alto accanto a lei. "RABBIA!" disse infuriata, dandogli un calcio agli stinchi.

Lui rispose con un grido e saltando su una gamba, "Owww! Fujin, la piccolina continua a scappare, lo sai?"

Girandosi di nuovo verso suo marito e sua figlia, incrociò le braccia mentre li guardava ridere entrambi - Seija era sicuramente figlia di suo padre. "VIZIATA," mormorò Fujin, scuotendo la testa.

Squall rimase semplicemente fermo a fissarli.

E fu allora che i loro occhi si incontrarono, blu acciaio con blu mare, cicatrice con cicatrice, rivale contro rivale - l'eroe e il traditore si guardarono l'un l'altro per la prima volta in sei anni. E si riconobbero subito, i tratti erano inconfondibili. Entrambi capirono quello che Squall aveva appena fatto, ed entrambi furono leggermente disturbati dal pensiero.

Nessuno di loro si era mai tirato indietro quando l'altro aveva lanciato una sfida, ma si rispettavano entrambi come guerrieri. C'era stato un tempo in cui erano stati sul punto di farsi a pezzi l'un l'altro a causa della loro rivalità, c'era stato un tempo in cui uno aveva combattuto l'altro per salvare il mondo e se stesso, mentre l'altro combatteva per realizzare i suoi sogni.

Però, il tempo era passato e così tante cose erano cambiate. Non c'era più bisogno di sfidarsi, non c'era più bisogno di combattere. Alcune vecchie ferite guarivano meglio se lasciate stare.

Un breve sorriso – quello arrogante e familiare – apparve sulle labbra di Seifer. Fujin e Raijin stavano guardando anche loro Squall, ora, ma nessuno di loro disse niente. Sapevano che toccava a Seifer.

Squall non si mosse per un altro po', poi annuì una singola volta e si girò per andare via.

Una parte di lui era soddisfatta nel sapere Seifer felice, di vedere che persino lui aveva finalmente trovato la pace, anche se il suo futuro non si era risolto come lui sperava.

Tuttavia, era una così terribile ironia; Squall non aveva potuto salvare il suo stesso figlio, ma aveva salvato la figlia del suo peggior rivale.

Stringendo i pugni, non poté fare a meno di maledire quella qualunque forza superiore che gli stava portando tanto dolore quando tutti gli altri - persino Seifer - sembravano felici. Se ne andò senza guardare indietro, nemmeno quando sentì la voce di Raijin dietro di lui; "Quello era Squall, lo sai? ...È proprio diverso."

"SQUALL, NO," replicò la voce forte e stridula di Fujin, "FANTASMA..."

Accelerando il passo, Squall evitò di sentire il commento di Seifer sull'argomento.

~ Capitolo 36 ~

"Parlagli, Laguna."

"Non vuole vedermi, odia la mia faccia! Come potete aspettarvi che lasci che gli parli?" Laguna era frustrato, e camminava avanti e indietro sulla base della collina.

Kiros appoggiò le mani sui fianchi e alzò lo sguardo verso la figura solitaria che stava sulla collina, scuotendo la testa. "Beh, qualcuno deve parlargli, e quando persino Rinoa non ci riesce, allora chi può farlo?"

"Kiros," sospirò il Presidente, "Guarda, forse... non può farlo Edea? Lei è più come un genitore per lui di quanto lo sia mai stato io, in ogni caso."

"Laguna, vedo che sei ancora a –3 nella scala della virilità," sorrise debolmente Kiros, ma poi tornò nuovamente serio. "Smettila di lasciare che ti metta i piedi in testa. Il minimo che può fare è mostrarti un poco di rispetto - tu sei la ragione per la quale lui cammina sulla superficie di questa terra, dopo tutto," si fermò, mettendo una mano sulla spalla del suo amico. "Parlagli."

Laguna sospirò ancora, "Va bene... Spero solo di non dovermene pentire." Si girò con riluttanza e cominciò a camminare su per la collina, "Augurami buona fortuna."

*~*~*~*~*

Squall stava in piedi, fissando silenziosamente la lapide piatta e grigia che era piazzata in completa solitudine sulla cima della collina. Era mattina presto, il giorno dopo il funerale, e una nebbia sottile e pallida circondava l'altura - il sole non era nemmeno sorto ancora.

(Mi chiedo cosa succeda dopo la morte... Ho sempre pensato che si sparisse e basta. Che si esistesse solo nei ricordi delle persone... suona così orribile dirlo.)

Chiuse gli occhi e fece un grosso respiro, ed emise l'aria lentamente. Non aspettandosi che ci fosse nessun altro la mattina tanto presto, fu in un qualche modo sorpreso quando sentì dei passi dietro di lui. Girandosi, si trovò quasi faccia a faccia con Laguna, e fece un passo indietro colto di sorpresa. "Cosa stai facendo qui?" chiese, e la sua voce suonò anche più ostile di quanto non intendesse.

"Lo stesso che stai facendo tu, suppongo," replicò con calma il Presidente di Esthar, lanciando un'occhiata alla tomba. "Pensavo di venire a dire addio a mio nipote..."

Squall cominciò a dire qualcosa, ma Laguna lo interruppe, "Non cercare di negarlo. Che ti piaccia o no, questa è la cruda verità. Convivici," sospirò, tenendo gli occhi fissi sulla lapide.

Dopo aver fissato con rabbia l'uomo più anziano per un attimo, Squall voltò lo sguardo verso il terreno. "Puoi vederlo più tardi. Ora lasciami solo."

"Pensi che ti renderà le cose più facili stare da solo? Pensi di poter far finta che non sia mai successo?" Laguna scosse la testa. "Stai per fare lo stesso errore che ho fatto io."

Questo catturò l'attenzione di Squall. "Non osare paragonarti a me!" ringhiò, girandosi per guardare in faccia suo padre. "Non hai idea di quello che ho passato, non hai idea di cosa sia stata la mia vita! Sei arrivato diciassette anni troppo tardi, Laguna! Non pensare di poter venire qui e farmi 'la predica del più vecchio e più saggio' ora!"

Laguna sembrò esitare un poco a quelle parole, ma poi annuì. "È una buona cosa, sfogati."

Realizzando che aveva quasi perso il controllo di se stesso, Squall si tranquillizzò di colpo. "È stupido," mormorò e si girò per andarsene.

"Squall, ascoltami..." iniziò Laguna, ma Squall lo ignorò. Irritato, e sapendo che non avrebbe avuto un'altra chance, Laguna gli si avvicinò e afferrò suo figlio per le spalle, costringendolo a girarsi per guardarlo in faccia, "Ascoltami!"

Squall fu sorpreso da quanta forza aveva Laguna. Avrebbe potuto divincolarsi dalla sua stretta, ma per una qualche ragione, non cercò di farlo - si limitò a guardare duramente il Presidente.

"Ora, probabilmente non so nemmeno metà di quello che hai passato, hai ragione," Laguna prese fiato, "Non ero presente e quella è stata unicamente colpa mia, e hai ogni diritto di odiarmi. Ma dammi cinque minuti della tua attenzione, solo per questa volta! Non è così difficile capire quello che stai facendo - stai lasciando che il tuo stesso dolore, la tua stessa colpa e amarezza ti mangino dentro, e anche se non vuoi ammetterlo, finirà col distruggerti continuare così. Non puoi superare tutto questo da solo. Nessuno può affrontare la vita e la morte da solo!"

"Senti chi parla!" gli rispose acido Squall e iniziò a divincolarsi, ma Laguna lo ignorò e anzi lo tenne anzi più forte.

"Il punto è, Squall, che tu non sei più solo. Hai Rinoa, ma non sembri vederla. Ha perso anche lei suo figlio, sai. È molto affranta e ferita e ha bisogno di te! Tuo figlio non ancora nato ha bisogno di te!"

Squall sgranò gli occhi, e la rabbia sembrò sparire tanto velocemente come la nebbia lì intorno quando il sole si alzò sopra l'orizzonte, "Non ancora nato...?"

"Già, è vero," disse Laguna, lasciandolo finalmente andare, "Lei lo sa da un po' ormai, ma aveva paura di dirtelo dal momento che eri così terribilmente distante. Se continui ad essere così freddo, a tenerla lontana, li perderai entrambi Squall. Gli esseri umani hanno bisogno dell'aiuto degli altri quando soffrono. Non sei più un bambino piccolo e solo. Cresci e apri gli occhi - è ora che tu capisca che splendida ragazza ti ritrovi."

Ora silenzioso, Squall non era sicuro di cosa fare o dire dopo. Era in una sorta di stato di shock e confusione dopo gli eventi recenti, e non sapeva affatto come reagire.

Laguna tuttavia sospirò un'altra volta. "Quando Raine è morta, non sapevo semplicemente cosa fare. Ero così arrabbiato, così triste e mi incolpavo di non essere stato presente. E pensavo di non riuscire a cavarmela con due bambini, allora. Pensavo che saresti stato meglio con Cid ed Edea, poiché li avevo incontrati e sapevo che erano brave persone. Saresti stato amato, avresti avuto l'attenzione di cui avevi bisogno, altri bambini con cui giocare..." fissò il terreno, vergognandosi. "Pensavo... di aver fatto la cosa migliore per te, perché non sarei stato davvero un buon padre sia per te che per Ellione. Forse mi sbagliavo. Ho lasciato che la mia colpa e il mio lavoro come Presidente mi consumassero... Non ce l'avrei fatta senza l'aiuto dei miei leali amici."

Si fermò brevemente, poi si girò all'improvviso e iniziò a camminare giù per la collina, "Non seguire le mie orme, Squall," disse piano.

*~*~*~*~*

Il sole era piuttosto alto nel cielo quando lei si diresse cautamente verso la cima della collina, quasi paurosa di avvicinarsi alla persona che sapeva sarebbe stata lì. Ed ecco; lui era lì, che sedeva sul soffice prato dietro la lapide e fissava il vuoto.

Per un attimo, Rinoa dubitò che il discorso di Laguna avesse sortito un qualunque effetto, perché lui sembrava sempre lo stesso, la sua espressione vuota come al solito. Ma quando si schiarì la voce, lui la guardò, e si mise rapidamente in piedi. "Rinoa..."

Lei sorrise velocemente, debolmente, e prese l'iniziativa, avvicinandosi e lasciando che le sue braccia lo avvolgessero. Invece di allontanarsi prima che potesse nemmeno avvicinarsi come aveva fatto spesso prima, Squall in un qualche modo esitante la abbracciò a sua volta, "Laguna mi ha detto... di..."

"Sì, lo so," bisbigliò lei, appoggiando la testa alla sua spalla, "Laguna è un brav'uomo, Squall... quando impari a conoscerlo."

Squall appoggiò il mento sulla testa di lei, poi lo abbassò lentamente e chiuse gli occhi, premendo il naso contro i suoi soffici capelli neri.

"Ti amo" disse lei, bisbigliando appena.

E lì e in quel momento, fu troppo per lui da sopportare. Troppo, come se diciotto anni di dolore gli tornassero addosso tutti insieme; tutta la paura, la solitudine, la rabbia, il rimpianto e le ferite.

Squall si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato, affondando il viso contro la sua spalla mentre calde lacrime bagnavano i suoi occhi e gli cadevano giù dalle guance, e stringeva Rinoa più forte. Lei gli accarezzò con una mano i capelli, lasciando cadere le sue stesse lacrime, ma un piccolo sorriso giaceva sulle sue labbra.

Finalmente, erano una cosa sola.

Finalmente, non era più solo.

~ Capitolo 37 - Epilogo ~

Il sole sparì oltre l'orizzonte, colorando con la sua luce rossa le grandi pianure di Esthar, e lui guardava la bellissima scena in silenzio da uno dei tanti balconi del Palazzo Presidenziale.

"Sono sorpreso che tu abbia deciso di venire," disse una voce familiare dietro di lui, ma lui non si curò di spostare gli occhi dal tramonto.

"Rinoa mi ha convinto."

"Oh," ridacchiò Laguna, avvicinandosi a suo figlio e appoggiando i gomiti sul recinto del balcone, "Beh, in ogni caso, lo apprezzo. Ora è diventato tutto più solitario da quando Elle e suo marito si sono trasferiti, sai... Quello che mi sorprende di più è che tu ti sia licenziato dal lavoro di preside. Non pensavo che sarei vissuto per vedere il giorno in cui avresti lasciato i SeeD."

Squall scrollò debolmente le spalle. "Shu farà un lavoro migliore di quanto abbia mai fatto io. Ha anche Quistis ad aiutarla."

"Non hai mai chiesto quel posto, eh?"

Non ricevendo alcuna risposta, Laguna cambiò rapidamente argomento, "Dawn è una bambina così bella. Ti somiglia molto, Squall," seguì lo sguardo del giovane uomo, "Come hai pensato a quel nome?"

"Credo che mi piacciano le albe(1)." Squall sorrise debolmente, ma ritornò serio neanche un secondo dopo.

"E i tramonti?"

"Suppongo anche quelli."

"Allora, dove andrete voi tre adesso?" chiese Laguna, attento a non fare domande troppo emotive e a tenersi a distanza. A Squall non piacevano ancora le conversazioni emotive e cercava per la maggior parte di evitare di parlare con Laguna, anche se le cose erano un po' migliorate. L'odio era sparito, e questo era un passo nella giusta direzione.

"Non ne siamo ancora sicuri," replicò Squall. "Abbiamo pensato di andare a trovare Irvine e Selphie a Trabia, e Rinoa vuole vedere suo padre a Deling. Non abbiamo ancora preso in considerazione l'idea di una sistemazione fissa, però."

Il Presidente sorrise, "Ricordate che siete sempre i benvenuti qui. Mi piacerebbe vedere mia nipote di tanto in tanto, sai..."

Una debole traccia di rimorso attraversò il viso di Squall, e lui annuì senza dire parola. Laguna non aveva avuto l'occasione di vedere Adrian che una volta, e poi all'improvviso, era stato troppo tardi per un altro incontro...

"Laguna?" chiese tranquillamente, finalmente guardandolo.

"Sì?"

"Quando... quando Raine è morta..." Squall sembrava far fatica a trovare le parole, "Ha... ha mai smesso di fare male?"

Preso un po' alla sprovvista dalla domanda improvvisa, che veniva da proprio da Squall poi, Laguna si morse il labbro prima di scuotere la testa, "In tutta onestà... No, non ha mai smesso di fare male. Ma... alla fine, il dolore ai attenua piano piano, e impari a conviverci. C'è sempre quella sensazione di vuoto, però... che ti rimane dopo che qualcuno che amavi molto se ne è andato."

Abbassando di nuovo lo sguardo, Squall ripensò a quelle parole, ricordandosi quello che aveva detto nei suoi pensieri quando era stato quasi ucciso da Xar a Deling.

('Magari non siamo così bravi a trattare con la morte come pensiamo...' Io al diavolo non lo sono.)

Quasi come se avesse letto i suoi pensieri, Laguna disse, "penso che nessuno sia preparato a questo tipo di cose, specialmente non quando succede all'improvviso. Quello che so, però, è che la morte di Raine è stato un incidente, e così è stata quella di Adrian... Non possiamo continuare a biasimarci per non essere stati presenti, per non essere stati capaci di impedirla, perché questo non li riporterà indietro. La cosa migliore che si può fare è continuare con quello che hai... tua moglie e tua figlia. Se non puoi farlo per te stesso, allora fallo in onore di tuo figlio. Lui non vorrebbe che tu vivessi il resto della tua vita in uno stato di commiserazione..."

Squall alzò di nuovo lo sguardo verso Laguna. Forse non sarebbe mai stato capace di perdonare completamente l'uomo o di farselo piacere, ma recentemente aveva guadagnato un ritrovato rispetto per il vecchio Presidente. Laguna poteva apparire spensierato e sciocco molte volte, ma dietro quella facciata c'era un uomo intelligente e compassionevole.

(Oh, che diavolo...)

Schiarendosi la voce, Squall disse piano, "probabilmente non mi sentirai mai più dire queste parole, ma... grazie... papà."

Laguna sgranò gli occhi, sinceramente sorpreso e un po' scioccato. Ma poi allargò la bocca in un largo sorriso, "Di niente... figlio."

"Non spingerti oltre."

Il Presidente ridacchiò allegramente, "Va bene, ti lascio solo." Diede una pacca alla spalla di Squall prima di tornare dentro.

Lasciando che i suoi occhi ritornassero all'orizzonte, Squall lo osservò mentre diventava rosa mentre appariva la prima stella nel cielo blu scuro della notte.

(Ovunque tu sia, Adrian... Spero che tu sia felice.)

Stava per tornare dentro e unirsi a Rinoa, che era ormai pacificamente addormentata, ma esitò.

E come d'impulso, Squall tirò fuori all'improvviso il suo Lionheart, tenendolo in mano mentre la luce della luna si rifletteva sulla sua lama blu. Quest'arma, con la quale aveva combattuto tante battaglie. Quest'arma, che era stata sua compagna quando si era entrato per la prima volta al Garden, con la quale aveva combattuto Seifer, prima di farla finalmente evolvere alla sua forma definitiva, e con la quale aveva portata l'ultimo colpo ad Artemisia. Il suo marchio, il suo orgoglio. Quest'arma, che era stata nelle mani di suo figlio quando l'Archeosaurus l'aveva attaccato... Un'arma piena di ricordi.

...era ora di lasciare che il passato fosse passato e guardare al futuro.

Squall buttò il gunblade blu scintillante oltre il limite del balcone, osservando mentre il Lionheart cadeva a grande distanza a terra, finalmente sparendo fra le larghe passerelle molto più sotto.

"In onore dei nostri figli, Rinoa," bisbigliò. Per un attimo, rimase lì fermo a fissare il punto in cui il gunblade era sparito dalla vista, poi Squall si girò e rientrò nell'edificio, senza guardarsi indietro.

*~* FINE *~*

*

Note al testo
(1) Credo che mi piacciano le albe: "Dawn" in inglese significa appunto "alba". Da qui la risposta di Squall.

*****
Nota della traduttrice/betareader: per i lettori di EFP, tutte le recensioni a questo capitolo sono raccolte nella nota finale al capitolo 1. Verranno tradotte tutte insieme a fatte avere a Tarlia non appena sarà terminata la pubblicazione di tutta la storia rivista (un capitolo a settimana). Grazie e alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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