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Autore: Fauxlivia    13/04/2011    1 recensioni
'Alex, Alex, Alex, ripigliati. Me lo dico allo specchio, nemmeno fossi DeNiro in Taxi Driver, per poco non mi tiro anche uno schiaffone, giusto per togliermi gli ultimi boccoli biondi dalla mente, ancora mi ondeggiano davanti, ne sento quasi il profumo'.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alex Karev, Altri, Izzie Stevens
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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' So "turn and turn again"
We are calling in all the ships
Every traveller please come home
And tell us all that you have seen
Break every lock to every door
Return every gun to every draw
So we can turn, and turn again '



« Fermati, Karev, vieni qui »

Stavo già andando nella direzione opposta con passo pesante, quella camminata per la quale mi si riconosce a chilometri di distanza. Perché ho appena fatto una cazzata. Perché non so stare zitto, non riesco a tenermi tutto dentro. L’ho detto, una volta, a George: io non funziono bene sotto pressione. Mi fermo, porto le mani ai fianchi stringendo i pugni, mi volto. Con rabbia. Il camice aperto mi svolazza alle spalle come un mantello. Sloan mi si avvicina di qualche passo, sembra volermi sovrastare. Ci riesce.

« Quante volte dobbiamo ricordare a voi specializzandi che con i pazienti bisogna usare un po’ di tatto, dottor Karev? Quella donna è spaventata, anche se sarà un intervento di routine e tu non hai il diritto di giudicarla. Si può sapere che ti è preso? »

Mi prende che sto scoppiando. Abbasso lo sguardo, poi lo rialzo, non so nemmeno se guardarlo negli occhi. Questa si chiama vigliaccheria.

Sono un esperto in vigliaccheria, da sempre. Strofino gli occhi con una mano, mentre i segni delle unghie che mi sono lasciato sul palmo stringendo i pugni pian piano spariscono. E sputo il rospo, dico tutto. Non vale la pena tenermelo dentro e rischiare di fare altre cazzate.

« La dottoressa… la dottoressa Stevens è in ospedale. E’ in ospedale e non so perché. E’ in ospedale e ogni due secondi mi guardo dietro le spalle per timore di ritrovarmela davanti all’improvviso »

Mi aspetto una ramanzina. Sono pronto. Anzi, la vorrei, perché è quello che mi merito, qualcuno che mi dia dell’idiota per la paura immotivata che provo.
Invece Sloan sembra quasi in imbarazzo. Imbarazzo per se stesso, non per me.
« E’ troppo, pensare di averla intorno, vero? » annuisce, senza guardarmi e in quel momento capisco che sta pensando a Lexie.

La sua è un’altra situazione sgradevole che mi è già toccato sopportare. Amare una donna e doverla vedere ogni tanto giorno mano nella mano con un altro. Non rispondo alla sua domanda, non ce n’è bisogno. Ma rialzo le spalle, mio malgrado risollevato. C’è qualcuno che soffre, esattamente come soffro io. Nessuno si salva dall’inferno dell’amore, signori.

« Senta mi dispiace per la paziente. Andrò a scusarmi prima dell’intervento » E’ il mio lavoro. E’ il mio dovere, cazzo. Non posso impazzire soltanto per averla vista una volta. Giro i tacchi prima che Sloan possa aggiungere qualcosa, infilando le mani nelle tasche del camice, raggiungendo le scale che portano al primo piano.
Scendo, saltando i gradini a due a due, passando quasi di corsa di fronte al tabellone degli interventi, che non guardo nemmeno.

« Karev! Karev fermati » perché tutti vogliono fermarmi? Perché tutti oggi vogliono parlare con me?

Fermo il mio passo accelerato, ma il cuore non vuole saperne di rallentare. Scarica di adrenalina. E’ la Bailey che mi richiama all’ordine, con sguardo torvo. La giornata non sembra andare bene nemmeno a lei.

« Dottor Karev.. so che oggi sarei impegnato con il dottor Sloan per l’intervento sulla signore Robins, ma ho bisogno che tu mi faccia un favore » la sua espressione cambia, sembra quasi di scuse. Congiunge i palmi delle mani, quasi stesse per mettersi a pregare. Io non capisco, così sto zitto, aspettando che dica qualcosa. Che si decida.

« Devi fare una visita preliminare ad una ragazza, quindici anni. Ha in programma per domani pomeriggio un trapianto di midollo osseo, il secondo negli ultimi quattro anni, per la leucemia. Occupati di lei »

Fa una pausa, come se non sapesse andare avanti. A me non sembra una tragedia, ormai sono abituato alle adolescenti malate che si affezionano ai dottori bellocci. Non riesco a capire perché me lo stia chiedendo quasi con un favore.

«Karev, ascoltami. Se ci fosse qualcun altro libero, di cui mi fido, non ti avrei dato questo compito. Immagino che possa essere difficile per te, ma sono anche sicura che ti comporterai al meglio. Adesso va, su, sparisci » Inarco le sopracciglia, non posso farne a meno. Lei mi congeda con un gesto della mano, voltandosi verso il tabellone degli interventi. Lo sta aggiornando, scrivendo il nome della ragazzina di cui dovrei occuparmi io. Hanna Klein, 15 anni, trapianto di midollo osseo.
 


 Sono le sei del pomeriggio. E’ tutto il giorno che corro da una parte all’altra di questo ospedale. Ho bevuto cinque caffè e ancora l’elettricità che ho nel corpo non mi basta.


Meredith e Christina si sono sedute al mio tavolo, durante la pausa pranzo, circondandomi come uccellino attorno ad un nido. Come se avessi bisogno di essere protetto.. forse è così
" Come stai, Alex? Sei riuscito a parlare con Izzie? "
Quando Meredith fa quella faccia, non la sopporto. Mi guarda come se avessi cinque anni e fossi appena caduto dalla mia biciclettina. Ho scosso la testa, alzato gli occhi al cielo, finendo di masticare un terribile panino al prosciutto, con una foglia di insalata che mi esce di traverso dalle labbra.
Parlo a bocca piena, giusto per far capire a tutte e due che sono nella mia fase di menefreghismo assoluto.
" Ma piantala. Io sto da Dio, non vedi? E non ho alcun bisogno di parlare con Izzie. Questo è quanto.. devo andare "
Non ho nemmeno portato via il mio vassoio. Se vogliono aiutarmi davvero, lo faranno loro per me.


Comunque, sono le sei del pomeriggio. L’intervento sulla signora Robins è terminato, sono persino riuscito a scusarmi con lei, prima di addormentarla. Sloan mi è sembrato soddisfatto. Ho preso la cartella di Hanna, dieci minuti fa, è da lei che sto andando. Salgo le scale – non riuscirò mai più a riprendere un ascensore – raggiungendo la stanza 29b, dove hanno sistemato la ragazzina. C i sono i suoi genitori con lei, una coppia giovane e in apprensione. Non ci si abitua mai alle malattie dei figli, anche se devi conviverci tutta la vita

« Signori Klein? Sono il dottor Karev, mi occuperò io di Hanna prima del trapianto. Dovremmo fare solo qualche analisi del sangue e poco altro, d’accordo?  »

Mi rivolgo più alla ragazza, che a loro. E’ distesa sul letto, la testa appoggiata al cuscino. Porta i capelli tagliati cortissimi, alla maschiaccio, scuri quasi quanto i suoi occhi. Che sono grandi ed espressivi, come quelli di un daino nella foresta. Lei mi sorride, annuisce, si sistema meglio i cuscini dietro la schiena, aiutata dal padre. Apro la cartella, scorrendo lungo il foglio di ricovero, inarcando un sopracciglio. Manca qualcosa

« Signori Klein, avete già un donatore compatibile? Nella cartella di Hanna non risulta, ma possiamo fare degli esami anche a voi per controllare, se ancora non sapete il vostro grado di compatibilità.. »

Vorrei andare avanti, continuare a spiegare loro la procedura, anche se questo iter l’hanno già subito quattro anni fa. Anche questo mi sembra strano, che non abbiano un donatore dichiarato. La Bailey non dimentica mai di scriver qualcosa sulle cartelle dei pazienti, possibile che abbia cominciato proprio dal mio caso? Apro la bocca nuovamente, ma devo richiuderla quando si apre la porta del bagno all’interno della stanza. Questo vuol dire farlo apposta, volermi del male.

Izzie è dappertutto, è sempre dove sono io. Vorrà dire qualcosa?

« Alex! » sembra sorpresa. Forse è stata lei a chiedere alla Bailey di trovare qualcuno, chiunque tranne me. Non si aspettava che arrivassi proprio io. Ma poi mi sorride, avvicinandosi al letto, sistemandosi in piedi al fianco dei genitori della ragazzina. Quest’ultima le sfiora addirittura il braccio con una mano, placidamente, come se fosse un gesto naturale.


« Il dottor Karev è un ottimo medico Hanna, vedrai che ti divertirai con lui. Non sembra, ma sa essere anche simpatico, di tanto in tanto » abbandona il letto, lasciando spazio ai signori Klein, avvicinandosi a me di qualche passo. Devo trattenermi, di nuovo, per non indietreggiare – fuggire –, o per non avanzare – baciarla – . In entrambi i casi farei la figura dell’idiota

« E’ un tuo vecchio caso? » le chiedo, abbassando la voce, rivolgendole per la prima volta in questa giornata assurda un tono di voce che non sia di accusa o di condanna.

Il fatto è che sono confuso, estremamente confuso. Lei scuote la testa – capelli biondi che si muovono davanti ai miei occhi e mi ricordano un sogno fatto troppo recentemente – poi piega la testa in direzione di Hanna, rimanendo con il corpo vicino al mio. Sfiorandomi, quasi.

« E’ Hanna, mia figlia. Sono io la donatrice.  »
  
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