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Autore: v91    16/04/2011    1 recensioni
Si voltò lentamente e se lo ritrovò davanti. Era senza parole, aveva indovinato un'altra volta in effetti, ma mai avrebbe pensato di trovarsi di fronte a lui. Stava osservando il principe Caspian in carne ed ossa. O meglio, Ben Barnes.
Una ragazza comune, dal passato difficile, una bambina decisamente fuori dal comune e un attore famoso. Come finirà?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In questa prima parte vengono presentati i protagonisti principali...serve come introduzione...prometto che Ben troverà maggiore spazio nei prossimi capitoli!


PROLOGO

Guidava piano, con i finestrini abbassati e la musica a basso volume per non svegliarla. Faceva tremendamente caldo e l'aria condizionata dell'auto si era rotta tanto tempo fa. Spostava automaticamente gli occhi dalla strada alla sua piccolina che dormiva tranquilla nel sedile dietro. Non sarebbe stato facile per lei cambiare vita, trasferirsi in un altro paese, ricostruire una nuova vita. Non lo sarebbe stato per nessuna delle due. Ma non aveva avuto altra scelta, doveva trovare lavoro o non sarebbe riuscita a crescere la sua bambina. E poi per lei era come tornare a casa dopo un lungo viaggio. Ce l'avrebbe fatta, ce l'avrebbero fatta. Insieme, come sempre. Con questa nuova speranza pigiò un po' più forte il piede sull'acceleratore, non vedeva l'ora di arrivare e rivedere la sua amata Londra.

 

-Mamma...- la sua piccola aveva aperto gli occhi ancora impastati dal sonno e si stava guardando attorno -Siamo arrivate?-

-Non ancora, ma siamo vicine-

-Mamma, com'è Londra?- Le aveva fatto questa domanda almeno mille volte da quando le aveva detto che si sarebbero trasferite lì.

-Vedrai ti piacerà. E' grandissima è c'è tantissima gente, moltissimi parchi dove potremmo fare i picnic che ti piacciono tanto e poi ci sono gli autobus rossi e le tazzone di caffè-

-Come quelle che prendevi tu a casa!-

-Esatto!- Non mi ero mai abituata all'espresso italiano, ho sempre continuato a bere quello americano, lungo e poco forte. Lo so, è strano.

-Esatto! E poi i cheescake, gli hamburgher...-

-E il fish and chips-

-Ovvio!-

-Mamma, devo andare in bagno. Ci fermiamo?-

-Si,tesoro hai ragione, siamo in macchina da molto tempo, una sosta farà bene anche a me.-

 

Arrivate all'area di sosta Catherine scese di corsa dalla vecchia auto. Si sgranchì le gambe e cominciò a guardarsi attorno, scrutando quella vecchia stazione con i vispi occhietti verdi. Nello stesso tempo Holly scese dall'auto e prese la borsa dal sedile. Si sentiva molto stanca, non era abituata a guidare per così lunghi percorsi. A ciò si univa la paura dell'ignoto ma anche l'eccitazione di tornare a casa dopo molti anni. Improvvisamente un ricordo si affacciò alla sua memoria: rivide se stessa a quindici anni quando aveva lasciato Londra per seguire i suoi genitori in Italia. Il padre era un docente universitario e per motivi di studio si doveva trasferire a Bologna. La madre, sempre troppo accondiscendente nei confronti del marito, l'aveva seguito senza fiatare e anche Holly era stata costretta a seguirli, ancora troppo piccola perchè il suo parere valesse qualcosa. Andarsene era stato terribile, e per molto tempo aveva odiato la nuova città, i suoi genitori, la sua nuova vita, se stessa. Ricordava perfettamente il giorno della partenza, quando Kate, la sua migliore amica, in realtà l'unica che avesse mai avuto, era andata a salutarla a casa. Si erano abbracciate a lungo nel vialetto di casa sua mentre suo padre finiva di caricare le valigie sull'auto, la stessa auto che ora stava riportando lei e sua figlia in quella che ancora considerava casa sua, sebbene poi col tempo si fosse abituata a vivere in Italia. Le due ragazzine non smettevano di piangere, si erano promesse amicizia eterna. Poi la madre l'aveva costretta a salire in auto e lei era rimasta a fissare la sua amica col viso appiccicato al finestrino fino a che la figura della ragazza si era trasformata in un puntino nero, portando con sé tutta la sa vita. Erano passati ormai otto anni.

-Mamma!- La voce della sua piccola la riportò velocemente al presente. -Mamma, ti sei incantata?-

-Ahah...si,stavo ricordando-

-Ricordi belli?-

-Non lo so...andiamo,su! Non dovevi andare in bagno? Poi facciamo colazione,va bene?-

 

Il piccolo locale era quasi vuoto, solo loro due e pochi altri clienti: un'altra famiglia con due figli adolescenti che non sembravano molto contenti di trovarsi lì e un uomo che dava loro le spalle. Poteva avere 20 o 30 anni, di corporatura snella, e coi capelli castani piuttosto lunghi. Ordinarono un caffè, una tazza di latte e dei puncakes. La cameriera, un donnone sulla cinquantina molto simpatica, aveva accompagnato la piccola Catherine a vedere la vasca coi pesci. Holly la osservava da lontano, la sua piccola, grande, donnina. Aveva solo cinque anni e, nonostante fosse piuttosto piccolina di costituzione, dimostrava una rara intelligenza per la sua età. Coglieva al volo ogni tipo di situazione, sapeva sempre fare le domande giuste e provava una vivace curiosità per tutto ciò che la circondava. Era molto aperta e faceva amicizia molto facilmente. In questo la aiutava anche il suo aspetto dolce e allegro: aveva i capelli neri lunghi, ereditati dal padre evidentemente dato che i suoi erano color miele, gli occhi verdi intensi e sempre all'erta, come se non volessero perdere nessun piccolo particolare. Erano molto diverse loro due, Holly non era mai stata brava nei rapporti personali, anzi col tempo era finita per ritenersi piuttosto noiosa dato che nessuno aveva instaurato con lei durevoli rapporti. Era sempre stata molto indipendente, fin da bambina, e la solitudine non le era mai pesata troppo, anzi, aveva sempre cercato di sfruttare al meglio i momenti in cui stava da sola. Leggeva moltissimo e studiava in ogni momento. Tempo per le amiche e per i ragazzi non ne aveva mai avuto molto, anche se ogni tanto le sarebbe piaciuto passare il sabato pomeriggio al centro commerciale con qualche ragazza, invece che restare a casa a studiare. Ma come diceva il padre “la prima cosa è lo studio, la seconda la carriera e solo dopo tutto il resto”. Aveva cercato di accontentarlo, per questo a 23 anni aveva già una laurea in Lingue Straniere ed era iscritta al primo anno di Giurisprudenza, facoltà che, visto come erano andate le cose, non avrebbe mai terminato. O no, non era un genio. Era solo una ragazza con molto tempo da dedicare agli studi e un padre che l'aveva iscritta in una strana scuola privata così da permetterle di diplomarsi in anticipo e frequentare l'università mentre tutti gli altri ragazzi si preparavano al ballo del liceo. Nonostante tutto ogni volta che guardava la sua bambina non riusciva a provare alcun rimorso, solo un po' di dolore a ricordare, forse, ma poi quello svaniva ogni volta che Catherine fissava i suoi occhioni verdi in quelli azzurri della madre.

Il suono del cellulare la risvegliò dai ricordi che stavano diventando sempre più prepotenti e rischiavano di farla precipitare nel passato, cosa che le accadeva più spesso di quanto non avesse voluto.

-Pronto-

-Buongiorno, signorina. Sono la segretaria del signor Smith, la chiamo per confermare il suo colloquio di domani pomeriggio.-

-Si, certo. La ringrazio.-

-Alle 3, nei nostri uffici, l'indirizzo è quello che le abbiamo spedito nella ultima email. Sa dove si trova?-

-Si,lo conosco, non si preoccupi. Sarò puntuale.-

-Perfetto. A domani,buona giornata.- click. Il tono della signorina che le aveva appena sbattuto letteralmente il telefono in faccia era decisamente poco gentile, Holly sperava sinceramente che il suo capo fosse molto più cordiale. Era stata fortunatissima ad ottenere un colloquio con quell'agenzia che assumeva traduttori ed interpreti. Certo le conoscenze non le mancavano in quel campo: parlava correttamente, oltre all'inglese e all'italiano ovviamente, lo spagnolo e il francese, con buone conoscenze anche di russo e tedesco. Le lingue le erano sempre piaciute moltissimo perchè le permettevano di ambientarsi meglio in ogni circostanza senza sentirsi esclusa in nessuna situazione, per questo aveva insegnato a sua figlia sia l'inglese che l'italiano, lingue che parlava piuttosto fluentemente.

-Mamma,mamma, c'è il principe!- Catherine era tornata al tavolo senza che nemmeno se ne accorgesse e ora saltellava tutta eccitata per qualcosa che Holly non capiva.

-Il principe? Cosa dici, tesoro?-

-Ma si, mamma, il principe! Quello del televisore dell'altra sera! Quello che parla con gli animali!-

Ora Holly capiva. Qualche sera fa avevano visto insieme in dvd “Le cronache di Narnia. Il principe Caspian”, evidentemente ora Catherine aveva visto quello stesso dvd nell'espositore lì vicino.

-Ho capito tesoro, intendi il principe Caspian! Mi dispiace ma ora non possiamo comprare nulla, siamo in ritardo e la strada è ancora un po' lunga, dobbiamo ripartire.-

-Ma no mamma! Ho detto che c'è il principe, non il dvd!- Holly era un po' perplessa. Davvero non capiva dove volesse andare a parare la bimba.

-Cosa? Tesoro te l'ho detto già ieri, i personaggi che vedi nel televisore non sono reali, non puoi aver visto il principe Caspian. Lui non esiste!-

-Si, che esiste,mamma! E' lì, seduto in quel tavolo che mangia!- Col ditino teso stava indicando un tavolo dall'altra parte della sala.

-Tesoro in quel tavolo non c'è nessuno. Devi essertelo immaginato. Vieni, andiamo ora che è tardi.-

-No,non l'ho immaginato,era lì,davvero!- La sua immaginazione a volte le fa vedere cose che non ci sono. Dobbiamo fare un discorsetto a questo proposito,forse. Questo pensò Holly sorridendo dolce alla sua bambina che ancora si guardava intorno incredula.

 

-Sali in auto forza!- Le due erano tornate nel parcheggio, dopo essersi rifocillate e riposate. Holly aveva scaraventato la borsa sul sedile a fianco di quello del guidatore e, dopo essersi assicurata che la cintura della figlia fosse ben chiusa, infilò la chiave e mise in moto. L'auto dopo aver emesso qualche borbottio si spense nuovamente. OK, pensò Holly, riprova. A volte queste vecchie bagnarole fanno scherzi del genere. Infilò la chiave, mise in moto e...niente. Questa volta l'auto rimase totalmente in silenzio.

-Che c'è mamma? La macchina non si è riposata abbastanza? Ha ancora bisogno di dormire?-

-No, tesoro, va tutto bene. Ora la mamma controlla.- Non ci poteva credere! Non poteva succederle proprio adesso! Si avvicinò al motore e aprì il cofano. Un denso fumo nero e un forte odore di bruciato fu tutto ciò che ne uscì. Lei non capiva nulla di automobili, che poteva fare? Porca miseria! Non poteva essere così sfortunata! Dopo tutto quello che aveva dovuto affrontare per tornare a casa, proprio ora che ci era così vicina le accadeva questo? Stava per mandare qualche accidente in una lingua straniera quando si accorse di una presenza alle sue spalle.

-Signorina le serve aiuto?- La prima cosa che notò, prima ancora della voce chiara e cristallina fu il bellissimo accento inglese. Quello che aveva anche lei quando parlava in qualsiasi lingua. Quell'accento che non sentiva da così tanto tempo. La voce aveva un tono molto cordiale e aperto, proveniva probabilmente da un uomo giovane, inglese senza ombra di dubbio. Lo immaginava molto elegante, alto, quasi sicuramente molto bello. Studiando a lungo le lingue aveva imparato molto anche sulle persone e si divertiva ad associare le parole, le intonazioni, il tono di voce alla persona che aveva parlato. Ed era molto brava in questo, indovinava sempre. Si voltò lentamente e se lo ritrovò davanti. Era senza parole, aveva indovinato un'altra volta in effetti, ma mai avrebbe pensato di trovarsi di fronte a lui. Stava osservando il principe Caspian in carne ed ossa. O meglio, Ben Barnes.

  
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