Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |       
Autore: _Key    16/03/2011    3 recensioni
Quanto potrebbe valere un determinato respiro?
Qualcosa per cui vivere, e per cui morire.
La lacerante paura di dire la verità; la necissità di nasconderla a tutti i costi. Sì, paura. La paura di non essere creduta, e di essere abbandonata. Di rimanere sola. Di nuovo.
Lui era qualcosa che riusciva a scaldarle l'anima ormai gelida col passare degli anni, e le mani.
Qualcosa di vero, e di estremamente puro.
Lui riusciva a vederle il fuoco negli occhi.
I battiti del suo cuore seguivano i respiri di lui.
-
Tutto iniziato, dove un inizio vero e proprio non c'era mai stato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La vita di Hayley non proseguiva per niente bene in quegli ultimi anni. Era da ammettere che comunque non è che le sorridesse spesso, ma nonostante tutto, cercava di andare avanti come poteva e con tutte le sue forze.
La morte di sua mamma. Quella fu letale, ne erano passati già quattro di anni. L'aveva persa, e quella volta l'aveva persa per davvero, per sempre. Era l'unica persona che veramente la capiva, l'unica che la sosteneva, sempre, ma che soprattutto la voleva bene davvero. Ma in quel momento? Lei non c'era più, era andata via. Era rimasta sola. Riportava ancora le ferite, la cicatrice sul braccio destro e quella più piccola sulla gamba sinistra, vicino al ginocchio.
Pioveva, la macchina sbandò, si abbracciarono un'ultima volta prima di scontrarsi contro quella maledetta macchina, di cui al volante un quarantenne ubriaco fradicio, in estrema velocità. Poi il buio. Il suo breve coma, e successivamente la sua morte. Ricordava in un modo tremendamente perfetto.
Le capitava spesso di guardarsi allo specchio e guardare inevitabilmente quella cicatrice sul braccio, cercava sempre e in ogni modo di coprirla, è come se per un attimo si ritrovasse lì, che riabbracciasse di nuovo la madre, con quelle stesse e maledette emozioni.
La stessa cosa è per quanto riguardasse il padre, cioè, lui non era morto ma era come se lo fosse. Abbandonò Hayley e la madre quando aveva circa tre anni. Non si lamentava di questo però, perché comunque la mamma non le fece mai mancare nulla, fino all'ultimo suo istante di vita, le voleva bene, a differenza di suo padre, anche se credeva che una persona così non sia degna di questo nome.
Si trasferiva spesso, come quest'ennesima volta, succedeva sempre ed esclusivamente per motivi economici, non per altro.
Questa volta si trovava ad Hamburg, piccola città sempre in Germania. Hamburg, a differenza di Berlino, dove visse gli ultimi otto mesi, era meno popolata. In una prima apparenza sembrava niente male, poi, ovviamente, si sarebbe visto.
Affittò anche in quest'occasione un piccolo appartamento: stanza, bagno, un angoletto per la cucina e un piccolo soggiorno. Era tutto quello che poteva permettersi, e niente ''purtroppo''.
La sera dopo avrebbe cominciato a lavorare come barista in un locale lì vicino, faceva lavoretti così, solo la sera, per mantenersi, la mattina andava a scuola, e per l'ennesima volta una scuola diversa. Aveva alcuni anni arretrati, non perché non fosse brava a scuola, anzi era l'esatto contrario, le piaceva molto, ma quando affrontò la morte della mamma, l'abbandonò per un lungo periodo.
Appena aprì la porta, sentì uno strano odore, poggiò le sue due valige a terra, che tra l'altro sembravano contenere mattoni, e si diresse subito ad aprire qualche finestra, per cambiare aria. Aprendo la finestra del balcone, quella che affacciava sul resto del quartiere, si poggiò sulla ringhiera, con i gomiti. Il vento entrava e passava fra i suoi capelli, c'era il sole, ma non faceva così caldo. Il posto era carino. Pochi secondi e rientrò in casa, che tra l'altro era pulita, pensava fosse stato peggio.
Il viaggio, anche se in macchina, fu abbastanza faticoso e stressante, e quindi, decise di fare una doccia e andare subito a letto.
Hayley in quel momento era nel letto, e le valigie le avrebbe disfatte sicuramente nei giorni successivi, doveva riposare, le aspettava scuola la mattina dopo. Si posizionò bene nel letto cercando di fare mente locale, su tutto. Pensava, e forse nemmeno seguendo un filo logico. Era sola, e completamente, ma non le dispiaceva poi così tanto. Non si era mai arresa, anche quando tutti l'avrebbero fatto, la mamma avrebbe voluto questo. Non si era mai preoccupata, sinceramente, di essere sola. Era sempre stata il tipo di ragazza che se vuole una cosa, la raggiunge da sola, senza aiuti di nessun tipo. Se si vuole una cosa, prima cosa devi crederci, per poi lottare, fino a quando non sarà tua. Ha sempre voluto essere, e fare tutto da sola, ha sempre voluto andare via, da qualsiasi parte, sola, viaggiare, voleva la libertà che all'epoca di quando sua madre era viva, non le fu mai concessa.
 
Sentiva il suono della sveglia, ma ci volle un po' di tempo prima di alzarsi completamente. 
Quando era pronta, erano le otto circa. Prese subito le chiavi della macchina e scese. Si avviò verso scuola, guardando con curiosità dai finestrini, sembrava carino come posto, e anche tranquillo.
Arrivò fuori scuola, parcheggiò la macchina mettendosi le chiavi in borsa. Si fermò un attimo, e fece un respiro profondo prima di proseguire.
Era la prima settimana di Novembre, e faceva abbastanza freddo, non sbagliò, infatti, a portarsi un giubbotto. L'aria era movimentata, ragazzi e ragazze erano sparsi qua e là, e lei si diresse direttamente dentro la scuola. Anche i corridoi erano strapieni, sembrava che non sapesse che quella fosse una scuola. Notò subito i soliti gruppi: le galline starnazzanti che si comportavano da dive, il gruppo dei fighi con il loro leader, e i cosiddetti secchioni. Aveva sempre odiato questo tipo di divisioni, la reputava una cosa al quanto triste.
Camminava spaesata, cercando l'aula dove avrebbe trascorso la giornata se non tutto l'anno, e sotto il suono della campanella la trovò. Entrò, ma c'erano giusto due o tre persone dentro. Si sedette all'ultimo banco.
«Hey, perché non ti siedi qui?» era una voce femminile.
Si voltò, era una ragazza con i capelli castani scuri, la frangia che aveva le copriva leggermente un occhio, e aveva un volto simpatico.
«A me?» rispose Hayley.
«Sì, vieni!» esclamò la ragazza, facendole segno con le mani.
Si alzò prendendo la borsa che aveva poggiato poco prima sul banco, e si sedette vicino alla ragazza.
«Ciao! Sono Andy.» disse la ragazza, porgendole la mano.
«Piacere, io sono Hayley.» rispose lei ricambiando il gesto.
«Sei nuova?» le domandò mentre entravano sempre più ragazzi nell'aula.
«Beh, mi sono trasferita da poco.» rispose Hayley. «Com'è scuola qui?» continuò.
«Diciamo che io non ho frequentato scuola per diversi anni, ma per quelli che ci sono stata, questa scuola non è niente male, tranquilla.»
Hayley annuiva pensando che quindi poteva stare davvero tranquilla per quanto riguardasse la scuola.
«Anche se devi sapere sempre con chi hai a che fare.» continuò Andy.
«In che senso?» le chiese inarcando le sopracciglia.
«Proprio questo.»
La breve conversazione si fermò a quel punto perché entrambe videro entrare un professore; alto, robusto e con degli enormi baffi.
La classe era ormai piena, parlavano tutti con i propri compagni, e non sembrava male.
«Buon giorno.» esclamò il professore. «Ah, bene, vedo vecchi ritorni e nuovi volti presenti oggi.»
Iniziò a fare l'appello, e nel durante una ragazza con aria altamente antipatica, con una maglia azzurra che non era scollata, ma di più, dei tacchi vertiginosi dello stesso colore della maglia, e con dei capelli biondi, aprì di colpo la porta interrompendo il tutto.
«Buon giorno professore!» esclamò la ragazza con una voce al quanto fastidiosa per le 8.15 della mattina.
«Katrina.» si sentì sussurrare all'orecchio da Andy. «Bella, stupida, e perfida. Tanto per descriverla in soli tre aggettivi.» 
«Perfetto.» sfiatò.
«Si segga signorina.» esclamò il professore guardando la ragazza.
La ragazza si diresse al suo banco ancora con quell'aria da diva di Hollywood, Hayley non credeva che la ragazza sapesse di stare a scuola oppure no.
Fortunatamente, il professore iniziò la sua lezione, e dopo appello e ritardi, erano appena le 8.30.
Hayley ascoltava con attenzione ogni ora che passava e quindi ogni lezione che seguiva, fin quando il suono della campanella della terza ora non svuotò l'intera classe.
 
Hayley ed Andy camminavamo normalmente per i corridoi.
«La vedi quella?» le domandò Andy indicandole la ragazza con gli occhi.
«Sì, è in classe con noi. Come hai detto che si chiama?» rispose grattandosi la nuca.
«Sì, Katrina.» rispose. «Beh, lei e il suo gruppo di amiche si sentono le migliori e si comportano da tali, come puoi ben vedere. Ti consiglio solo di starle alla larga.» continuò.
Hayley vedeva negli occhi di Andy molta rabbia mentre le parlava di Katrina e le sue amiche.
«Vengo a scuola per studiare Andy, non per altro.» 
«Anch’io..» sfiatò Andy sembrandole quasi perplessa. 
Hayley ebbe la sensazione che le successe qualcosa in passato, qualcosa che riguardasse la scuola magari, o forse era solo una semplice impressione. Sentiva comunque che era una persona vera.
«Come?» le chiese Hayley facendo finta di non aver capito, come per tirarle fuori dalla bocca altre parole.
«No, niente niente.» affrettò. «Tu quanti anni hai, Hayley?»
«Diciotto, quasi diciannove, tu?» 
«Io diciannove. Hai anche tu qualche anno arretrato, quindi?»
«Sì.» 
«E come mai?»
Hayley guardò per un attimo altrove.
«No, casini di famiglia.» mentì. Non sapeva l'esatto motivo per cui lo fece, agì semplicemente d'istinto.
E mentre stavano parlando, qualcuno si cimentò su Hayley facendola cadere. Capì solo che era un ragazzo in quel momento.
«Brutto stronzo!» quasi urlò lei da terra, mentre sentiva delle mani che cercavano di aiutarla. «Lasciami!»
Hayley cominciò a focalizzare solo in quel momento, ormai in piedi. Vedeva Andy vicino a lei, e un gruppo di ragazzi davanti.
«Hey, hey, hey!» esclamò il ragazzo che l'aveva appena fatta cadere tenendola ancora per le spalle. «Sei viva?» quasi ironizzò.
«Lasciami ho detto!» esclamò Hayley indicando al ragazzo le sue mani con gli occhi. Era furiosa, e lo era più per l'atteggiamento del ragazzo che sembrava ironizzare un po' troppo per i suoi gusti.
«Fatto.» rispose il ragazzo stendendosi la felpa oversize nera che aveva addosso, prima di quel momento Hayley avrebbe giurato di non aver mai visto un ragazzo che se la tirasse così tanto e in quel modo. «E ora?» continuò il ragazzo abbozzando un sorriso quasi malizioso.
«Ora?» Hayley finse un sorriso. «Ciao.» continuò scandendo bene la parola.
Prese il braccio di Andy e andarono via, facendosi spazio tra i ragazzi.
«Niente male, prima d'ora nessuno l'avrebbe mai fatto.» si sentì dire da Andy.
«Fare cosa?»
«Quello che hai appena fatto!»
«Parli della figura di merda?!» Hayley la guardò stranita per un attimo, mentre camminavano ancora. 
«Cazzo no. Quello era Tom!» rispose. 
Hayley la guardò interrogativa.
«Tom, Tom Kaulitz!» ribatté.
«E chi cazzo è?!» rispose Hayley riguardandola nello stesso e identico modo di pochi istanti prima. «Ti ricordo che oggi è il mio primo giorno qui, e già mi è bastato.»
«E' solo il ragazzo più gettonato, più bello, più figo, il più e basta, dell'intera scuola!»
«Oh, peccato, e sai che c'è?!» rispose.
«Cosa?»
«Che forse non me ne frega un cazzo.»
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: _Key