- streams of whiskey.
- 22 febbraio 2011.
- «... e
questo avviene generalmente perché sei un idiota.» E a questa uscita mi aspetto
sinceramente un’ovazione da stadio, gente che si alza e mi fa i complimenti e
mi dice che io – sì, io – sono la più grande antropologa del mondo.
- Il problema
è che mi trovo in questo stanzino abbastanza incasinato, con un migliore amico
più incasinato dello stanzino – e probabilmente di me, custode dell’ormai
celebre stanzino che per comodità io chiamo camera da letto.
- Robert mi
guarda con quella faccia da cucciolo bastonato, precisamente quella che mi fa
venire voglia di prenderlo a calci in culo ogni volta che lo vedo – e sì, anche
questa volta, non mi frega niente se è in crisi premestruale, santo uomo, ma
santa me, soprattutto.
- È seduto
sul mio letto e continua a stropicciare le lenzuola. Abbassa lo sguardo e fa un
mezzo sorriso. Bene. Ora, la più grande antropologa del mondo – sì, io, dico –
sostiene che dalla fase cucciolo-bastonato si passerà alla fase
hai-ragione-sono-un-coglione-cosa-devo-fare?
- «Hai
ragione. Sono un coglione. Ma cosa posso farci?»
- Datemi il
Nobel! Lo voglio adesso. Cioè, l’hanno dato ad Obama e non a me, l’unica in
grado di comprendere decentemente l’arzigogolata mente Pattz-ish? Ah, che
delirio d’onnipotenza, mi sento così stranamente soddisfatta che potrei farmi
pat pat da sola sulla spalla e pure i complimenti. Ma quanto sono un genio,
nooo, ma quanto?
- «Uhm,
scusa, Peggy, non è per interrompere la tua piacevole conversazione col
cervellino, ma io qui avrei un problema eh.»
- «Sì,
gli assorbenti stanno sul secondo scaffale, accomodati pure.»
- «Non
sto scherzando, torna in questo mondo, ho bisogno di te.»
- E qui
scattano le paroline magiche.
- Peggy l’antropologa
– che suona diecimila volte meglio di quella puttana di Dora l’esploratrice – è
pronta ad aiutare il suo migliore amico.
- Il Tamigi
scorre in un gorgoglio profondo, il rumore mi giunge assieme al vento e le
foglie dei salici piangenti si muovono pigre in un’armonia prestabilita che mi
solletica fino i polsi. Robert ed io camminiamo piano, per un po’ non ci
diciamo nulla. Ma ho bisogno di sapere. Devo capire perché lui e lei hanno
litigato – naturalmente, mettendo da parte il fatto che lui è un idiota, e
questo perché a lei non pare molto interessare.
- Lei.
- Lei è l’unica
lei che ci potrebbe essere per l’ormai specie in via d’estinzione – e per
fortuna! – Pattz-ish. Lei è quella lei che porta sciarpe verde speranza e gli
orecchini grandi, a forma di acchiappasogni, che probabilmente i sogni del
Pattz li ha tutti catturati e glieli ha fatti esaudire, quella lei con cui
canta Van Morrison e i Pogues, quella lei per cui Robert ha del tutto perso la
testa e per cui ogni volta che leggo L’antologia di Spoon River ci penso che
sì, è vero:
- Viandante,
- amare è
ritrovare la propria anima
- attraverso
l’anima dell’amato.
- Ma lui
e lei hanno litigato. Credo. O almeno, Bob è corso qui come avesse sua nonna
alle calcagna – moglie di un generale e despota della famiglia, che gran donna
coi cosiddetti. Spaventato e piangente, tanto da ricordarmi la disastrosa
serata passata a guardare La Principessa e il Ranocchio, in cui, alla morte di
Ray la lucciola, ha così tanto frignato e urlato contro il mondo crudele da
chiamare sua madre per farsi fare le coccole alla cornetta. La saggia Clare gli
ha giustamente chiuso in faccia.
- «A cosa
pensi?»
- «Cerca
con Dora i cristalli perduti!» Solo in un secondo momento mi rendo conto di
quel che ho detto. Mi schiarisco la gola mentre Bob mi guarda stranito, abbozzo
un sorrisetto e gli dico: «Cioè. Mi chiedevo cosa fosse successo.» Lui fa per
aprire bocca, ma lo blocco. «Ho capito che hai combinato un casino e ripeto,
questo avviene generalmente perché sei un idiota, e non guardarmi così,
sciagurato!, sono fin troppo gentile!»
- Lui sbuffa
e, offeso, si gira a guardare l’acqua che scorre. Si ferma di botto e io faccio
lo stesso. Noto che non s’è fatto la barba e che il suo cappellino di lana è
completamente sciupato. Ottimo! Adesso so cosa regalargli per Pasqua. Questi sì
che sono momenti utili. Già mi immagino andare da Lillywhates per prendergli il
cappellino, fargli un bel pacchetto e appiccicarci un adesivo col coniglietto. Robert
sarà entusiasta! E sospetto soprattutto per l’adesivo col coniglietto.
- «Ti
prego, non dirmi che stai pensando ancora a Cerca con Dora i cristalli perduti.»
- «Mah. Per
dir la verità pensavo ai Barbapapà. Ma non importa. Lasciamo perdere e adesso
racconta tutto a zia Peggy: cosa sta succedendo?»
- Robert
finalmente si gira e mi osserva. Mi da una leggera spintarella e riprende a
camminare.
- Ooh. Ho
capito!
- «Dimmi
la verità, Bob. Non hai le mestruazioni. Sei in menopausa.»
- «Guarda
che non sei divertente.»
- «Lo so.
Sono una figa, modestamente.»
- «Ma
smettila.»
- «Dai,
adesso racconta.»
- Tentenna
per un po’. «Ma mi prometti di non ridere?»
- «Cavolo,
Rob, se riesco a trattenermi dal ridere guardandoti in faccia, vuoi che non
riesca a resistere alle stronzate che sparerai?»
- «Ecco,
visto? Con te non si può essere un attimo seri. Mi fai impazzire.»
- «Woah, amico,
vacci piano eh.»
- Sospira
profondamente e si ferma di nuovo. Si passa una mano sul volto e mi rendo conto
che forse devo cominciare a stare zitta.
- «Ti
ricordi quando a otto anni mi ero innamorato di Yaelsh?»
- «Certo
che sì. Pensavi che fosse Sherazade.»
- «Sì. E volevo
sposarla.»
- «Rammento
soprattutto questo particolare.»
- «Le
avevo pure regalato un anello di margherite.»
- «Che
avevo fatto io con le mie esperte manine.»
- «Manine
che ti giuro ti ficco in gola se non la smetti di interrompermi.»
- Metto su
il broncio.
- «Comunque,
le avevo chiesto di sposarla. Mi ha detto di no.»
- Sto per
dirgli sì, lo so, però mi muoiono le parole come vedo morire la luce dei suoi
occhi sotto le sue palpebre che, piano, si chiudono. Robert. Ma cosa mi vuoi
dire?
- «L’ho
capito allora. Che non mi sarei mai sposato, perché, dai, ma come potrei
rendere felice mia moglie? Sono capace solo di fare cazzate.»
- Piano,
mi avvicino a lui. Gli prendo la mano. «Sì, Robert, sai fare solo cazzate. Tipo
questa.»
- Ridacchia
e riapre gli occhi. «Sembro un complessato di una serie tv americana?»
- «Sì,
dolcezza.» Gli faccio l’occhiolino.
- «E’ che
io la amo. E lei mi fa bruciare dentro. Mi brucia l’anima. Mi brucia da quando
l’ho sentita cantare London Girl girando per Barnes, come se quella fosse casa
sua e tutti la conoscessero e il mondo fosse il posto più bello possibile, come
se Barnes fosse il posto più bello possibile, da quando l’ho sentita cantare
London Girl e ho capito che gliel’avrei cantata io. Mi bruciano le dita quando
gliela suono e mi brucia pure la gola quando le parlo e mi sembra che mi bruci
pure la vita. Lei mi brucia dentro. E io la amo. E io la voglio sposare.»
- «E hai
paura che ti dica di no?» Oddio, sto per mettermi a piangere. Ma quanto non è dolcissimo,
il mio bimbetto?
- «Ma non
mi ascolti o sei deficiente?» Stronzo. «Ho paura di non renderla felice!»
- «Io
giuro che ti butto dentro il Tamigi e ti faccio affogare.»
- «Scusami?»
Mi guarda ad occhi sbarrati e anche abbastanza preoccupato. Ho una vena
pulsante sulla tempia che minaccia l’esplosione a breve, se non mi calmo.
- «Mi hai
appena fottuto il premio per migliore cazzata dell’anno, ti rendi conto?»
- E lì
scoppia a ridere.
- Lei una
volta me l’ha detto. Se n’era resa conto. Robert si fa troppi problemi inutili,
ma d’altronde noi non ci possiamo fare niente, lo dobbiamo prendere così com’è.
- E poi,
diciamolo, dopo che glielo fai notare - e ci scappa pure qualche schiaffo
preventivo - riesce a rendersi conto di quanto è paranoico.
- Lo guardo
allontanarsi per raggiungere la macchina – e raggiungere lei e chiederle di
sposarlo e chiederle di vivere una vita insieme, di vivere la loro vita come se
fosse un’unica vita, di svegliarsi ogni mattina l’uno accanto all’altra, e
riaddormentarsi col fiato dell’uno contro il collo dell’altra, raccontarsi le
favole e imparare a volare, litigare, tirarsi i tubetti di dentifricio dietro
perché qualcuno l’ha lasciato aperto, nascondersi tra gli alberi di Hyde Park e
tornare bambini con quell’amore puro che sa di caramella, fare l’amore tra sospiri
di cannella, e poi il miracolo di una vita nuova, o magari più di una, come lei
ha sempre sognato.
- E mentre
lui mi saluta con la mano da dietro il finestrino, mentre mi passa accanto con
la macchina, mi rendo conto di quello che Peggy l’antropologa è riuscita a
compiere. E penso: Ma se quella meretrice di Dora l’esploratrice – ho fatto la
rima! – ogni volta che scopre un colore nuovo canta la cazzo di canzoncina di “E’
fatta!”, posso mica stare io senza una colonna sonora?
- Ah,
ovviamente la risposta è no. Per cui me ne sono tornata verso casa cantando a
squarciagola We can work it out, fino a quando non mi sono resa conto che c’era
più di un cane che aveva preso ad abbaiare disperato.
- Anche la
natura mi si è ribellata contro.
- e ovviamente
non potevo non infestare questa sezione. è che bobby mi mancava proprio tanto,
lo ammetto. e raccontare di lui è divertente. poi mi piace troppo questo suo
lato paranoico – sì, probabilmente lo vedo solo io.
- dunque.
qualche parolina su questa robina. è una raccolta. i capitoli saranno molto
brevi – tipo questo – e molto stupidi, più che altro è un modo per staccare
dall’altra ff che mi prende ogni singola forza e che sinceramente – me ne rendo
conto – è troppotroppo pesante. per cui, diciamolo, ne avevo bisogno. avevo bisogno
di vite come quella di peggy e di bobby e della lei della quale, ovviamente,
scopriremo il nome e la storia. saranno veloci spezzoni di vita londinese lungo
gli anni. e boh. non so più che dire, mi annoio da sola.
- e babbe’.
grazie per la pazienza, grazie se non mi manderete a quel paese, grazie a
prescindere.
- andate in
pace.
- p.s. la
citazione dell’antologia di spoon river – se non l’avete mai letta, che
aspettate, furbetti?, correte a leggervela! – viene dalla voce/lapide/ricordo/nonhomaicapitocosa
di mary mcneely.