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Autore: Smirne    04/03/2011    1 recensioni
Teoricamente dovrebbe essere l'incipit di un romanzo, ma non ne ho mai scritto uno, e non ho idea se questo continuerà, quindi, buona lettura.
La storia dovrebbe trattare dell'Oraf istruito da un vecchio cieco, del quale parlerò ASSAI più avanti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti hanno paura di qualcosa, che sia cosa sciocca, allegoria o naturale. 
Tutte le paure sono giuste, nè buone nè malvagie, soltanto giuste.
Tutte hanno un ulitità.
Tutte sono da prendere sul serio.
Tutte sono da coltivare, combattere o abracciare.
Tutte provocano, in diversi modi, piacere, trascendentale e gaudioso, soltanto sano ed onesto piacere; esso non è mai né falso né sbagiato, se ha come fonte la paura.
Esso, come la paura dalla quale deriva, non è mai né falso né sbagliato.
Esso porta sempre ad un punto di non ritorno, un punto che cambia la nostra concezione delle cose radicalmente; nessuno che abbia mai provato piacere può continuare a guardare con gli stessi occhi, cosìccome nessun musicista ascolta mai con le stesse orecchie, nessun pittore dipinge mai con le stesse dita, nessun oratore elabora discorsi con la stessa mente e li espone con la stessa lingua, nessuno scrittore scrive mai con la stessa idea, e che d'idea ottenuta attraverso ragionamenti o attraverso ispirazione mistica indotta da cose materiali o no si tratti, deriva sempre dalla paura.
Non c'è idea migliore, come, ovviamente, non esistono solo i due estremi del terreno e del sovrannaturale, come non esistono il bianco ed il nero per l'uomo, ma soltanto infinite tonalità di grigio, sempre presenti nella mente dell'artista, come cromatismo, susseguirsi di toni, di lettere, di gusti, di pensieri, di immagini, diverse fra loro ma tutte collegate da un identico leit motiv: la paura.
Paura di non riuscire nel proprio intento, paura di non rimanere soddisfatti, paura di non soddisfare, paura del rimanere senza paura, senza la linfa dell'arte.
Attraverso la paura, filtro per l'infinito, l'artista riesce a mettere al mondo un essere di sola paura, formato da sola eternità, sconfinata, soluzione di terrore e sicurezza, bene e male, tristezza e felicità, indifferenza ed interesse.
Con qualsivoglia miscoglio, il rislutato è d'immenso valore, se non artistico, se non umano, se non morale, semplicemente il valore della paura traslata nella realtà.
Questo risultato, che quasi tutti gli uomini cercano e ripudiano, adorano e disdegnano, e nel contempo abbracciano con un amore quasi carnale, essendone assuefatti, pensando che faccia male.
Pur l'uomo più comune, più stupido e ignobile ama inconsciamente la paura, l'uomo buono ama sentirne la mancanza, l'uomo malvagio, qui sinonimo d'intelligente, ama fornirla al buono.
Ma solo colui che riesce a concepire la paura nel suo significato più puro, fuori da tutte le regole, fuori da tutti i canoni, in tutta la sua magnificenza, solo colui capace di far ciò attraverso l'Arte è degno di goderne pienamente, di berne l'essenza, d'assaorarla fino all'ultimo goccio, d'averne ultimo godimenti, d'aver paura e di provarne piacere nel provarla, nel provocarla e nel farla nascere.
  
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