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Autore: arielviola    11/05/2011    0 recensioni
Inizio anni Novanta. Una bambina di appena sei anni sta per lanciarsi da un trapezio, sotto il cielo di San Pietroburgo; ad Hollywood, un’affascinante e giovane stella del teatro è pronta al debutto sul grande schermo; mentre a Bologna, un gruppo di giovani musicisti comincia a scontrarsi con la realtà, mal sopportando il peso di una vita sbandata e senza regole.
Cosa hanno in comune queste differenti vite? E perché, per alcune di esse, sarà necessario affrontare un doloroso passato?
L’arte accompagnerà i protagonisti su vie parallele che cambieranno più volte binario. Il talento mescolerà i frutti delle loro azioni. E un insieme di eventi li condurrà, infine, verso un destino implacabile, già scritto per loro.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(   1975   )
 

“Aurah e Sarah”

L’enorme villa a sei piani della famiglia Jones era ben conosciuta a Santa Monica. Fin dal matrimonio ci viveva la famosa attrice Deborah Prince con le sue graziose figlie, Sarah ed Aurah, di nove e otto anni ciascuna. Il padre di queste ultime, Peter Jones, in passato noto per aver partecipato a qualche film mediocre pur essendo considerato un attore di livello, aveva divorziato da poco con l’ancora bellissima star di Hollywood.
Se n’era andato così, silenzioso, una mattina di fine ottobre, lasciando moglie e figlie senza comunicare più notizie di sé. Ma nella cittadina californiana nessuno badava più di tanto a quest’evento: in quasi tutte le abitazioni, le famiglie erano disgregate.
Non Aurah, però.
Lei, più di tutti in quella casa, sentiva la mancanza del padre ed era la sola a parlarne in continuazione, a chiedere spiegazioni alla madre, a non patirne in silenzio almeno. Però la signora Prince non rispondeva mai a quelle insistenti domande, finendo anzi per soffocarle ogni volta.
E fu così che, un po’ per abitudine e un po’ per noia, con il trascorrere degli anni anche Aurah preferì intrappolare quell’enorme vuoto in fondo al suo cuore.
Sarah aveva solo un anno in più rispetto alla sorella, ma si mostrava molto matura. Anche a lei mancava la presenza del padre, però, allo stesso tempo, era lieta di non sentire più le urla dei genitori. Inoltre aveva di che distrarsi, con lo studio, gli amici e la scuola di teatro iniziata due anni addietro. Sarebbe stata ancora più soddisfatta della sua scintillante vita se anche Aurah, come suo padre, avesse deciso un bel giorno di sparire per sempre.
Le due sorelle non facevano altro che scontrarsi su tutto.
Erano caratterialmente opposte e fisicamente simili. Entrambe avevano ereditato le fattezze tipiche dei Prince: occhi verde smeraldo, capelli castano scuro lisci e folti, polsi esili. Mentre le loro personalità erano molto lontane dall’eguagliarsi.
La tipicità spiccata del loro diverso carattere risultava immediata a chiunque: Sarah amava la perfezione, Aurah la semplicità. Per questo motivo, mentre la prima faceva di tutto per mettersi in mostra, la seconda, al contrario, cercava di trovare un qualunque tipo di rifugio pur di nascondersi agli occhi del mondo.
 

“Brando”
            
  
Il sole era alto, ma non riusciva a penetrare in quei vicoli bui.
Intorno regnava lo schiamazzo dei ragazzini che giocavano a pallone e le grida delle donne che dalle finestre dei palazzi li chiamavano per farli salire, o semplicemente per comunicare loro qualche buona o cattiva nuova. I venditori ambulanti, con i loro vecchi tricicli a motore, rendevano il vicolo ancora più stretto e caotico. All’ora di pranzo, però, la viuzza si sgombrava come per incanto. I bambini, dopo qualche urlo di disapprovazione, ubbidivano infine alle madri e scomparivano dentro i loro vecchi portoni.
Solo Raffaele Di Gennaro rimaneva sempre ancora per un po’ a palleggiare. Era presto per il pranzo, dopotutto. C’era da aspettare il padre e Renato che prima delle quattordici non sarebbero tornati dal lavoro. Sua madre non l’avrebbe fatto salire in anticipo, lasciandolo quindi giocare ancora e, di sicuro, non l’avrebbe chiamato prima di aver messo a letto Michela.
Raffaele guardò in alto: la finestra della sua cameretta al decimo piano era, senza dubbio, piena di sole a quell’ora, contrariamente al vicolo quasi buio nel quale stava giocando. Tutti a casa adoravano quella stanza perché era l’unica ad essere illuminata per l’intero giorno. E Raffaele l’amava perché lì conservava tutti i suoi piccoli ricordi, i poster dei calciatori, i testi delle sue canzoni preferite, la vecchia chitarra che Renato gli insegnava a suonare dopo cena.
Ad otto anni non importa se c’è poco spazio o scarsa luminosità in una cameretta; l’essenziale è giocare e vivere senza pensieri. Ai “Quartieri Spagnoli” per Raffaele Di Gennaro la vita non era poi tanto orribile quanto si prefigurava quotidianamente sulla stampa o alla televisione; in fin dei conti, eccetto la scuola, il ragazzino viveva spensierato; i problemi sarebbero arrivati più tardi, quando si sarebbe trovato innanzi ad una realtà ben diversa da quella che ogni giorno affrontava sui suoi malandati marciapiedi.
 

(  1977  )


“Aurah e Sarah”
 

A dieci anni Aurah Jones adorava già la musica. Nella sua stanza lo stereo era sempre acceso, anche quando studiava. E cantava, cantava… Non poteva fare a meno d’intonare quelle melodie, con tutta la voce che possedeva. Riusciva a sentirsi libera, felice, viva…però nessuno capiva; almeno non in quella casa.
Sarah entrò di botto nella stanza.
- Ti decidi a spegnere quell’affare? Sto studiando.
- Oh, scusami - rispose Aurah, avvicinando la mano alla sua radio. - Abbasso subito il volume…
- No, devi spegnere proprio. Ho bisogno di silenzio assoluto. Sto ripetendo la mia parte per la recita di domani e non voglio perdere la concentrazione. A proposito, tu a che stai?
Aurah scosse le spalle.
- Non l’hai imparata ancora? - urlò Sarah, spegnendo l’apparecchio con rabbia. - Ti conviene prendere il copione, sorellina, o farai di nuovo una pessima figura con la mamma. Oh, povera me!
Aurah aveva riacceso lo stereo, non degnando di uno sguardo la sorella.
- E va bene… - continuò Sarah - Fa’ come vuoi, ma ti ricordo che alla mamma non piacerà il tuo comportamento - E sbatté la porta.
Aurah alzò allora al massimo il volume e si gettò sul letto. Le lacrime fuoriuscirono lente dai suoi bellissimi occhi verdi.
Odiava recitare, non le piaceva essere ciò che non era, lo riteneva stupido e inutile, ma in una casa di attori era come parlare al vento.
Neanche in una lussuosa villa di Los Angeles la vita era facile per tutti.
  
Anthony White frequentava la stessa scuola di Aurah, ma i due ragazzini si conoscevano già dalle materne. Lui aveva solo un anno in più dell’amica e come Aurah adorava la musica, specialmente quella italiana. Questo perché sua madre era nata in Italia e gli aveva sempre narrato delle meraviglie di quella lontana terra. Tony conosceva l’italiano alla perfezione e l’aveva insegnato ad Aurah proprio attraverso le canzoni.
La ragazzina era diventata bravissima, anche perché studiava, come Sarah, ben tre lingue tra cui lo stesso italiano, per volere della madre che riteneva basilare per ogni attrice un’ottima preparazione culturale. Ad Aurah ciò non dispiaceva, anzi…
Anche se assolutamente proibito in casa, parlare in italiano era l’unica cosa che le riuscisse meglio di Sarah.
 
                                       
 “Brando”
 
A dieci anni Raffaele Di Gennaro non capiva come fossero potuti accadere tanti avvenimenti in così poco tempo.
Dopo la tragedia che l’aveva investito la sua vita era cambiata radicalmente ed ora parlava poco. Si sentiva strano, non sapeva quasi chi fosse e perché si trovasse lì, in una nuova città, in quell’istituto freddo, senza più famiglia. Solo la sorella gli era accanto, ma troppo piccola e fragile per comprendere. E poi si vedevano di rado, solo quando potevano scendere entrambi giù nel cortile.
Raffaele non voleva che la sua esistenza continuasse a quel modo.
Doveva assolutamente dimenticare il passato, cancellarlo completamente. Per questo preferiva mantenere le distanze anche dalla sorellina.
All’istituto, tra i suoi compagni di stanza, era da poco arrivato Alfredo, un bambino siciliano di soli otto anni. Era giunto in brefotrofio da due settimane, accompagnato dall’assistente sociale e da un passato difficile. Aveva appena affrontato un viaggio lungo che Raffaele ricordava bene. Per questo cercò di aiutare il piccolo ad ambientarsi.
 

“Aurah e Sarah”
 

Aurah e Tony s’incontravano spesso durante l’intervallo scolastico. I bagni non erano certo il luogo più adatto, ma in compenso potevano chiacchierare tranquilli.
- Ieri sera è stato un vero disastro! - esclamò Aurah, sfogandosi.
- Cosa è successo? - Tony si dimostrava sempre iperprotettivo.
- Era la prova generale ed io ho dimenticato le mie battute. E pensare che le avevo anche ripetute stavolta… Sarah ha avuto la meglio come il solito.
- Non pensarci, Aurah. Può darsi che tua madre abbia capito e ti faccia lasciare la scuola di recitazione finalmente.
- Magari… In realtà ho solo peggiorato la situazione. Quando siamo tornate a casa, mamma mi ha rimproverato, ordinando inoltre un impegno più costante e ciò significa che dovrò aumentare le ore di lezione a teatro. Oh, come lo detesto quel posto!
- Mi dispiace - sussurrò dolcemente Tony.
Aurah fissò i suoi occhi azzurri e aggiunse: - Ti invidio, lo sai? Tu puoi frequentare un corso di chitarra almeno… E nessuno ti sgrida se a casa parli in italiano.
- Non dire così… Vedrai che un giorno anche tu sarai libera di fare ciò che vuoi.
Tony era il sostegno morale più forte per la piccola Aurah.
 
 
Pur avendo poco più di undici anni, Sarah era già di una bellezza sfolgorante.
Aveva tanti amici, sia nell’ambito scolastico che a teatro, ma lei frequentava solo chi riteneva socialmente alla sua altezza. Ad iniziare da Ken O’Neil, l’attore più bravo con il quale fino ad allora avesse recitato e che, cosa più importante, era membro della ricca e conosciuta famiglia Cavendish. In aggiunta (ulteriore dettaglio di non poco conto) Ken altri non era che il suo maestro di recitazione. Maturo e intelligente, con uno spiccato talento artistico. Poteva forse perdere l’occasione di farsi corteggiare da un uomo così? Aveva nove anni in più, ma cosa importava? Era bello, ricco e di classe; Sarah non chiedeva altro, tranne che si interessasse a lei. E ciò non sarebbe stato di certo un ostacolo troppo difficile da superare. Tra tre anni al massimo lui non avrebbe più considerato troppo disdicevole quel rapporto, mettendo da parte l’illegalità della faccenda e trattandola finalmente come una donna vera. Sarah se ne pregustava già il momento.
  
“Brando”
 

- Ora ti presento le persone che, oltre a me, contano di più in questo lurido posto.
Raffaele ed Alfredo erano nel cortile.
- Grazie per essermi amico, Raffaele - pronunciò contento il piccolo siciliano.
- Di niente. Ma preferirei essere chiamato Brando. Nessuno mi accontenta; tu lo faresti?
- Certo. - rispose Alfredo - Posso chiederti perché?
- Sarà il mio nome d'arte e mi piacerebbe farci l’abitudine fin d'ora.
- Va bene… Brando. Mi piace.
- Grazie. Allora, - continuò Raffaele iniziando a parlargli dell’istituto - quel ragazzo laggiù con il cappellino blu si chiama Lorenzo, ha tredici anni ed è odioso. Cerca di stargli lontano e se ti dà fastidio vieni da me.
- Perché è qui?
- Il padre è in galera e la madre non può mantenerlo. L’altro ragazzo si chiama Ciro. E’ il maggiore fra noi e, beato lui, tra pochi mesi esce.
Gli parlò di tutti, ognuno con la propria triste storia.
- E poi - continuò Raffaele, - ci sono le ragazze. Hanno le stanze nell’androne opposto e più tardi scendono in cortile.
Non parlò ad Alfredo della sorella.
Ormai era deciso: Brando non avrebbe avuto sorelle, né tanto meno un passato.
 
 
 

  
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