Cosa
dire? E' un capitolo davvero importantissimo, chiarirà un
mucchio di cose e ... beh, ci saranno dei ritorni ** E' stato scritto
da Vale, e anche lei annuncia di essersi commossa, durante la stesura.
Vi ringraziamo infinitamente, voi che ci seguite sempre e ci fate tanto
felici con le vostre recensioni :)
Siete le migliori lettrici che si possa immaginare!
Vi lascio al tanto agognato capitole, care <3Misery
Aspettami
-Paura della Realtà-
Spensi il
computer sulla mia scrivania.
Appoggiai la testa sulla poltrona e chiusi gli occhi.
Strinsi saldamente tra le mani i braccioli, per evitare che il ricordo mi fregasse di nuovo.
Sapevo che non mi avrebbe fatto bene, ma ne sentivo la necessità.
Avevo voglia di ricordare, ogni minimo particolare.
La mia paura,
fondata, di poterlo dimenticare
era il mio più grande incubo.
Ogni giorno che
passava il suo volto nella
mia mente si faceva sempre più sfocato e
l’unica cosa che riusciva a
calmarmi era
ricordarlo .
Avevo paura che il
ricordo svanisse e che un
giorno avessi potuto svegliarmi senza saper più riconoscere
il suo viso.
Al contrario, il suo
odore e il suo tocco mi
rimanevano perfettamente chiari, soprattutto dopo l’ultima
volta.
Qualcuno
dal profumo esageratamente famigliare mi
raggiunse a velocità inumana e posò le sue labbra
sulle mie.
Poi,
scomparve.
Si
allontanò con talmente tanta velocità che dovetti
reggermi allo stipite della
porta per non cadere a terra.
Per un primo
momento rimasi
sbalordita.
Si, forse avevo
sognato e lo studio mi
stava veramente dando alla testa. Si, ero pazza. Ne ero convinta da un
bel po’
di tempo ormai.
Quando trovai di
nuovo l’equilibrio mi
staccai dalla porta e solo allora capii che non si trattava di un sogno
o di
pazzia, ma della pura verità.
Mi girai di
spalle e vidi due ragazze
nel corridoio della scuola camminare con dei libri sotto il braccio.
Segno che mi
trovavo ancora a scuola e
che non ero stata rapita dagli alieni.
Mi girai
nuovamente verso la stanza
buia, e fu in quel momento che risentii più forte lo stesso
odore di prima, e
questa volta lo riconobbi.
Lasciai la presa
sui miei quaderni che
caddero a terra rumorosamente.
“Edward?”
quasi urlai entrando dentro
la stanza buia e accendendo la luce.
“Edward”
ripetei a voce più bassa
quando notai al centro della stanza un pianoforte, nero.
Mi avvicinai e
iniziai ad accarezzare
i tasti del pianoforte delicatamente.
Tutto quadrava,
sapevo che non mi
stavo sbagliando.
“Claire
de Lune”, pianoforte e il suo odore.
Ormai ne ero
convinta. Queste parole
mi portavano a pensare ad una sola persona.
Mi sedetti per
terra accanto allo
sgabello e rimasi lì, immobile.
Ero davvero
confusa e non sapevo cosa
stesse succedendo.
Ma avevo la
certezza che non ci aveva abbandonato
e che stava bene, per il momento.
Restava solo che
sperare che ritornasse.
“Edward,
torna..” sussurrai prima di
cadere, questa volta, tra le braccia di Morfeo.
Era
passato quasi un mese, e non era successo più niente.
Le mie
speranze furono inutili perché Edward non si fece
più vivo.
E di nuovo
saliva il terrore che gli fosse successo qualcosa e che quei segni
erano stati
un qualcosa per salutarci, per dirci definitivamente addio.
Ogni notte
piangevo e gli incubi si facevano sempre più terribili e
oscuri con il passare
dei giorni.
La mia
vita era diversa da quello che riuscivo a far vedere.
Jacob era
ormai convinto che mi stessi riprendendo, e Renesmee si rifiutava di
chiedere di
suo padre.
Una volta
la sentii sussurrare “Ti voglio bene
papà” mentre si stendeva sotto le coperte
che le aveva regalato lui stesso.
Io facevo
finta di dormire e non avevo intenzione di iniziare il discorso se non
fosse
stata lei a farlo.
Evidentemente,
non parlarne, la faceva stare meglio.
Ma ogni
sera, io, puntualmente crollavo.
Mi
chiudevo in camera e mi sfogavo come potevo, senza rendere partecipi
né Nessie,
né Jacob.
Non avrei
inflitto inutilmente altro dolore.
Per cui me
ne stavo rannicchiata sul letto a piangere, piangere e piangere..
Era ormai
diventata una cosa normale. Le lacrime erano entrate a far parte
involontariamente della mia vita.
E nel
mentre le lacrime sgorgavano, il mio cervello si lasciava andare ai
ricordi.
A scuola
ogni cosa andava alla grande, almeno quello.
Avevo
conosciuto molte persone veramente gentili.
Ogni tanto
Stella mi obbligava ad uscire, ma raramente accettavo.
Diceva che
avevo bisogno di svago e che lo shopping è il migliore amico
della donna.
Quando
pronunciò quella frase mi ritornò in mente Alice.
Non
riuscivo a spiegarmi perché legavo sempre con ragazze che
avevano la mania
delle compere.
Sorrisi ai
vecchi ricordi con Alice.
L’avevo
sentita per telefono giusto il giorno prima e mi avvertì che
prima o poi
sarebbero venuti a trovarci.
Non vedevo
l’ora, ci mancavano veramente tanto.
“Ehi Bella!
Buongiorno” disse entusiasta Stella baciandomi una guancia e
sedendosi nel
muretto accanto a me.
“Buongiorno
Stella” sorrisi appoggiando lo zaino a terra.
“Il bus
ritarda oggi?” disse guardando l’orologio.
Scrollai
le spalle “in realtà siamo in anticipo di dieci
minuti”.
Stella
abitava a pochi centinaia di metri da casa mia, diceva.
Non
l’avevo mai vista in zona e solitamente ero io quella che
aspettava in anticipo
di mezz’ora alla fermata dell’autobus.
“Come mai
oggi così presto? Hai aggiustato la sveglia?”
chiesi ridendo.
Rispose
con una linguaccia e aggiunse “In realtà sono
sempre puntale, mia cara”
ridacchiò.
Alzai gli
occhi al cielo “Si, certo, come no”.
“A
proposito” disse “oggi salterò
metà lezione di biologia. Domani mi fai copiare
gli appunti, vero?”
“Oh,
certo. Non ti preoccupare.” Sorrisi.
“Perché salti metà lezione?”
chiesi
curiosa.
Spostò lo
sguardo sui suoi piedi “Ehm, beh..si, viene a farmi visita
mia madre. Domani
mattina deve ripartire..per cui voglio godermi le poche ore che staremo
insieme” mi guardò sorridendo.
“Uhm, fai
bene! La lezione di oggi non è poi così
importante, puoi saltarla
tranquillamente. Ti copro io” le feci un occhiolino.
“Grazie,
sei un tesoro!”
“Prego”
Sentii il
rumore del autobus avvicinarsi e ci alzammo in piedi. Salimmo le
scalette e le
porte si chiusero.
“Ehm, mi
scusi. Può riaprire?” chiese Stella al conducente.
“Stella,
cosa..?!” le domandai.
Appoggiò
le mani ai fianchi “Hai dimenticato lo zaino per
terra” ridacchiò.
Le porte
si riaprirono e scesi a recuperarlo.
Risalii e
mi vidi puntato lo sguardo di una quindicina di ragazzi.
Arrossi e
corsi a sedermi nel primo posto libero.
Stella
fece lo stesso. Si sedette accanto a me e iniziò a ridere
“aveva ragione, sei
proprio sbadata Bella!”.
“Chi aveva
ragione?” chiesi aprendo il finestrino.
Improvvisamente
smise di ridere “Ehm..no, no, nessuno. Avevo ragione,
sei veramente sbadata!”
“Uh,
grazie molte!” dissi e sentii che finalmente non avevo
più gli occhi
dell’intero bus puntati addosso.
Finalmente
arrivammo a scuola e scendemmo da quell’autobus pieno di
gente.
Ci
incamminammo verso la biblioteca.
La lezione
di biologia era stata spostata di mezz’ora e non ci rimaneva
che aspettare.
Quando
finalmente ci avvertirono che stava per iniziare, posammo i vari libri
e ci
dirigemmo verso l’aula.
“Bella,
devo andare. Mia madre è già arrivata. Se mi
hanno già visto ci pensi te ad
inventarti una scusa vero?”
“Ovvio”
sorrisi salutandola. “Ti voglio bene, vai”
“Anche io”
scappò velocemente tra i corridoi e in pochi secondi la vidi
scomparire.
Per
fortuna la lezione non sarebbe durata per molto, non avrei resistito
più di un
paio di ore senza la compagnia di Stella, ormai ne ero abituata.
Entrai con
tutta calma e mi diressi al mio solito banco.
La lezione
era iniziata da qualche minuto e molti stavano già prendendo
appunti.
Tutto
cambiò quando alzando lo sguardo da terra incontrai il suo.
Mi bloccai
in mezzo alla stanza. Le mie gambe non reagivano più ai miei
comandi e non
riuscivo a camminare.
Mi
paralizzai.
“Signorina
Swan? Tutto bene?” sentii la voce lontana del mio professore.
Mandai giù
la saliva che mi era rimasta in gola e annuii.
Lentamente
cercai di chiudere gli occhi e di svegliarmi. Immaginavo fosse
l’ennesimo
incubo.
Ma non lo
era. Riaprii gli occhi e lo vidi di nuovo.
Sorrisi e
una lacrima di felicità scese dai miei occhi. Fece la stessa
cosa e mi sorrise.
Non potevo
credere che era davvero tutto reale, che finalmente era tornato ed era
a meno
di dieci metri di distanza da me.
Non
riuscivo a staccare lo sguardo dai suoi occhi, stranamente verdi.
Mi persi
nel suo viso e sorrisi come una cretina per qualche secondo.
L’unica
cosa che desideravo era poterlo riavere al mio fianco, poter risentire
il suo
odore, il suo tocco, una sua carezza..
Iniziarono
a ritornarmi in mente varie immagini del nostro passato, di quello che
era la
mia vita circa due mesi prima.
Altre
lacrime sgorgarono dai miei occhi. Ero felice. La prima volta dopo mesi.
Poi,
piano, mi avvicinai.
Dovetti
appoggiarmi ai vari banchi.
Sentivo
che l’equilibrio mi avrebbe abbandonato di lì a
poco.
Non
staccai mai lo sguardo da lui.
Quando fui
abbastanza vicina mi sorrise un’ultima volta e
chinò lo sguardo sui suoi
appunti riprendendo a scrivere.
Andai a
sedermi al mio banco, proprio vicino ad Edward, il banco di Stella.
Posai i
libri e lentamente mi misi seduta.
Lo fissai
mentre scriveva e prendeva appunti su una lezione vecchissima.
Si
comportava come se nulla fosse successo. Alternava lo sguardo tra il
professore
e il suo quaderno.
Non mi
degnò neanche di una parola.
Mi stava
facendo impazzire.
Le lacrime
continuavano a scendere senza sosta ed iniziai ad asciugarmi il viso
con la
manica della mia maglia.
Non tirai
fuori neanche il mio materiale.
Rimasi per
circa dieci minuti a guardarlo come se fossi un fantasma. Ero
un’estranea forse?
Mi
appoggiai con la schiena alla sedia e iniziai a contenere le lacrime.
Chiusi gli
occhi e pensai che ero vicino alla persona che amavo e che dovevo
sapere. Era
arrivato il momento.
Sapevo che
se avessi iniziato a parlare, la voce mi si sarebbe fermata in gola.
Aspettai
qualche secondo che mi calmassi.
“Edward?”
poggiai la mia mano sulla sua spalla per farlo voltare nella mia
direzione.
Niente.
Il mio
tocco sembrava non avergli provocato nessun effetto.
Mi
ignorò, o forse neanche ci fece caso. Cosa
poco probabile.
Cambiò
quaderno ed iniziò a scrivere anche su quello.
“Edward,
ti prego dimmi qualcosa. Ti prego” sussurrai piano per non
farmi sentire dal
resto dell’aula.
Lo vidi
fermarsi di scrivere.
Girò di
scatto la testa e mi guardò negli occhi. Sorrise.
Mi sciolsi
in quello sguardo e lo assecondai con il suo stesso gesto.
Lo guardai
negli occhi.
Fui presa
da un attacco di odio nei suoi confronti.
Mi stava
prendendo in giro? Perché non parlava?
Perché
faceva finta che non esistessi e mi degnava solamente di sorrisi?
“Dì
qualcosa, Edward. Cosa sta succedendo?”
Scosse il
capo e tornò di nuovo sui suoi libri.
Le lacrime
che per qualche minuto erano cessate, ricominciarono ad inondarmi gli
occhi.
Sentivo
mancare l’aria e faticavo a respirare. Iniziai a vedere
sfocato e la testa
iniziò a martellare.
“Edward..”
tutto intorno a me iniziava a girare.
Dovetti
reggermi saldamente al banco per non rischiare di cadere dalla sedia.
Appoggiai
la testa tra le braccia incrociate sul banco ed iniziai a perdere
conoscenza.
I rumori e
le voci erano ormai lontani. Volevo scomparire.
Desideravo
la mia vita. Non potevo credere che fosse realtà, dovevo
svegliarmi.
Eppure ero
cosciente che era tutt’altro che un sogno, ma la
verità.
I
singhiozzi iniziarono ad alternarsi tra i respiri affannosi e cercai di
non
essere notata. Mi tappai la bocca e chiusi gli occhi.
Volevo,
si, uscire da quell’incubo, ma rimanevo attaccata alla
realtà.
Desideravo
scomparire. Avrei voluto essere dall’altra parte del mondo.
“Mi scusi,
credo non si senta molto bene. Posso portarla in infermeria?”
sentii la sua
voce.
Fu come se
avessi visto la luce per la prima volta.
Quella
voce, quella soffice voce che tanto avevo sperato di non dimenticare.
Finalmente
la risentii, dopo un periodo di tempo che sembravano essere anni.
Non
riuscivo a muovermi. Avrei voluto alzare la testa e guardarlo, di
nuovo, ma il
mio corpo non me lo permetteva.
“Si,vai
Edward” la voce di un uomo. Si, forse il professore.
Malgrado
desiderassi sparire, restavo comunque legata alla realtà.
Da quel
momento, però, non capii più nulla.
Sentii
delle braccia sollevarmi, le sue braccia, e stringermi forte.
Il suo
profumo, ora, mi stava dando alla testa. La sua pelle al contatto con
la
mia..mi fece rabbrividire.
Non
riuscivo ad aprire gli occhi, ma cercai di godermi il momento. Ero di
nuovo tra
le sue braccia.
Probabilmente
fu di nuovo il professore a parlare “Facci sapere se
è tutto apposto dopo. Ok?”
“Certo”
sentii il suo passo farsi più veloce.
Ripresi a
respirare.
L’aria
fresca e pulita riusciva a farmi sentire meglio, sebbene fossi ancora
senza
forze.
Sarei
potuta rimanere in quel modo per sempre. Era ciò che
desideravo.
La sua
presa era forte ed ero letteralmente attaccata al suo petto.
Provai,
con qualche tentativo, di riaprire gli occhi. Dopo un po’ ci
riuscii.
Vidi di
nuovo il suo volto, questa volta molto più vicino.
Mi
sembrava che non l’avessi mai osservato così
attentamente.
E poi, i
suoi occhi, fissi in una sola direzione.
Avrei
potuto iniziare a parlare, forse era il momento buono, ma avrei
rovinato tutto.
Il suo
passo iniziò a rallentare. Si fermò e si mise
seduto a terra all’entrata della
scuola.
Mi teneva
ancora salda tra le sue braccia, e data la forza, non avrebbe sciolto
l’abbraccio.
Sentivo il
suo sguardo fisso su di me, ma non riuscivo a vederlo, era alle mie
spalle.
Mi scostò
una ciocca di capelli “Bella, stai bene?”
In quel
momento uscì la parte più acida di me stessa.
Per quanto
lo amassi e per quanto ero felice di averlo di nuovo al mio fianco, mi
stava
facendo impazzire con il suo comportamento.
“Credi che
stia bene?” risposi continuando a guardare in basso, cercando
di tenere gli
occhi aperti.
“Lo spero”
disse a bassa voce quasi sospirando.
Scossi la
testa. ‘Si, sto bene, Edward’ avrei voluto
rispondere ‘sto bene se tu sei al
mio fianco’. Non lo feci.
Lasciai
che fosse lui a continuare.
Davvero
non sapevo proprio cosa stava succedendo, e forse non avrei voluto
saperlo mai.
Lo sentii
sospirare forte.
Continuando
a tenermi tra le sue braccia, afferrò un volantino
scolastico per terra.
Iniziò a
scrivere.
Riuscii a
vedere solo la sua mano muoversi. Non avevo il coraggio di girarmi e
guardarlo
di nuovo negli occhi.
Lo vidi
sporgersi con la testa sulla mia spalla e posarmi un foglio tra le
mani: Scusa
per prima. Jane ci ascolta,
non posso parlare ora.
Mi girai
di scatto, senza pensare. Lo guardai corrugando la fronte.
Alzò le
spalle e scosse la testa.
Ero stata
talmente stupida a non pensare ai Volturi, già.
In realtà
avevo considerato l’opzione, e non era mai stata scartata.
Pensavo però che
fosse una cosa passata.
Per quale
motivo ... cosa c’entravano i Volturi?
Ok, prima
o poi l’avrei saputo, ma evidentemente non era il momento
giusto.
Mi sentivo
sollevata dal comportamento di Edward, avvertivo di nuovo la sua
vicinanza.
Ora, non
se ne sarebbe andato. Avrei fatto di tutto per non premetterlo.
Non
avrebbe dovuto più nascondermi niente, ma nello stesso tempo
avevo paura.
Paura
della realtà, si.
Mi guardò
e per la prima volta posò una mano sulla mia guancia e mi
accarezzò.
Sorrisi e
probabilmente arrossii.
Mi tolse
velocemente il foglio dalle mani e riprese a scrivere: Ti amo.
Sentivo di nuovo gli occhi pungere dalle lacrime. Difatti
ne scese un’altra. Abbassai lo sguardo per nasconderla.
Con le sue
mani mi sollevò il mento e mi asciugò una lacrima.
Aprii gli
occhi e lo abbracciai forte.
Delicatamente
posò le sue labbra sulle mie e sentii che la vera Bella di
sempre era
finalmente tornata.