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Autore: Jericho XVIII    01/05/2011    0 recensioni
Un close-up su Chase Gearhart.
Età: sedici anni. Casata: Serpeverde. Anno: V alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Sangue: Purosangue. Note: Metamorfomago.
Scritto a penna sotto le voci in inchiostro: "Ed adorabilmente single, per tutte le interessate".
Un ragazzo rinchiuso in un castello di marmo e pregiudizi.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro, personaggio, Nuovo, personaggio, Serpeverde, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Chase è nato come un personaggio per il gdr "Draco Dormiens". E' quindi tutt'ora vivo ed "utilizzato"; non si tratta di una fic occasionale né di uno slice of life, sto piano piano costruendo la sua storia. Qualche informazione: Ha più o meno questo aspetto (immagine presa da dA, il copyright è dell'autore); è un Metamorfomagus, come ogni mago maschio della sua famiglia praticamente dalla sua creazione. Più precisamente i Gearhart contano, infatti, un maschio e una femmina Metamorphomagus a generazioni alterne. Pare che l'abilità si trasmetta solo in linea diretta, e solamente fra matrimoni tra purosangue, anche se potrebbe essere solo un pretesto della casata; la sorella maggiore di Chase, sposatasi con un Mezzosangue più di un anno fa, pare abbia avuto una bella bambina con i capelli a volte blu, a volte biondi. Proprio perché caratteristica della sua famiglia, Chase non andava molto fiero di questo suo carattere; poi trovò il modo di rivoltarlo contro i suoi. Si fece i capelli a ciocche di colore diverso come di moda tra i Babbani, e li abbinò ad un piercing sul labbro inferiore che non si leva mai quando è a casa. Buona lettura :)







Tintinnare di posate.

Un fruscio di carta. Mia madre.

« Hai sentito? Pare che a Londra si stia muovendo qualcosa »

Un mormorio appena accennato. « Non è da poco »

Da qualche parte, un sospiro. Le sue dita scorrono ancora sulla pergamena, le sue dita bianche e belle, di quelle mani tanto sottili e spoglie di carezze. « Questa è la prima nuova che arriva da noi » obbietta verso la voce che le ha risposto.

Ne interviene un'altra. « Nulla è sicuro. Per questo le novità indugiano, prima di fare scalpore »

« È successo qualcosa di attestato? »

« Intendi di rivendicato? »

Una pausa. « No, anche solo con uno scopo. Attentati ai Babbani, cose così »

Faccio un passo.

« Più o meno » borbotta qualcuno, e si accende un brusio di commensali che commentano con il proprio vicino.

Le scale sono deserte. Linde, sgombre, deserte. Ci sono solo io con un braccio appoggiato al muro.

« C'è movimento nei bassifondi »

« È vero, si dice che abbiano messo controlli a Diagon Alley »

« Diagon Alley? Non è il posto più sicuro? »

Una risata. « Per l'appunto. Temono che l'oasi si incrini »

Altri si uniscono alla risata. Mia madre rimane muta, aspetta che torni il silenzio. « Ma... chi? » domanda, forse controllando sottecchi suo marito che mangia.

Ed è proprio il marito ad intervenire. « Non nostalgici. Non ragazzini. » Me lo vedo, ad asciugarsi i baffi con il tovagliolo di lino. Si spiega. « I nostalgici siamo noi, i ragazzini esplodono subito. È altro, stavolta».

Faccio un altro passo mentre si accende una risatina di donna. « Esplosioni! È quello che è successo. Lo rifaranno ».

« Concediamoci di sperare... » Un commento nervoso.

E improvvisamente divento visibile. Tip, tap, gli ultimi due passi per uscire alla luce. Sguardo critico della tavolata. Il signorino, cioè io, cioè Chase, indossa i jeans sotto il corpetto con la cravatta. Ed è scalzo come sempre.

« Chi? »

La mia voce ha il doppio del volume delle loro. Perché? Ascoltano. Perché hanno paura? Perché io sono giovane? Perché non sanno cosa potrei dire.

« Chi? » insisto, « Altri buontemponi che giocano alla bacchetta nucleare tra la gente? Dimenticavo che voi non sapete cosa vuol dire nucleare. Scusate, allora. Dunque chi? Simpaticoni vestiti di nero in una brillante interpretazione del Ku Klux Klan? Oh, non mi guardate così »

Li ammonisco con le mani sui fianchi, li fisso negli occhi, uno per uno, da sotto i capelli scarmigliati troppo lunghi che mi coprono la fronte. Sono una fiamma rossa opposta a loro, il mio colore che offende il macabro della loro pelle diafana, la compostezza dei loro abiti grigi e formali.

« Non mi sorprende che Londra torni ad essere impestata da rimbambiti col cappuccio » considero con lo sguardo sul lampadario di cristallo. I finti fuochi fatui che lo fanno luccicare tremano al ritmo del mio respiro. Quando abbasso gli occhi intercetto l'espressione di mia madre. Passo a mio padre. Medesimo sentimento. Trattengo un sorriso ironico. A stento.

« Che c'è? Mamma? Cos'è questa faccia? »

Non mi risponde. Non che lo volessi.

« È per i nostri ospiti? » Mi fermo, scorro rapidamente la tavola, faccio un inchino perfetto alla volta degli invitati.

« No... Loro conoscono benissimo il vostro pupillo »

Mi permetto un sorriso. Un ghigno.

« È per un altro motivo... Voi... novità a Londra, ho capito, voi ex-simpatizzanti dell'Allegro Circo di Mister Pandemonio Magico potreste essere... sorvegliati? »

Sono il protagonista dello spettacolo, le parole su cui metto enfasi li fanno trasalire.

« Sì, i muri potrebbero avere le orecchie, e allora? Forse non ci sentono? Forse non ci SENTONO?» La mia voce si alza, è quasi un urlo, la strega con la mano sulla bocca è pietrificata dalla mia entrata in scena.

« MANGIAMORTE MERDA! MAGIA OSCURA, MERDA! MERDA, MERDA! TUTTA MERDA! HEY! MI CHIAMO CHASE, E PENSO CHE SIATE MERDA! CIAO! »



---


Jamie, sono io.

Mandami una cazzo di lettera, ti prego.

Hanno capito che parlo con qualcuno via gufo e che è l'unico motivo per cui non mi appendo ad una corda. Sono andato a spiegarglielo. “Sì, come mi tirano su di morale i miei rivoluzionari amici mezzosangue”.

Hanno messo quattro falchetti e una parodia di aquila in giardino. Tutti maschi. A controllare la posta.

Ho stregato il più grosso.

L'aquila è un pollo gigante a strisce, tutto quello che sa fare è dare la caccia alle lepri e agli allocchi del Profeta. Ha cercato di sbranare un elfo domestico. Ho provato a spiegargli che gli ospiti di mio padre sono più buoni, senza successo.

Mandami una cazzo di lettera. Okay che ci sono quei pennuti a fare la guardia, ma ti ho detto, se toccano il tuo gufo l'aquila li mastica vivi. E poi se si mangiano Moby Dick te ne regalo uno, promesso. È da un po' che lo devi cambiare.


Chase


---



Sono sdraiato sul divano del salone. Sopra di me ci sono otto metri di aria profumata e asfissiante che mi separano dal soffitto ad arco. Tutto decorato in stile gotico. Casa mia è una tredicenne del Connecticut.

« Questa domenica ci sarà una festa, Chase »

Non apro gli occhi per controllare da dove esattamente mia madre mi stia parlando. Il fatto che abbia le caviglie più in alto della testa le dovrebbe far capire quanto la sto ascoltando.

Mugolo un assenso-dissenso che vuol dire più o meno “ho recepito; a seconda di come mi sveglierò la mattina sai che potrei rinchiudermi nella mia stanza e non farmi vedere per tutto il giorno ululando come un mannaro costringendoti ad inventare una disgrazia che mi sarà accaduta per l'occasione oppure trasformarmi in un Merlino (o in Lord Salazar, ma farlo più anni di seguito perde originalità) che si butterà dentro la zuppa costringendo tutti i presenti a giurare fedeltà al Minestrone della Magia”.

Mio padre. Tossisce prima di parlare. « È una cosa seria. »

Smetto di trattenermi. « Seria? » ripeto, e stavolta spalanco gli occhi per ridere. Sono entrambi molto vicini, lui a braccia incrociate, lei rigida. Ogni volta che vedo mia madre in quell'assetto mi viene in mente il paragone che le aveva accostato Jamie vedendo la sua foto. Esilarante anche quindici volte al giorno.

« Seria. » Come lui, che mi inchioda con lo sguardo e quei pessimi baffi curati ai quali non permetterò mai di infestare la mia faccia. « Ci saranno molte persone tra le più autorevoli di noi Purosangue. Adulti - sottolinea questa parola - con incarichi nel Ministero. In questo e nel precedente ».

Precedente” a casa mia è una parafrasi che indica i vecchi bei tempi in cui la magia oscura si usava anche per il pediluvio e la gente teneva le effigi di Lord Voldemort vicino allo specchio del bagno.

« Sì, ho presente, signor Gearhart. Un bel mazzetto di fanatici col pedigree. Poi? »

Mi ignorano. Mio padre mi incendierebbe, se non fossi il metamorfomago che lui non è diventato.

« Questa volta abbiamo prestato particolare attenzione agli ospiti tuoi coetanei... » inizia mia madre, con il tono che si impone quando tenta di farsi mia complice per invogliarmi a fare qualcosa. « Soprattutto ragazze. »

Finora sono stato mezzo sdraiato e scomposto. Mi tiro su e mi metto a sedere con gli occhi socchiusi, per dar loro il tempo di immaginare come reagirò. Mia madre sicuramente è contenta di non essersi dovuta spiegare.

Uso la via breve. « Fatemi capire. Voi mi procurate cinque o sei figlie di papà col cervello annacquato di puro sangue di mago, fate in modo che stiamo da soli, che il mio fascino abbia il suo immancabile effetto, io ve le ingravido e il casato conquista. È questo il programma della serata? »

« Non ti permettere »

Mi si gela quel liquido maledetto nelle vene, quando mio padre alza la voce con me. Si congela. L'istinto.

« Non ti permettere, Chase. Non ti permettere »

Non so a cosa vado incontro ma vorrei continuare. Mia madre me lo impedisce. Chiama mio padre per nome e lui torna al suo posto. Mi guarda. Voce fredda. Cuore pure. « Chase. Non dire sciocchezze. -siete voi a chiamarle così- Smettila di urlare al complottismo e di fare fantasie sulle nostre intenzioni. -e voi di farle sulla mia vita- Lo facciamo per te. -lo fate per la mia magia- Ti vediamo solo qui a casa, -mi impedite di vedere chi vorrei- e sappiamo di che compagnie hai bisogno. Ci saranno tante ragazze rispettabili domenica sera »

Fa una piccola pausa d'effetto, quell'ingenua di mia madre. Naive. « Può darsi che tu trovi una persona che ti interessi più delle altre... e che noi ne saremo felici. Non è una cosa combinata. Tu scegli. »

Oh, eccola, la carta psicologica.

« Non considerare disumana questa formalità... Ci si innamora comunque »

Ecco, questo è precisamente il ruolo della signora Gearhart: dire ciò che è necessario dire, ma che il marito non è assolutamente in grado di pronunciare.

Le mani anche sul mio cuore. Ringhiano sulla mia testa, hanno un attestato che fa del mio sangue loro esclusiva proprietà, scelgono i miei spazi, il mio cibo, il passo successivo sono i sentimenti verso i nipotini che difenderanno l'orgoglio di famiglia, cosa che io non sto facendo.

Ancora il commento di Jamie in testa: “Scopate! Scopate, è per la famiglia!”.

« Oh, perché il vostro è stato proprio un attacco di passione, vero? »

Pungente. Sarcastico.

Come il ceffone e la punizione.


---



Quattro ore. La cena è durata quattro ore.

In sedici anni i miei hanno trovato milioni di modi per manipolarmi senza torturarmi fisicamente. Cioè per non versare il mio preziosissimo liquore venale inutilmente.

Ero elegante, ti giuro. Più di quei fighetti biondi con le camicie dentro i pantaloni che i miei pretendevano essere miei amici d'infanzia (anche loro ne erano convinti). Ho provato a parlare con loro di Quidditch.

Come si fa a tifare per i Cannoni di Chudley? Fanno pena, è questione di numeri!

A parte queste divergenze, ammetto che della conoscenza la avevano. Più di noi. Hanno la mia età, Jamie. Vuol dire che hanno passato sei anni in una scuola di magia privata (e spudoratamente del lato Oscuro, più di Durmstrang, fidati), i loro genitori erano troppo preoccupati per la loro salute per mandarli da noi. Grande intuito, questi genitori premurosi; uno di loro si vantava di aver steso a colpi di Nimbus un compagno di corso mezzosangue che aveva preso un voto più alto del suo. C'avesse provato da noi, lo sai dove se la ritrovava, la scopa.

Sono vuoti. Vaneggianti. Imbottiti di pregiudizi più dei sandwich del buffet.

Le ragazze annunciate dai miei in effetti erano sette, più o meno della nostra età, tranne una di tredici anni che va ad Hogwarts e a scuola si rifiuta categoricamente di conoscermi.

Ho parlato con loro tutta la serata per guadagnare credito con i miei signori genitori. La cosa più divertente è stata mutare la faccia in modo che il bulbo oculare cadesse fino agli zigomi, sai che più in giù non riesco a mandarlo. Quel trucchetto vecchio che ti ho fatto vedere il secondo anno ad Erbologia e poi la professoressa ci ha fatto raccogliere lumache fino a giugno, lo ricordi? L'ho usato per chiudere la conversazione. In fondo dovevo provarle tutte, no?

È alla quinta ragazza che mi è arrivata l'idea.

Parlavamo di imbarazzo, cose da ragazzine, insomma, prendeva in giro qualche compagna di scuola che faceva i pigiama party con le sue amiche in circostanze dubbie, e mi è venuta l'illuminazione.

Sposami.

Sei mezzosangue, fai schifo a scuola, vivi in quindici metri quadrati, sei un maschio.

Andiamo a visitare i miei due volte alla settimana per farli rosicare. Sarò il gay. Il frocetto di famiglia. Il vicolo cieco. La stirpe finisce qui.

Da te non sarà un problema. Divento una ragazza quando mi presenti a mamma e al fratellino. Uguale per i tuoi amici. Non ci vuole molto. Prendiamo un appartamento dove ti pare e viviamo da barboni.

Ti prego.

Io qua muoio. Vogliono accoppiarmi come un coniglio.

Ps. Ah... niente di personale che fai schifo a scuola, te lo dico sempre che semplicemente non ti applichi.


Chase


Jamie guarda il foglio alla luce della lampadina. È pergamena di qualità eccelsa, raccoglie gli odori, la pressione delle mani, ogni ghirigoro dell'inchiostro.

Sulle ultime quattro righe ci sono tre grosse macchie concentriche ad interrompere la calligrafia.

Scuriscono la carta, inumidiscono le parole.

Lacrime.


---



« Marguerite, che cosa dannazione stai facendo, vieni subito qui »

« Sì, signora »

Un'occhiata severa della padrona. Marguerite tiene la testa china come si conviene alla sua posizione. Ha un grembiule molto colorato. Non glielo hanno tolto. Perché farlo? Deve stonare col contesto. Lei del resto è maga per metà.

« Marguerite, io » La padrona si interrompe, sembra distrarsi a pensare, poi si corregge: « Noi non siamo soddisfatti del tuo lavoro »

La donna non emette suono, si limita ad annuire con il capo, accenna una leggera scrollata di spalle. La sua bacchetta spunta dalla tasca più grande del vestito: non può impugnarla mentre parla con la padrona.

La signora aspetta un'altra reazione che non arriva. Marguerite sembra abituata a questo genere di richiami. « Sei licenziata. »

Un piccolo sussulto della donna che alza lo sguardo. La signora rimane impassibile e rimarca le sue parole: « Sei licenziata. Prendi la tua roba, ti voglio fuori dal castello per l'ora del tè. All'ingresso c'è una sacca col tuo commiato. Sono quattrocento falci e un diadema di rubini, mio pensiero personale per ricompensarti del lavoro svolto. Vattene. » Voce severa. « Via, su»

Marguerite rimane in silenzio. Sta pensando, con la fronte corrugata, fissa la signora. Sta decidendo se parlare o no. Si morde un labbro perché se si sbaglia rischia grosso. Poi torna la governante sicura di sempre.

« Signorino, smettetela, non ditelo alla signora ma l'aspetto di vostra madre non vi dona affatto »

Torno me stesso con una risata e un sollievo immenso. « Certo che non glielo dirò, Maggy, ma ti ringrazio per il complimento »

Con un sospiro sollevato si toglie la bacchetta dal grembiule e torna ad incantare gli archi del corridoio per muovere la luce e i riflessi come vuole lei. È un'artista mancata, Maggy.

Le sto alle spalle. È una vita che le sto alle spalle, tartassandola per ogni stronzata. « Ma ti prego, non darmi del voi, mi offende più del fatto che mi hai riconosciuto »

Sorride. È una donna che si vede sorridere anche di schiena. Le sue guance piene si piegano, la sua figura si illumina. Più delle vetrate. Ha un aspetto così materno.

« Era impossibile non riconoscerti, Chase. La signora che usa la parola “roba”? Sia mai! »

Riconosco il mio errore alzando le mani a mo' di scusa. « Com'è allora che mi hai scoperto da subito? » chiedo, additandola con fare curioso.

Sbuffa silenziosamente. « La signora si schiarisce sempre la voce prima di parlarmi. »

« Sei tu a doverle dare attenzione per prima, vero? »

Non conferma, continua a lavorare. Le do una pacca leggera sulla spalla. « Fa così con tutti. Io continuo a proporle il San Mungo per le malattie respiratorie, lei non capisce la battuta ».

Marguerite si concede un ridacchiare sommesso. Si gira in istante. « Che vuoi, Chase? Che cerchi? »

« Io... » Prendo la mia governante per le spalle, tornato me; sono più alto di lei, ma la ricordo più alta di me. « Voglio trovare la mia balia, Maggy. Voglio ritrovarla per fare una sorpresa a mia sorella. Non ricordo neanche il suo nome, Maggy. Voglio andarla a trovare »










Continua ;)!
J.

  
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