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Autore: sydney bristow    04/03/2011    8 recensioni
Ambientata dopo "Countdown".
Beckett e Castle sono rimasti intrappolati nel freezer...Beckett è rimasta quasi illesa.
Tuttavia a Castle, avendo ceduto tutto il suo calore corporeo alla detective, non è andata tanto bene: dopo il suo risveglio non è più la stessa persona.
Dice di chiamarsi Jameson Rook e di fare il giornalista. Castle crede di vivere sul serio in Heat Wave, è intrappolato nel suo romanzo ed ha dimenticato la sua vita.
Come reagirà Kate/Nikki ?
Possibili spoiler della terza stagione!
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CASTLE TRAD

              Cold Heat


                                                                           .



Beckett era seduta in una sedia della sala d'attesa, scomoda di per sé, ma anche scomoda per il fatto che lei non riusciva a non agitarsi .
Trovava abbastanza mortificante sentirsi così preoccupata; all'accademia era stata educata allo stoicismo puro, allo stare calma in ogni situazione,
ma ogni volta che un medico -o un'infermiera- le passava davanti, andava in paranoia e si tormentava le mani.
Se l'era cavata benissimo, lei.
Castle, purtroppo no. Era colpa sua, lei lo aveva cacciato in quel freezer maledetto.
In generale, era lei che non gli impediva di seguirla ogni giorno ed in ogni caso.
Quel maledetto scrittore da strapazzo doveva sopravvivere! Come avrebbe fatto senza di lui?
Ormai, grazie a
(o per colpa di) piccole dosi quotidiane di Richard Castle, era diventata piano piano una dipendente:
non poteva passare un giorno senza di lui che non si sentisse strana, come mancasse qualcosa. Lo amava?
Certo che si, a modo suo...però c'era anche la questione di Josh...
Heat Wave- ondata di calore un cavolo, Rick! pensò la detective.
Si girò e vide che Martha ed Alexis erano appena arrivate. Entrambe sembravano distrutte ed Alexis aveva sicuramente pianto:
i suoi occhi tradivano il contegno che cercava disperatamente di darsi.
-Kate- disse Martha, inquadrandola e camminando verso di lei con fare perso.
Fecero giusto in tempo ad abbracciarsi, tutte e tre, quando arrivò un uomo con un camice da laboratorio.
-Martha Rodger?-
-Sono io!- disse la madre di Castle, subito avvicinandosi a lui ed accompagnandolo fino ad una porta anonima.
-Mio figlio sta bene?-
Il dottore buttò uno sguardo sulla sua cartella medica.
-Decisamente, ma non c'è dubbio che si sentirà un po'...disorientato, ecco perché è meglio sia lei la prima a vederlo...-
Poi Kate non riuscì a sentire più nulla, dal momento che sparirono dentro la porta davanti alla quale si erano fermati.
La detective, ancora abbracciata ad Alexis, tirò un sospiro di sollievo: Castle sarebbe stato bene.
-Visto?Tuo padre starà bene!-

***

Mio figlio non sta affatto bene... il primo pensiero di Martha non appena scambiò due parole con lui.

***

Dopo pochi minuti la madre di Castle uscì dalla sua stanza e chiamò Alexis.
La piccola Castle junior rimase per un secondo colpita da qualcosa che la nonna le disse: stava per mettersi a piangere.
Cosa poteva essere?Qualcosa di grave?
Poi si ricomposero tutte e due ed entrarono, lasciando la detective Beckett sola con i suoi attacchi di paranoia.
Ma alla fine uscirono e le fecero segno di raggiungerle.
Scattò in piedi e si precipitò da loro, aspettando un responso -positivo, sperava- sulle condizioni del collega.
Alexis sembrò molto più sollevata di prima e questo le diede la forza di chiedere di Castle.
-Ehm...è meglio se vedi da sola...-
-Ah, quindi posso entrare?Non sono della famiglia...-
Fu quel giorno che scoprì di essere la persona a cui rivolgersi nel caso in cui allo scrittore fosse capitato qualcosa.
Non ne era mai stata al corrente e questo gesto stranamente era toccante: Castle teneva veramente a lei.
-Voi non venite?- chiese.
-No, no, aspettiamo fuori. Stanno arrivando anche gli altri...-
Scrollò le spalle ed entrò nella stanza.
Era semisdraiato, coperto fino alle spalle, e teneva gli occhi chiusi...ma non era addormentato, lo sentiva.
La detective non riuscì a non trovare terrificante l'aspetto "acciaccato" che ancora aveva sul viso.
Lo aveva sempre visto allegro, pieno di salute ed impaziente come un bambino di dieci anni...questo la devastava.
Non sapeva che fare, cosa dire, come comportarsi...allora prese la mano del collega nella sua e la strinse dolcemente.
I suoi occhi si aprirono e la inquadrarono.
Kate non poté fare a meno di sorridergli, contenta del fatto che si fosse svegliato e che stesse -apparentemente- bene.
Lui rispose al suo sorriso con uno ancora più grande, se possibile, prendendo la mano di Beckett e portandosela al viso.
Almeno era tiepido, pensò lei.
Castle girò leggermente la testa e baciò il palmo della mano della sua amata.
La donna non poté non arrossire, pensando a quanto si erano detti nel freezer, ma non poté neanche ignorare la stranezza del gesto di affetto.
Poi capì non appena la salutò.
-Nikki...-
Immediatamente lei sgranò gli occhi, come se fosse appena stata colpita a ripetizione da una doppietta, e guardò il medico.
Questo, notando la sua preoccupazione, le fece cenno di raggiungerla in un angoletto isolato della stanza dove Castle non avrebbe potuto sentirli.
-Danno celebrale, il signor Castle pensa di essere veramente il personaggio del suo ultimo romanzo.-
-Cosa???-
Kate si accorse che aveva alzato un po' la voce, si girò per rassicurare il suo collega con un sorriso e poi ripeté la domanda abbassando il tono.
-E' come le ho detto, detective. Dice di chiamarsi Jameson Rook e di fare il giornalista...-
-Perdurerà questo...danno?-
Il dottore guardò prima il suo paziente, poi la signorina, e disse che molto probabilmente era una cosa temporanea: con il tempo sarebbe scomparso..
Lei si sentì sollevata, ma ciò non toglieva che si sentisse comunque terribilmente in colpa per quanto era successo, visto che la colpa era sua.
Provava anche un certo senso di agitazione.
-La cosa strana, detective, è che riconosca solo lei. Ho letto i libri. E' da lei che ha preso l'ispirazione per Nikki, vero?-
Annuì, spaesata, mentre continuava a contemplare i mocassini del medico per non guardarlo in faccia.
Poi pensò immediatamente ad Alexis e Martha.
Quando erano uscite dalla stanza non sembravano tanto sconvolte...come poteva essere solo possibile?
La detective sarebbe impazzita se il proprio padre non l'avesse più riconosciuta. Perché la piccola Alexis non era tanto turbata?
Si fece chiarire i dubbi dal medico: Castle/Rook era stato avvisato in tempo, aveva solo finto di ricordarsi di loro per non atterrirle definitivamente.
Lui aveva delle sensazioni: sapeva che le donne erano persone importanti, a cui voleva bene, ma non riusciva a ricordarle.
Perché riconosceva solo lei?
-Forse è meglio se parla con il paziente, magari lo aiuterà.-
Fu allora che l'uomo si lasciò soli e se ne andò senza ulteriori istruzioni: avrebbe parlato alla famiglia in un secondo momento.
-Castle- lo chiamò, ma non ricevette alcuna risposta. -Rook- e lui alzò la testa, sentendosi chiamato.
-Si, Nikki?-
Lei rabbrividì alla terrificante stranezza del fatto che il collega aveva risposto alla sua falsa identità, come se fosse un riflesso di quella reale.
-Senti. Tu non sei chi credi di essere...-
Lui le sorrise, come divertito dalle assurdità che stava dicendo la sua donna.
-Non sono il bellissimo e talentuoso giornalista che ti segue ogni giorno e che tu ami alla follia?-
Kate si accigliò e rimase a pensare per un momento: possibile che avesse capito quello che stava per dire nel freezer e che l'avesse ricordato?
No, stava parlando con Rook, e, nel libro -come nella testa di Castle- , Nikki Heat amava Jameson Rook.
Non poteva ricordare.
-No. Ti chiami Richard Castle, ma per colpa di chissà quale trauma adesso pensi di essere un personaggio del tuo libro Heat Wave...-
Lui strabuzzò gli occhi, guardandola come se fosse completamente impazzita.
La povera Beckett stava incominciando a perdere ogni speranza sulla possibilità di convincerlo del contrario...e di rimanere sana di mente.
Avere intorno Jameson Rook sarebbe stato ancora più difficile, per lei, da sopportare: secondo la sua distorta visione delle cose, lei era la sua donna.
Erano andati anche a letto insieme.
-Senti, Nikki...- iniziò, cercando di mettersi a sedere, come se avesse dovuto prepararsi a discutere con lei sulla sua vera identità.
-Non sono Nikki Heat! Mi chiamo Kate Beckett!- disse, con l'impressione di avere già avuto in precedenza questo tipo di discussione...
Lui ripeté quel nome più volte, poi sorrise.
La detective si rallegrò, credendo di essere stata finalmente -e realmente-  riconosciuta.
-Bel nome, mi piace! Posso scriverci qualcosa?-
-Ma lo hai già fatto, Rick!- ribatté lei, quasi sul punto di impazzire al solo pensiero di rivivere tutta quella situazione daccapo!
Si sentì avvilita: Castle aveva passato un sacco di tempo ad imparare come relazionarsi con lei ed era riuscito persino a farla innamorare.
Ed in quel momento era come se qualcuno lo avesse deprogrammato, come un maledetto computer.
Si, entrambi dovevano ricominciare daccapo...

  
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