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Autore: biondich    29/05/2011    5 recensioni
[libero seguito del quarto episodio della saga, Pirati dei Carabi- Oltre i confini del mare]
Sembra che Jack Sparrow non si sia dato per vinto con il voler ingannare il tempo e la sua assidua ricerca dell'eterna giovinezza lo condurrà dove nessuno è mai giunto prima.
C'è una mappa che non porta a nulla.
C'è una donna che indossa menzogne.
Un Viceammiraglio troppo ligio al suo dovere.
C'è il mare, silenzioso alleato di ognuno di loro.
C'è il Globo che vuole impedire che la meta sia raggiunta.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ehilà! Mi presento: sono Biondich e quella in cui mi cimenterò è la mia prima storia sul mondo di POTC. Che dire? Spero vi piaccia, almeno un po'!

Bando alle inutili introduzioni, tanto non le so fare.

Enjoy the reading,

Biondich.

 

 

 

Londra, prigione di Bridewell Palace.

Un ritmato rumore di passi rapidi riecheggiò lungo i tetri corridoi di uno dei carceri più temuti e pericolosi d'Inghilterra. Due guardie dal volto impassibile sfilarono davanti alle celle, sotto lo sguardo interrogativo dei prigionieri. La scorta si fermò davanti ad un loculo dalle pareti più umide delle altre, senza finestre sulla nebbiosa Londra.

All’interno, fasciata in un umile abito grigio, una giovane donna levò lo sguardo fiero sulle due guardie che aprivano la sua cella. La serratura cedette con un sinistro cigolio, lasciando entrare i due uomini in borghese; la prigioniera fu sollevata di peso, liberata dai ceppi e trascinata fuori. La giovane si divincolò dalla ferrea presa della scorta e avanzò con le proprie gambe, riguadagnandosi la dignità che tempo prima le avevano portata via, insieme alla libertà.

“Sua Maestà, Re Giorgio II, ha chiesto udienza con voi.”- disse con voce monocorde il più alto dei due uomini che scortavano la ragazza, afferrandola per un braccio e affrettando il passo, verso la sala ricevimenti.

La luce nell’ampia camera, pomposa e piena di ricchi ornamenti, colpì violentemente il volto della prigioniera che socchiuse gli occhi, dopo quasi due mesi di oscurità.

La giovane donna fu fatta sedere su una sontuosa poltrona, in attesa della venuta del re e della sua corte. Un’attesa che risultò inevitabilmente lunga e maleducata, persino per un nobile.

E, finalmente, dopo l’interminabile presentazione del Reale, l’udienza ebbe inizio, presieduta dai cortigiani e dalle guardie del corpo di Sua Maestà.

“Voi siete Eleonore Bennett e avete chiesto asilo all‘Inghilterra, Miss.”

L’acuta voce dell’uomo incipriato davanti a lei aveva un’intonazione così singolare da rendere difficile comprendere se quella fosse una constatazione o una semplice domanda.

“È così. Ma a quanto pare, non mi è stato concesso.”- constatò la giovane con un mezzo sorriso, mentre sollevava lievemente gli avambracci, evidenziando le pesanti catene che le avvolgevano gli esili polsi.

“È stata un’azione preventiva.  Non avete fatto presenti quali fossero le cause che vi spingevano a fuggire dalla vostra Francia, milady.”

“Non me le avete chieste, Vostra Maestà.”- sibilò la giovane, appoggiandosi contro lo schienale della propria sedia, ostentando la sicurezza che in quel momento la pervadeva.

“Sapete perché siete qui, Miss Bennett?”- domandò Re Giorgio II, lanciando un’occhiata furente verso quella giovane senza pudore, che, seduta scompostamente, si guardava intorno, osservando con irriverenza ognuno dei presenti.

“Suppongo non sia per una tazza di tè.”- sospirò Eleonore, con un’alzata di spalle che indignò ogni Lord nella stanza.

“Affatto.”- rispose rapidamente il Re, con un sospiro rassegnato. “Siete qui perché la Compagnie delle Indie Orientali e l’Inghilterra, richiedono i vostri servigi. Un incarico di vitale importanza che offrirà innumerevoli vantaggi sia al Regno, sia a voi.”

“Non credo che i miei interessi e quelli della Marina inglese possano coincidere, Signore.”- rispose la Bennett, sporgendosi lievemente in avanti e facendo oscillare i lunghi boccoli color miele, che contrastavano con la pelle chiara.

“Siete davvero sicura?”- Re Giorgio II sembrava incredibilmente tollerante nei confronti dell’irriverenza di una giovane orfana, ripudiata dalla sua stessa Patria. “ Siamo il Re, dopotutto. Chiedete e vi sarà concesso, Miss.”

“Sono senza parole”- mentì Eleonore, con tono falsamente sorpreso - “ Quale azione deprecabile, quale terribile missione mi si richiede di compiere, per poter attingere così direttamente dalla fonte tutto ciò che desidero?”- domandò con un sorriso astuto disegnato sulle labbra morbide, screpolate dal freddo della prigione.

Un sussulto di sdegno si levò dalla corte del Re, mentre occhiate di rimprovero minacciavano il bel volto della giovane prigioniera, immune alle intimidazioni di quei pomposi uomini da camera.

“Le vostre … ,ehm, capacità vi rendono idonea a questo compito.”

“Oh”- questa volta, Eleonore Bennett rimase interdetta, di fronte alla sincerità di Sua Maestà in persona. “Sarebbe?”

“Re Giorgio II e l’Inghilterra, vi chiedono di catturare l’uomo che ha più e più volte recato offesa al buon nome del Regno.”

“La Marina comincia a perder colpi, se richiede l’aiuto di una donna, umile per giunta.”- sorrise astutamente la giovane, mettendo alla prova la pazienza degli interi presenti.

“Le donne sono maledizioni per tutti, persino per i pirati, Miss Bennett. Vogliamo che voi siate quella di Jack Sparrow. Riportateci lui  e la sua nave e, vi garantiamo, avrete tutti i migliori riconoscimenti che noi e la nostra carica potremo offrirvi.”

“Con tutto il rispetto, Signore,come credete che una donna, giovane e sì inesperta del mondo, possa adempiere ad un compito di tale importanza? Mi si chiede di catturare un pirata e la sua nave, tutta sola?”- la voce di Eleonore scorreva fluida e flebile, trasudando sicurezza e scherno verso la corte.

“L’Inghilterra ed noi poniamo da parte i pregiudizi verso la Francia e le vostre origini, e abbiamo fiducia nella vostra inventiva, milady. La Marina è a vostra disposizione, vi sarà concessa qualunque cosa riterrete necessaria per ottemperare al nostro patto.”

“Se posso chiedervelo, Maestà, perché tanti affanni per un uomo solo? Cos’ha Sparrow, da interessare così animatamente il re Giorgio II?”- domandò incuriosita la prigioniera, sporgendosi leggermente in avanti, mentre i due grandi occhi azzurrognoli si illuminavano d’interesse. C’era odore di affari.

“Una bussola, Miss. La bussola di Sparrow. Un oggetto semplice quanto unico nel suo genere. Una bussola che punta a ciò che più si desidera al mondo. Inutile elencarvi quali sarebbero i vantaggi che si presenterebbero al nostro Regno, se noi entrassimo in possesso di un simile prodigioso oggetto.”

Diamine, se era un affare! Ammesso che davvero esistesse un oggetto che puntava a ciò che più al mondo si desiderasse. Le sarebbe stato incredibilmente utile per …

“Molto bene, allora”- sorrise ben più affabile la giovane - “Ecco le mie condizioni: mi occorre  una nave incredibilmente vistosa, che ne dite della vostra Ammiraglia? Saranno necessari anche un valido equipaggio e delle mele, Vostra Grazia.”

I piccoli occhi scuri del Re si aprirono in un’espressione di stupore ed indignazione, mentre la bocca dalle labbra sottili si socchiude sorpresa, senza realmente sapere cosa dire.

“La … la nostraa Ammiraglia? Impossibile, categoricamente impossibile!”

“Credevo voleste che la missione avesse successo, Vostra Maestà.”- sorrise Miss Bennet, inarcando lievemente un sopracciglio sottile.

“E … e sia. L’avrete. E con essa l’equipaggio e le … a cosa vi servono le mele, madame?”

“Ho una particolare predilezione per quei frutti, non vorrei dovermene privare, per via del viaggio.”- sorrise con semplicità la prigioniera, raggiante, dopo essere scesa a patti ed aver avuto la meglio.

“Troverete dei barili di mele a bordo, milady.”- soffiò Re Giorgio, mentre valutava quanto appena stabilito. Ma anche il Reale aveva un asso nella manica, grazie al quale si sarebbe accertato che l’astuta Miss Bennett ottemperasse alla richiesta. Ma forse non era ancora il momento di metterla al corrente.

“Partirete domani mattina all’alba, è tutto.  Guardie, scortate la nostra ospite nella sua cella e date inizio ai preparativi.”

Con un cenno di intesa, i due uomini in borghese che avevano scortato Miss Bennett nella sala ricevimenti le si avvicinarono, pronti a ricondurla nel suo tetro loculo.

“Quasi dimenticavamo”- il Reale si schiarì la voce, arrestando l’incedere della scorta e della prigioniera - “ Ora, noi e la nostra corte saremmo curiosi di sapere quale sia il vostro piano. Vorreste metterci alla luce delle vostre idee, Miss?”

“Con tutto il rispetto, Vostra Grazia, No.”

 

 

 

 

 

 

 

                                                       ***

 

 

 

 

 

 

Un tenue chiarore all’orizzonte, segno di un’ormai prossima alba, illuminò lentamente, con il tocco leggero di un abile borseggiatore, le tavole scure e preziose di una nave che di avventure, credetemi, ne aveva vissute parecchie. La ricca prua dell’imbarcazione che faceva sussultare i cuori dei pirati più temerari, rubando loro almeno un battito, se non di più, sferzava le onde con naturale eleganza, indefessa, quasi al di sopra del mare.

La Perla Nera, tornata nelle mani dell’uomo che più di tutti l’aveva amata, aveva ripreso a brillare di quel sovrannaturale splendore che la contraddistingueva, e faceva rotta verso l’ignoto.

Il suo capitano, o per meglio dire Capitano, accarezzava con una dolcezza a lui inusuale il timone, con lo sguardo puntato verso l’orizzonte, come in attesa di un qualche incredibile prodigio, forse aspettandosi che gli dei in persona gli aprissero i cancelli del cielo, regalandogli così una nuova avventura con cui mettersi alla prova. O che quelle nuvole scure, ancora lontane, riversassero una pioggia di buon rum.

“Jack! È il capitano che deve stare al timone, non lo sai?”- ruggì Barbossa avanzando con passi pesanti lungo il ponte, facendo oscillare l’ispida barba rossiccia e fulminando il suo secondo con lo sguardo glaciale che riluceva attraverso i piccoli occhi ridotti a due fessure.

“E, di fatto, mio buon caro Hector, il Capitano è proprio al suo posto!”- sorrise ingenuamente Sparrow , osservando il suo secondo sbuffare seccato e avanzare ancor più speditamente verso di sé.

“Oh no, Jack”- il vecchio pirata sogghignò minacciosamente, trattenendosi dall’estrarre la sua pistola e dal piantare una sfavillante pallottola in testa al suo sottoposto - “ Il capitano è qui davanti a te che ti ordina di levarti di torno.”

“La vecchiaia deve averti confuso un po’ le idee, Hecty” - sorrise Sparrow , scoprendo i denti decisamente sani , per il suo stile di vita, e suscitando nel suo interlocutore un ringhio sommesso - “ Perché il Capitano è esattamente al suo posto, dietro al timone.”

Barbossa fece scivolare rapidamente la pistola dalla fondina e la puntò contro il volto allibito di Jack che lo osservò contrariato, socchiudendo gli occhi scuri e arricciando leggermente il naso.

“Mi spieghi perché ci riduciamo sempre a questo?”- domandò con voce roca Hector, agitando leggermente la canna della pistola, con un mezzo sorriso di sfida sul volto segnato dal tempo.

“Davvero non lo so, Hecty, ma ha un ché di divertente.”- ghignò Jack, sorridendo astutamente, mentre i suoi occhi brillavano intelligenti - “No?”- ed estrasse con incredibile rapidità la sua pistola.

“Già”- commentò Barbossa, caricando il colpo e palesando le sue intenzioni. Jack aggrottò le sopracciglia, dubbioso, poi rispose caricando la sua arma e lanciando al suo avversario uno sguardo di sfida.

“Capitano!”- una voce forte e gracchiante dal ponte attirò l’attenzione dei due litiganti che furono costretti a mettere da parte le loro divergenze, per rivolgersi a quella fonte che aveva osato interrompere una sì rara discussione.

Mastro Gibbs abbaiò senza timore, schiarendosi più volte la voce e sistemandosi la giubba sgualcita, sotto lo sguardo feroce dei due comandanti.

“Sarò da voi fra un momento, Mastro Gibbs!”- ruggì ironicamente Hector, accennando un inchino irriverente, con tanto di cappello piumato fra le mani.

E il mozzo in questione levò lo sguardo al cielo in un sospiro rassegnato, mentre si apprestava ad essere testimone dell’ennesima sfuriata fra i due uomini a capo di quella nave leggendaria.

“Permettimi di farti notare che il nostro egregio Mastro ha chiesto del Capitano, ergo di me! Comprendi?”

Agli occhi stanchi e particolarmente lucidi a causa del rum di Mastro Gibbs, si presentò la visione di due uomini teoricamente maturi che gomito a gomito, fra ringhi sommessi e colpi alla cintura, scendevano a gran velocità i gradini cigolanti delle scale che si affacciavano sul ponte.

“Sono io il capitano, Sparrow, fatti da parte!”

“Giammai! Da che mondo è mondo, sono io a detenere il ruolo di Capitano! Osi mettere in discussione un sì indiscutibile punto?”- sbottò Jack, allargando con fare plateale le braccia abbronzate, ricoperte dal fine lino di una camicia un tempo bianca. I ninnoli fra i suoi capelli oscillarono, indignati quanto il loro proprietario, di fronte alla sfrontatezza di Barbossa.

“Lo discuto eccome, il tuo punto! Sono io il capitano!”

“Bazzecole, vane sciocchezze le tue, Hector! Gibbs, diteglielo voi chi è il vostro Capitano!”

“Ah …”- e come di consueto, il buon Mastro si ritrovò con ben poche parole in bocca e altrettante scarse vie di fuga. Si guardò intorno in cerca di consenso da parte dei compagni che si dimostrarono vili codardi, nel loro allontanarsi così velocemente dal campo di battaglia.

Ma del resto, chi indietro resta, indietro rimane. E Mastro Gibbs non era stato abbastanza rapido nel mettere in atto la più nobile delle arti della pirateria.

“Non sentite anche voi una forte umidità? Gli dei piangeranno oggi, signori! Sarà meglio andare sottocoperta.” - il buon sottoposto si sfregò le mani, distogliendo lo sguardo, e si allontanò rapidamente, ignorando le due figure furenti dietro di sé e ascoltando distrattamente il suono prodotto dalle suole dei propri stivali sulle tavole scheggiate della Perla.

Al Diavolo quei due diavolacci, che se li sbrogliassero tra di loro, quei maledetti punti!

“Codardo”- commentò aspramente Jack, osservando il suo possibile alleato allontanarsi, pur consapevole, in sé, di approvare il comportamento sfuggevole del compagno di avventure.

“Signor Gibbs!”- ruggì Barbossa, provocando dei brividi lungo la schiena del diretto interessato. “Convochi la ciurma, dobbiamo stabilire una rotta!”

E in men che non si dica, la svogliata marmaglia di cani rognosi recuperati a Dominica si presentò al cospetto dei due possibili capitani, trascinando le membra svogliate con esasperante flemma, provocando un senso di acuto fastidio alla bocca dello stomaco dei due comandanti.

“Signori”- sentenziò con teatralità il vecchio Jack, gesticolando animatamente e spostandosi avanti e in dietro lungo il ponte, mantenendo così alta l’attenzione dei suoi uomini - “Signori, cos’è un uomo senza una meta? Nulla, signori, irrimediabilmente nulla, ve lo dico io! E allora, io la rotta ce l’ho, ce l’ho eccome! Perché un uomo senza meta è come un … un … uomo con una bottiglia vuota di rum! E cos’è una bottiglia vuota di rum se non …”

“Io dico di far rotta verso Cuba, signori! Issate le ancore, spiegate le vele , ci muoviamo!”- ringhiò Hector, sovrastando la voce di Jack e superando con una spallata il pirata più giovane.

La ciurma annuì, forse più per accondiscendenza ché per reale approvazione. Gli hombres de Dominica avevano imparato a non immischiarsi nelle questioni fra capitani.

“Oi!”- Sparrow pungolò la spalla di Barbossa e lo affiancò, pronto ad intervenire- “ Contrordine! Facciamo porto a Tortuga!”

“Señor, siamo stati a Tortuga dos semanas fa. Porqué torniamo alli?”- domandò un giovane mozzo dall’ aspetto gracile, facendosi avanti.

“Perché si e basta”- borbottò il Capitano, accigliato, sorridendo minacciosamente a quella marmaglia di scansafatiche che volevano assomigliare ad una ciurma - “E ora scattare, marche!”

“Mettiamo ai voti, signori! Cuba, con le sue meravigliose mujeres, o Tortuga?”- domandò Hector, con un sorriso ammaliante, volto ad accattivarsi il sostegno di quel branco di cani rognosi.

Un brusìo di commenti ben poco casti si elevò dalla folla, mostrando palesemente quali fossero le preferenze.

“Le donne sono volubili, hombres, il rum vi amerà sempre! E, lasciatemelo dire, il rum di Cuba lascia molto a desiderare!Vamonos a Tortuga!”- sorrise Jack, ponendosi davanti a Barbossa e catturando l’attenzione del pubblico, con il suo dinamico gesticolare delle dita.

E ancora una volta, il rum, quell’alcolico scuro e straordinariamente rigenerante, ebbe la meglio. Un unanime “Olè!” diede ad intendere quale sarebbe stata la meta della Perla Nera.

La grande nave virò a destra e solcò quelle acque blu scure, diretta nuovamente verso quel covo di lestofanti e malfattori della peggior specie.

Ma la domanda era: perché?

Mastro Gibbs rimuginò parecchio su quale potesse essere il motivo che spingeva Jack a tornare indietro. Sbuffò, mentre passava uno straccio logoro lungo il parapetto, con svogliatezza.

Dopo che Barbossa si era ritirato nella sua cabina, maledicendo il nome di quel bell’imbusto di  Sparrow, il suddetto Capitano era tornato sul castello di prua a guidare il vascello verso l’orizzonte.

E il suo fidato amico Gibbs gli si avvicinò, incuriosito da quel che poteva balzare nella sua mente.

“Allora, Tortuga, eh?”- l’uomo, dalla barba corta e bianca, si avvicinò al suo Capitano, schiarendosi la voce.

“Oh, sei tu.”- sbuffò Jack, lanciandogli un’occhiata torva, imbronciando il volto esotico e affascinante, per poi tornare a puntare l’orizzonte.

“Perché torniamo là, Capitano?”

“Perché circostanze circostanziali di natura oscura, Mastro Gibbs, ci spingono a far porto a Tortuga, ergo là torniamo.”

“Che genere di circostanze, Jack?”- domandò il compagno, assottigliando lo sguardo, cercando di leggere la mente di quel  Capitano apparentemente ingenuo, profondamente complicato.

“Circostanze, Mastro Gibbs, circostanze.”

“Jack, cosa c’è sotto? Di cosa si tratta questa volta? Oro, gioielli, damigelle?Hai in mente qualcosa di grosso, non è vero?”

“Il rum! Stiamo finendo le scorte di rum, non possiamo navigare senza rum, navighereste voi, Mastro, senza rum?”- la voce di Sparrow aveva alti e bassi, saltava insieme al suo proprietario, mentre gli occhi color mogano del comandante lampeggiavano di incertezza. L’atteggiamento del Capitano era schivo, elusivo, e il vecchio Gibbs aveva imparato che se Jack non voleva parlare, non valeva la pena continuare ad indagare.

Ma, Diavolacci, se erano pericoli quelli nei quali si sarebbero presto tuffati, che almeno quella caricatura d’un Capitano li avvisasse!

 

 

 

 

                                                            ***

 

 

L’eternamente giovane Tortuga presentava una vasta gamma di criminali, dai miti ladruncoli d’occasione ai più temibili assassini. Ma la magia di quell’isola stava nel riuscire a far conciliare quell’immonda massa di cani rognosi, fino a renderli docili come agnellini, sotto i fumi dell’alcol.

La Perla Nera, in porto da ormai due giorni, attendeva impaziente il ritorno in mare aperto e il suo Capitano, a piedi fra locande e bordelli, con ogni probabilità.

Ma il vecchio Jack era a caccia di informazioni più dettagliate circa “un carico” al quale era particolarmente interessato e che di lì a poco avrebbe sfilato davanti alle coste della piccola isola di masnadieri.

“L’Ammiraglia di Re Giorgio II passerà a largo delle coste domani, secondo i miei calcoli. Si, si ne sono certo!”- aveva biascicato un anziano mercante, accasciato a terra in una locanda che era tutto fuorché accogliente. Sparrow sbuffò, osservando il sorriso ebete stampato in faccia a quel vecchio dalla barba canuta; lasciò l’edificio, diretto alla sua amata Perla, augurandosi che Hector non avesse nuovamente deciso di “prelevarla”.

 Jack era davvero stanco di vedere la sua nave salpare senza di lui.

“Diavolacci, Jack, in nome di quella che può parer amicizia, vuoi dirmi che accidenti ci facciamo di nuovo qui?”- sbottò Gibbs, comparendo, silenzioso come un gatto, davanti al Capitano, cogliendolo alla sprovvista.

“Credevo di avervi già risposto, Mastro Gibbs!”- esclamò Sparrow, sobbalzando, con uno sguardo stralunato negli occhi scuri.

Oh, mannaggia.

“ ‘Circostanze circostanziali’ è una risposta che lascia molto a desiderare, Jack. Puoi farla in barba alla ciurma, a Barbossa, forse, ma non a me.”

“Allora, forse dovrei liberarmi di voi, signor Gibbs!”

“Nah, non lo faresti.”- ghignò il vecchio marinaio, prendendo un sorso di rum da una bottiglia logora che teneva in mano. “Su, spara. A cosa andiamo incontro?”

“Molto bene, Gibbs”- sbuffò Sparrow visibilmente seccato dalla sagacia del collega. Gli strappò di mano l’alcolico e ne prese un lungo sorso, prima di continuare - “C’è una mappa.”- e qualcosa disse a Gibbs che per Jack la spiegazione poteva essere già bella che terminata.

“C’è sempre una mappa!”- sorrise il compare, mentre negli occhi si accendeva un bagliore di interesse.

“Una mappa che credevo fosse andata perduta, dopo che Jean Hamlin si è fatto rovinare dall’incendio alle Isole Vergini. ”- sbuffò Jack, infastidito dal dover mettere le carte in tavola. Aveva sempre amato l’effetto sorpresa; e poi sapeva che meno la gente sapeva, meglio era. “ La mappa per Cabo de las sombras passerà davanti alle coste di Tortuga, domani mattina, Signor Gibbs.”

“Cabo de las … Numi del cielo, Jack, è una follia! Non ci trascinerai tutti all’Inferno, non dopo l’esito della Fonte! Nossignore, sono stanco di rischiare la pellaccia!”

“ Deduco che vi stiate tirando indietro, Mastro?”- domandò Sparrow, fingendosi indifferente alle considerazioni del compare, sfregando l’indice ed il medio con il pollice.

“Deduci bene!”

“È inutile dirvi, allora, qual è la nave che ospita una sì pericolosa mappa.”- la voce di Jack era affascinante, scivolava sinuosa fino alle orecchie del mozzo, confondendolo e interessandolo.

“Assolutamente inutile!”- sbraitò Gibbs ben poco convinto.

“Quindi non vi farà alcun effetto sapere che l’Ammiraglia di Sua Maestà, o come cavolo si chiama, trasporta la mappa più ambita dei Caraibi, dell’Europa, del …”

“Come hai ottenuto queste informazioni, Jack?”- domandò Gibbs, assottigliando lo sguardo, mentre il rifiuto lasciava spazio alla curiosità, alla brama, all’interesse assoluto.

“Voci.”- ghignò Sparrow, consapevole di essersi guadagnato l’appoggio del compare, in quella missione di recupero.

Il suo interlocutore annuì sorridente, assaporando l’idea di ottenere una simile rarità.

“Cosa c’è alla fine del percorso, Jack? Non dirmi che … Diavolacci, è la mappa che porta …? Non hai rinunciato alla giovinezza eterna, allora.”

“Le ombre sanno molte cose, Mastro Gibbs. Immagino abbiano un rimedio anche per … questo.”- e il pirata guardò il proprio corpo abbronzato, ricoperto dalla casacca bluastra, immaginando con amarezza le sue carni che presto o tardi si sarebbero consumate, invecchiate dal tempo.

 “ Jean Hamlin aveva la mappa  e non ha mai nemmeno tentato di raggiungere quel posto, Jack! E lui ha sequestrato diciassette navi alla Marina! Nessun uomo con un po’ di buon senso si metterebbe alla ricerca delle Ombre.  Si dice che chi ne veda una, muoia entro breve e di morte orribile!”- sibilò il Mastro, guardandosi intorno con fare circospetto, mentre sul suo volto si dipingeva un’espressione di pura apprensione. Guai in vista. Di nuovo.

“Si dice anche che le suddette Ombre possano compiere prodigi incredibili, se ben compensate … Qualche ninnolo, per la vita eterna, Signor Gibbs!”

“E sia. Ma sarai tu a comunicare all’equipaggio che siamo tutti condannati!”- ruggì l’uomo dalla barba canuta, levando gli occhi al cielo in una silenziosa preghiera per ingraziarsi gli dei del mare.

“Allora, ci occorre del rum!”

   
 
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