Non ragionavo più. I ricordi, o meglio la loro assenza, mi assalirono.
Prima della mia trasformazione, niente.
E poi mi ero svegliata, in una stanza sudicia e spoglia, riversa sul pavimento ma con la testa poggiata su un soffice cuscino candido. Indossavo un camicione logoro ed ero sicura che alzarmi mi sarebbe stato pressoché impossibile. Invece, appena ebbi concepito l'idea di tentarci solamente, mi ero ritrovata in piedi con un balzo: il corpo mi rispondeva con una reattività sorprendente.
Nel vetro sporco di una finestra oscurata con carte di giornale scorsi un movimento. Era la mia immagine, ma non mi riconobbi: capelli corvini e corti, viso pallido, corporatura esile. D'un tratto, notai qualcosa di strano negli occhi. Avvicinandomi al vetro opaco, i miei sospetti trovarono conferma nel baluginio sinistro delle iridi color sangue.
Urlai e voltai la schiena di scatto alla mia immagine. Istintivamente mi raggomitolai su me stessa, seduta sui talloni e la testa chinata, le braccia strette lungo il corpo e poi incrociate strettamente dietro la schiena. Sentivo il bisogno impellente di qualcosa che mi stringesse il corpo e il petto fino allo spasmo, fino a quando quasi non sarei più riuscita a respirare, per sentirmi protetta. Ma quel qualcosa non arrivò, le urla da cui ero sicura che le mie orecchie sarebbero state invase non vennero mai emesse, i colpi che sapevo avrei dovuto ricevere per aver urlato non sfiorarono mai la mia schiena.
Intorno a me, il nulla. Solo silenzio.
Per la prima volta, fui attaccata da quel terrore inspiegabile e incontrollabile del vuoto. Rimasi lì raggomitolata a soffrire e tremare per non so quanto, prima che qualcosa mi desse un briciolo di speranza. E quel qualcosa era un'immagine, apparsa nella mia mente: Jasper.
Adesso, raggomitolata sul tappeto come quella sera di tanti anni prima, non avevo nulla che potesse salvarmi. Jasper se n'era andato.
Scacciai le visioni che premevano da ogni parte per inondarmi la mente, quando sentii qualcosa gracchiare al piano di sopra. Il suo mp3 era ancora acceso sul cuscino.
Mi aggrappai a quel cicalìo per esternare il vuoto fino a quando non riuscii a rialzarmi in piedi. Salii di volata le scale, entrai nella camera e sbattei la porta dietro di me per poi saltare sul letto e tapparmi le orecchie con le cuffiette. Alzai al massimo il volume della musica e mi raggomitolai in un angolino.
In un primo momento mi concentrai solo sul rumore che finalmente aveva scacciato il silenzio opprimente, poi mi accorsi che la melodia che ascoltavo era sempre la stessa. Abbassai gli occhi sul display e vidi che era impostato in modalità ripetizione. Perchè Jasper voleva ascoltare all'infinito la stessa canzone? Lessi il titolo. “Sere nere”, di Tiziano Ferro. Mi concentrai sulle parole italiane per comprenderne il testo...