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Autore: divinakanza    03/03/2011    1 recensioni
Sakuragi e Rukawa sono alle prese con i loro sentimenti uguali e contrastanti. Hisashi Mitsui sta vivendo una storia complicata...
Una fanfiction dai toni tristi, ma che cerca di essere il più sdrammatizzata possibile.
{Hana-Ru//Mit-xxx} Il raiting non è definitivo.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi, dopo tanto tempo ho finalmente riaggiornato. Questo capitolo mi è stato ispirato da un'idea che mi ha dato Bichan, quindi la colpa è sua XD. Picchiate lei, quindi :°D. Grazie bella, mi mancano le tue email XD.

Buona lettura.

•Capitolo 20

Più scrutava suo padre durante il giro visite, più al giovane Rukawa stava venendo un’idea malsana, che decise di scartare prima che prendesse del tutto forma nella sua mente.
Lui avrebbe giocato a basket. Punto. Niente discussioni.
Suo padre, una volta toltosi i guanti in lattice e scaraventati con estrema precisione nella cesta destinata alla spazzatura, lo raggiunse fuori dalla stanza del paziente che stava visitando.
Senza dirgli nulla, gli cinse un bracco intorno alle spalle e lo trascinò via, salutando con uno smagliante sorriso i pazienti.
-Ti sei divertito?- Chiese con leggiadra allegria, il dottore.
-Hn- Rispose enigmaticamente il ragazzo.
-Io ho quasi finito il turno, vatti a preparare che si torna finalmente a casa.- Lo informò il padre.
Rukawa, doveva recuperare alcune sue cose dalla stanza di Hanamichi, e si appropinquava ad entrare proprio lì, quando vide una scena davvero inusuale. E a dirla tutta, non era nemmeno la prima volta che succedeva.
Un’infermiera dall’aria seria e composta, stava cambiando il sacchetto della flebo ad un Hanamichi tutt’altro che impegnato. Però il rosso non la degnava di uno sguardo e nemmeno di una parola.
Tutte le volte che Rukawa vedeva cose simili, si stupiva.
Kaede, ingobbito come al solito e con le mani in tasca, entrò e andò verso il divano. Lo rimise a posto facendo bene attenzione a non fare troppo rumore.
Sentì nel frattempo, i passi dell’infermiera che stava uscendo dalla stanza.
Poi prese la giacca della tuta e se la legò alla vita, visto che era troppo caldo per indossarla e caricò sulle spalle il suo zainetto che conteneva una bottiglietta d’acqua e la palla da basket.
Hanamichi non era riuscito a distogliere un solo secondo gli occhi da lui.
Perché quello lì doveva essere maledettamente elegante in ogni suo gesto?
Infine interruppe la linea dei suoi pensieri, colpendosi in fronte con il palmo della mano destra e rimproverando se stesso con un “Idiota!”, quando gli venne in mente una delle solite frasi di quelle brutte oche starnazzanti del team RU-KA-WA.
Come poteva anche solo avergli sfiorato l’idea che quelle tre matte, avevano ragione a dire che sembrava un principe? Al massimo poteva essere il principe dell’Antartide.
Rukawa notò Hanamichi, gli lanciò per un momento uno sguardo interrogativo e si chiese quale contorto pensiero stesse architettando sotto quel tappetino di capelli rossi.
Quando Hana si accorse degli occhi blu su di lui, arrossì lievemente e reclinò bruscamente il viso dall’altra parte.
Rukawa non ci diede troppo peso perché non aveva molta voglia di discutere, quindi si diresse allo scatolone che era stato evidentemente spostato da qualcuno, visto che ora si trovava dall’altra parte della stanza e non ai piedi del letto dove lui l’aveva lasciato.
Prese un libretto piuttosto spesso, e lo porse al rosso.
-Tieni- ordinò, con il braccio teso in direzione del compagno.
Hanamichi, curandosi di non incontrare lo sguardo del moro, sussurrò un “grazie” quasi impercettibile.
Rukawa lo scrutò dubbioso, per la seconda volta.
-Ciao.- Salutò Kaede, mentre lasciava la stanza con la sua solita falcata sicura.
Hanamichi non rispose al saluto, semplicemente se ne stava lì imbambolato come un mentecatto, a fissare la sua schiena scomparire nel corridoio.
Turbato da un sacco di pensieri strani, decise di distrarsi, leggendo il libro che aveva afferrato titubante, rischiando addirittura di sfiorare le mani nivee di Rukawa.
-Posso portare Sakuragi-kun fuori, domani?- chiese tranquillamente Kaede, portando il cucchiaio alla bocca, con il busto reclinato leggermente in avanti per non sporcarsi.
Etsuya Rukawa guardò il figlio stupefatto.
Erano probabilmente mesi che non si rivolgeva a lui in tono così gentile. Non poteva rifiutare la sua richiesta, anche se sinceramente non ci sarebbe stato bisogno del permesso.
Quel ragazzo, poteva uscire fuori in cortile quando voleva. Anche se fino ad ora, si ritrovò a pensare, non aveva messo piede fuori dalla stanza.
Cosa insolita tra l’altro, tutti o quasi tutti i pazienti, volevano prendere aria fresca almeno una volta al giorno, soprattutto quelli più giovani.
E mentre fissava torvo la zuppa marroncina nel suo piatto, immerso nei suoi pensieri, il figlio lo riportò alla realtà
-Allora?-
-Certo, certo, fai pure- Rispose colto alla sprovvista e con un sorriso imbarazzato.
-A dire il vero, il tuo amico può uscire quando vuole, il giardino è a disposizione di tutti i convalescenti.- Aggiunse poi, riprendendo un po’ di sicurezza.
Si sentiva strano, perché quando suo figlio usava quel tono leggero, lo spiazzava sempre.
-No, non voglio portarlo in cortile, voglio portarlo proprio fuori dall’ospedale.- Annunciò deciso il moretto, che intanto inforcava un altro boccone.
Ecco!
L’uomo, non riuscì a nascondere la delusione.
Avrebbe dovuto ricordarsi che quel ragazzo era gentile con lui, solo quando voleva qualcosa. Ma perché non l’aveva intuito subito?
Sapeva che stare a sindacalizzare era inutile. Kaede era determinato, poteva leggerglielo negli occhi.
L’ultima volta che aveva visto quello scintillio nelle iridi blu del figlio, aveva scoperto quanto terrificante poteva essere Kaede.
Con un sospiro sommesso, gli comunicò:
-Non dipende da me, però vedrò di parlare con il primario. Ti avverto che non sarà un’impresa semplice.-
Al ragazzo andò bene così. Non voleva insistere troppo. Quella sera era abbastanza sereno e stava andando perfettamente d’accordo col padre. Dire o fare qualcosa in più, avrebbe rovinato quell’atmosfera tranquilla che da tanto non si respirava in casa Rukawa. 
Non sapeva esattamente come poteva essere successo, ma Sakuragi aveva perso gran parte della luce e della vitalità che lo caratterizzavano.
Certo, non stava passando un bel periodo, anzi, stava decisamente passando un periodo di merda,
ma stava pian piano diventando totalmente un’altra persona.
Non si preoccupava quando gli urlava contro per nessuna ragione in particolare, ma ultimamente era diventato un po’ troppo mesto e asociale.
Infatti, non aveva stretto amicizia, né con gli altri pazienti e non aveva mai stordito nessuna infermiera con la sua parlantina sconclusionata.
Cascasse il mondo, Kaede Rukawa, l’avrebbe riportato almeno per una giornata, ai vecchi albori.
E con questo pensiero salì in camera, mentre sentiva suo padre che con la cornetta in mano tentava in ogni modo di convincere il primario.
Già sotto le coperte da un paio d’ore, il moretto continuava a girarsi e rigirarsi nel letto, senza riuscire a prendere sonno. Avrebbe dovuto dormire a tutti i costi perché sapeva che la giornata successiva sarebbe stata davvero dura.
Ma niente…
Per lui contare le pecore non aveva mai funzionato, o meglio; non ne aveva mai avuto bisogno.
Dormire, oltre che giocare a basket, era la sua attività preferita, e c’era da dire che se la cavava piuttosto bene, ma quella sera proprio non gli riusciva.
Si alzò svogliatamente dal letto e con un rassegnato sbuffo, andò nello studio di suo padre.
Guardò per un secondo la grande libreria con tutti i testi di medicina, e prese un libro che a lui sembrava interessante; ma non tanto per il titolo, quanto per il rosso fuoco della copertina.
Ritornò in camera sua, e si mise a leggere.
Fu subito rapito.
Mentre scorreva il testo, notò un sacco di parole complicate che risultavano allo stesso tempo molto affascinanti. E l’idea malsana, aveva ricominciato a farsi largo tra gli altri pensieri.
Turbato da ciò, chiuse il libro con forza, lo poggiò sul letto, spense l’abatjour e si rannicchiò di nuovo sotto le coperte.
Dopo un po’, l’abbraccio di Morfeo, finalmente lo avvolse.
-DRRRIIIIIINNNNN…DRRRIIIINNNNNNN-
Una mano alabastrina, si sollevò pesantemente. Cercò con molta fatica di raggiungere il comodino, ed una volta trovato un piano d’appoggio si trascinò con un enorme sforzo contro l’insolente sveglia celeste, che aveva osato disturbare il suo sacrosanto riposo. Quel maledetto oggetto gliel’avrebbe pagata molto, molto cara.
Trovata la sveglia rotonda, l’afferrò, e con un mugugno si disappunto, la lanciò con forza contro il muro illuminato dal sole che filtrava attraverso le fessure delle tapparelle..
Kaede si rigirò supino, e con gli occhi ancora mezzi chiusi, cercò di mettere a fuoco il soffitto della sua camera.
C’era da dire, che mai una volta quel trillo acuto e fastidioso lo aveva svegliato. Non era un’abitudine usare quell’affare malefico. In fondo l’orario di entrata della scuola per lui era più che altro un’indicazione e di certo rispettarlo, non era esattamente in cima della lista delle cose da fare.
Quindi dovette rimettere un po’ in ordine i pensieri… Perché aveva messo la sveglia?...AH, SI!
Con uno scatto si precipitò fuori dal letto, e corse in bagno a darsi una sistemata.
Una volta finito, andò in cucina, dove suo padre stava preparando la colazione canticchiando un motivetto allegro.
Kaede si sedé al suo posto, mentre il padre gli serviva la sua ciotola trasbordante di riso, accompagnato ad un po’ di verdure in salamoia.
Mentre il ragazzo gustava la sua colazione, il dottor Rukawa, sistemandosi il ciuffetto ribelle della frangia corvina leggermente imbiancata dagli anni, comunicò che le trattative con il primario erano andate a buon fine.
Giunto ormai all’ospedale, sia padre che figlio erano nell’ufficio del primo, che stava indossando con gesti decisi il suo camice bianco, quando sentirono bussare alla porta.
-Rukawa-sensei, mi ha fatto chiamare?- Domandò sommessamente una donna riccia, facendosi avanti un po’ titubante.
-Si- Rispose semplicemente lui, dando all’infermiera un foglio. -Vorrei che mi prendessi queste dalla farmacia-
La ragazza se ne andò, e l’uomo tirò fuori dalla sua ventiquattrore un altro foglio identico all’altro.
-Kaede guarda: qui ci sono segnati vari integratori, vitamine e medicine. Devi darli al tuo amico negli orari prestabiliti. Ti ho segnato tutto quanto e mi raccomando; qualora dovesse avvertire del malessere, devi chiamarmi immediatamente.- Spiegò premuroso, enfatizzando con particolare cura l’ultima parola.
-Hn-  Rukawa, diede segno di aver capito, e dopo che l’infermiera fu tornata con tutto il necessario, se ne andò nella stanza di Hanamichi.
Rukawa entrò nella stanza del compagno e restò un minuto o due a guardarlo dormire beatamente.
Sembrava tranquillo, e a tratti sorrideva come un bambino. Cosa che fu leggermente contagiosa, perché anche Rukawa si ritrovò improvvisamente con la bocca semi piegata.
Ripresosi un po’ da quel coinvolgente spettacolo, prese dal suo zainetto degli abiti e delle scarpe da ginnastica e posò tutto sul divanetto.
-Sakuragi!- Lo chiamò scuotendolo un po’ –Svegliati.- Insisté.
Hanamichi infastidito, aprì leggermente gli occhi. Mise un momento a fuoco la figura che lo stava chiamando e scattò a sedere sul letto quando si accorse che era la volpe.
-Che cazzo vuoi?- Chiese minaccioso Sakuragi.
Rukawa non rispose e andò alla porta a richiamare l’attenzione dell’infermiera che era nella stanza di fronte.
-Insomma! Perché sei venuto qui a rompermi, mentre stavo dormendo?- rincarò Hanamichi, pensando che il suo risveglio era stato peggiore dell’incubo appena avuto.
Di nuovo, il moro, non lo degnò di risposta, ma se ne andò a confabulare con l’infermiera che intanto li aveva raggiunti.
Così la ragazza, andò dal rosso per togliergli la flebo.
-Che cavolo sta succedendo?- Sbraitò quindi, contrariato.
Rukawa, prese la tuta nera con le rifiniture azzurro chiaro e la t-shirt bianca dal suo zaino, e glie li appoggiò sul letto.
-Oggi si esce. Quindi preparati.- lo informò imperioso il moro.
Hanamichi, non ebbe modo di rispondere per le rime, perché quello lì se ne era appena uscito dalla stanza, seguito dall’infermiera che aveva appena terminato di togliergli l’ago dal braccio.
Restò per qualche secondo immobile, seduto sul suo letto a riordinare le idee ancora troppo confuse.
Ma era talmente indeciso sul da farsi, che la cosa più logica in quel momento era vestirsi.
Anche se lo seccava parecchio eseguire un ordine di quella volpe maledetta che sveglia la gente.
Prese sia la tuta, che la maglia di cotone e se ne andò in bagno.
Quando riuscì, era vestito di tutto punto. Raggiunse il divano ed infilò le scarpe.
-Insomma? Che storia è questa?- Chiese con disappunto, mentre vide Rukawa girarsi.
Ovviamente il moro, non diede ancora una volta risposta.
Con un semplice –Muoviti, andiamo!-, prese a camminare lungo il corridoio.
Ad Hanamichi sarebbe piaciuto tantissimo prenderlo per la gola e vedere quanto tempo ci avrebbe messo a schiattare, ma non si sentiva abbastanza in forma.
Era successo tutto così velocemente che non aveva avuto il tempo di pensare ed era ancora intontito dal sonno.
Perciò senza insistere con le domande, si limitò a seguire Rukawa, fissandolo torvo.
Raggiunti il cortile, Rukawa si fermò improvvisamente.
-Bella forza! Se era per il cortile, potevo anche evitare di vestirmi- Commentò contrariato Hanamichi, guardando accigliato un paio di bambini in pigiama che correvano.
Rukawa non rispose. Si guardò un momento in torno con aria pensosa.
Poi riprese a camminare, incitando il rosso. –Per di qua!-
Hana, non era sicuro di aver fatto la scelta giusta decidendo di seguirlo, ma ormai era lì. Sarebbe stato stupido rientrare nella stanza, ed era anche molto tempo che non sentiva la luce diretta del sole sulla sua pelle. Era una bella sensazione. Come aveva potuto rinunciarci così a lungo?
Il rosso restò un momento ipnotizzato dai due bambini in pigiama, che non avevano smesso un momento di correre, quando si accorse che Rukawa, non c’era più.
Lo cercò un momento con lo sguardo e si accorse che quello, stava uscendo dal cancello principale che sboccava sull’enorme parcheggio.
-Dove cavolo vai!?- Urlò deciso, mentre lo raggiungeva a grandi passi.
Kaede rallentò ancora un po’ la sua camminata così che Hanamichi potesse raggiungerlo.
Sentì una mano afferrarlo deciso per una spalla e girarlo con violenza.
-Insomma! Credo che tu mi debba una spiegazione!- Ringhiò il rosso fissando negli occhi l’altro ragazzo.
Rukawa pensò che in effetti Sakuragi non avesse tutti i torti – Stiamo andando a fare due tiri a canestro- Disse serio, indicando col pollice lo zainetto dalla strana forma tonda appeso pigramente alla sua spalla.
Hanamichi, rimase come un allocco a fissarlo. Si prese un momento per richiudere faticosamente la bocca spalancata, e mollò la presa dalla spalla della volpe.
Quindi Kaede girò i tacchi e riprese a camminare.
Hanamichi, stava a pochi passi dietro di lui sentendo un po’ l’oppressione del silenzio. Camminava mesto con le mani in tasca e la testa bassa, mugugnando di tanto in tanto qualche improbabile insulto in direzione del ragazzo poco avanti a lui. Di tanto in tanto, però, alzava lo sguardo sulle spalle larghe del compagno di squadra, pensando che in fondo era stato gentile ad avere quel pensiero. Era tanto che non giocava, e sentiva la mancanza dell’adrenalina in corpo che solo la corsa verso il canestro gli procurava.
Rimuginando su strani pensieri, che a volte gli facevano avvampare il viso, Hanamichi non si era accorto che ormai erano giunti a destinazione.
Rukawa stava entrando  nel parchetto, ma Hanamichi si fermò un momento prima di varcare il cancello arrugginito e semidistrutto dai vandali, le intemperie ed il tempo.
Diede le spalle alla barricata vecchia e ferrosa, e guardò il mare dall’altra parte della strada.
Si prese qualche secondo per inspirare avidamente la brezza salmastra della mattina e godersi un po’ il sole caldo, ma non ancora cocente.
Rukawa, stava a pochi metri da lui e lo aspettava pazientemente senza dire nulla.
Ad un certo punto, Hanamichi si risveglio da quell’incanto e si girò con un sorriso di sfida in volto.
-Sono pronto! Adesso ti distruggo!-
-Hn.- Rukawa ignorò volutamente quella provocazione provocando la solita reazione da do’aho del compagno, e si diresse verso la panchina malridotta per posarci sopra il pallone, due bottigliette d’acqua ed in fine, anche due asciugamani.
Frugando nello zainetto, imbatté la sua mano su un foglio, lo estrasse, e dopo aver controllato notò che non era giunto ancora il momento per nessun medicinale.
“Meno male” sospirò il moretto, certo che se fosse uscito fuori con qualche pillola da far ingurgitare ad Hanamichi, l’atmosfera si sarebbe senza dubbio raggelata, anche se era già giugno inoltrato.
Rukawa prese il pallone ed i suoi occhi cambiarono.
C’era il fuoco dentro di lui, ora.
Hanamichi lo notò e capì che la partita era già cominciata.
Vabè, farlo vincere di tanto in tanto poteva sollevare il morale di quel perdente cronico. Senza contare che lui era provato dalla chemio (che aveva già finito da un pezzo), ed era pure fuori allenamento, visto che ormai era più di un mese che stava in ospedale. Quindi Hanamichi, steso sul cemento col respiro affannoso, non si sentiva affatto sconfitto anche se aveva perso 7 a 25.
In fondo lui era un genio, e quel mentecatto di una volpe di merda, si sarebbe sentito incoraggiato per quella vittoria concessa.
Rukawa, aspettava inutilmente che Hanamichi cominciasse a dare di matto, ma nel frattempo cercava di riprendere fiato, anche perché quel do’aho gli aveva dato comunque del filo da torcere, nonostante fosse piuttosto arrugginito e comunque reduce da una terapia dilaniante come la chemio. Ed era rimasto piacevolmente sorpreso, dalla fatica che aveva fatto per stopparlo o segnare.
Kaede, lo guardava con attenzione, mentre quella scimmia con i capelli rossi, cercava di incamerare più aria possibile nei polmoni. Ma era ancora sull’altolà. Con un tipo come quello, non si sapeva cosa poteva succedere, ma rimase stupito quando Hanamichi si voltò verso di lui e con un sorriso compiaciuto, ma ancora affannato gli disse – Grazie! Era proprio quello che mi ci voleva-.
Il moro, restò di sasso. Si aspettava di essere aggredito da un momento all’altro, ma invece si era guadagnato uno dei più bei sorrisi del suo do’aho.
Bè, non poteva fare altro se non ricambiare. Piegò un po’ le labbra e rispose –Figurati-.
Hanamichi, si alzò di scatto e scosse la testa. Diede le spalle al volpino e mugugnò un insulto, incredulo di ciò che aveva visto.
Rukawa lo guardò perplesso e poi si alzò anche lui, facendo leva con le mani sulle ginocchia.
-Ti concedo la rivincita.-
Hanamichi, borbottò qualcosa, ancora girato. Cercò di ritornare del suo solito colore, e poi accettò la sfida.
La mattinata passò tranquilla tra un canestro e l’altro, ma Kaede non si spiegava perché Sakuragi era diventato così burbero. Eppure prima gli aveva concesso quel magnifico sorriso…
All’ora di pranzo, andarono in un grazioso chiosco sulla spiaggia, che era già affollata dai fan dell’abbronzatura.
-Che buono questo ramen!-  Hanamichi, stava gustando una deliziosa ciotola di cibo, accompagnato dalla meravigliosa vista di quell’immensa distesa azzurra.
-Già- Rispose Rukawa, senza sbilanciarsi troppo.
Hanamichi, si irrigidì al suono della voce dell’altro. Era stata proprio una strana mattinata.
Prima quell’incubo.
Stava cominciando a svanire, ma si ricordava perfettamente che aveva sognato di Rukawa e gli era pure piaciuto!
Poi la partita.
Aveva perso, ma alla fine non era così importante. Aveva di nuovo giocato e solo questo contava.
E poi quel cavolo di sorriso.
Era la prima volta che aveva visto sorridere quell’iceberg e non immaginava che Rukawa fosse così… così… bello?
Hanamichi aveva il cuore che gli batteva a mille per quello stupidissimo pensiero.
La volpe non era bella. No! Per niente!
Quindi fece un profondo respiro e cercò di tranquillizzarsi. Con tutto quello che gli era capitato quel giorno, sicuramente non era inusuale che gli venissero pensieri strani.
Nel frattempo, Rukawa, seduto proprio di fronte a lui, era decisamente spiazzato dai repentini cambi di espressione e colore  sul volto del compagno.
-Stai bene?- Chiese quindi preoccupato.
Hana si risvegliò quindi dalle sue elucubrazioni.
– Si- si affrettò a rispondere Hanamichi, per chiudere il prima possibile la questione.
Con una leggera titubanza, Rukawa porse le pillole ad Hanamichi e le sue previsioni si avverarono.
Il rosso si rabbuiò e non parlò per un bel po’ di tempo.
Era primo pomeriggio, e si scoppiava di caldo.
Anche Rukawa non era convinto che quel clima afoso fosse adatto per un’altra partita, ma tanto Hanamichi ormai si era appisolato sulla sabbia.
Nel frattempo il moretto, era seduto con le gambe incrociate, proprio vicino a lui e lo fissava godendosi la melodia rilassante delle onde che si infrangevano contro la battigia.
Per un momento si distrasse dal rosso e pensò alla faccia che avrebbe fatto quella gallina di Akagi, se fosse andata in ospedale e non li avrebbe trovati. Rise mentalmente al pensiero.
Nel frattempo le sue orecchie captarono dei borbottii concitati, provenienti dal compagno.
-Awa…a…mazzo!-
Kaede sospirò, e per un secondo si perse d’animo e si sentì anche un po’ opportunista.
Non era così che voleva vincere contro la Akagi.
Quello che stava facendo con Hanamichi, la maniera in cui si impegnava, non erano colpi sferrati a lei. Ma gesti senza secondi fini, mirati solo a rendere un po’ meno ansioso il ragazzo che amava. Perché quella testa rossa, di motivi per essere ansioso ne aveva eccome.
In quel momento, pensò anche che forse la scelta dei libri e delle videocassette, non fosse stata una cosa sensata. Infatti aveva scelto solo cose che non parlassero di complicazioni troppo cruente.
Chissà se era la cosa giusta. Magari Hanamichi aveva bisogno di guardare meglio in faccia la realtà.
“Ma che vado a pensare, Hanamichi la vede benissimo la realtà.” Sospirò a questo pensiero triste.
Ridestato da questa orrenda idea, si accorse che la luminosità dei colori che lo avvolgevano, si era affievolita e che il suono del mare si era fatto più aggressivo.
All’orizzonte, proprio oltre il mare, stava avanzando minacciosa una coltre immensa di nubi nere, ed il rumore dei tuoni si poteva sentire anche da dove era lui.
Ma non voleva portare Hanamichi di nuovo in ospedale. Era la sua giornata di libertà.
-Svegliati do’aho!- Kaede scosse leggermente la spalla del compagno, e l’altro per tutta risposta gli biascicò di nuovo un insulto.
-Andiamo al cinema.- Decise il moro, ignorando le accese repliche del rosso.
-Non puoi decidete tutto tu, Volpaccia!-
Era uscito da poco un film di fantascienza con effetti speciali da panico.
La trama non era molto complicata od originale, ma le scene d’azione erano fantastiche.
Era già da un po’ che Kaede aspettava di vederlo, ma avrebbe dovuto attendere ancora un po’ per vederlo in DVD, perché effettivamente non aveva nessuno con cui andare al cinema, e da solo non si sentiva a suo agio. Lui c’era sempre andato con sua madre e con Hiroto, ma non era più così da tempo.
Scacciò quei pensieri, e non riuscì nemmeno a godersi bene il film. Era troppo elettrizzato.
La sensazione di non essere seduto dentro quella sala buia da solo, lo rendeva felice.
Di certo non stava saltellando su un piede od esultando correndo e urlando, anzi, più che altro si limitava a fissare l’enorme telone, ma quello che stava provando in quell’istante era sicuramente felicità.

   
 
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