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Autore: Selene Silver    08/04/2011    2 recensioni
Izzy Stradlin, nome d'arte di Jeffrey Dean Isbell (Lafayette, 8 aprile 1962), è un chitarrista e cantante statunitense, famoso per aver suonato nei Guns N' Roses dal 1985 al 1991.
Quarantanove anni e sei ancora il sogno proibito dell'adolescente allupata qui presente! Tanti auguri, IzzyBell; per il tuo compleanno ti ho regalato Axl!
(Tre capitoli scritti in tre momenti diversi della vita di Izzy: diciannove anni, a Lafayette, ventinove in tour con i Guns e adesso... aspettatevi delle belle e recensite! =D)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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1981

Jeffrey Isbell odiava i compleanni. In linea di massa, odiava tutte le feste: sì, i regali facevano comodo e per una volta era bello vedere la gente che si sorrideva per strada. Certo, se non si faceva caso all'ipocrisia o non si era troppo occupati a cercare una dose d'insulina.
Il giorno del suo diciannovesimo compleanno si alzò di pessimo umore - be', già il pensiero di dover andare a scuola lo rendeva sofferente - e tentò di sgattaiolare fuori senza intercettare sua nonna. Inutile.
«Jeff!» esclamò, vedendolo già alla porta. «Vieni qui, non mi dai neanche un bacio? Devo tirarti le orecchie; diciannove anni non si compiono mica tutti i giorni!» Gli occhi le brillavano, e lui rimase immobile a sopportare le ben diciannove tirate sforzandosi di non alzare i suoi al cielo. A volte i modi infantili di lei lo seccavano a morte, anche se per il resto Granny era davvero fantastica: era stata lei la prima a mettergli una chitarra in mano e a presentargli i primi musicisti della sua vita.
«Dai, vieni, ti faccio la colazione.»
Jeff allungò lo sguardo verso l'orologio appeso al muro. «Mi dispiace, devo andare a prendere Bill. L'ultima volta che sono arrivato in ritardo mi ha mollato un cazzotto.»
La nonna rise. «Oh, allora corri. Sia mai che il tuo bellissimo faccino sia deturpato da un occhio nero!»
Il ragazzo sorrise ed uscì. A volte sospettava che Granny sapesse molto di più di quanto non dicesse, ma grazie a Dio lo conosceva abbastanza bene ed era abbastanza discreta da non andargli a fare domande indiscrete; sua madre invece era tutto il contrario. Quand'era venuta a Natale da Chicago, dove lavorava e viveva, si era subito insospettita sulla sua amicizia "fin troppo intima" (a sentir lei) con quel bizzarro ragazzo dai capelli rossi come il fuoco. L'aveva tartassato di domande. Jeff era felice che se ne fosse tornata nella sua grande città ed avesse smesso di rompere il cazzo per i suoi voti ai limiti del dramma ed i suoi capelli lunghi "da ribelle".
Il percorso da casa sua a quella di Bill era relativamente breve. La sua vecchia carretta sgasatissima sembrava voler cadere a pezzi da un momento all'altro, come al solito, ma, sempre come al solito, rimase insieme. Non appena svoltò nella via dove c'era la villetta dei Bailey notò subito la chiazza rossa dei capelli dell'amico, e subito si sentì nervoso.
Accidenti. Sarebbe stato un bel cazzo di compleanno, se avesse litigato con lui.
Frenò ed abbassò il finestrino. «Ehilà. Aspetti da molto?»
Il rosso non rispose; aprì la portiera ed entrò senza dire una parola. Jeff ripartì e si fermò al loro solito posto qualche isolato dopo, lontani sia da casa che da scuola.
«Ehm, Bill?» chiese, insicuro.
Alla fine, il ragazzo sbuffò. «Sei un danno, Isbell. Mi hai fatto aspettare un quarto d'ora… ma va be', è il tuo compleanno, non posso litigare con te.»
Jeff sbuffò. «Ti ho già spiegato che per me oggi è un giorno come tutti gli altri.»
Bill gli lanciò un'occhiata irritata. «Okay. Allora nessun regalo e non ti perdono per il ritardo. Preferisci che ti colpisca in faccia o da qualche altra parte?» Gli occhi verdi gli brillavano per il spasso. Lo stava prendendo in giro, e come al solito si divertiva un mondo.
Isbell roteò gli occhi. «Sei proprio uno stronzo.»
Il rosso rise, perfido. «Grazie. Allora buon compleanno, Jeff!» Gli si avvicinò e gli diede un bacio a schiocco sulle labbra, senza neanche toccarlo.
Il moro gli lanciò un'occhiataccia. «E questo me lo chiami regalo? Accidenti, Bailey! Credevo che avessi un po' più considerazione di me, dopo avermi scassato le palle tutto il mese con la tiritera di "cosa vuoi per i diciannove?"»
«E tu mi hai risposto di volere me» rise Bill.
Jeff arrossì, ma incrociò le braccia, caparbio. «Sì, e allora?»
Il rosso si allungò per accarezzargli il viso; aveva perso ogni malizia, ed ora nei suoi occhi verdi splendeva solo una grande dolcezza. «Allora sarei molto felice di regalarmi a te, per il tuo compleanno.» Gli allacciò le braccia dietro la nuca e questa volta gli diede un bacio di quelli veri e mozzafiato, con tanto di lingua e mani che s'infilavano dappertutto. I respiri di entrambi s'ingrossarono quando le dita di Bill iniziarono a tormentare l'elastico dei boxer dell'altro. Quando ormai le erezioni di entrambi erano diventate evidenti, il rosso si staccò con un sospiro.
Indicò l'orologio sul cruscotto. «Credo che almeno il giorno del tuo compleanno dovresti evitare di beccarti una nota di demerito per ritardo.»
Jeff mise il broncio. «Uffa, Bill. Non frega un cazzo della scuola né a te né a me, perciò dimmi la verità. Ti diverti a lasciarmi in sospeso, vero?»
Negli occhi verdi di Bailey si riaccese la malizia. «Lo ammetto. Stasera farò tutto quello che vorrai e per di più tu sarai davvero insaziabile, dopo l'astinenza, per cui… Parti, Jeff.»
Con un improperio davvero impudico rivolto alla madre del rosso, che non si scompose minimamente, Isbell ripartì. In capo a dieci minuti erano davanti alla scuola, appena in tempo per la campana.
«Ah, Jeff…» lo fermò Bill, prima che uscisse. «Tu continuavi a non rispondere se non con la tua libido, perciò ho dovuto ingegnarmi da me per farti un regalo. Spero ti piaccia.» Sembrava quasi timido mentre, pronunciando quelle parole, estraeva dalla tasca un pacchetto stropicciato. Il moro rimaneva sempre affascinato dai suoi cambiamenti d'umore: prima malizioso, poi dolce, e poi timido. Era uno dei motivi per cui sospettava di essersi innamorato di lui.
Prese ciò che il rosso gli porgeva e lo scartò. Gli occhi gli si fecero lucidi di risate quando vide cosa conteneva il piccolo involucro di carta da pacchi: era un plettro a forma di cazzo. «Sei proprio un imbecille, lo sai?»
Bill rise. «Se non altro penserai a me tutte le volte che suonerai.»
«Penso già a te tutte le volte che suono, Bailey.»
Il rosso lo guardò con la punta della lingua che gli sfiorava l'angolo delle labbra. Jeff si chiese se si rendesse conto di quanto fosse sensuale quel gesto: conoscendolo, probabilmente sì. Bailey gli fece scorrere un dito sul petto, seguendo i bottoni della camicia vecchia e lisa, finché non arrivò alla cintura. Il moro trattenne il fiato.
Bill tolse di scatto il dito e si mise a ridere. «Allora ci penserai ancor meglio!» esclamò, scendendo dalla macchina.
Jeff lo seguì, borbottando un: «Brutto stronzo.»
«Grazie, lo so!» ribatté Bill, avviandosi verso le porte mentre suonava la campanella.

Era tornato pieno di malizia, un ragazzo di strada perfettamente virile. Mentre lo seguiva per i corridoi, quasi ipnotizzato dai suoi fianchi stretti, Isbell non poté impedirsi di pensare che si era fottutamente innamorato.

  
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