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Autore: MeggyElric___    21/03/2011    6 recensioni
Il seguito della mia ormai conclusa GOLD IN THE BLUE, è ambiantata circa 18 anni dopo.
"Eppure, per quanto segreto e rinchiuso in antiche immagini, ecco che un lume dai riflessi saettanti torna a fare capolino nella mente, ultimo breve ma bruciante graffio a un cuore ormai dolorante.
E una luce, un sole che più non esiste, torna a splendere, come se non si fosse mai estinto. Ed ecco piombare su di lui, e sul suo respiro pesante e saggio, temprato da mille avventure, una pioggia battente colma di rimorsi e parole ormai spente, illuminati da un barlume che pareva troppo lontano per essere raggiunto, ma allo stesso tempo così vicino da poterlo sfiorare, allungando un braccio al cielo, come a tentare di catturare una stella.
Una luce senza tempo."
Spero davvero in un altro successo :) Buona lettura!
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Elric, Nuovo personaggio, Winry Rockbell
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua, nuovamente, dopo una settimana, come promesso!  ^^ *si alzano fischi di disappunto* Bene, a parte tutto sono felice del risultato che ha ottenuto il primo prologo. Ringrazio tantissimo le tre persone che mi hanno lasciato una recensione, oltre naturalmente a tutte quelle che l’hanno solo letto J.

Con questa seconda parte del prologo (non so neanche se è possibile chiamarlo così) noterete che le due parti non sono collegate tra di loro, soprattutto perché tra le due insiste un lasso di tempo piuttosto consistente, ossia quattro anni. Ho deciso di utilizzare un prologo spezzato in tre parti perché avevo bisogno di uno stratagemma per far correre in fretta il tempo, soffermandomi su punti cruciali della vita dei nostri protagonisti.

Ora basta parlare, vi sarete anche stancati della solita noiosa tiritera! Come al solito vi auguro buona lettura e vi chiedo una piccola recensione! ^^

 

 

PROLOGO: TUFFO NELLA MEMORIA (2)

-          Perché quell’idiota sparisce sempre a quest’ora?

Si lamentò Winry, premendo con violenza la spugna ruvida sul piatto ormai lindo che stava lavando, immaginando di trovarsi tra le mani non un semplice oggetto di ceramica qual era, ma l’espressione strafottente del marito.

-          Ah, ma certo. Scappa quando ci sono da fare i lavori di casa!

Continuò a borbottare, risciacquando l’ennesimo bicchiere e posandolo forse con troppo intensamente sul piano della cucina lì accanto. Sbuffò insoddisfatta, maledicendo il fatto di possedere così tanta pazienza e di aver promesso al medico di famiglia di non lanciare mai più chiavi inglesi dirette alla testa del povero ex alchimista.

-          Vero, Ed?!

Nessuna risposta, come sospettava. Si mordicchiò le labbra, irritata, mentre toglieva il tappo dal lavandino e lasciava fluire l’acqua, che scomparve in pochi istanti in un piccolo vortice.

Si asciugò lesta le mani su un panno morbido, che poi ripiegò impeccabilmente e appoggiò sopra il lavandino, senza però darci troppa importanza. Si avvicinò alla finestra e scostò gentilmente la tenda con le dita della mano destra, così da poter osservare il delicato paesaggio primaverile che fioriva al di fuori, come quei deliziosi petali colorati che tinteggiavano qua e là i vasti spazi d’erba odorosa.

Si mordicchiò il labbro inferiore, spostandosi una ciocca di capelli biondi e luminosi dietro l’orecchio. Sospirò, alzando gli occhi al cielo.

Chissà dove si era rifugiato quello scansafatiche di suo marito.

Tornò sui propri passi, quasi danzando sulle punte dei piedi, alla ricerca di qualcosa – qualsiasi cosa – che le fosse da suggerimento per intercettarlo. Eppure, tutt’intorno non vi era altro che silenzio, salvo qualche acuto cinguettio dei passerotti, che giungeva fino alle sue orecchie dalla finestra aperta.

Nemmeno il vociare giocoso di Daniel e Rosalie spezzava quel silenzio così innaturale e diverso da ciò a cui era ormai abituata. Che fine avevano fatto i suoi figli?

Per un attimo, pensò d’essere finita in un mondo parallelo, di cui lei era l’unica abitante. O forse, forse stava sognando. Probabilmente stava volteggiando in una fantasia notturna, silenziosa e ovattata, così estranea al suo attuale modo di vivere. Perfetto. Era un momento assolutamente perfetto.

-          Mamma! Mamma!

Ma dovette ricredersi.

Due vispi occhi dorati, luminosi e limpidi come la voce, acuta e pura, liberata da due labbra sottili. Dolce sapore di caramelle rubacchiate dalla ciotola dei dolci in cucina. Passi vivaci, forse troppo ritmati, come se qualcuno stesse sbattendo i piedi sul pavimento. Uno sbuffo.

-          L’ha fatto di nuovo!

Un sorrisetto fiero, malizioso. Eppure, nello sguardo un vago senso di colpa ombreggiava le iridi preziose. Batté i piedi a terra, un’altra volta, come se quegli stivaletti neri - così piccoli, ma dall’aspetto così teneramente familiare – fossero portatori di un potere speciale, capace di attirare magicamente l’attenzione degli altri.

-          Rose! Rosalie ha disegnato di nuovo per terra!

Si lamentò, piagnucolando, quasi a voler sottolineare la cosa. Allungò la manina tiepida, porgendo un paio di sottili e polverosi gessetti bianchi, probabilmente appena trafugati alla sorellina, così da avere la prova inconfutabile della realtà del delitto annunciato.

-          È tutta colpa di quel libro!

Sbottò, dopo aver consegnato i gessetti alla madre, che si era chinata davanti a lui per poterlo guardare meglio in viso. Il bambino incrociò le braccia al petto, irremovibile.

-          Quale libro?

Chiese Winry, inclinando la testa e accarezzandogli dolcemente la chioma folta di capelli dorati, in un gesto amorevole. Il bambino arricciò le labbra, spazientito.

-          Quello che ha visto a casa dello zio!

-          Alphonse...

Sussurrò la meccanica, facendo qualche breve calcolo mentale. Improvvisamente, s’illuminò, alzando lo sguardo verso quello di Daniel, che si stava dondolando sui piedi, sbuffando, forse attendendo una qualsiasi forma d’interessamento o, quantomeno, d’attenzione.

Winry allargò le braccia, così che il bambino potesse facilmente trovare un comodo rifugio al suo petto.

-          Oh, Daniel. E, questa volta, cos’ha disegnato?

-          Come sempre, mamma. Tanti cerchi con dentro delle forme strane. E poi, li ha fatti male! Sono tutti pieni di punte, sembrano quadrati!

Lei rise, socchiudendo gli occhi azzurri e luminosi, tersi come il cielo in un soleggiato pomeriggio d’estate. Daniel appoggiò la testolina bionda al seno della madre, chiudendo gli occhi. Nonostante avesse da poco superato i sei anni di età, considerava ancora un giaciglio confortante quel soffice e tiepido rifugio.

Tenendo il bambino tra le braccia, la donna, ormai splendida ventott’enne, attraversò il corridoio e salì lentamente le scale, trovandosi di fronte a una porta lignea spessa, lasciata semiaperta.

Posò il figlio a terra e premette una mano sulla superficie dell’uscio, spingendo leggermente. In pochi istanti, la stanza interna si rivelò ai suoi occhi. Accanto a lei, Daniel borbottava saccente, in attesa dell’ammonimento che sarebbe presto giunto all’orecchio della sorellina.

Quando Winry entrò a piccoli passi nella stanza, la bambina non giaceva più a terra, come invece aveva precedentemente immaginato.

I gessetti, spezzettati, si trovavano poco distanti da lei, abbandonati sul pavimento in una nuvoletta di polvere biancastra.

-          Rosalie?

La chiamò la donna, con dolcezza. La bambina arricciò le labbra rosee, sorridendo con delicatezza. Sbatté un paio di volte le palpebre, nascondendo i grandi occhi color del cielo e rimase per qualche istante ad osservare la madre, poi tornò con grande disinteresse ad occuparsi dei fatti suoi.

Andando a tentoni con le mani, si accoccolò alla bell’e meglio sulle gambe incrociate del ragazzo – ormai uomo, a dire la verità – che le accarezzava con estrema tenerezza i capelli biondi, color miele luminoso.

Nella mano destra, l’uomo teneva con destrezza un gessetto bianco, colpevole d’aver segnato il lucido pavimento di legno con un cerchio alchemico dai lineamenti più che perfetti.

L’ex alchimista volse lo sguardo verso la porta, scorgendo lo sguardo adirato e furente di una meccanica di automail in particolare.

-          Edward!

Sbottò la bionda, riferita al marito che le rispose con un enorme sorriso a trentadue denti. Daniel, sogghignando, si appostò dietro le gambe della madre, attendendo che la furia si spostasse da Edward alla piccola Rosalie.

Notando che, sfortunatamente, il suo falsissimo sorriso innocente non era bastato per placare la moglie, sospirò, scuotendo la lunga coda di capelli dorati e posò a terra la piccola, che si lasciò scappare un lamento di disappunto.

Si avvicinò cautamente a lei, sorridendo questa volta maliziosamente. Prese il suo viso tra le mani, accarezzandone le guance soffici con i pollici. Diminuì la distanza che li divideva, pronto a donarle un bacio.

-          Eh no.

Protestò però Winry, posando entrambe le mani sul petto dell’alchimista e spingendo lievemente, in modo che lui facesse un passo indietro. Ed roteò gli occhi, contrariato dal fatto che il suo stratagemma, ideato per fuggire da quella situazione, fosse tragicamente fallito.

-          Perché?

Chiese lui, incrociando le braccia al petto solamente dopo aver accarezzato con dolcezza quasi provocante i fianchi morbidi di Winry, forse leggermente arrotondati dalla maternità. La meccanica arrossì visibilmente a quel tocco e, per un attimo, si perse nelle iridi preziose del marito. Subito, però, la sua parte razionale tornò a farle una visitina e prese il sopravvento sulle sue azioni. Così, Winry si ritrovò ad abbassare lo sguardo e a ripulire con un gesto stizzito il tessuto del grembiule blu notte che indossava, imbrattato da una bianca scia di gesso.

-          Perché no, Ed. E poi le domande, adesso, te le faccio io!

-          Ah, fa’ pure.

Winry percepì una grossa vena pulsarle in fronte, sentendosi parecchio irritata dal tono arrogante con cui l’uomo si rivolgeva a qualsiasi persona – lei compresa – eccezion fatta solamente per le due piccole pesti che si facevano le boccacce sul pavimento della stanza.

-          Ora mi puoi spiegare cosa diavolo stavi facendo?

-          Che cosa ti sembra? Disegnavo con nostra figlia!

-          E... sul pavimento?

-          Non fare tante storie, Win. È gesso, andrà via in un attimo.

-          Oh, certo che andrà via in un attimo. Perché sarai tu che dovrai pulire.

-          Io?

-          Certo, tu.

-          Umph.

-          Senti, Ed. Ho davvero, davvero bisogno di parlarti.

-          E che abbiamo fatto fino ad ora?

-          Mmmh! Vieni!

Così dicendo, scomparvero, lasciando un piccolo Daniel confuso  fermo sulla porta, che ancora malediceva il fatto che la sua cara sorellina non avesse ricevuto nemmeno una piccola sgridata. Per tutta risposta, Rosalie gli mostrò la lingua, tornando ad impegnarsi nelle sue opere d’arte.

Intanto, Winry, trascinato Edward per un braccio fin dentro la loro camera, chiuse bene la porta e dette un giro di chiave, per essere sicura che i bambini non ascoltassero un solo suono di quella conversazione. Si fermò un istante, preoccupandosi per la figlia minore. “no, c’è Dani con lei, la terrà sott’occhio” pensò, girandosi con le spalle alla porta.

-          Bene.

Sentenziò, schiarendosi la voce.

-          “Bene”.

Le fece il verso l’ex alchimista, sfregando le mani per eliminare le ultime fastidiose tracce di gesso. Winry alzò le sopracciglia, passando sopra all’ennesima mancanza di rispetto del marito, tant’era ormai abituata. Si sedette sul letto e lui fece lo stesso.

-          Ora tu, Ed, mi spieghi una cosa.

-          Cosa?

-          Che cosa stavi... insegnando... a Rose?

-          Insegnando? Cosa avrei potuto insegnarle? Stavamo solamente disegnando...

-          Oh, Ed. Non sono una stupida. E non ho nemmeno una memoria corta. Ho passato troppo tempo insieme a te e a tuo fratello, quand’eravamo piccoli. Davvero pensavi che io non mi fossi accorta del fatto che... ah, veniamo al punto. Io non sono arrabbiata perché tu la stai incoraggiando a scarabocchiare per terra.

-          Non erano scarabocchi!

Si tradì Edward, mordendosi il labbro inferiore, quasi a volersi rimangiare la verità appena sgusciata fuori dalla sua bocca. Winry prese un gran respiro e inclinò la testa di lato, con un’espressione che urlava: “Visto? Te l’avevo detto che io so tutto”. Edward roteò gli occhi, posando il mento sul dorso della mano.

-          Ed, so benissimo che quelli erano cerchi alchemici.

L’ex alchimista deglutì, abbassando gli occhi e fissando insistentemente l’automail alla gamba sinistra, per metà scoperto dai pantaloncini di cotone azzurri.

-          Edward.

Lo chiamò Winry, assumendo un tono più serio. Ed alzò lo sguardo, prestando alla moglie quanta più attenzione fosse possibile. Lei sospirò, gettando indietro una ciocca di capelli biondi e torturandosi la manica sinistra della camicia rosa pallido. Dischiuse le labbra per parlare, ma Edward la precedette.

-          So cosa stai per chiedermi e no, non è così.

-          No, assolutamente, non le stavi insegnando l’alchimia.

Lo canzonò la donna, rivolgendosi anche al tono che aveva utilizzato prima con lei. Ed strinse i pugni.

-          Devi credermi, Win.

-          Cielo, Ed. Lo so che ne senti terribilmente la mancanza. Ne sono certa, perché ti conosco da sempre. Però, so anche dove ti ha portato l’alchimia, so a quali errori ti ha condotto. Quando nacque Daniel, anche allora abbiamo avuto una discussione simile, ricordi? Abbiamo deciso insieme che avremmo tenuto loro nascosto tutto ciò che è accaduto. Il nostro passato, quello tuo e di Al, tutto ciò che è capitato in questo paese... al di fuori del normale. Capisci cosa intendo? Gli homunculus e tutto ciò che è stato collegato a loro. Ma soprattutto, ci siamo promessi di tenerli lontani da tutto ciò che riguarda l’alchimia e la trasmutazione per riportare in vita tua mamma. Sai che è per il loro bene. Per questo abbiamo detto loro che hai perso la tua gamba sinistra a causa di una malattia. Ti prego, Ed, non complicare le cose.

-          Winry io so tutti questi fatti. E non complicherò niente, perché sono d’accordo con te. È solamente che... Rose poco fa è corsa a chiedermi cosa fossero quei disegni sul libro di Al e così, non lo so, mi ha fatto tenerezza. Quand’ero piccolo, a volte spiavo mio padre mentre studiava, da dietro la porta, e ho sempre desiderato chiedergli cosa ci fosse scritto in quei libri che leggeva con così tanto interesse, ma non ne ho mai avuto il coraggio. Chissà, se fossi stato meno codardo, magari mi avrebbe avvertito di più sui pericoli che avrei potuto correre e ora non avrei quest’automail, non avrei mai fatto passare quelle terribili sensazioni ad Al e... tutto sarebbe stato molto più semplice. E lo sarebbe anche ora... probabilmente avrei ancora la mia alchimia e noi non saremmo detentori di un segreto che un giorno dovremo rivelare ai nostri figli. Perché dovremo farlo, e tu lo sai.

Edward finì il suo discorso, lasciandosi cadere all’indietro e sprofondando sulla morbidezza del materasso. Si distese e chiuse gli occhi, confuso, quasi volesse estraniarsi per un istante dalla verità del mondo che lo circondava. Winry si sdraiò accanto a lui e lo confortò con un dolce bacio sulla guancia. L’ex alchimista aprì un occhio, osservando la moglie che si apprestava a porgergli una nuova domanda.

-          Non le hai detto niente?

-          Assolutamente no, anche se avrei tanto voluto fare il contrario.

Winry annuì e posò il mento sulla sua spalla, respirando a fondo l’intenso aroma che proveniva dal collo scoperto dell’uomo, appena solleticato da alcuni ciuffi aurei. Sospirò, sentendo il proprio alito infrangersi a pochi centimetri dalle su labbra. Posò una mano sul suo petto, accarezzandolo attraverso lo strato sottile della maglietta bianca.

-          Era così... bella.

Winry alzò lo sguardo, socchiudendo appena le labbra in un respiro mozzato, confusa dall’affermazione del marito. Si accigliò, osservandolo con curiosità.

-          Rosalie era stupenda. Mentre teneva in mano quel gessetto, mentre tentava di disegnare i cerchi alchemici...

-          Ed...

-          Mi dispiace, Winry. Ho sbagliato, lo so, però mi sentivo talmente felice in quel momento. Mi è sembrato d’esser tornato bambino. Per un attimo, ho quasi creduto di essere nuovamente capace di trasmutare. Ma in un attimo, è scomparso tutto, e io sono tornato alla realtà. Mi sono solamente concesso una piccola fantasia, tutto qui.

Mormorò, alzando le braccia davanti al viso e concentrandosi sulle sue mani, impotenti ormai da quasi dodici anni. Abbassò le palpebre, perdendosi nel vortice pungente dei ricordi.

-          Non sei più felice senza l’alchimia?

-          Cosa? Oh, Winry. Certo che lo sono. Io sono felice ora come non lo sono mai stato. Ho te, una famiglia, Al è tornato nel suo corpo, i problemi qui sono finiti. Non potrei mai desiderare di più.

La meccanica sorrise, stringendosi forte al braccio di Edward, che le aveva posato un delicato bacio tra i capelli biondi. Winry alzò il volto, incontrando lo sguardo d’oro colato dell’uomo, ancora concentrato su di lei. Si alzò, forzando sul braccio sinistro, per poi sdraiarsi nuovamente appena sopra Edward, che le scoccò un sorriso soddisfatto.

Avvicinò lentamente il viso a quello di lui, posando le labbra tra quelle dell’ex alchimista e la sua guancia. Lo sentì irrigidirsi.

-          Winry...

Farfugliò Ed, reso meno lucido dai baci provocanti che la meccanica lasciava bollenti in ogni angolo del suo viso, del suo collo, delle sue spalle appena scoperte. Lei mugugnò, spostandosi verso l’orecchio sinistro e mordicchiandolo un po’ con gli incisivi.

-          I bambini.

Disse lei, ad un tratto, indirizzando quella sottospecie di ammonimento più a se stessa che all’ex alchimista. Lui le accarezzò una guancia soffice, socchiudendo gli occhi con un sorriso estremamente dolce.

-          Hey, stai tranquilla. Sono a pochi metri da qui.

-          Ma la porta è chiusa a chiave.

-          Vuoi mandare all’aria l’unico momento che abbiamo per stare un po’ insieme?

-          No, certo che no. Ma...

Lui ammiccò, prendendola tra le braccia e ribaltando la situazione. Raggiunse le labbra della bionda, prima che questa potesse aggiungere altro.

-          Ed...

Un debole mormorio tra le labbra, rinchiuso e poi rilasciato, continuamente. Non sapeva cosa l’avesse spinta a pronunciare il suo nome, in quel momenti, eppure il suo petto lo reclamava, chiamandolo a gran voce. Lo voleva avere vicino, molto più vicino.

Lentamente, Winry sciolse l’elastico che teneva legata la chioma dorata del marito, così che i ciuffi preziosi scivolassero leggeri sulle sue spalle, rendendolo ancora più attraente ai suoi occhi di quanto non lo fosse già. Si allontanò da lui appena qualche centimetro, per poterlo ammirare anche solo per pochi secondi e convincersi – nuovamente – che sì, era tutto vero.

Un attimo dopo, i loro corpi erano di nuovo allacciati, uniti in un bacio tenero e passionale, intimo, che li stava avvolgendo sempre di più in un abbraccio di contorni sfumati. Winry affondò la mano tra i fili lucenti che scendevano sulle spalle dell’ex alchimista, scossa da profondi brividi che le animavano la schiena, accarezzata a e stretta avidamente da un braccio di Edward. Lesto, slacciò il fastidioso grembiule e lo gettò lontano, facendo poi scorrere una mano sotto la maglietta della meccanica, incontrando la sua pelle, calda e morbida. Winry sussultò, aderendo – se possibile – ancora di più al corpo di quell’uomo che l’aveva sempre fatta impazzire, desiderosa di avere di più.

Con uno scatto, il maggiore degli Elric estrasse la mano e, in pochi istanti, la maglietta leggera di Winry si ritrovò appesa allo schienale della sedia davanti alla scrivania. Poco più tardi, la maglietta candida dell’ex alchimista volò a farle compagnia.

Winry spostò le mani sul petto nudo del marito, seguendo il profilo sinuoso dei pettorali con la punta delle dita, soffermandosi più volte in carezze profonde e dolci, seppur provocanti e maliziose.

Sorrise, osservando i suoi occhi velati di desiderio. Fece scivolare nuovamente le mani, portandole verso l’inguine di Edward, proseguendo le sue carezze brucianti. Stampò un bacio di fuoco alla base del collo del marito e lo mordicchiò appena quando arrivò a sfiorare il bordo superiore dei pantaloncini.

Si morse un labbro, gemendo, mentre le mani di Edward si appropriavano sempre di più del suo corpo, sfiorando con carezze sensuali ogni punto più sensibile della sua pelle accaldata. Lei addentrò la mano nell’intimo dell’ex alchimista, rabbrividendo ancora una volta al tocco delle sue mani fresche, che, impazienti, le avevano strattonato via la gonna in modo non troppo gentile.

-          Winry.

Tese le orecchie, sentendolo mormorare il suo nome a pochi millimetri dal suo orecchio. Incrociò il suo sguardo alterato, percependo il respiro già irregolare farsi sempre più veloce.

-          Ti voglio.

Gracchiò lui, con voce bassa. Milioni di emozioni si accavallarono dentro di loro, rendendoli schiavi si quella passione e di quegli ultimi scampoli di imbarazzo che caratterizzavano la loro relazione.

-          Anche io... ma...

-          Ti prego. Impazzirò se non ti ho adesso. È troppo tempo che non stiamo un po’... da soli. Ho bisogno di sentirti parte di me.

Sibilò Edward, cercando di entrare ancora più in confidenza con il suo corpo, respirando affannosamente. All’improvviso, un rumore estraneo li fece sobbalzare. Dalla porta chiusa provenivano urla e schiamazzi, accompagnati da alcuni colpi battuti sulla superficie lignea.

Se Ed ne fosse stato capace, avrebbe volentieri incenerito quella rumorosa fonte di distrazione. Arretrò subito il pensiero, disgustato dall’essersi messo alla pari di quel bastardo del comandante Mustang.

Si alzò a forza dal letto, raccattando la maglietta e riinfilandosela svogliatamente. Aprì la porta dopo aver girato la chiave, cogliendo i figli l’uno con le mani nei capelli dell’altra. Si ritirarono subito ognuno da un lato della porta, squadrandosi in cagnesco.

-          Ha cominciato lui!

-          No, è stata lei!

Gridarono Rosalie e Daniel, indicandosi a vicenda. Edward si batté una mano sulla fronte e, dopo un fugace sguardo a Winry – che si era coperta con un cuscino -  si accucciò di fronte a loro, passando una mano tra i morbidi capelli di entrambi. Sogghignò nel vederli scambiarsi una linguaccia. Oh, quanto quell’immagine lo faceva tornare ai vecchi tempi! I loro visi così ingenui e innocenti gli fecero battere il cuore ad una velocità di cui si stupì.

Winry aveva ragione. Non era giusto privarli della loro infanzia, macchiando le loro anime e i loro ricordi con taglienti frammenti di passato, dei quali sicuramente avrebbero fatto volentieri a meno.

Eppure, gli si strinse il cuore quando la consapevolezza di dover perdere davvero per sempre ogni ricordo dell’alchimia si fu annidata alla perfezione nella sua mente. Però sapeva, dentro di lui, che quella luce azzurra, che tanto lo spediva in un tumulto di memorie, non sarebbe mai scomparsa totalmente dalla sua vita.

Ascoltò distrattamente le lamentele di Rosalie e Daniel e cercò di calmarli, raccontando di quando lui e Alphonse litigavano per ogni stupida cosa. Raccontò loro anche di quando avevano discusso su chi avrebbe sposato Winry.

Risero, facendo pace. Dopo un breve bacio sulla guancia del padre, corsero via, mano nella mano, felici di aver sotterrato – almeno per il momento – l’ascia di guerra.

Edward, scuotendo la testa, si chiuse alle spalle la porta, e con essa anche i piccoli attimi di passato che aveva rivissuto. Vide la moglie ancora distesa sul letto, il viso deliziato da un meraviglioso sorriso che profumava tanto d’amore.

Si rese conto che quella luce non era mai scomparsa in lui. Era solo mutata, trasformandosi nel desiderio che aveva nutrito per anni. Era lei, la sua famiglia, la donna che avrebbe amato per sempre, la sua nuova luce dai riflessi del cielo.

Avanzò di qualche passo, con il cuore a mille, fermamente deciso di riprendere il loro “discorso” da dove l’avevano interrotto.

 

 

 

 

 

Ed eccoci nuovamente qui, alla fine di questo ritaglio di storia. Edward e Winry hanno comunque bisogno di piccoli momenti di intimità, nonostante ora abbiano dei bellissimi figli a cui badare, giusto? In questo capitolo, comincia a riaffiorare una questione che sembrava essere stata sotterrata per molto tempo, ossia l’alchimia. L’alchimia giocherà un ruolo importante in Timeless Light, soprattutto per uno dei nuovi personaggi. Andando avanti con la storia, capirete perché.

 

Ora vi lascio, ringraziandovi ancora una volta per la vostra buona volontà nel leggermi e per la vostra attenzione nelle recensioni.

 

Baci, alla settimana prossima! :D

MeggyElric___

 

   
 
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