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Autore: hikarufly    22/03/2011    0 recensioni
Seguito del Pugnale di Morfeo. Sherlock sta lavorando a un caso interessante, ma secondo John Watson c'è qualcosa che non quadra...
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo di Irene Adler'
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La strada sembrava più affollata del solito, quel giovedì mattina di primavera. John Watson camminava tranquillo lungo Kensington Gore, dopo aver fatto un giro per i Kensington Gardens. Era andato a trovare Sherlock, con il quale non viveva più da un bel po', e lui e Mary erano finalmente intenzionati a sposarsi. Mrs Hudson, gentile come sempre, dovette riferire a John che il suo amico era uscito molto presto quella mattina, senza dire di preciso quanto sarebbe stato via.

«In effetti, dottor Watson, inizia un po' a preoccuparmi. Lo so, lui fa così, sparisce senza dare spiegazioni perché è troppo occupato con il suo lavoro... però c'è qualcosa di diverso, me lo sento! Forse gli manca lei, dottore» concluse, con un sorriso. John ringraziò ma le assicurò che si sentivano spesso e che ancora più spesso lo coinvolgeva nei casi, anche se mentre spiegava si rese conto che accadeva sempre con meno frequenza.

Dopo aver salutato la landlady, aveva preso un taxi fino a Bayswater Road, per poi decidere di fare un giro lungo il parco, rispondendo ai suoi dubbi con la scusa che ormai non vivevano più insieme, e ripensò anche al fatto che, fortunatamente, Mary aveva instaurato un rapporto migliore con Sherlock (probabilmente anche per la minor intrusione di quell'uomo nella sua vita sentimentale).

Quando imboccò Kensington Gore, poco dopo la Royal Albert Hall, si ricordò che era lì che Irene Norton era andata a vivere, dopo essere tornata dalla tournée teatrale che le aveva fatto raccogliere elogi dalla stampa e dagli specialisti. Da allora era passato più di un anno, quasi due per la verità, ed era diventata una donna di successo. Continuava a fare l'attrice nei teatri, evitando di tornare alla tv o al cinema. A sua detta, era una scelta che le permetteva di vivere una vita serena facendo ciò che amava, e in qualche modo rispettava anche i desideri di Godfrey Norton, l'uomo che aveva sposato e che era stato assassinato più di due anni prima. John ebbe quasi l'idea di andarla a salutare, nel condominio in cui viveva, curioso di scambiare una chiacchiera con il suo portiere, il gentilissimo Nigel. Stava proprio per attraversare la strada quando vide una figura familiare. Si fermò dov'era, dietro una grossa auto e un albero che ornava il marciapiede. Quello che stava entrando era indubbiamente il suo vecchio amico Sherlock Holmes. Lo vide sparire oltre le porte dell'ingresso, e d'istinto lanciò un'occhiata alle finestre dell'appartamento di Irene: erano grandi e ampie, ma non fu in grado di vedere lei o lui, se lì era diretto, ma soltanto il gatto grigio della ragazza, il compiaciuto e sornione Mr A, che sembrò accorgersi di lui, socchiudendo gli occhi, sospettoso.

John, un po' dubbioso, attese. Si sarebbe aspettato di restare lì di più, ma Sherlock uscì, esattamente come era entrato, recando in più una busta formato documento. Watson si sentì un po' stupido ad aver pensato... di sicuro era lì per un caso, e per quanto ne sapeva, Sherlock e Irene non si parlavano o vedevano da quando lui si era occupato della morte del marito. Per fortuna, Holmes non si accorse dell'amico, che cambiò strada per raggiungere la clinica in cui aveva continuato a lavorare, perdendosi l'uscita di Irene, circa venti minuti dopo, mentre portava uno scocciatissimo Mr A dal veterinario.

 

Quando sentiva il tono di avviso di un nuovo messaggio, John Watson buttava gli occhi al cielo e si chiedeva perché non aveva ancora cambiato numero da quando si era trasferito.

Bart's college, subito. SH” diceva il touch screen del suo iPhone. Sospirò, e osservò l'orologio: turno finito, e Sherlock lo sapeva. Sbuffò, salutò la segretaria dello studio e gli disse che probabilmente sarebbe stato difficile reperirlo per qualche ora, ma di insistere a chiamare se fosse stato urgente.

Si diresse di corsa alla sua vecchia scuola, prendendo un taxi. Appena scese, finì con l'urtare qualcuno. Vide girare il mondo per un secondo e quando si rese conto di essere ancora in piedi tentò di scusarsi con la persona in questione. Si sorprese di scoprire che era la sua amica Irene Norton.

«John!» esclamò questa, massaggiandosi la spalla, contro la quale lui si era scontrato «scusami, non ti avevo proprio visto!»

Il medico sorrise e fece cenno di diniego.

«Scusa tu, ero io a dover guardare dove andavo...» commentò il medico, per poi aggrottare la fronte e guardarla un po' sospettoso «come mai sei qui?»

Irene non parve confusa e dopo un secondo, sorrise.

«La mia amica Molly lavora qui... devo chiederle un favore» spiegò, facendogli cenno di entrare con lei. John si tenne al suo fianco, chiedendosi se una coincidenza del genere fosse possibile. All'ingresso del laboratorio, una sorridente Molly Hooper in camice salutò calorosamente l'amica e il dottor Watson.

«Vieni, Irene. Andiamo nel mio studio...» disse la ricercatrice «Sherlock è al piano di sopra» apostrofò poi John. Il medico salutò in maniera sfuggente Irene, restando fermo, mentre le due se ne andavano e sentendo qualcosa, nella conversazione delle due ragazze, sul fatto che Irene dovesse assentarsi per un po', e se Molly poteva occuparsi di Mr A. Quando le due girarono l'angolo, si diresse alle scale e raggiunse l'ex coinquilino nell'esatto punto in cui l'aveva conosciuto. Chino sul microscopio, parve non accorgersi neanche del suo ingresso, finché non si allontanò dallo strumento e si alzò. John si tolse la giacca e la mise sullo schienale di una sedia, per non stropicciarla, e si portò di fronte a Sherlock.

«Qual era l'emergenza?» domandò Watson, incrociando le braccia. Sherlock girò intorno al banco, passando dietro la sua giacca.

«Mrs Hudson mi ha detto che mi hai cercato» disse con il suo solito tono neutro e voce baritonale, rigirandosi tra le mani qualcosa che John non riuscì a vedere «dimenticato qualcosa nella tua vecchia camera? È ancora sfitta»

John incrociò le braccia.

«Tra me e Mary va tutto benissimo, Sherlock. E non venirmi a dire che mi hai chiamato qui solo per chiedermi cosa ho lasciato a Baker Street, perché non ho lasciato proprio niente» replicò un po' inacidito Watson. Sherlock mise su un sorrisetto ironico, e gli lanciò il plico di fogli che il medico gli aveva visto in mano quando era uscito dal condominio di Irene.

«Pronto a tornare sul campo?» chiese Holmes.

   
 
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