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Autore: Falling_Thalia    10/04/2011    1 recensioni
Josephine Lacroix ama il suo lavoro più di qualunque cosa. Dedica le sue giornate ai suoi scrittori e ai loro manoscritti. Giovane talento e punta di diamante della Casa Editrice, le viene affidato un progetto di un autore molto influente. Vorrebbe rifiutare ma le condizioni del lavoro glielo impediscono.
Una volta venuta a contatto con il suo nuovo Scrittore si pente amaramente di aver accettato ma, ormai intrappolata in quella enorme villa dai mille segreti, dovrà seguirlo in ogni passo.
Alec Sougrènt e i sui modi di fare metteranno la vita di Josephine in subbuglio, sopratutto nel momento in cui il suo più grande segreto verrà svelato.
Benvenuti a Villa Sougrènt, la Villa del Vampiro.
Genere: Commedia, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Saaaalveee ^^
Sono tornata con l'ottavo capitolo!! yeeee *____*
Che ne dite, era ora no??
Mi scuso moltissimo con tutti ma ho avuto qualche problemino con la mia ispirazione anche se alla fine il capitolo è venuto lungo più o meno sette pagine di word...XD
Ah, ho anche creato una nuova Cover per celebrare un evento che segnerà una svolta nella storia! Godetevela!




Agosto era alle porte e il romanzo quasi a metà.
La vita aveva ripreso a scorrere tranquilla, niente e nessuno turbava la quiete di Villa Sougrént.
Ma, nonostante la calma apparente, Josephine continuava a fare quell’incubo ricorrente che la sfiancava ogni notte. Alec le aveva dato un periodo di stacco per rilassarsi.
Un giorno, mentre era in piscina con Adriàn, ricevette una chiamata da una sua vecchia amica.
<< Pronto? >>
<< Josephine? Sono Amelì! >>
<< Amelì! Che piacere risentirti dopo tanto tempo! Come ti vanno le cose? >>
<< Bene grazie. E tu? Ho sentito che hai per le mani un lavoro importante! >>
<< Wow, le notizie corrono eh? >>
<< Già! Beata te che te ne stai tutto il giorno tutti i giorni in quella stupenda Villa con quell’uomo così affascinante… >>
<< Ehi, conosco quel tono di voce! Se proprio ti interessa saperlo la risposta è no. Non ci sono andata a letto! >>
<< Io non ho detto nulla! >>
<< Però l’hai pensato! Comunque sia sono già impegnata…>>
<< Sul serio?! Come si chiama?! >>
<< Adriàn Ma- >>
<< Oh Mio Dio! Ma allora se tu la sua nuova fiamma! >>
<< Eh?! >>
<< A Berlino è molto conosciuto e alcune mie colleghe seguono ogni gossip che lo riguarda! >>
<< Sul serio? >>
<< Certo! Hai fatto davvero un bel colpo piccola J! >>
<< Grazie, grazie. Ma dimmi…come mai questa improvvisa chiamata? Pensavo fossi ancora a Berlino. >>
<< Sono dovuta tornare per alcuni problemi familiari… >>
<< Non si tratta della piccola, vero?! >>
<< No, no. Lei sta anche troppo bene >>
<< Meno male. Comunque, perché mi hai chiamata? >>
<< Ci deve essere per forza una ragione? Non potevo aver solamente voglia di sentire la mia migliore amica? >>
<< Questo non lo nego ma ti conosco. Se mi hai chiamata così all’improvviso deve esserci una ragione. >>
Qualche secondo di silenzio e un sospiro poi Amelì riprese a parlare.
<< Ok, un motivo c’è. >>
<< Dimmi tutto. >>
<< La moglie di mio fratello maggiore ha avuto dei problemi di salute e adesso è ricoverata in ospedale e lui non si può più prendere cura di Janette. Mi chiedevo, visto che tu sei l’unica qui a Parigi oltre a mio fratello su cui posso contare, se ti potessi prendere cura di lei per qualche giorno…>>
<< Amelì tu sai bene che farei di tutto per te e per la piccola ma quella non è casa mia, non so se posso. >>
<< Ti prego!!! >>
Josephine sospirò. Non poteva dirle di no, non a lei.
<< Va bene. Chiederò oggi stesso ad Alec. >>
<< Grazie mille Josy, sei davvero la migliore. >
<< Questo e altro per te. >>
<< Ti voglio bene. >>
<< Te ne voglio anche io. >>
<< Au revoir Mademoiselle Josephine. >>
<< Auf Wiedersen Fräulin Amelì. >>
Una risata complice partì da entrambe le parti prima di riattaccare.
Qualche ora più tardi in Villa, ne discusse con Alec. L’uomo era riluttante all’idea di avere una “mocciosa” di dieci anni che girava per casa ma, un po’ di moine e occhi dolci bastarono a dissuaderlo. D’altronde lui avrebbe fatto qualunque cosa la rendesse felice. Tutto pur di averla sempre con se.
Il giorno seguente, dopo aver informato Amelì si recò a casa sua per prendere Janette. Al suo arrivo la bambina gli si gettò tra le braccia.
- Zia Josy!!! –
- Janette! Piccola mia, come stai? –
- Bene. Amelì mi ha detto che vivrò con te in un castello! –
Josephine alzò gli occhi verso l’amica che le fece spallucce.
- Bhe, è una villa ma è bella grande! –
Janette parve non notare la differenza tra le due definizioni, era contenta ugualmente.
Dopo saluti e salutini caricò le valigie sulla Peugeot verde e partirono alla volta di Villa Sougrént.
Arrivate al cancello d’ingresso Janette era già felice come una pasqua e non vedeva l’ora di scendere dall’auto e correre a esplorare ogni angolo dell’enorme parco.
Alec le stava aspettando nel salone, le tende semi scostate per l’occasione.
- Siamo arrivate! –
La voce di Josy echeggiò nell’atrio. L’uomo si alzò dal divano e le andò in contro. La donna era in piedi al centro della stanza mentre una bambina si guardava intorno curiosa.
- Bentornata. –
- Grazie. Comunque, lei è Janette. –
La bimba, sente dosi nominare sfoggiò un sorrisone infantile che li fece intenerire entrambi. I lunghi capelli castani erano attraversati da ciocche bionde. Gli occhioni azzurri scintillavano eccitati.
Janette, senza aspettare che l’uomo si presentasse, gli si avvicinò e prese a fissarlo dritto negli occhi.
- Tu sei il fidanzato di Zia Josy, vero? –
Josephine si sentì svenire mentre lui scoppiò a ridere.
Abbassandosi verso di lei, incollò il suo sguardo a quello cioccolato della donna.
- Piccolina, a te piacerebbe se io lo fossi? –
- Si!! Sei bellissimo come lei e quindi dovete stare insieme! –
Alec, che non aveva spostato il suo sguardo di un millimetro, sorrise malizioso e allusivo alla donna che lo stava guardando con fare omicida.
Ma, nonostante tutto, continuò a chiacchierare imperterrito con la piccola Janette.
- E dimmi piccola, cosa dovremmo fare io e la Zia Josy per sembrarti una vera coppia? –
La bimba sorrise, innocente.
- Il mio fratellone e sua moglie facevano tutto insieme. Cucinavano,mangiavano,pulivano insieme. Si coccolavano e dormivano nello stesso letto. –
Josephine sgranò gli occhi a quella risposta. Cercò di fermare quel discorso lanciando un’occhiataccia all’uomo ma lui scrollò le spalle e andò avanti.
- Capisco. Quindi vorresti dormire con noi? –
- Posso? Sul serio?! –
- Certo. Sarai la benvenuta nel nostro  letto ogni volta che vorrai. –
Alec sembrava ancora più entusiasta della bambina a quel pensiero.
Aveva anche calcato la voce sull’aggettivo possessivo e Josephine si innervosì parecchio all’idea di dover dormire con lui.
Ma come Alec non avrebbe deluso lei, lei non avrebbe deluso Janette. La piccola aveva bisogno di stabilità e, se fingere di fare coppia con Alec gliel’avesse fornita, l’avrebbe fatto. Cascasse il mondo.
- è tutto vero Zia Josy? –
Chiese la bambina entusiasta girandosi verso di lei. Josephine fissò prima Alec poi lei.
- Si, è tutto vero. –
Confermò sorridendo alla fine.
- Che bello! Finalmente una famiglia tutta per me! –
La donna a quelle parole si arrese definitivamente a ciò che l’aspettava. Se si trattava solo di dover dormire nello stesso letto ce l’avrebbe fatta, forse.
Come se avesse intuito il suo piccolo sollievo, Janette avanzò un’ultima richiesta.
- Vi date un bacio? –
Quella proposta, pronunciata da una bimba innocente, la faceva sembrare banale e cast ma lei sapeva di non poter contare troppo sulla “castità” di Alec.
Josephine si portò vicino all’uomo, gli mise le mani sulle spalle e gli sussurrò in un orecchio.
- Approfittane e sei morto. –
Lui si scostò e le stampò un sonoro bacio sulla bocca.
- Di certo non davanti alla piccola. –
Disse lui ancora a pochi millimetri dalle sue labbra. Lei lo guardò torva ma riprese a sorridere come se niente fosse.
- Contenta? –
- Si! –
- Bene, adesso lo zio Alec ti porta a vedere il giardino ok? -
- Ok! –
- Comincia pure ad andare, ti raggiunto subito! –
- Va bene! –
La piccola peste uscì dalla casa correndo verso l’enorme parco che circondava la villa.
- Approfittane per spostare le tue cose in camera mia. –
- Perché? –
Alec sospirò.
- Perché faremo stare Janette nella tua stanza e tu verrai da me. –
- …Forse avrei dovuto rifiutare…. –
Disse mentre saliva le scale. Alec rise e uscì in giardino.
La sera, nonostante di solito cenasse solo Josy, si trovarono tutti in sala da pranzo dove Chloe servì la cena allegramente. Sia lei che Claude erano rimasti colpiti dal modo in cui Alec si comportava con la piccola Janette ma erano anche tanto contenti di avere una bambina in giro per casa.
Verso le nove e mezza di sera la piccola cominciò a dare segni di cedimento.
- Hai sonno? –
Le chiese Josy da dietro un libro.
- Si… -
- Ok, aspetta qui un secondo. –
- Mmh… -
La donna andò a chiamare Alec.
- Janette ha sonno. La porto di sopra. Per evitarle preoccupazioni predi il PC e vieni in camera. –
- …Ok. –
Scomparve per il corridoio mentre Alec si ritrovò a pensare che sarebbe stata una madre terribilmente perfetta.
Qualche minuto più tardi la raggiunse al piano superiore. Stava dando la buona notte alla piccola.
- ‘Notte Piccolina. –
Si intrufolò nella stanza per salutare.
- Notte Piccola peste. Per qualsiasi cosa la nostra stanza è quella con la porta aperta, ok? –
Janette annuì.
- Notte Zia Josy, Notte Zio Alec. –
Entrambi uscirono lasciando la porta aperta.
Josy si fermò in bagno e Alec si diresse verso la camera da letto. Lei si cambiò indossando una camicia da notte blu con le spalline che arrivava giusto qualche centimetro sopra il ginocchio.
Uscì dal bagno e il cuore prese a batterle freneticamente.
“ Calma e sangue freddo…”
Nonostante tutto era nervosa. L’idea di dormire con Alec la tormentava. Non sapeva spiegarsi il perché ma sentiva che quell’uomo faceva uno strano effetto a tutto il suo corpo ogni volta che la toccava.
è perché ti eccita….♦
Una vocina che proveniva dalle profondità del suo cervello le rispose facendola arrossire violentemente.
Da qualche parte nel suo subconscio la risposta, scontata fin dall’inizio, tornò a galla prepotente.
A passo lento entrò nella camera da letto. Uno sguardo veloce le bastò per capire da chi era stata arredata.  La base del letto era rotonda ma il materasso era rettangolare. Una moltitudine di specchi erano montati dietro alla testata e riflettevano la luce dell’elegante lampadario. Le pareti, dipinte di rosso carminio, si intonavano alla perfezione con le pesanti tende appese alle finestre aperte. Alec era seduto sul letto e aveva il portatile sulle gambe. Gli occhi coperti da occhiali riposa - vista e i capelli legati in una piccola coda. In dosso solo una leggera maglietta di lino bianca e un paio di calzoncini di una qualche tuta.
In poche,semplici e concise parole era dannatamente eccitante.
- Vieni o hai intenzione di rimanere sulla porta? –
Disse senza nemmeno staccare gli occhi dal portatile.
- …Mmh… -
Ancora rossa in viso camminò verso il lato del letto lasciato libero. Il materasso sprofondò impercettibilmente sotto al suo esile peso.
Alec si voltò e vide Josephine avvolta nella camicia blu notte. Sgranò gli occhi. Non credeva che si presentasse solo con quella addosso. Sperare in un pigiama anti-stupro era già tanto.
Cercò di calmare i bollenti spiriti alla vista di quel corpo che trovava afrodisiaco.
Spense il computer e lo posò sulla scrivania.
Josy notando la pausa di silenzio, aprì gli occhi che erano rimasti chiusi, coperti dal braccio che aveva posato sopra il viso, e si trovò a fissare l’uomo che aveva lo sguardo fisso sul suo corpo.
Sostenne il suo sguardo per qualche secondo poi richiuse gli occhi, imbarazzata da quella situazione.
- …Vado a cambiarmi… -
Fece per alzarsi dal letto quando Alec la afferrò per un polso.
- …Devo cambiarmi…lasciami… -
Senza dire una parola la strattonò facendola cadere di schiena sul letto.
Le si accostò e rimase a fissarla per una frazione di secondo prima di alzare una mano e cominciare a percorrere con le dita il profilo del suo volto soffermandosi prima sulle labbra, poi sul collo, sulle spalle, sul ventre per poi risalire e soffermarsi sui seni.
Le sue labbra si posarono sul suo collo baciando e leccando ogni centimetro di pelle con cui venivano a contatto. Proseguì la sua tortura portandosi a pochi centimetri dalle labbra della donna che, sotto a quel tocco e a quei baci stava fremendo.
Quell’attimo in cui i loro sguardi si incrociarono rimase sospeso nell’aria. Gli occhi cioccolato di Josephine erano diventati lucidi e profondi e Alec si sentiva trascinato in un vortice senza ritorno.
Josy distolse lo sguardo. Per quanto non le dispiacesse essere toccata e guardata da lui, non era capace di reggere il suo sguardo per troppo tempo. Tutto il suo corpo si infiammava sotto i suoi occhi cobalto e perdeva ogni capacità di controllo.
Alec si mise cavalcioni sopra di lei e le rese il viso tra le mani costringendola a fa rincontrare i loro sguardi.
Lei aveva le gote arrossate, gli occhi lucidi e pieni di desiderio, il fiato corto.
Lui…bhe la sua eccitazione era piuttosto evidente.
Notando uno l’eccitazione dell’altra si lasciarono completamente trasportare.
Lui la baciò con urgenza, deciso a mettere fine a quella tortura quanto prima. Ma Josy non sembrava essere dello stesso avviso. Più i baci si approfondivano meno riusciva a essere razionale. Quella che prima era stata solo una vocina nel suo subconscio ora era diventata l’unica parte pensate di lei e pensava a una cosa sola: Fallo!
Senza pensarlo due volte inarcò la schiena cercando di far aderire il suo corpo a quello dell’uomo. Lui, intuendo le sue intenzioni non si lasciò sfuggire l’occasione. Si sdraiò sopra di lei facendo combaciare perfettamente i loro corpi. Le mani di Josy si aggrapparono alla sua maglietta e cercarono di sfilargliela; se la tolse facilitandole il lavoro. Quando le mani di Alec scesero con urgenza sul suo corpo Josephine si lasciò andare del tutto. Continuando ad inarcare la schiena per approfondire il contatto, si sfilò la camicia da notte rimanendo solo con addosso un paio di slip, il seno nudo. Alec alzò lo sguardo sul suo corpo e sorrise ammaliato. Stava per riprendere da dove si era fermato quando sentì la porta d’ingresso sbattere violentemente.
L’uomo, seppur restio ad alzarsi da quel letto, scese a controllare che fosse successo lasciando Josy stesa sul letto, seminuda un po’ spaventata ma ancora estremamente eccitata.
Dieci minuti dopo Alec non era ancora tornato e delle voci sempre più alte cominciavano a farsi sentire. Lentamente si rivestì e uscì dalla stanza. Si fermò nella camera di Janette e vide che la piccola stava ancora dormendo profondamente. Uscì e chiuse la porta per non disturbarla. Cercando di fare meno rumore possibile scese le scale, si fermò nell’atrio e tese l’orecchio. Nella stanza adiacente Alec discuteva animatamente con due sconosciuti.
- …è inutile, sappiamo che è qui! –
- Non tentare di nasconderla! La vogliamo! –
- è fuori discussione, andatevene! –
Alec pareva irritato e anche parecchio. Sembrava non aver gradito l’interruzione che quei due avevano costituito.
Ad un certo punto Josy si sentì mancare. Era riuscita a spiare nel salone e a vedere i due uomini in faccia riconoscendoli come quelli che, da un mese a quella parte, popolavano i suoi incubi.
Si appoggiò alla parete, la fronte imperlata di sudore e il respiro irregolare.
Intanto il dialogo nella stanza accanto continuava…
- Alexandre, non perdiamo tempo. Dacci la donna. –
- Lo ripeto per l’ultima volta. Uscite da casa mia o sarò costretto a farvi molto male. Se Jean la vuole morta che venga a sbrigarsela di persona! –
I due uomini in bianco si guardarono per un secondo poi sparirono velocemente come erano apparsi.
Alec uscì dal salone e trovò Josephine accasciata a terra con il fiatone.
- Ehi piccola! Va tutto bene, sono qui. Che succede? –
 - …Quei due…loro continuano a uccidermi… -
Era confusa e tremava. Negli occhi un’espressione di puro terrore.
- Shh~ Niente panico. Ora sei al sicuro. –
- Mmh… -
Annuì poco convinta. Non era così convinta di essere fuori pericolo.
- Riesci ad alzarti? –
Scosse la testa. Non se le sentiva nemmeno più le gambe!
La prese in braccio e lentamente salì le scale fino alla camera da letto. La fece stendere e si sdraiò al suo fianco. Ancora scossa si rannicchiò contro di lui e appoggiò la testa sul suo petto. Lui le cinse la vita con un braccio e si addormentarono in quella posizione.
Quando alle nove Josephine si alzò nulla era cambiato. Arrossì violentemente quando i ricordi della notte appena trascorsa l’avvolsero. Era anche pronta ad accogliere il senso di colpa per aver ceduto alla tentazione ma non arrivò.
Scosse leggermente il capo e si diede un leggero schiaffo per svegliarsi.
Scese di sotto senza nemmeno controllare la camera di Janette dando per scontato che dormisse ancora. Ma, al piano inferiore, vide la bambina parlare con un uomo che non aveva mai visto.
Spaventata allontanò la bambina.
- Chi è lei? Che ci fa qui?! –
- Oh~ quanta scortesia! Stavo solo parlando con la bambina! –
Josy si fermò qualche secondo ad osservarlo. Era relativamente giovane, doveva avere al massimo una trentina d’anni. I capelli rosso fuoco gli ricadevano sulle spalle, lisci e incorniciavano il viso sul quale spiccavano due occhi verdi smeraldo.
Il viso dell’uomo si aprì in un sorriso che fece venire i brividi a Josephine.
- Non ha risposto alla mia domanda. –
- Mi stai dicendo che non ti ricorsi di me? Mon cherì questo mi spezza il cuore… -
Josy non aveva mai visto quell’uomo in  tutta la sua vita e tutta quella confidenza la infastidiva parecchio.
- Non ho la più pallida idea di chi lei sia quindi se ne vada! –
Lo sconosciuto scosse la testa lentamente schioccando la lingua.
- Louren, Louren, Louren…vedo che nonostante tutto questo tempo il tuo caratteraccio non è cambiato… -
- Zia Josy…dov’è Zio Alec? –
Josephine si voltò vero la bambina.
- Perché non lo vai a svegliare? È in camera nostra, digli che abbiamo ospiti. –
La bimba scomparve per le scale e lei si sedette sul divano.
- È chiaro che lei non ha alcuna intenzione né di dirmi come si chiama né di andarsene. Quindi non le dispiacerà aspettare il padrone di casa… -
- Affatto. Sono qui giusto per lui… -
Un paio di minuti dopo una figura ancora addormentata fece la sua apparizione nella stanza.
Alec si svegliò completamente alla vista dell’uomo seduto sulla sua poltrona.
- Alla fine hai deciso di scomodarti… -
- Già….ora mai gli assistenti sono buoni solo a piantar grane… -
- Comunque sia, non sei un po’ troppo mattiniero? –
- In effetti…ma vedi mio caro Alexandre, certe cose non possono aspettare. –
L’uomo si voltò verso Josephine che si era seduta sullo sgabello del pianoforte dietro di lui e le lanciò un’occhiata veloce prima di riprendere il filo del discorso.
- Mi sorprende che Louren non si sia ancora fatta viva…sono passati già quanti? Tre mesi? –
- Sì. –
- è inutile che ti dica che è tutto a tuo rischio e pericolo… -
- Esatto, è inutile. Sono preparato a subire le conseguenze del suo ritorno. –
L’individuo che ancora non era stato identificato con nessun nome in particolare rise sotto i baffi.
- Oh, ne sono certo…ma non sarebbe meglio dare a me la fonte di tutti i tuoi problemi? Hai già fallito una volta e io non vorrei ritrovarmi di nuovo nella situazione di dover girare il mondo in cerca delle Nobili Famiglie per rifare da capo il Consiglio dopo che una donna assetata di vendetta ne ha dimezzato i membri. –
Lo sguardo di Alec si affilò e puntò i suoi occhi cobalto sulla donna. Sembrava un cerbiatto spaventato che cerca di apparire più forte di quello che è. Di certo non sembrava per niente la donna che, cent’anni prima, aveva sterminato senza fatica tre quarti degli uomini più forti dell’intera comunità.
- Sai bene che non è un mio problema. –
- Oh si che lo è. La colpa è solo tua. –
- Io non l’avrei mai toccata e tu questo lo sapevi benissimo anche all’epoca! –
- Ah è vero…tu l’amavi! Ma questo non mi sembra ti abbia messo qualche scrupolo nei confronti di suo fratello… -
Dolore e rabbia si dipinsero in successione sul volto di Alec. Per quanto detestasse ammetterlo Jean aveva ragione. Quella era la cosa peggiore di cui si era macchiato in tutta la sua lunga esistenza.
- …Ne sto ancora pagando le conseguenze. Il senso di colpa non è così facile da eliminare. –
- …Immaginò sia così. Ora però non ho tempo per i sentimentalismi. Sono qui per un motivo e pretendo che tu mi consegni quel che voglio. –
- in primo luogo non  parlare di lei come se fosse un oggetto. E poi, credi davvero che si lascerà eliminare senza opporre resistenza? –
Jean ruppe il silenzio della stanza con una fragorosa risata.
- Alexandre, tu mi stai sfidando. –
Alzò una mano e mosse un dito come per dire “vieni qui” e Josephine, completamente incapace di controllare le sue azioni, si alzò dallo sgabello dirigendosi verso Jean. Lui, che ancora aveva la mano alzata, fece segno alla donna di sedersi sulle sue gambe. Lei, senza poter fare nulla per impedire al proprio corpo di muoversi, ci si sedette sopra.
- Bene, bene. Siamo ubbidienti eh? –
Lo sguardo della donna era pieno di paura e confusione. Non capiva come potesse farle una cosa del genere. Era
orrendamente surreale.
- Jean! Che intenzioni hai?! –
L’uomo sorrise sornione.
- Visto che mi sto annoiando, la riporto indietro. –
Alec si immobilizzò.
- No, non farlo! –
- Oh sì. Sì che lo farò. –
Alexandre si alzò di scatto cercando di strappare Josephine dalle grinfie del capo del Consiglio ma fu respinto con un semplice gesto della mano.
- Alexandre, sta buono e goditi lo spettacolo. –
Provò ancora ad alzarsi ma i suoi piedi sembravano non essere interessati a muoversi dal pavimento.
- Torniamo a noi Madamoiselle Louren…perchè non cominciamo con un piccolo giochino di memoria? Dimmi, chi sono io? –
La donna, seduta sulle gambe di quello sconosciuto parve disorientata.
- Io…non lo so…non so chi lei sia… -
L’uomo assunse un finto broncio.
- Pensaci bene… -
Le sussurrò in un orecchio. Lentamente le scostò i capelli dal collo e cominciò a mordere lievemente ogni centimetro di pelle. Poi, in modo molto languido, succhiò dove prima aveva morso lasciando dei piccoli lividi ogni qual volta che si spostava.
Il terrore prese pieno possesso di Josephine scavando nella parte più recondita e buia della sua memoria.
{Una donna dai capelli mossi e neri giaceva nuda su un letto. Le labbra erano bagnate dal liquido scarlatto che le colava fin sopra la gola a lato della quale spuntavano due piccoli buchi. Sopra di lei un uomo, anch’esso nudo, giocava con il suo corpo strappandole ansiti sconnessi. Il suo collo riportava un morso dal quale il sangue usciva lentamente. La donna si alzò fino a saggiare quel nettare prelibato facendo gemere l’uomo in modo gutturale. }
Poi niente.
L’immagine del salotto di casa Sougrént le si parò davanti.
- …Jean…maledetto bastardo lasciami andare! –
_______
...Mmh...
Non so davvero come commentare questo capitolo, voi che dite??
Allora...Jean ha fatto la sua comparsa...bha che personaggio eh? XD
Josy si sta lasciando andare un po' troppo....e senza nemmeno avere sensi di colpa per aver praticamente quasi messo le corna al povero Adriàn...
Oddio "Povero" è un'esagerazione...non è proprio così buono come sembra e ve lo dimostrerà nel prossimo capitolo...
Cattivo cattivo Adriàn...ù.ù
E Alec?? 
Quanto non è tenero con Janette?
Poveretto anche lui...non riesce mai a concludere...l'unica volta che c'è riuscito ha dovuto cancellarle la memoria....
Mi sa tanto che andrà in bianco ancora per un bel po', almeno con la nostra Josy XD
Ok...basta se no escono troppi spoiler qui...v.v
Baci
_Akana_
{che tra poco diventerà .Tharya.}

 

 

   
 
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