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Autore: DarkPenn    16/02/2006    3 recensioni
Il ritorno di un vecchio amico cambia il mondo della Principessa di Seillune. Ma nonostante i suoi doveri di corte, il suo cuore è ancora lontano dalla città, perso in lande distanti, dove erra una chimera... - Presenza di un Personaggio Originale - Pairing supportati: Gourry/Lina, Philia/Xelloss, Amelia/???
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 8

CAPITOLO  8

 

Alcuni mesi dopo ci fu aria di festa a Seillune. La gioia che aveva rallegrato i cuori della famiglia reale si era diffusa all’intera popolazione, per cui alla notizia che il giovane Varnion Dartelyon avrebbe preso il posto del vecchio padre a Capitano delle Guardie, i cittadini si unirono spontaneamente ai festeggiamenti.

Shyrien Dartelyon aveva dato l’annuncio a sorpresa durante un banchetto: dopo la sua lunga ed onorata carriera dichiarò di volersi ritirare a vita privata, designando come successore il proprio figlio Varnion. La notizia colse tutti di sorpresa, perché il vecchio Shyrien era ancora nel pieno delle sue forze, ma forse c’era da aspettarselo: era già da qualche anno che temeva di non poter più servire il Re al pieno delle sue capacità, ma non c’era nessuno tra i nobili ed i soldati che fosse pronto a suo avviso a succedergli in carica. Questo fino al ritorno di Varnion.

Ma… Io non ho frequentato l’accademia militare, non sono mai diventato ufficiale!” aveva protestato il giovane, ancora sbalordito dalla proposta del padre, ma era stato zittito da una serie di vigorose pacche sulle spalle da parte di questi.

“Figliolo,” aveva spiegato, in modo che tutti al banchetto ascoltassero, “tu hai più esperienza di quanta se ne può guadagnare in dieci anni di studio! E poi ti conosco bene, sei l’unica persona al mondo a cui affiderei la vita del nostro Re Philionel e della Principessa Amelia. E inoltre…” aveva concluso, accarezzandosi la folta barba grigia con aria sognante. “E’ da tempo che desidero dedicarmi alla coltivazione dell’uva nella tenuta della nostra famiglia.”

Di fronte a tali motivazioni Varnion non aveva potuto fare altro che accettare, ancora un po’ spiazzato. Ed in effetti avrebbe comunque accettato, solo non si aspettava che il padre decidesse di ritirarsi così presto. I suoi doveri come Capitano delle Guardie sarebbero stati molto onerosi, però la cosa non gli avrebbe pesato: al termine del banchetto la ragazza lo aveva preso sottobraccio, allontanandolo dai nobili che si attardavano a salutare Philionel, e gli aveva confidato di essere estremamente felice di questa sua nomina. E se lei era felice lo era anche lui, non importava a quali sacrifici sarebbe andato incontro.

“D’ora in poi avrò molti doveri,” le aveva spiegato, “ma troverò sempre un po’ di tempo da passare con te. Per essere la tua Volpe del Sottobosco.”

Aveva concluso con un sorriso, che si era specchiato in quello di Amelia, tuttavia ciò serviva solo a mascherare la malinconia atroce che provava nel cuore: ora aveva l’incarico ufficiale di proteggerla, le avrebbe potuto stare vicino. Ma non avrebbe mai potuto stare tanto vicino al suo cuore quanto una chimera lontana, che la faceva soffrire…

 

La cerimonia pubblica fu commovente. In alta uniforme, Varnion raggiunse il Re e suo padre nel tempio di Cepheid, tra due ali di folla. Amelia lo guardava con le lacrime agli occhi dalla commozione dal fianco di Philionel, e lui le sorrise. Pronunciate le frasi di rito, Shyrien si tolse il mantello della guardia e lo pose sulle spalle del figlio, fissandolo con la spilla d’argento che aveva orgogliosamente portato per anni. Poi il Re gli mise una mano sulla spalla destra e gli fece l’occhiolino. Quel gesto tutt’altro che cerimonioso lo rilassò un po’, e poté rispondere con un lieve cenno del capo.

“Di fronte a Cepheid e al popolo di Seillune ti nomino Capitano delle Guardie Reali, Varnion Dartelyon. Che la tua carriera possa essere lunga e piena di soddisfazione come quella di tuo padre.

A quelle parole Shyrien scoppiò a piangere ed abbracciò il figlio, rischiando quasi di stritolarlo. Con un sorriso, Varnion rispose all’abbraccio. Un sonoro applauso riempì il tempio, insieme alle grida di giubilo del popolo. Una volta sciolto dall’abbraccio del padre, il ragazzo ricevette l’altrettanto poderosa stretta di mano del Re. Quando anche quell’atto cerimoniale fu compiuto, Amelia non resse e gli gettò le braccia al collo, incespicando nel lungo abito rosa pallido. Varnion si irrigidì lievemente al contatto, ma poi rispose con trasporto, nascondendo bene il dolore che provava. Era giusto che Amelia fosse felice. Almeno per un momento.

Il banchetto che seguì si protrasse fino alla mattina, ed a metà serata il festeggiato sgattaiolò via. Non riusciva più a tenere sotto controllo la rabbia e la frustrazione di non poter dichiarare di fronte a tutti di amare la Principessa perché, se anche il Re e tutti gli altri avrebbero potuto esserne contenti, lei ne sarebbe stata distrutta. Evitando i servi che si avvicinavano per congratularsi tornò nei suoi appartamenti, si tolse il mantello da Capitano delle Guardie ed estrasse la spada. Esercitarsi fino allo stremo delle forze era il modo migliore che conosceva per rilassare il corpo e l’anima. Si rimise il mantello nero con cui era arrivato a Seillune ed uscì in fretta dalla stanza.

 

Non molto tempo più tardi, anche Amelia se ne andò, adducendo come scusa al premuroso padre il sonno. Ma in realtà non aveva sonno. L’assenza di Varnion (spossato, pensava lei, dal pomposo cerimoniale di corte cui non era abituato) aveva permesso alla sua inquietudine di tornare a farsi sentire. E quell’inquietudine aveva un nome ed un volto…

 

Zelgadiss

 

Si recò nei suoi appartamenti, sperando che la solitudine ed una buona dormita le restituissero l’abituale buonumore, ma non servì a nulla. Dopo un’ora insonne si rialzò dal letto. L’inquietudine si era trasformata in tristezza. Sì recò alla finestra, sperando che un po’ d’aria le schiarisse le idee. Aprì le imposte ed espose il volto alla gelida brezza che ne filtrò. Ma non servì a nulla.

 

Guardo il cielo, le stelle, la luna…e mi domando:dove sei?’

Avevi detto che avresti pensato sulla possibilità di venire a Seillune con me…non lo hai mai fatto.

Dicevi che saresti tornato…e invece sono già trascorsi due anni.

Due anni…senza ricevere tue notizie…due anni senza sapere nulla di te…come  se non fossi mai esistito…come se io non esistessi per te…

 

Due lacrime scivolarono silenziose sulle gote appena arrossate di  freddo e  tristezza della Principessa di Seillune.

La finestra del suo appartamento, nonostante il gelo tagliente di quella desolata notte invernale, era spalancata ed un vento leggero e ghiacciato ne faceva appena ondeggiare le tende e il regale abito rosato che indossava facendola rabbrividire. Ma non le importava.

 

Dove sei adesso, Zel?

 

Altre stille corsero in rapida successione accompagnate da tremiti e singulti che ne scuotevano le spalle esili.

Un colpo.

Un altro.

Sobbalzò.

Rapida si volse verso la porta alle sue spalle tergendo via le lacrime.

 

“C…chi è?”

Varnion Dartelyon, Vostra Maestà. Vi chiedo umilmente perdono per l’ora tarda. Chiedo di essere ricevuto per potervi augurare una lieta nottata.

 

Amelia Will Tesla Seillune sorrise lievemente mentre si avvicinava a rapidi passi ad aprire la porta.

Quando il battente fu del tutto spalancato, lui era lì. Avvolto nel suo manto nero su cui spiccavano scaglie di brina. Doveva essere rientrato da poco.

Gli sorrise stanca, ma felice di vederlo.

“Ciao, Varnion.”

Il giovane si inginocchiò di fronte alla propria Sovrana.

“Spero di non avervi disturbata, Altezza. Proferì a bassa voce senza levare lo sguardo su di lei, come la più rigida etichetta imponeva.

Amelia accennò ad una risata un po’ forzata.

“Non c’è bisogno di queste formalità, Var, lo sai. Su, non stare lì in ginocchio, alzati. Vieni, entra.”

Varnion si levò in pedi. La superava di un bel po’ di centimetri, così che lei gli arrivava  appena poco più sopra del petto.

“Ad una Principessa bisogna rendere omaggio in modo adeguato…” Disse mentre le rivolgeva un sorriso quieto e pacato, seguendola nell’anticamera degli Appartamenti Regali.

La luce delle candele, agitata dal vento, tremolava proiettando le ombre dagli instabili contorni delle  due figure sulle pareti.

Anche se la Principessa e lo Spadaccino vagabondo giocavano insieme da bambini?” Chiese lei chiudendo la porta.

“Ma la Corte, ed in particolar modo gli Appartamenti Regali, non sono i Giardini o le Scuderie della Reggia... Amelia… Abbiamo i nostri ruoli, lo sai … tu quello di Erede al Trono ed io…quello di Spadaccino vagabondo figlio del Capitano delle Guardie Reali che finalmente si è deciso a prendere il suo posto…”

A quelle parole, il volto della Principessa s’incupì nuovamente, perdendo quel barlume di distrazione che il suo amico sembrava averle donato.

 

Ognuno ha i suoi ruoli…se io non avessi avuto questa corona…se non avessi dovuto essere qui… se…

 

Lo Spadaccino venne investito da una folata di vento più violenta delle altre e non si avvide di Amelia che si appoggiava pesantemente alla parete accanto ad un sofà.

Ma tu guarda! La finestra spalancata in una notte come questa! Vuoi prenderti un malanno?!” Esclamò  andando ad accostare rapidamente i battenti.

“Non cambierai proprio mai vero, piccola…Amelia…?”

Si era voltato e tutta la sua serenità si era annullata nel luccichio che nella penombra aveva scorto sul volto di lei rivolto al suolo.

“Amelia! Amelia, cos’hai?”

Senza perdere tempo, le era corso accanto prendendola per le braccia, scuotendola con leggerezza, ma decisione, cercando uno sguardo che ella non concedeva.

“Amelia! Che succede??”

“Niente…sto...bene…”

Di nuovo quel fiume di luce dagli occhi.

Di nuovo quella voce dolce e minuta che tremava.

“Amelia, non mentire!”

Sto bene ti ho detto!”

Uno scatto nella voce.

Poi i singhiozzi.

Violenti.

Incessanti.

Varnion sentì un’ira cieca e sorda montargli dentro.

Non visto digrignò i denti senza lasciare la presa.

 

Per lui!

Ancora per lui!!

E’ per lui che sta piangendo!

Maledetto!

Maledetta Chimera, ma chi sei?!

Chi sei??

CHI DIAVOLO SEI??

 Chi sei per farla soffrire così??

Lei ti ha descritto a me con gli occhi dell’Amore... troppo ingenua… troppo pura… troppo fragile… maledetto!

Lei non sa come sei realmente fatto!

Cieco sin da giovane! Come e peggio di tuo nonno!

Volevi il potere, volevi la forza, ed hai perso la tua umanità!

Ed ora hai fatto lo stesso errore!

Volevi una cura, ed hai rinunciato all’amore!

Al SUO amore!

PAZZO!

Ed a causa tua l’ho perso anch’io!

Perché lei non mi amerà mai!

Perché lei non ti dimenticherà mai!

Non ho taciuto per tutti questi anni solo perché tu me la portassi via per sempre!

Non ho taciuto perché lei soffrisse!

Non ho taciuto perché tu, col tuo sporco egoismo, le infliggessi questo immeritatissimo dolore!

Ho taciuto per non legare la sua esistenza al mio vagabondare!

Ho taciuto per consentirle di amare un uomo che potesse esserle vicino sempre così come io non avrei mai potuto fare finché avrei viaggiato per apprendere!

Ho taciuto tutto questo ed ho continuato ad amarla da lontano, scrivendole da ogni luogo che toccavo, anche il più remoto!

Ed ora che ero  tornato per restare…anche a costo di saperla felice con un altro, anche continuando ad amarla in silenzio…solo per poterla vedere tranquilla e serena…

MALEDETTO!!

Non ti perdonerò mai per ciò che le stai facendo!

MAI!

Va’ pure per il mondo!

Cerca la tua stramaledettissima cura e crepa!

Se solo lei non ti amasse in questa maniera…se solo lei ci riuscisse…verrei a cercarti in ogni angolo del globo e ti ucciderei con le mie stesse mani!

Come un verme!

Ma io non sono come te.

Ora che sono qui, non l’abbandono.

Dovesse costarmi la vita, farò di tutto per ridarle il sorriso che tu le hai strappato!

A qualsiasi costo.

Perché io non sono come te.

Perché non posso sopportare le sue lacrime.

Perché non ho mai potuto sopportarle.

Fin da bambini.

Perché amavo vedere il suo sorriso.

Perché amo ascoltare la sua risata.

Perché l’ho sempre amata.

Perché la amo.

 

Il giovane inspirò profondamente mentre la rabbia lasciava posto ad una tristezza abissale.

 

La tua sofferenza è la mia sofferenza, Amelia…

In questo siamo uniti…e nessuno potrà dividerci…

Ma quanto fanno male le tue lacrime, Amore mio…

 

Lentamente portò una mano sotto al suo mento e lo alzò piano verso di lui.

Amelia, seppure non avesse voluto, non ebbe la forza di opporre resistenza ed i suoi occhi blu andarono ad incastonarsi in quelli lucidi color nocciola di lui.

Di fronte a  quei pozzi d’oceano, l’anima dello Spadaccino andò in frantumi.

Senza riuscire ad aggiungere altro, l’attirò a se stringendola forte tra le braccia, poggiando le sue labbra sulla fronte  di lei in una serie di baci delicati e struggenti.

“Non piangere per lui…ti supplico…Non lo sopporto…non riesco a sopportarlo! Perdonami…” Sussurrò con voce rotta e tremante. D’impotenza, di rabbia, di disperazione feroce, d’amore indiscusso.

La Principessa sgranò gli occhi.

Il velo era caduto.

Varnion…”  attonita si scostò piano e lo guardò in volto. Quel volto che per lei era sempre stato quello di un fratello. Gentile, premuroso, discreto…

Che stupida…non aveva capito…non aveva capito ed ora era troppo tardi.

E lo sapevano entrambi.

Avrebbe voluto dire tante cose in quel momento, di fronte ai suoi occhi così caldi…che l’avevano sempre avvolta in silenzio come la più calda delle coperte… non ci riuscì.

“VARNION!”

Gridando il suo nome tra le lacrime e i singulti  si gettò contro di lui serrando le mani dietro la sua schiena, il volto affondato nelle pieghe del manto drappeggiato sull’armatura, alla disperata ricerca di un conforto in tutto quel dolore.

Per lei, per lui. Per lei prigioniera di quell’amore. Per lui che non meritava questo e che, nonostante tutto, la stringeva al petto e le baciava la fronte sfiorando le sue ciocche corvine, riscaldandola col suo calore, il volto solcato da una singola lacrima.

Varnion! Varnion!”

Il suo nome invocato nella disperazione…

 

Non è questo che vorrei…

 

Le braccia di lui che la serrarono di più.

 

Non è colpa tua…lo so

 

Le mani di lei che corsero tra i capelli castani di lui, di cui le tenui luci dei candelabri mettevano in risalto i riflessi ramati. Il nastro nero che li legava all’estremità che cadeva senza peso al suolo.

 

Nessuno di noi due ha avuto scelta…

 

La Principessa lo guardò negli occhi attraverso il fosco velo di lacrime che strabordavano dai propri.

“PERDONAMI!”

Chiuse gli occhi.

Un unico scatto.

Si alzò in punta di piedi.

Le sue labbra toccarono quelle di lui.

Un bacio disperato.

Ricaddero all’indietro sprofondando sul sofà.

L’ una sulle ginocchia dell’altro.

Varnion chiuse a sua volta gli occhi ricambiando quel bacio che sapeva di lacrime, ascoltando i singhiozzi di lei tra le sue labbra.

 

No…non era questo che volevo…

 

Il manto venne aperto e lasciato cadere.

 

ma se ciò servirà ad alleviare le tue pene…

 

Il giovane fece scivolare timidamente, esitante, le mani dietro l’apertura del vestito di lei.

 

anche solo per qualche ora…

 

I loro baci divennero più roventi ed esasperati. I ganci che trattenevano la sua armatura e la sua spada cedevano l’uno dopo l’altro con un secco clangore metallico.

 

se questo è il costo per rivedere il tuo sorriso…

 

Lentamente le mani forti e calde di lui si insinuarono nell’apertura accarezzando piano la schiena sino a risalire sulle spalle per abbassarne le stoffe. La propria camicia scivolò via.

Un fiotto di lacrime gli inumidì gli occhi e scorse via.

 

se poi i sensi di colpa non ti assaliranno…

 

Fruscio di stoffe cadute.

 

se poi i sensi di colpa non ci assaliranno…

 

Labbra che cercavano labbra senza sosta. Bruciante, reciproco, bisogno.

Due corpi che si reclinarono.

 

…allora fa di me ciò che vuoi.

 

  
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