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Autore: MiseryandValerieVolturi    19/03/2011    2 recensioni
[BellaXEdward]
Per la seconda volta, Edward se ne va. Perché? Cosa lo spinge ad abbandonare Bella e Renesmee?
Bella, distrutta e decisa a non rimanere a Forks, si trasferisce in Alaska ... ma non è tutto come sembra.
Dal primo capitolo:
Iniziò a leggere “So quello che pensi Bella, ma non è così: non vi ho abbandonate, e non ho intenzione di farlo per nessuna ragione al mondo …” si fermò quando si accorse che le lacrime iniziarono a cadermi leggere sulle guance e sospirò “… ho dovuto farlo, perdonami. Voglio che vi prendiate cura di voi, continuando a fare quello che avreste fatto con me al vostro fianco; senza fare stupidaggini Bella, promettimelo questa volta. Tornerò prima o poi, ve lo giuro. Vi lascio questi due cuori, nella speranza che vi possano aiutare a ricordarmi, vi amo. Edward”.
Dal terzo capitolo:
Ero alla ricerca delle parole giuste, di certo non potevo esprimere quello che avevo appena pensato.
“Niente, niente di grave” mentii “Abbiamo deciso di trasferirci”
Dal capitolo dieci:
“Va tutto bene” una voce calda e bassa mi risvegliò, suadente. Era famigliare, quanto il profumo che mi avvolse assieme alle sue braccia. Il freddo si sostituì al sintetico calore di una coperta di pile. Un solo nome, ora, soffiava dalle mie labbra.
“Edward …” mormorai. L’unica risposta fu un bacio a fior di labbra. Lo immaginai sorridere, dietro di me.
“Niente più brutti sogni” mi sussurrò, cullandomi.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward, Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Cosa dire? E' un capitolo davvero importantissimo, chiarirà un mucchio di cose e ... beh, ci saranno dei ritorni ** E' stato scritto da Vale, e anche lei annuncia di essersi commossa, durante la stesura.
Vi ringraziamo infinitamente, voi che ci seguite sempre e ci fate tanto felici con le vostre recensioni :)

Siete le migliori lettrici che si possa immaginare!

Vi lascio al tanto agognato capitole, care <3
Misery


Wait me
Aspettami

-Paura della Realtà-


Spensi il computer sulla mia scrivania.

Appoggiai la testa sulla poltrona e chiusi gli occhi.

Strinsi saldamente tra le mani i braccioli, per evitare che il ricordo mi fregasse di nuovo.

Sapevo che non mi avrebbe fatto bene, ma ne sentivo la necessità.

Avevo voglia di ricordare, ogni minimo particolare.

La mia paura, fondata, di poterlo dimenticare era il mio più grande incubo.

Ogni giorno che passava il suo volto nella mia mente si faceva sempre più sfocato e l’unica cosa che riusciva a calmarmi era ricordarlo .  

Avevo paura che il ricordo svanisse e che un giorno avessi potuto svegliarmi senza saper più riconoscere il suo viso.

Al contrario, il suo odore e il suo tocco mi rimanevano perfettamente chiari, soprattutto dopo l’ultima volta.

 

 

Qualcuno dal profumo esageratamente famigliare mi raggiunse a velocità inumana e posò le sue labbra sulle mie.

Poi, scomparve.

Si allontanò con talmente tanta velocità che dovetti reggermi allo stipite della porta per non cadere a terra.

Per un primo momento rimasi sbalordita.

Si, forse avevo sognato e lo studio mi stava veramente dando alla testa. Si, ero pazza. Ne ero convinta da un bel po’ di tempo ormai.

Quando trovai di nuovo l’equilibrio mi staccai dalla porta e solo allora capii che non si trattava di un sogno o di pazzia, ma della pura verità.

Mi girai di spalle e vidi due ragazze nel corridoio della scuola camminare con dei libri sotto il braccio.

Segno che mi trovavo ancora a scuola e che non ero stata rapita dagli alieni.

Mi girai nuovamente verso la stanza buia, e fu in quel momento che risentii più forte lo stesso odore di prima, e questa volta lo riconobbi.

Lasciai la presa sui miei quaderni che caddero a terra rumorosamente.

“Edward?” quasi urlai entrando dentro la stanza buia e accendendo la luce.

“Edward” ripetei a voce più bassa quando notai al centro della stanza un pianoforte, nero.

Mi avvicinai e iniziai ad accarezzare i tasti del pianoforte delicatamente.

Tutto quadrava, sapevo che non mi stavo sbagliando.

“Claire de Lune”, pianoforte e il suo odore.

Ormai ne ero convinta. Queste parole mi portavano a pensare ad una sola persona.

Mi sedetti per terra accanto allo sgabello e rimasi lì, immobile.

Ero davvero confusa e non sapevo cosa stesse succedendo.

Ma avevo la certezza che non ci aveva abbandonato e che stava bene, per il momento.

Restava solo che sperare che ritornasse.

“Edward, torna..” sussurrai prima di cadere, questa volta, tra le braccia di Morfeo.

 

Era passato quasi un mese, e non era successo più niente.

Le mie speranze furono inutili perché Edward non si fece più vivo.

E di nuovo saliva il terrore che gli fosse successo qualcosa e che quei segni erano stati un qualcosa per salutarci, per dirci definitivamente addio.

Ogni notte piangevo e gli incubi si facevano sempre più terribili e oscuri con il passare dei giorni.

La mia vita era diversa da quello che riuscivo a far vedere.

Jacob era ormai convinto che mi stessi riprendendo, e Renesmee si rifiutava di chiedere di suo padre. 

Una volta la sentii sussurrare “Ti voglio bene papà” mentre si stendeva sotto le coperte che le aveva regalato lui stesso.

Io facevo finta di dormire e non avevo intenzione di iniziare il discorso se non fosse stata lei a farlo.

Evidentemente, non parlarne, la faceva stare meglio.

Ma ogni sera, io, puntualmente crollavo.

Mi chiudevo in camera e mi sfogavo come potevo, senza rendere partecipi né Nessie, né Jacob.

Non avrei inflitto inutilmente altro dolore.

Per cui me ne stavo rannicchiata sul letto a piangere, piangere e piangere..

Era ormai diventata una cosa normale. Le lacrime erano entrate a far parte involontariamente della mia vita.

E nel mentre le lacrime sgorgavano, il mio cervello si lasciava andare ai ricordi.

 

A scuola ogni cosa andava alla grande, almeno quello.

Avevo conosciuto molte persone veramente gentili.

Ogni tanto Stella mi obbligava ad uscire, ma raramente accettavo.

Diceva che avevo bisogno di svago e che lo shopping è il migliore amico della donna.

Quando pronunciò quella frase mi ritornò in mente Alice.

Non riuscivo a spiegarmi perché legavo sempre con ragazze che avevano la mania delle compere.

Sorrisi ai vecchi ricordi con Alice.

L’avevo sentita per telefono giusto il giorno prima e mi avvertì che prima o poi sarebbero venuti a trovarci.

Non vedevo l’ora, ci mancavano veramente tanto.

“Ehi Bella! Buongiorno” disse entusiasta Stella baciandomi una guancia e sedendosi nel muretto accanto a me.

“Buongiorno Stella” sorrisi appoggiando lo zaino a terra.

“Il bus ritarda oggi?” disse guardando l’orologio.

Scrollai le spalle “in realtà siamo in anticipo di dieci minuti”.

Stella abitava a pochi centinaia di metri da casa mia, diceva. 

Non l’avevo mai vista in zona e solitamente ero io quella che aspettava in anticipo di mezz’ora alla fermata dell’autobus.

“Come mai oggi così presto? Hai aggiustato la sveglia?” chiesi ridendo.

Rispose con una linguaccia e aggiunse “In realtà sono sempre puntale, mia cara” ridacchiò.

Alzai gli occhi al cielo “Si, certo, come no”.

“A proposito” disse “oggi salterò metà lezione di biologia. Domani mi fai copiare gli appunti, vero?”

“Oh, certo. Non ti preoccupare.” Sorrisi. “Perché salti metà lezione?” chiesi curiosa.

Spostò lo sguardo sui suoi piedi “Ehm, beh..si, viene a farmi visita mia madre. Domani mattina deve ripartire..per cui voglio godermi le poche ore che staremo insieme” mi guardò sorridendo.

“Uhm, fai bene! La lezione di oggi non è poi così importante, puoi saltarla tranquillamente. Ti copro io” le feci un occhiolino.

“Grazie, sei un tesoro!”

 “Prego”

Sentii il rumore del autobus avvicinarsi e ci alzammo in piedi. Salimmo le scalette e le porte si chiusero.

“Ehm, mi scusi. Può riaprire?” chiese Stella al conducente.

“Stella, cosa..?!” le domandai.

Appoggiò le mani ai fianchi “Hai dimenticato lo zaino per terra” ridacchiò.

Le porte si riaprirono e scesi a recuperarlo.

Risalii e mi vidi puntato lo sguardo di una quindicina di ragazzi.

Arrossi e corsi a sedermi nel primo posto libero.

Stella fece lo stesso. Si sedette accanto a me e iniziò a ridere “aveva ragione, sei proprio sbadata Bella!”.

“Chi aveva ragione?” chiesi aprendo il finestrino.

Improvvisamente smise di ridere “Ehm..no, no, nessuno. Avevo ragione, sei veramente sbadata!”

“Uh, grazie molte!” dissi e sentii che finalmente non avevo più gli occhi dell’intero bus puntati addosso.

 

Finalmente arrivammo a scuola e scendemmo da quell’autobus pieno di gente.

Ci incamminammo verso la biblioteca.

La lezione di biologia era stata spostata di mezz’ora e non ci rimaneva che aspettare.

Quando finalmente ci avvertirono che stava per iniziare, posammo i vari libri e ci dirigemmo verso l’aula.

“Bella, devo andare. Mia madre è già arrivata. Se mi hanno già visto ci pensi te ad inventarti una scusa vero?”

“Ovvio” sorrisi salutandola. “Ti voglio bene, vai”

“Anche io” scappò velocemente tra i corridoi e in pochi secondi la vidi scomparire.

Per fortuna la lezione non sarebbe durata per molto, non avrei resistito più di un paio di ore senza la compagnia di Stella, ormai ne ero abituata.

Entrai con tutta calma e mi diressi al mio solito banco.

La lezione era iniziata da qualche minuto e molti stavano già prendendo appunti.

Tutto cambiò quando alzando lo sguardo da terra incontrai il suo.

Mi bloccai in mezzo alla stanza. Le mie gambe non reagivano più ai miei comandi e non riuscivo a camminare.

Mi paralizzai.

“Signorina Swan? Tutto bene?” sentii la voce lontana del mio professore.

Mandai giù la saliva che mi era rimasta in gola e annuii.

Lentamente cercai di chiudere gli occhi e di svegliarmi. Immaginavo fosse l’ennesimo incubo.

Ma non lo era. Riaprii gli occhi e lo vidi di nuovo.

Sorrisi e una lacrima di felicità scese dai miei occhi. Fece la stessa cosa e mi sorrise.

Non potevo credere che era davvero tutto reale, che finalmente era tornato ed era a meno di dieci metri di distanza da me.

Non riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi occhi, stranamente verdi.

Mi persi nel suo viso e sorrisi come una cretina per qualche secondo.

L’unica cosa che desideravo era poterlo riavere al mio fianco, poter risentire il suo odore, il suo tocco, una sua carezza..

Iniziarono a ritornarmi in mente varie immagini del nostro passato, di quello che era la mia vita circa due mesi prima.

Altre lacrime sgorgarono dai miei occhi. Ero felice. La prima volta dopo mesi.

Poi, piano, mi avvicinai.

Dovetti appoggiarmi ai vari banchi.

Sentivo che l’equilibrio mi avrebbe abbandonato di lì a poco.

Non staccai mai lo sguardo da lui.

Quando fui abbastanza vicina mi sorrise un’ultima volta e chinò lo sguardo sui suoi appunti riprendendo a scrivere.

Andai a sedermi al mio banco, proprio vicino ad Edward, il banco di Stella.

Posai i libri e lentamente mi misi seduta.

Lo fissai mentre scriveva e prendeva appunti su una lezione vecchissima.

Si comportava come se nulla fosse successo. Alternava lo sguardo tra il professore e il suo quaderno.

Non mi degnò neanche di una parola.

Mi stava facendo impazzire.

Le lacrime continuavano a scendere senza sosta ed iniziai ad asciugarmi il viso con la manica della mia maglia.

Non tirai fuori neanche il mio materiale.

Rimasi per circa dieci minuti a guardarlo come se fossi un fantasma. Ero un’estranea  forse?

Mi appoggiai con la schiena alla sedia e iniziai a contenere le lacrime. 

Chiusi gli occhi e pensai che ero vicino alla persona che amavo e che dovevo sapere. Era arrivato il momento.

Sapevo che se avessi iniziato a parlare, la voce mi si sarebbe fermata in gola.

Aspettai qualche secondo che mi calmassi.

“Edward?” poggiai la mia mano sulla sua spalla per farlo voltare nella mia direzione.

Niente.

Il mio tocco sembrava non avergli provocato nessun effetto.

 Mi ignorò, o forse neanche ci fece caso. Cosa poco probabile.

Cambiò quaderno ed iniziò a scrivere anche su quello.

“Edward, ti prego dimmi qualcosa. Ti prego” sussurrai piano per non farmi sentire dal resto dell’aula.

Lo vidi fermarsi di scrivere.

Girò di scatto la testa e mi guardò negli occhi. Sorrise.

Mi sciolsi in quello sguardo e lo assecondai con il suo stesso gesto.

Lo guardai negli occhi.

Fui presa da un attacco di odio nei suoi confronti.

Mi stava prendendo in giro? Perché non parlava?

Perché faceva finta che non esistessi e mi degnava solamente di sorrisi?

“Dì qualcosa, Edward. Cosa sta succedendo?”

Scosse il capo e tornò di nuovo sui suoi libri.

Le lacrime che per qualche minuto erano cessate, ricominciarono ad inondarmi gli occhi.

Sentivo mancare l’aria e faticavo a respirare. Iniziai a vedere sfocato e la testa iniziò a martellare.

“Edward..” tutto intorno a me iniziava a girare.

Dovetti reggermi saldamente al banco per non rischiare di cadere dalla sedia.

Appoggiai la testa tra le braccia incrociate sul banco ed iniziai a perdere conoscenza.

I rumori e le voci erano ormai lontani. Volevo scomparire.

Desideravo la mia vita. Non potevo credere che fosse realtà, dovevo svegliarmi.

Eppure ero cosciente che era tutt’altro che un sogno, ma la verità.

I singhiozzi iniziarono ad alternarsi tra i respiri affannosi e cercai di non essere notata. Mi tappai la bocca e chiusi gli occhi.

Volevo, si, uscire da quell’incubo, ma rimanevo attaccata alla realtà.

Desideravo scomparire. Avrei voluto essere dall’altra parte del mondo.

“Mi scusi, credo non si senta molto bene. Posso portarla in infermeria?” sentii la sua voce.

Fu come se avessi visto la luce per la prima volta.

Quella voce, quella soffice voce che tanto avevo sperato di non dimenticare.

Finalmente la risentii, dopo un periodo di tempo che sembravano essere anni.

Non riuscivo a muovermi. Avrei voluto alzare la testa e guardarlo, di nuovo, ma il mio corpo non me lo permetteva.

“Si,vai Edward” la voce di un uomo. Si, forse il professore.

Malgrado desiderassi sparire, restavo comunque legata alla realtà.

Da quel momento, però, non capii più nulla.

Sentii delle braccia sollevarmi, le sue braccia, e stringermi forte.

Il suo profumo, ora, mi stava dando alla testa. La sua pelle al contatto con la mia..mi fece rabbrividire.

Non riuscivo ad aprire gli occhi, ma cercai di godermi il momento. Ero di nuovo tra le sue braccia.

Probabilmente fu di nuovo il professore a parlare “Facci sapere se è tutto apposto dopo. Ok?”

“Certo” sentii il suo passo farsi più veloce.

Ripresi a respirare.

L’aria fresca e pulita riusciva a farmi sentire meglio, sebbene fossi ancora senza forze.

Sarei potuta rimanere in quel modo per sempre. Era ciò che desideravo.

La sua presa era forte ed ero letteralmente attaccata al suo petto.

Provai, con qualche tentativo, di riaprire gli occhi. Dopo un po’ ci riuscii.

Vidi di nuovo il suo volto, questa volta molto più vicino.

Mi sembrava che non l’avessi mai osservato così attentamente.

E poi, i suoi occhi, fissi in una sola direzione.

Avrei potuto iniziare a parlare, forse era il momento buono, ma avrei rovinato tutto.

Il suo passo iniziò a rallentare. Si fermò e si mise seduto a terra all’entrata della scuola.

Mi teneva ancora salda tra le sue braccia, e data la forza, non avrebbe sciolto l’abbraccio.

Sentivo il suo sguardo fisso su di me, ma non riuscivo a vederlo, era alle mie spalle.

Mi scostò una ciocca di capelli “Bella, stai bene?”

In quel momento uscì la parte più acida di me stessa.

Per quanto lo amassi e per quanto ero felice di averlo di nuovo al mio fianco, mi stava facendo impazzire con il suo comportamento.

“Credi che stia bene?” risposi continuando a guardare in basso, cercando di tenere gli occhi aperti.

“Lo spero” disse a bassa voce quasi sospirando.

Scossi la testa. ‘Si, sto bene, Edward’ avrei voluto rispondere ‘sto bene se tu sei al mio fianco’. Non lo feci.

Lasciai che fosse lui a continuare.

Davvero non sapevo proprio cosa stava succedendo, e forse non avrei voluto saperlo mai.

Lo sentii sospirare forte.

Continuando a tenermi tra le sue braccia, afferrò un volantino scolastico per terra.

Iniziò a scrivere.

Riuscii a vedere solo la sua mano muoversi. Non avevo il coraggio di girarmi e guardarlo di nuovo negli occhi.

Lo vidi sporgersi con la testa sulla mia spalla e posarmi un foglio tra le mani: Scusa per prima. Jane ci ascolta, non posso parlare ora.

Mi girai di scatto, senza pensare. Lo guardai corrugando la fronte.

Alzò le spalle e scosse la testa.

Ero stata talmente stupida a non pensare ai Volturi, già.

In realtà avevo considerato l’opzione, e non era mai stata scartata. Pensavo però che fosse una cosa passata.

Per quale motivo ... cosa c’entravano i Volturi?

Ok, prima o poi l’avrei saputo, ma evidentemente non era il momento giusto.

Mi sentivo sollevata dal comportamento di Edward, avvertivo di nuovo la sua vicinanza.

Ora, non se ne sarebbe andato. Avrei fatto di tutto per non premetterlo.

Non avrebbe dovuto più nascondermi niente, ma nello stesso tempo avevo paura.

Paura della realtà, si.

Mi guardò e per la prima volta posò una mano sulla mia guancia e mi accarezzò.

Sorrisi e probabilmente arrossii.

Mi tolse velocemente il foglio dalle mani e riprese a scrivere: Ti amo.

Sentivo di nuovo gli occhi pungere dalle lacrime. Difatti ne scese un’altra. Abbassai lo sguardo per nasconderla.

Con le sue mani mi sollevò il mento e mi asciugò una lacrima.

Aprii gli occhi e lo abbracciai forte.

Delicatamente posò le sue labbra sulle mie e sentii che la vera Bella di sempre era finalmente tornata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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