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Autore: fflover89    29/03/2011    2 recensioni
«La famosa pietra Gulgu… non mi è mai capitato di operare con una gemma simile. La applicherò sulla lama in modo che possa essere degna di essere adoperata da te. Ma a cosa ti servirebbe?» chiese.
«Voglio vedere se riuscirò a raccogliere le mie scintille di memoria.» rispose lui.
 
“Dieci anni sono passati dallo scontro contro Trivia, otto dall’abbraccio di Gidan e Daga, e Gaya è cambiata: un abisso di cristalli alti quanto alberi nel luogo dov’era l’albero di Lifa, una nuova città tecnologica di jenoma e maghi neri, nuove razze che risorgono dalla terra. Una diciassettenne Eiko Carol Fabool che sente ancor di più la mancanza del suo amato Vivi. Un personaggio misterioso che fa ritornare alla memoria frammenti perduti di ricordi. Che cosa succederà?”
 
(Non è il seguito di “The Ultimate Weapon” ma chi già l’ha letto troverà più semplici da capire certi dettagli)  
 
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amarant Coral, Eiko Carol, Freya Crescent, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dunque, dopo un capitolo poco corposo, vi offro questo che è pieno e succoso di chiarimenti e intrecciamenti della trama. Cosa aspettate, dunque? Leggete e commentate tutti!
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
       «Come sarebbe a dire che dobbiamo fermarci alla Porta Sud? Io ho fretta maledizione!» disse Eiko “leggermente” irritata al comandante in seconda dell’idrovolante. Era stato comunicato poco prima dall’altoparlante, che il volo avrebbe fatto una sosta di ignota durata alla Porta Sud, il torrione di confine posto su una delle catene montuose che dividevano in tre parti il continente della nebbia. Anche il resto dell’equipaggio era piuttosto turbato: o meglio, erano tutti incazzati come bestie, la granduchessina in testa.
       «M…mi spiace, ma… al momento dobbiamo sostare lì…» si scusò il vice-comandante, che aveva qualche somiglianza con mastro Pardon della locanda di Alexandria: la stessa mano ad arruffarsi i capelli, lo stesso sguardo basso e la stessa voce atona e priva di polso.
       «Possibile che voialtri non siate così intelligenti da svolgerli prima i controlli? E adesso ci venite a dire che avete problemi tecnici!»
       «In-infatti, è che… abbiamo dei problemi al motore… probabilmente sosteremo…due ore.» disse abbassando ulteriormente il capo e il tono di voce.
       «COME?!» si sentì come coro unico all’interno dell’idrovolante, che fece uno scossone. Il danno effettivamente c’era.
       «Signore e signori passeggeri, è il comandante che vi parla.» si fece risentire la voce metallica del capitano «A seguito di un guasto al secondo motore, che potrebbe compromettere la nostra stabilità in volo, siamo costretti a fermarci alla stazione portuale della Porta Sud per rimediare al danno. Il problema non dovrebbe essere grave, e potremmo riuscire a risolverlo in tempi brevi. Se dovessimo metterci più tempo del previsto, ci è stato garantito che un volo Air-Travel proveniente da Alexandria, arriverà alle cinque, e potrà tradurvi a Sortlibre in tempo breve. Ci scusiamo per il disagio. Arriveremo a destinazione fra pochi minuti.»
        «È il colmo! Davvero non so cosa mi trattiene dal non farvi rapporto a mio padre!» continuò Eiko a protestare.
Appena arrivati, la giovane sciamana fu tentata di andare a controllare la riparazione del motore, poiché anche lei se ne intendeva abbastanza da ridurre della metà i tempi di lavoro, ma preferì evitare per non mettersi ulteriormente in mostra. Decise invece, con molti altri passeggeri, di scendere al piano di sotto dove arrivavano le vetture Berqumea, che venivano ancore usate dagli addetti ai lavori tramite certi contrappesi e ingranaggi, e ammazzare il tempo mangiando alla tavola calda che serviva i suoi rinomati panini con la mortadella. Mentre si dirigeva alla porta, Eiko sentì urlare:
       «DU’ SARTIMBOCCA, DU’ PASTA ALLO ZACMAL, E ‘N PANINO CÒ LA MORTAZZA! ‘NAMO ‘N PÒ, DAJE!»
       «Questa voce…» pensò e si fiondò dentro. Aveva sentito bene: la vociona e il dialetto di Quina erano inconfondibili.
       «Eiko, bella de zzia! Famme risorve n’attimo ‘sto casino e vvengo subbito! VOGLIO QUEI SARTIMBOCCA FRA TRENTA SECONDI, SENNO’ ME VENGONO I CINQUE MINUTI, OCHEI?» strillò di nuovo la qu vedendola entrare.
Da quando era cresciuta, la maggior parte degli amici la trattava come una di famiglia: Quina le dava della nipote, per Daga era “la mia sorellina unicorno”, Steiner e Amarant semplicemente “la mocciosa rompiscatole”, per Freija “maestà”. Chissà come l’avrebbe soprannominata Vivi… ma represse quel pensiero con la stessa velocità che gli era venuto. Quando la vecchia compagna di viaggio uscì dal cucinino, dopo trenta secondi esatti, l’accolse col suo solito sorriso e l’abbracciò.
       «Ciao zia! Che ci fai qua? Che ci sono problemi alla tua scuola?»
Negli anni passati, Quina e Quera, avevano fatto propri gli insegnamenti di Quan e fondarono la “Scola de li Qu, pe’ imparà l’arte der magnà”, con sede a Lindblum. Era raro vederla a fornelli che non erano quelli reali.
       «No, no! ‘Sto gruppo de scarcinati, m’ha inviato ‘na lettera de aiuto pe daje ‘na mano a risollevà un po’ ‘sto posto. Vedessi che casino c’era prima che arivassi. So’ arivata stamatina, e già sembra n’artro posto. Ce vole talmente poco pè trasformà ‘na bettola, in una bella, vibbrante, tavola calda…»
       «Ah sei partita prima di me, quindi! Hai sentito cos’è successo la scorsa notte?»
       «N’esplosione me pare de ave’ sentito. Io e la maè se semo affacciate a vede che succedeva, e poco distante c’era n’edificio che fumava. C’ereno già dei sordati che venivano.»
      «Dunque tu e Quera siete state fra le prime a vedere l’impatto!»
      «Sì, perché?»
       «L’esplosione è stata causata dalla caduta di un piccolo meteorite. Sai anche tu che quei cosi spesso possono essere delle gemme magiche, e quindi sono andata a controllare per curiosità. Con mia grande sorpresa non c’era nulla. Non so per quale motivo ho pensato subito che qualcuno lo avesse trafugato. Allora ho isolato il cratere, e ho passato tutta la mattinata a cercare assieme ai Tantarus qualche frammento, ma non ho trovato nulla. Può darsi che non sia stato rubato, può darsi che sì, ma preferisco andare a Madain Sairi a vedere se hanno visto qualcosa relativo a ieri notte. Non ho nemmeno pranzato!»
       «Hai fame, vero?» chiese Quina chinandosi sul tavolo di fronte Eiko. Il capo di Eiko fece un delizioso movimento discendente e ascendente affermativo.
       «Allora, avemo spaghetti ar ragù de Zacmal, er classico panino co’ la mortadella da’ porta sudde, bistecca de phang ai feri…» cominciò a elencare contando sulle dita.
       «Aspetta, aspetta…» la bloccò Eiko alzando la mano.
       «Che è, so’ stata troppo veloce? Allora, spaghetti ar ragù de Zacmal, poi…»
       «No, intendevo quello che hai detto prima, che tu e Quera vi eravate affacciate e vedevate il fumo dell’edificio. Allora vuol dire che la vostra scuola è vicina al cratere!»
       «Stamo ar borgo commerciale, quinni…»
       «Ma quindi avevate visto dei soldati che accorrevano?» la interruppe di nuovo.
       «Sì, me sembra proprio de avenne visto uno solo, che veniva da’a piazza.»
       «Ma non è possibile, la caserma più vicina è dal lato opposto del borgo! Cerca di ricordarti, Quina: com’era fatto? Aveva qualche atteggiamento sospetto?»
La cuoca si grattò la testona bianca sotto la toque da chef, e ci pensò un po’ su. Eiko era in trepidante attesa.
       «Era ‘na guardia semplice, cor cappello a punta, ‘n po’ panzone…»
       «Panzone? Strano, non ci sono persone grasse nel corpo di guardia.»
       «Avoja Eiko, c’aveva un rigonfiamento all’artezza del busto…» e si fermò spalancando gli occhi. Anche la granduchessina fece lo stesso.
       «Come se avesse qualcosa sotto la divisa! Era il meteorite, sono sicura!» fu la conclusione di Eiko «Certo che ce ne vuole di coraggio per toccare un pezzo di roccia vicino alla temperatura di fusione… ti ricordi altro? Qualsiasi dettaglio è importante.» chiese Eiko, novella ispettrice Clouseau.
       «L’ho visto inciampare! Nun è cascato per poco, ma er modo in cui ha ripreso l’equilibbrio m’ha fatto piegà dalle risate!»
       «Capirai, Vivi era uno spasso vivente. Aveva il corpo fatto per resistere alle cadute, come cadeva lui non cadeva nessuno!»
E tre. Certo che ultimamente il pensiero di Vivi gli ritornava spesso, chissà perché.
       «Meglio di niente: almeno di questo fantomatico ladro geologo si sa qualcosa in più. Adesso però mangiamo!»
 
L’Air Travel partì con quasi mezzora di anticipo rispetto ai tempi di riparazione previsti, e con lui se ne partirono le idee di protesta che i passeggeri pensavano di mettere in atto. Eiko era quella più felice di tutti: non solo si era rifocillata praticamente per nulla, ma in più aveva avuto conferma delle sue idee. Magari questo mistero sarebbe stato un ottimo modo per distrarsi un po’.
In poco tempo l’idrovolante parcheggiò nel porto di ultima generazione di Sortlibre: la città di nuova fondazione, era praticamente una Brambal un po’ più grande, priva però di quella atmosfera inquietante e di quella luce blu che tanto innervosiva Gidan; ricordava se possibile una città futuristica, nonostante gli edifici non superassero i tre piani di altezza, misura di sicurezza per i frequenti terremoti del continente esterno. Eiko cominciò la sua camminata per le strade di quella città, che in otto anni, dal nucleo del villaggio dei maghi neri era divenuta grande quasi quanto Toleno: c’erano luci di focolai, di bar, di laboratori e non erano solo i jenoma e i maghi neri ad abitarci: molte persone comuni erano partite dalle città principali proprio per rifarsi una vita, e investire nelle nuove scienze specialistiche che stavano nascendo in quegli anni, tanto che l’arte sciamanica e l’arte magica da alcuni erano considerate applicazioni di principi scientifici per scopi diversi. La città per molto tempo era rimasta autosufficiente, come il vecchio villaggio e soprattutto Daguerreo, da cui molto avevano appreso. Tutti, insomma, a Gaya ritenevano Sortlibre il nuovo ombelico del mondo.
Ad Eiko tutte quelle luci non le piacevano, non perché la infastidissero, ma perché riteneva che molti di coloro che ci lavoravano o che la visitavano ignorassero il significato originale di quella città. Sortlibre, destino libero: ovvero, ciò che i maghi neri e i jenoma erano disperatamente alla ricerca dopo la morte dei loro creatori Kuja e Garland. La loro voglia di indipendenza e il loro talento li spinse a crearsi una città dove non erano alle dipendenze di altri popoli; la maggior parte degli abitanti ormai, era quasi del tutto straniera. Per questo il villaggio dei maghi e dei jenoma originali era separato dalla città in un distretto privato, dove l’accesso era severamente vietato, salvo casi eccezionali. Era lì, alla vecchia officina del “Gatto nero” che Eiko era diretta.
       «E questo ti sembra un buon lavoro?» sentì una voce dall’interno. Era calma, ma molto, molto perentoria.
       «A d-dir la verità…no.» ammise Jake, il mago nero al bancone. Quelli che abitavano all’interno del vecchio villaggio avevo iniziato a prendersi dei nomi, al posto dei numeri.
       «Allora vedi di rifarlo: non ci voglio far cattiva figura. Anche tu non vuoi, vero?» stavolta Amarant si chinò minaccioso sul bancone proprio mentre Eiko, gli si avvicinò pian piano alle spalle e gli mise entrambe la mani sugli occhi.
       «Indovina chi sono?!» chiese sorridendo.
Lo sguardo dorato del mago divenne terrorizzato: considerando il cliente che aveva dinanzi, si stava aspettando una sfuriata con probabile rompimento di vetri e suppellettili. Invece con un’espressione fra lo scocciato e il piacevolmente sorpreso –come riuscisse a esprimere entrambe era un mistero anche per Lanì, la sua donna– disse:
       «Sei la mocciosa rompiballe. Giusto?»
       «Giusto! Ciao Amarant!»
       «Ciao Eiko. È da un po’ che non ti si vede in giro.»
       «Ho tante di quelle cose da dirti!»
       «Ok, ma non in questa officina di incapaci.» fece mettendo il braccio enorme davanti all’oggetto che aveva appena criticato.
       «Perché, cosa avevi chiesto di farti fabbricare?» chiese Eiko notandolo, non riuscendo a intravedere l’oggetto oltre le spalle enormi dell’amico.
       «Niente di particolare, sanno cosa farci. Che ne dici di farci una chiacchierata davanti a un bel bicchiere? La reggi ancora la birra vero?»
        «Se la reggo? Ah! Alle feste io e mio padre facciamo a gara e lo batto sempre!»
       «Sai che ci vuole a battere a un vecchio incrocio fra un insetto e un batrace.»
       «Vuoi provare?» chiese con aria di sfida mettendosi le mani ai fianchi.
       «Provaci tu, semmai.»
Mentre raggiungevano un locale ai limiti del villaggio, Eiko gli spiegò un po’ la situazione. Dopo avergli dato una leggera infarinatura del suo sospetto Amarant disse:
       «Ah, ma possibile che la gente che abita questo pazzo mondo non riesca a farsi i cazzi propri? Se me ne capita uno fra le mani lo squarcio con gli artigli.»
Una minaccia del genere avrebbe fatto comparire una smorfia di disgusto o di paura sulla faccia di una qualsiasi persona, debole di cuore o dura. Eiko invece rise. E anche Amarant: ecco perché dopo tutti quegli anni erano ancora amici.            
 
 
 
Al largo del continente dimenticato. Isola centrale. Ora.
 
 
L’uomo nascosto nell’ombra si rigirò il frammento di pietra nera lucida tra le dita, rapito dai giochi di luce che la scarsa illuminazione generava al suo interno.
       «Dunque, sei davvero sicuro che questa sia la cosa che stavamo cercando?» chiese la sua voce baritonale.
       «Assolutamente: anche utilizzando un piccolo quantitativo di energia, i risultati sono… veramente notevoli.» rispose l’interlocutore, che si tolse l’elmo a punta, uguale a quello delle guardie di Lindblum rivelando una folta chioma scura.
Un sorriso con denti dorati illuminò il volto dell’uomo, che chiese:
       «La natura di questo minerale è quella che sospettavamo?»
       «Senza dubbio. Adesso però viene la parte difficile del piano.»
       «Hai il mio consenso a procedere, Kuja.»
 
 
       
 
 
 
Beh, mi sono rifatto con questo capitolo, eh? Nuova città, nuovi impieghi, vecchi amici… ma soprattutto nuovi e vecchi nemici! Chi sarà questo Kuja dai capelli neri? E che centra l’uomo con i denti dorati e quello che stava rigirando tra le dita? Continuate a seguirmi e lo scoprirete!
 
 
IF YA SMEEEEEELLL!!! WHAT THE ALEX IS COOKING!!
 
 
 
 
p.s: (per chi non lo sapesse fra qualche giorno c’è wrestlemania, con il mio idolo, The Rock!)         

   
 
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