Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: GonnaAScacchi    16/05/2011    1 recensioni
Attenzione, oh voi fans toilettiane. Leggerete le vere storie dei vostri beniamini e capirete molte cose. Recensite please!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bella, la sfigata




Oh, no. È mattina… questo significa che dovrò alzarmi e mi fratturerò certamente qualcosa. Evviva.

Mi chiamo Isabella Swan, Bella per gli amici (sorvoliamo il fatto che non mi capita spesso di dover usare questa parola al plurale) e mi sono recentemente trasferita a Forchette con mia madre Renée.
Forchette è una cittadina sfigata, come me, infatti piove sempre e, quando non piove, grandina. E se non grandina c’è comunque un tempo schifoso. Evviva.
Io e mia madre siamo venute qui perché a Phoenix mi hanno cacciato via da tre licei in due mesi e mezzo. Perché? Perché sono una sfigata, in tutti i sensi. Vi faccio un esempio: nel mio ultimo liceo, la Scimmiotting High School, ho inavvertitamente spinto il preside, che è scivolato su una buccia di banana e si è rotto un braccio. Può capitare, direte voi, non possono certo espellerti per questo!
E invece sì, perché l’incidente si è ripetuto altre tre volte, fino a quando il preside non ha più avuto un solo arto sano; ma la cosa più scioccante è un’altra: è scivolato sempre sulla stessa buccia di banana.
Per colpa mia, s’intende. Perché io sono sfigata.
Ma torniamo a noi: mia madre, una volta arrivate qui, mi ha scaricato a casa di mio padre (sono separati) e si è stabilita in una casetta in cima al picco di una montagna nelle vicinanze di Forchette. Qualcosa mi dice che voglia stare lontana da me. Mia madre è professoressa di letteratura, mentre mio padre è il preside della Toilet High School, il liceo di Forchette, pertanto si spera che almeno lui non mi cacci via.
Do un’occhiata alla sveglia: le 06:03. È il mio primo giorno di scuola e sento che arriverò in ritardo… Mi alzo cautamente dal letto, ma un piede rimane attorcigliato alle lenzuola e quindi cado di pancia sul pavimento. La mia testa sbatte contro lo spigolo del comodino, che si abbatte sulla lampada, che si scontra con la maniglia della porta, che si apre e mi sbatte in faccia, dato che intanto mi ero districata dalle coperte per fermare quella partita a domino. Porto le mani al naso dolorante, ma così facendo non vedo la buccia di banana (che diavolo ci fa una buccia di banana sul pavimento?! Oh, be’…), scivolo su di essa e cado sulla scrivania, dando una manata al computer che vola giù dalla finestra.
Buongiorno, mondo.
Fisso intensamente la finestra, quasi  sperando che il vetro si ripari e il mio computer torni da me, ma niente di tutto ciò accade. Accade invece che, mentre mi dirigo verso il bagno, mi taglia la strada un’iguana (eh?!... No comment) e faccio un salto da ginnasta per lo spavento. Ovviamente il salto mi è quasi fatale, perché volo giù dalle scale, facendomi mezza rampa a mezz’aria e mezza sulla schiena. Non mi lamento, e spero che Charlie (papà) non si sia accorto di nulla. Faccio le scale a gattoni, così da evitare eventuali cadute, ma probabilmente ieri sera qualcuno ha dato la cera, perché le scale sono scivolose; dunque scivolo e sbatto il mio povero naso contro uno scalino. Riesco finalmente a strisciare verso il bagno e apro la porta a testate, perché ho paura di alzarmi in piedi e girare la maniglia. Dopo essermi procurata un’emicrania degna della pubblicità del “Moment” riesco ad entrare in bagno. Mi alzo in piedi, ma inciampo su un coniglio di passaggio (oggi casa mia è uno zoo…), il quale fugge via terrorizzato, mentre io finisco dentro la vasca da bagno, dando una testata al rubinetto che si apre magicamente. Butto via il pigiama, ormai fradicio, fuori dalla vasca e inizio a lavarmi, tentando di fermare il sangue che esce dal mio povero naso, il martire della mattinata. Ovviamente non c’è acqua calda. Evviva.
Esco dalla vasca, controllando attentamente che sul pavimento non ci sia nulla che possa farmi inciampare e/o scivolare. Sembra tutto in ordine. Tiro un sospiro di sollievo, ma in quel preciso istante la tenda della vasca da bagno si stacca e precipita sulla mia testa, coprendomi totalmente la visuale e impedendomi così di vedere la finestra verso la quale mi dirigo ignara, nel tentativo di districarmi dalla tenda. Ringrazio Charlie per aver comprato una casa a due piani.
Mi faccio male, molto male, ma evito di urlare, attirerei tutto il vicinato. Ovviamente fa freddo, un freddo cane, l’erba è umida e soffia un vento gelido.
Mi avvolgo nella tenda plastificata, sperando che nessuno mi veda, ma il mio desiderio non può avverarsi, perché io sono sfigata. Infatti ecco arrivare la banda del paese, seguita da un fotografo che decide graziosamente di scattarmi un paio di istantanee.
Rimango per un po’ a fissare il vuoto e a riflettere sul senso della mia vita, quando un carillon mi colpisce in testa, riportandomi alla realtà.
Mi trascino fino alla porta di casa e suono il campanello. Dopo pochi minuti, Charlie apre e, prima che possa proferire parola, gli infilo il carillon in bocca e mi dirigo verso la mia stanza mugugnando: << Non chiedere >>.
Mi vesto con quello che trovo buttato su una sedia (aprire l’armadio potrebbe farmi perdere un’altra mezz’ora), ovvero con una camicia blu, i miei jeans preferiti e un gilet in pelle che mi ha regalato il mio amico Jacob Black (amico di famiglia, più che altro) e il mio occhio cade per caso sul quadrante della sveglia: le 07:20! Porca miseria!
Afferro le chiavi del pick up e la mia borsa, corro, pardon, cado giù per le scale, mi fiondo fuori dalla porta, con i lamenti dello stomaco che mi fanno da colonna sonora (non ho avuto il tempo di fare colazione!) e mi infilo dentro il veicolo, che, per la mia felicità, non parte.
Sto per chiedere un passaggio a Charlie, quando mi accorgo che la sua macchina non è più in garage. Evviva.
Decido di raggiungere la scuola a piedi, ma inizia a piovere (quando mai…). Non mi sforzo di correre, tanto sarebbe inutile e, mentre vengo schizzata di fango dalle auto, inciampo sulle più disparate forme di vita e vengo colpita da rami in caduta libera, penso che la mia vita fa un poco schifo. 
Arrivo a scuola alle otto. Riesco a trovare l’aula, entrando solo due volte in quella sbagliata, e, non appena apro la porta, lo vedo: è bello, bellissimo. I suoi capelli color caramello brillano di luce propria, la sua pelle d’alabastro contrasta con la cravatta color del sangue. È l’immagine della perfezione ed io della sfiga cosmica. Sento che tra di noi può funzionare. I suoi occhi dorati si posano su di me, ricambiando il mio sguardo colmo di passione, ma poi mi accorgo che non è l’unico a fissarmi: l’intera classe mi guarda stralunata. Ma perché?! Ah, già: sono completamente fradicia e sporca di fango. Evviva.
Eppure, la cosa non mi interessa più di tanto. Io e il mio Adone ci contempliamo per quella che sembra un’eternità, ma ad un tratto la sua espressione da statua greca si tramuta in una smorfia di terrore e, con un fluido movimento da ballerino, si alza e scappa dall’uscita di sicurezza. Sento provenire dal mio cuore un sinistro “crack” e poi mi accorgo che dietro di me c’è il professore che mi squadra con aria leggermente sconcertata.
Evviva. 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: GonnaAScacchi