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Autore: Nanix    23/03/2011    6 recensioni
Lui. Un teppista, ricco, viziato e prepotente.
Lei. figlia del suo maggiordomo. Normale, anzi forse banale. Altruista, con un carattere forte e combattivo.
L'altra. Esattamente uguale a lui, anzi forse peggio, meschina ed egoista.
Loro. I pochi amici che le stanno accanto e aiutano la povera ragazza.
I professori. Se non fosse per gli ottimi voti che ha la caccerebbero immediatamente fuori dall'istituto.
La stessa storia? Forse.
Stesso finale? Forse no.
Mi spiace ma per il momento lascio in sospeso la storia, non ho ispirazione per continuarla, spero ritorni presto.Scusate
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Dopo aver passato tutta notte a maledirlo ero giunta alla conclusione che dovevo vendicarmi. In un modo o nell’altro gliel’avrei fatta pagare.
Appena sento la sveglia suonare fastidiosamente accanto al mio letto, mi alzo di scatto e dopo essermi preparata velocemente, come facevo quando ero in perfetto ritardo, corro letteralmente a scuola.
Già sapevo che non avrei incontrato molti ragazzi, cosi ebbi tutto il tempo per preparare una piccola e innocente vendetta.
Quando la prima campanella suonò la scuola iniziò ad animarsi e appena vidi Rosy le andai incontro finendo di tanto in tanto addosso a qualche studente.
-Ciao Rosy-
-Ciao Leen, come mai cosi presto? In genere arrivi tardi.-
-Beh mi sono alzata prima del solito e non mi andava di restare in casa-
In realtà sarei rimasta a letto ancora qualche minuto, ma non potevo di certo dirle che avevo in programma di rovinare la giornata ad uno stupido ragazzo viziato figlio di papà rischiando di venire espulsa da scuola, non avrebbe capito e avrebbe fatto di ogni per non farmi commettere quella piccola e innocente vendetta
-Capisco, forza entriamo, non vorrai far tardi a lezione spero?!-
-No, no. Andiamo-
Assieme ci avviammo verso la nostra classe, come di consueto incontrammo Taira e le sue seguaci che senza troppi problemi cercarono di venirmi addosso, ma dopo quasi 5 anni, sapevo a memoria le loro mosse, cosi riuscii a deviarle facendo in modo che fosse Kim ad andare contro il muro.
Taira mi guardò in malo modo, avrebbe certamente trovato un modo per farmela pagare, ma quello in quel preciso istante era l’ultimo dei miei problemi.
Le lezioni passarono in tranquillità e in professori, per mia fortuna, erano di buon umore.
Prima della pausa pranzo, fingendo di non stare bene, uscii dall’aula.
Conoscevo perfettamente i movimenti di Dylan, li avevo studiati nei minimi dettagli e sapevo esattamente a che ora usciva dalla classe, che strada faceva per andare in mensa e il tempo che impiegava, dovevo solo sperare che nessuno interferisse con il programma.
Ore 12. La campanella suona la pausa, gli alunni esco diretti alla mensa.
Ore 12.06. Dylan esce dall’aula senza rivolgere parola con nessuno, come al solito. Io da lontano lo seguo senza farmi notare. Esce dalla porta d’emergenza e attraversa in parco. Corro e lo precedo sempre ben attenta a non farmi beccare mi posiziono dietro alla grande quercia, aspetto in ansia che passi e tiro la cordicella, legata in precedenza dalla sottoscritta.
La corda è legata ad un secchio, situato sul bordo della finestra nel primo piano della scuola, e quel leggero movimento lo fa cadere finendogli in testa.
Beh non sarebbe niente se il secchio fosse vuoto, purtroppo per lui il secchio è pieno di tempera bianca e a primo impatto assomiglia all’omino della Michelin.
A fatica cerco di non ridere, ma la vista di un Dylan in quelle condizioni è troppo comica, mentre io mi trattengo lui imprecando si guardo attorno cercando il responsabile. Io non muovo un muscolo e cosi nascosta non può assolutamente vedermi.
Per ora il piano sta funzionando.
Ore 12.14. Dylan, cercando di pulirsi, si avvia all’entrata della scuola, peccato però che le scale siano cosparse di un lucidante che mio padre usa per pulire i pavimenti in casa loro. Cos’ha di particolare quel lucidante? È inodore, è impossibile notare la sua presenza e cosa peggiore è dannatamente scivoloso.
E quello che accade è anche più comico di quello che gli è accaduto prima.
Le scale sono quasi una decina e ovviamente non ho messo il lucidante sui primi gradini ma solo sugli ultimi accanto all’ingresso e arrabbiato com’era non ha notato il sacco dell’immondizia li accanto. È quasi arrivato in cima e al penultimo gradino perde un po’ equilibrio, ma riesce a mettersi in piedi, scivolando però sull’ultimo finendo sul sacco dell’immondizia che però non era pieno di sporco ma bensì di uova.
Peccato non avere una macchina fotografica a portata di mano.
Dylan rimane sdraiato a terra per qualche minuto, quando si alza si rende conto su cosa è caduto e anche li un'altra scarica di imprecazioni verso, a suo dire, quel grandissimo pezzo di merda.
Ora manca l’ultimo pezzo del mio piano.
Passando del retro rientro a scuola, prendo il sacco che avevo nascosto in precedenza nel laboratorio di chimica, già sapendo che quel giorno non c’erano lezioni, e vado verso le scale che portano al piano superiore dove c’è la mensa.
Mi nascondo, per quanto mi è possibile, dai miei compagni di scuola.
Lo sento arrivare, grazie alle dolci parole che indirettamente rivolge a me, sporgo quel tanto il sacco che si apre facendo scivolare una quantità notevole di penne.
Ho fatto fuori quasi due piumini per recuperarle, ma alla fine lo scherzo è riuscito, o quasi.
Quando mi sporgo per vedere il risultato, in quell’esatto momento lui alza gli occhi e mi vede. Solo dopo uno sguardo imbarazzato, uno curioso e uno furioso, realizza che l’artefice di quello scherzo sono io. Anche perché ho le mani sporche di pittura, guarda caso bianca e il sacco delle penne in mano.
Io invece impiego meno tempo a realizzare che la mia vita è finita.
Dylan inizia a insultarmi come se fosse uno scaricatore di porto e io scappo ad una velocità notevole, andando a sbattere contro tutti.
Passo accanto a Rosy che mi guarda come se fossi impazzita.
-Sono morta. Addio. Prendi tu il mio zaino.-
Riesco a formulare solo quella misera frase prima di riprendere a correre più veloce di prima, investo Taira che si ritrova con sedere per terra mentre anche lei inizia a maledirmi dicendomi che me la farà pagare molto cara, come se non lo sapessi.
Corro verso il laboratorio di chimica, li dovrei essere al sicuro.
Chiudo la porta, e non trovando nessun posto dove nascondermi decido di andare fuori dalla finestra.
Mi aggrappo ai tubi che passano al di sotto del cornicione sperando di non finire spalmata al suolo.
La porta si apre, e sento Dylan chiamarmi.
-Ragazzina, dove sei. So che sei qui, esci. Non ti faccio nulla te lo prometto.-
Si come no, e io sono cosi cretina da crederti. Le mani iniziano a tremare, se non esce alla svelta mi schianto veramente al suolo.
Per un po’ non sento nulla, poi finalmente la porta sbatte.
Finalmente è andato via.
-Ecco qui la ragazzina.-
O cacchio, si ora sono morta.
-Dammi la mano o ti schianti al suolo. Non vorrei mai che ti succedesse qualcosa-
Il modo melenso in cui dice quella frase mi fa venire i brividi.
-No grazie infondo mi piace qui. C’è una bell’arietta.-
Mi allunga la mano.
-Afferrala, non fare stronzate-
-No, grazie.-
-Eileen, sei diventata pazza?-
-Se afferro la tua mano, tu mi ammazzi.-
-Se non l’afferri di sfracelli al suolo. Morta per morta è meglio che sia per mano mia non credi.-
-Se posso scegliere preferisco il suolo.-
Se non fosse stato per quel brutto insetto sulla mia mano sarei rimasta in quella posizione ancora per molto, ma la paura per i ragni è più forte della paura di Dylan.
Lancio un urlo e istintivamente mollo la presa con una mano restando aggrappata solo con una, solo allora mi rendo effettivamente conto della cavolata che avevo appena fatto.
Un po’ alla volta le dita allentano la presa fino a che mi rendo conto di non essere aggrappata più a nulla, chiudo gli occhi aspettando l’inevitabile fine.
Le cose sono due: o sono morta e non me ne sono resa conto oppure la distanza tra la finestra e il suolo e maggiore di quello che credevo. Per sicurezza rimango comunque ad occhi chiusi.
-Deficiente apri gli occhi.-
È una voce che conosco fin troppo bene, per mia sfortuna, riluttante faccio come richiesto.
Se non sono ancora caduta è solo perché Dylan ha afferrato tempestivamente la mia mano riuscendo a salvarmi, quindi ora è diventato anche il mio salvatore? O bene.
-Cerca di spingerti con un piede-
Trovo una piccola insenatura e mi do una spinta facilitando il lavoro di Dylan.
Superiamo la finestra a finiamo a terra tutti e due.
Sono quasi stanca di quei dannati contatti ravvicinati.
Io sono sopra di lui col cervello che deve ancora connettere e il cuore in gola mentre batte all’impazzata, mentre lui disteso a terra col fiatone, manco avesse fatto la maratona, con una mano sulla mia schiena.
Provo ad alzarmi ma la sua mano fa pressione costringendomi a quella posizione, e in breve tempo la situazione si ribalta.
Io sono sotto mentre lui è a cavalcioni sulle mie gambe e con una mano mi blocca i polsi sopra la testa.
Lo guardo con un aria di sfida, mentre lui sorride divertito.
Vuoi la guerra? Bene e guerra sia.
-E adesso ragazzina?- 


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inizialmente ero indecisa se continuare o meno la storia, però onestamente mi diverto a scriverla.
Sappiate che il lieto fine è lontano, moooolto lontano.
Spero continuiate a leggere e recensire^^

  
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