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Autore: MizzGreen93    16/03/2011    2 recensioni
Ho sempre avuto una passione insana per il sangue: ciò mi portava di conseguenza ad adorare i vampiri, ad osservare quasi ammaliata il sangue che sgorgava delle mie costanti ferite ed altri avvenimenti che hanno procurato una costante preoccupazione in mia madre e il soprannome di "Bloody Nic" dai miei amici.
Il mio nome è Nicole, ho 17 anni e con queste parole voglio inaugurare il mio diario che rappresenterà il capolinea della mia adolescenza.
Mia prima Fic originale! Si accettanto critiche e commenti ovviamente. Per ora lascio questo rating ma forse in futuro cambierà, dipende da come indirizzerò la Fic. ;)
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Allora, prima del capitolo vorrei dare qualche precisazione: innanzitutto è mia abitudine rispondere alle recensioni nei capitoli successivi, mi pare che così si crea, non so, un rapporto più particolare. O_o Quindi, se vedete che non vi rispondo non è maleducazione ma semplicemente abitudine. XD
Passiamo alle cose importanti:
@Titty1194: grazie mille per la tua recensione! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto e che non ti abbia delusa! :)
@Wolfeyes: grazie anche a te per la recensione, mi fa piacere che la storia piaccia! Spero di non deludervi! ;)
Bon, vi lascio al capitolo (che stavolta è abbastanza lunghetto), grazie a voi e grazie anche a chi legge e magari non recensisce.


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Feci salire la zip del vestito nero che avevo scelto per quella sera e guardai l’effetto nello specchio: il tubino con una sola spallina scendeva stretto sino a metà coscia, fasciandomi delicatamente il corpo e mettendo in risalto tutte le mie morbide e pronunciate curve. Ero sexy. Dannatamente sexy.
“Merda” esclamai togliendo furiosamente il vestito e scaraventandolo sul letto. Per una sera volevo essere normale, volevo divertirmi senza dovermi subire le facce sbavanti dei classici “morti di figa” o altri deficienti che ci provano con battute stupide. Restai in culotte e reggiseno fissando il riflesso del mio copro candito e seminudo nello specchio: possibile che ero schiava della mia bellezza?
“Nic hai intenzione di muoverti o per caso preferiresti un po’ di privacy così continui a farti le seghe mentali sul tuo corpo?”
Sobbalzai: era Marcy.
Mi girai verso di lei.
“Marcy io non so che cazzo mettermi, io…”
“Nic, ti prego, ancora una delle tue crisi riguardo il tuo copro? Le ragazze di solito piagnucolano perché sono brutte, grasse, basse, piatte… roba così, insomma! E poi… DIO, NIC, CHE HAI FATTO ALLE TETTE?!”
La vidi avvicinarsi con gli occhi sgranati verso il mio decolté che d’istinto coprii con le mani.
“Marcy, cosa vuoi ci abbia fatto, nulla!”
“Ma stocazzo, non le vedi traboccano dal reggiseno! Ti ci vuole una quarta mia cara!”
“Ma taci” le dissi spingendola via “Piuttosto, cosa dovrei mettermi? Il vestito nero mi pare troppo elegante, tu che dici?”
“Bon, prendi spunto da me. Aaah, perché io sono ferma alla seconda da quando avevo quindici anni?!” piagnucolò.
La osservai: Marcy non si preoccupava molto del vestiario, qualunque cosa indossava, dai vestiti eleganti cortissimi agli abiti monacali, sembrava sempre una ragazzina frizzante di sedici anni, benché ne avesse compiuto 20 da due mesi. Forse era per i suoi capelli rossi, ricci e indisciplinati. Forse era per le lentiggini e quei pochi brufoletti che le costellavano il viso di tanto in tanto. O forse era per il suo fisico minuto e la sua statura non altissima. Non sapevo di preciso cosa rendeva Marcy l’animatrice delle feste, la classica amicona dei maschi ma sapevo che era un qualcosa di cui io ero sprovvista e che mi mancava da morire. In quel momento indossava un vestito verde mela largo lungo fino al ginocchio che lei aveva accorciato fino a metà coscia mettendoci una cintura marrone e sbuffandolo e ai piedi aveva delle decolté color biscotto e vari accessori colorati sparsi per tutto il corpo. E’ forse assurdo dire che la invidiavo?
“Il vestito vorrei evitarlo” sorrisi debolmente.
“Beh, allora inventati qualcosa e alla svelta, i ragazzi sono giù ad aspettarci in auto”
Dieci minuti più tardi eravamo in macchina diretti al locale della “supermegafesta di quel bonazzo di Marco”, parole di Marcy, ovviamente.
Alla fine avevo optato per un jeans stretto e strappato sulle cosce, una canotta bianca decorata con le mie solite cascate di collane e delle decolté nere. A dare un po’ di colore al tutto ci aveva pensato la mia giacca rossa di pelle.
Coso quella sera era più insopportabile del solito. Almeno per me dal momento che il soggetto delle conversazioni ero sempre io e il mio copro. Anzi, quella sera avevamo come ospiti speciali le mie tette.
“Coso, non trovi che siano cresciute?” disse Marcy dal posto affianco al guidatore sporgendo la sua mano destra che mi palpò a tradimento.
“Dio, Nic, è vero! Le annaffi di notte per caso?!”
“Coso, per Dio, guarda davanti e pensa a guidare e alle tette di tua sorella, soprattutto” sbuffai. Quei commenti mi facevano sorridere ma da un’altra parte mi infastidivano davvero. Sapevo che scherzavano ma il dover subire lo stesso trattamento nella realtà mi aveva portato ad una sorta di intolleranza nei confronti di quel tipo di scherzo.
“Come faccio a guidare se le tue ziette mi implorano di guardarle? E non solo… Mike e tu che ne pensi?”
“Che dovreste piantarla.” Ecco. Penso che molti ragazzi al giorno d’oggi dovrebbero prendere esempio da Mike, il taciturno della compagnia. I suoi occhi scuri color nocciola erano severi e fissi sul sediolino davanti. Era un tipo di poche parole, lo chiamavamo “l’orso bruno” anche se di aggressività in lui non vi era affatto, si trattava di una corazza, un guscio che proteggeva la sua indole buona, forse eccessivamente buona.
“Ma che tipi noiosi” Coso roteò gli occhi “Siamo arrivati, allegra gioventù.”
Scendemmo dall’auto ed entrammo nel locale dove immediatamente fummo colpiti dalle luci colorate e psichedeliche e dall’house sparata a palla nelle casse.
I ragazzi si lanciavano in movenze strambe mentre ballavano in pista. Osservai sconvolta uno che si dimenava a terra, affermando che stava nuotando e un altro che sbraitava ai tizi che ballavano poiché questi non volevano “prenderlo”.
Coso intanto già si era lanciato in pista in strambe acrobazie limonando con tutte quelle che si trovavano nel suo raggio d’azione, belle o brutte che fossero, Mike era uscito fuori a fumare mentre Marcy cercava di telefonare a Marco per capire dove fosse, riuscendoci solo dopo qualche minuto di imprecazioni.
“Nic, Marco ha detto di andare al bancone del bar ci raggiunge lì”
“Ok” dissi debolmente “Per sopportare questa serata ho bisogno di un po’ d’alcool”
Ci avviamo tra la folla schiamazzante verso il bancone.Camminavo svelta con Marcy alle calcagna, scaraventando all’aria i tipi ubriachi che mi capitavano a tiro senza farmi troppi problemi, così riuscimmo ad arrivare al bar sane e salve.
Passai la serata a bere al bar bevendo tequila e annoiandomi: Marcy era impegnata a pomiciare con Marco, un tipo incredibilmente stupido a mio avviso, di Coso ormai avevo perso le tracce e Mark anche, l’unico forse che avrebbe potuto tirarmi su era sparito chissà dove. La tristezza mi avvolse all’improvviso, mi sentii all’improvviso sola, abbandonata, con il desiderio di possedere anche io una presenza maschile che mi riempisse di coccole e affetto, si trattava di un bisogno che il mio carattere freddo e apatico non lasciava trapelare ma di cui sentivo una forte necessità. I miei occhi vitrei cominciavano ad annebbiarsi, riempiendosi di lacrime che non volevo accettare e che cercavo di rimandare indietro: riuscii a domare la maggior parte ma l’ultima mi tradì scivolando rapida nel bicchiere di tequila. Asciugai la guancia e l’occhio rapidamente, stando attenta al trucco e mi guardai intorno per constatare se qualcuno mi avesse vista. Fu allora che lo vidi: seduto dall’altra parte del tavolo, un ragazzo dalla carnagione mediterranea ed i capelli castani mi fissava insistentemente con i suoi occhi verdi di gatto. Scostai imbarazzata lo sguardo, concentrandolo sul mio bicchiere lanciandogli di tanto intanto delle occhiate con la coda dell’occhio e arrossendo ogni volta poiché mi accorsi che era proprio me che guardava. Stetti per una decina di secondi a riflettere su ciò che avrei dovuto fare: i miei bisogni, i miei nuovi istinti si ribellavano alla mia natura, il mio cuore, per una volta, cercava di scindersi dall’intelletto, all’interno del mio copro stava avvenendo una battaglia che si manifestava con sudore, rossore e sbuffi. Decisi che era giunta l’ora di cacciare le palle, di cercare di ottenere ciò che la mia mente in diciotto anni mi aveva negato. Lentamente alzai la testa, fissai i miei occhi in quelli felini dell’affascinante sconosciuto e, serrando le labbra, abbozzai un sorriso che venne immediatamente ricambiato in maniera provocatoria, facendomi battere il cuore a mille. Il ragazzo senza staccare i suoi occhi da me disse qualcosa al cameriere che annuendo corse via per poi tornare con un foglietto ed una biro. Lo sconosciuto prese la penna e gettò qualcosa sul foglio alternando gli sguardi profondi diretti a me a quelli distratti diretti al foglio. Lo vidi alzarsi con il foglietto e lanciarmi continui sguardi come per dirmi “seguimi” ed io, obbediente, così feci. Lo vidi arrestarsi verso i divanetti, voltarsi verso di me, che gli stavo di fronte a qualche metro di distanza e sollevare tra i vari giubbotti sparsi sul divano una giacca: la mia. Stavo per avanzare verso di lui quando la voce di Marcy richiamò la mia attenzione.
“Nic! Niiiiiiiic! Corri qui, presto!”
Allarmata, corsi verso Marcy, dimenticandomi del tizio.
“Che è successo?!” Chiesi.
“Hihihihihi Niiic, o bella Nic!”
Marcy mi si lanciò incontro baciandomi a stampo: era ubriaca fradicia.
“Marcy tu stai male… andiamo a casa”
“Noooo devo presentarti Luigi! Luigi, lei è Nic, la mia amica bona”
“Piacere” disse un ragazzo alto e castano, venendo verso di me “La tua amica non scherzava quando diceva che eri favolosa… e nemmeno io scherzo quando voglio qualcosa, non perdo tempo, vado subito al sodo” aggiunse ammiccando.
“Bene, nemmeno io, quindi vado subito al sodo: nemmeno a me piace perdere tempo e soprattutto non ho intenzione di perderlo con te!” Urlai e trascinandomi dietro Marcy mi avviai verso la pista dove Coso stava pomiciando con una ragazza di colore.
Mike non fu difficile da recuperare, era a dormire su un divanetto. Mettere il cappotto a Marcy e convincerla ad andare fu invece un problema poiché scoppiò a piangere ma alla fine Mike se la caricò in spalla e la portò nella macchina.
Tornai a casa alle tre di notte passate, mia madre si era anche dimenticata che ero uscita, forse, poiché era a dormire. Mi spogliai velocemente e mi infilai nel letto immediatamente. Stavo per addormentarmi quando il pensiero del ragazzo misterioso riaffiorò selvaggiamente nella mia mente, facendo percorrere il mio copro da piccoli brividi che non sapevo spiegarmi. Ricordai che stava armeggiando con la mia giacca l’ultima volta che lo vidi, perciò saltai dal letto, accesi il lume sul mio comodino, presi la giacca e frugai nelle tasche. Nella tasca sinistra non v’era nulla ma in quella destra un foglietto piegato tre volte, lo aprii e lessi:
 
"Viens-tu du ciel profond ou sors-tu de l'abîme,
Ô Beauté ! ton regard, infernal et divin,
Verse confusément le bienfait et le crime,
Et l'on peut pour cela te comparer au vin."
 
Si trattava dell’ “Hymne à la beauté” di Boudelaire. Posai il foglietto nel cassetto, nascondendolo sotto una mia agenda. Spensi il lume e mi rimisi al letto. Quasi senza rendermene conto, sorrisi nell’oscurità. Un sorriso che credevo avrebbe anticipato felicità. Un sorriso che invece preannunciava la mia fine.

 

  
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