Il divenire,
seppur inarrestabile,
concede
frammenti d'inerzia
(Ciro Palamide)
<< Make Your Choice - Gelo >>
Occhi
di ghiaccio... freddi come il metallo e magnetici come due buchi neri, attenti
nello scrutare la tempesta che imperversava attorno a lei.
Di
lei si notavano principalmente due cose: la spada di Pietra Nera che stringeva
tra le mani e i suoi capelli rosso fuoco che furono scompigliati dal
vento.
Attese
con ansia il momento in cui il suo avversario, finalmente stufo di giocare a
nascondino, si fosse rivelato: aveva voglia di combattere.
Le
era ormai fin troppo chiaro che il nemico stava utilizzando uno speciale
incantesimo in grado di renderlo invisibile al suo sguardo. I suoi sensi
rimasero in allerta, pronti a captare ogni movimento o rumore sospetto che
potessero indicare l’effettiva posizione del nemico.
Poteva
trovarsi davanti a lei, come magari alle sue spalle... O perchè no, proprio
sopra la sua testa.
Erano
entrambi possessori e sapevano bene quanto fossero ridotti i limiti di chi, come
loro, poteva vantare dei poteri magici autonomi.
Con
la coda dell’occhio individuò delle macchie nere, ormai era un dato certo, il
loro scontro non sarebbe durato a lungo ed era giunto il momento di ritornare
dal resto dei Sigma.
I
suoi movimenti furono rapidi come un soffio di vento, strinse l’elsa della spada
e con un affondo preciso colpì qualcosa di corporeo.
Una
goccia di sangue nero cadde sulla neve mentre una risata
agghiacciante si diffuse nella vallata dove stavano combattendo senza sosta
ormai da ore. Dopo essersi allontanato con uno scatto fulmineo, il demone era
tornato visibile.
Erano
identici.
Stessa voce chiara e limpida, stessi capelli, stesso ghigno
divertito stampato sul volto.
Si
trattava di un demone mutaforma, uno di quelli che prendono le tue sembianze, ti
uccidono e si nutrono del tuo corpo vivendo con la tua faccia fino a quando,
costretti dalla fame, ricominciano a cacciare.
I demoni di quel tipo non
rientravano tra le sue preferite ma era suo dovere, in quanto cacciatrice,
rispedire quegli esseri nella loro dimensione. Aveva conosciuto molte persone
che avevano iniziato quel tipo di lavoro per scelta ma a lei non era stata data
la possibilità di rifiutare.
Era
nata come una leggenda ed era stata cresciuta come tale: c'era una storia
che parlava di lei, raccontata in uno dei libri più antichi del mondo, uno di
quelli che il consiglio teneva sotto chiave per via dei segreti che conteneva.
Fu
separata dai suoi genitori neanche mezz’ora dopo essere venuta al mondo:
l’avevano affidata alle cure dell’associazione, dove l’avrebbero istruita al
meglio, insegnandole come difendersi e come usare i suoi poteri, per contrastare
i membri della Mezzaluna Spinata e impedire che la profezia del libro di Alekos
si realizzasse.
Come
avessero scoperto che fosse proprio lei la reincarnazione della Dea Avres era un
mistero. Nessuno si era mai preoccupato di indagare a fondo nella
faccenda.
L’unica certezza dell’intera faccenda erano i poteri di quella bambina e purtroppo per lei non c’era nessuna via di scampo: era destinata a compiere una profezia scritta millenni prima… Dio solo sapeva quanto avrebbe fatto a meno di quella fastidiosa eredità.
Quando
era più piccola provava un forte sconforto sentendo il giudizio di qualche
sconosciuto che, senza conoscere la sua storia, si permetteva il lusso di
chiamarla “mostro”.
Pur
di non mostrarsi debole davanti a quelle persone si costringeva a corse
chilometriche nella foresta dietro l’accademia dove, finalmente sola, poteva
scaricare la sua ira contro un enorme masso di pietra.
Damastair
era il suo maestro, sapeva tutto di lei ed era sempre stato in grado di capirla,
le medicava le mani in silenzio e dopo cena le ripeteva che era da stupidi
ascoltare quei discorsi: nessuno, a parte lei, poteva permettersi un giudizio su
ciò che aveva affrontato in quegli anni.
Nei
suoi anni all’accademia aveva sentito fin troppi di racconti sul suo conto: i
più ridicoli la descrivevano come un sanguinario mostro a due teste, alto più di
due metri, che brandiva una spada imbrattata del sangue dei suoi nemici… Di
certo i pettegolezzi sul suo conto non mancavano.
Per
chiunque non fosse abituato a trattare con quelle creature era praticamente
impossibile distinguere l’originale dal falso. Un solo dettaglio differiva tra
le due figure: il colore degli occhi.
Le
iridi della ragazza mantenevano costantemente un'incredibile sfumatura blu
attraversata da venature dorate.
Erano
impossibili da imitare e forse fu proprio quella consapevolezza a spingere il
demone a non modificare l'innaturale giallo delle sue iridi: probabile, a
scontro concluso e in caso di vittoria, il demone si sarebbe limitato a
strapparle i bulbi oculari sovrapponendoli ai propri…
-
Sei qui per uccidermi giusto? - quelle parole furono poco più di un
sussurro ma sul volto del demone non c’era più traccia del sorriso ironico di
qualche attimo prima - Che cosa stai aspettando? - . Non
ottenendo una risposta la ragazza decise di attaccare, riuscendo in poco tempo a
mettere alle strette il demone, con la lama della sua spada premuta contro la
giugulare nemica la ragazza riacquistò sicurezza e si avvicinò al volto del
demone: - Chi ti manda. –
Il
demone solo per un attimo parve confuso e intimorito da lei ma riprese ben
presto la sua spavalderia.
-
Credi di essere tanto importante per il mondo umana? – le rispose il mutaforma
affondando la sua arma verso la ragazza, riuscì a piegare la guardia della rossa
e la ferì nello stesso punto dove a sua volta esibiva un lungo taglio - E con
questo siamo pari cuccioletta. –
La
rossa non sembrò apprezzare le sue parole e, con gli occhi ridotti a due
fessure, si portò alle spalle del demone con una velocità decisamente superiore
rispetto a quella dei comuni esseri umani: - Non mi è mai piaciuto essere allo
stesso livello di un parassita. – , con un movimento aggraziato quanto letale
aveva reciso la gola del mutaforma lasciando che questo crollasse al suolo con
un tonfo prima di dissolversi.
La
rossa si calò il cappuccio in testa, ritrovandosi ormai sola rispose ugualmente
all’unica domanda che il demone le aveva posto: - Tu non puoi sapere quanto
siano disposti ad offrire per avere me. -
È
così che comincia questa storia.
Parla di
Penelope, una cacciatrice, una piccola Dea… Una leggenda.