Fanfic su attori > Ben Barnes
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Autore: MoonLilith    30/05/2011    6 recensioni
Lui mi sorride, un sorriso assolutamente da togliere il fiato, e mi fa un cenno con la testa.
Faccio per chiudere la porta, lentamente, ma quando è quasi chiusa, qualcosa la interrompe.
La riapro. C’è lui appoggiato allo stipite della porta, con una mano poggiata su di essa, a tenerla aperta.
« Voglio rivederti. » mi dice, serio in volto, guardandomi fisso.
Io? Io boccheggio.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ben Barnes, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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XII.

« BEEEEEN… » mugugno lamentosamente quando la luce della mattina inizia a diventare troppo forte, e mi fa svegliare. Subito porto il braccio a cercare il corpo del ragazzo al mio fianco, ma atterra pesantemente sul materasso vuoto e freddo.
Appena realizzo di essere sola, mi alzo improvvisamente a sedere. Coi capelli arruffati e gli occhi che non ne vogliono sapere di rimanere aperti, mi guardo intorno, lasciandomi trasportare da uno sbadiglio.
Mi lascio cadere indietro ributtandomi sul letto, pensando a tutto quello che è successo ieri sera.
« Deheheheeeh… » mi lascio sfuggire una risatina un po’ da rincretinita, ma come potrei ragionare in questo momento? Ho dormito con Ben. Ci ho fatto l’amore, porca paletta. E porca paletta alla seconda, quant’è stato bello.
« Ok, Jo, basta. » mi dico passandomi una mano sul viso, quindi mi rimetto a sedere e lentamente scivolo fuori dal letto. Rabbrividisco per essere uscita da sotto le mie calde coperte, adocchio un paio di ciabatte di Ben e me le infilo. Un po’ goffamente mi dirigo verso la cucina – le ciabatte escon fuori dal mio piede per almeno cinque centimetri – che è immensamente illuminata da una luce che, riflettendosi sul bianco, lo fa diventare così luminoso da sembrare avvolto da un’aura divina. Il che, naturalmente, da un fastidio bestia ai  miei occhi, ancora abituati al buio. « Ma che cazz… » borbotto, avvicinandomi al frigo. Non gli darà fastidio se frugo un po’ qua e là, no? Voglio dire, sono sua ospite, devo mangiare. No?
Apro il frigo, e la visione che mi si para davanti è così triste che mi fa quasi venire le lacrime agli occhi.
Neanche nei miei periodi più neri ho avuto il frigo così dannatamente vuoto. Già, perchè ci trovo soltanto un barattolo di maionese e due bottiglie d’acqua, di cui una ormai alla fine della sua grama vita.
« Wow. » commento, piatta, prima che il brontolio del mio stomaco sovrasti la mia stessa voce. Sospiro, richiudo il frigo, mi volto e sulla penisola della cucina c’è un foglietto, che essendo bianco su dannatamente bianco non avevo notato.
Buongiorno!
Non so se l’hai già notato, ma nel frigo non c’è nulla. Perdonami, è difficile che io mangi a casa! Sono a lavoro, spero di riuscire a fare un salto in tarda mattinata, altrimenti ci vediamo stasera. Nel terzo cassetto della scrivania in camera c’è qualche spicciolo e un altro mazzo di chiavi di casa, se hai fame prendili pure ed esplora un po’ la zona, è piena di bar e fast food.
Ben
Rileggo il bigliettino un paio di volte, osservo il minuscolo cuoricino a prova di lente d’ingrandimento che mi ha scarabocchiato sotto al suo nome. Di nuovo, improvvisamente, spunta sul mio viso un sorriso da ebete. Rimango a crogiolarmi così qualche secondo.
« Ma basta, Jo! Sembri una ragazzina innamorata in piena esplosione ormonale! » mi dico, da sola, cercando di riprendermi. Se qualcuno mi sentisse adesso, probabilmente mi prenderebbe per pazza. E appena finisco di parlare, sento chiudersi la porta dell’ingresso con un tonfo secco.
Mi prende un balzo al cuore, e di scatto mi volto subito nella direzione dell’ingresso, la porta è nascosta da un muro di cartongesso.
« Ben? »
« Ben? »
La mia voce e quella di un’altra persona esclamano all’unisono il nome di Ben. Ok, adesso abbiamo capito di non essere Ben, nessuno dei due.
Resto immobile a fissare il muro che mi separa dalla persona sconosciuta. Non so che fare, cacchio. Non è casa mia e sono vestita con gli abiti di Ben. Mi sento leggermente in difficoltà.
Tutt’un tratto, un ragazzo spunta da dietro il muro, guardandosi intorno.
Subito i nostri sguardi s’incontrano.
« E tu chi sei?! » mi chiede, entrando in cucina, mentre uno strano sorrisino gli compare in viso.
È… è bello. Cioè, ma veramente veramente bello.
Alto tipo venti centimetri più di me, ha i capelli castano scurissimo, corti, arruffati, leggermente ordinati con un ciuffo sulla fronte. Gli occhi sono grandi, nerissimi, è magro e longilineo, e ha un sorriso… ok, non proprio rassicurante, ma che sorriso! Che, in effetti, ha un che di familiare. Ma anche lo sguardo. Ma tremendamente familiare.
Si vede che ci tiene alla moda, anche. Almeno, così sembrerebbe. Camicia bianca, sbottonata e tenuta fuori dai pantaloni, sotto ad una giacca di velluto nero. Jeans grigi, non troppo stretti, mocassini neri, lucidi.
Sì, mi ricorda proprio qualcuno.
E mi da un mare fastidio il modo in cui mi sta studiando dalla testa ai piedi, e soprattutto come si sofferma sulle mie gambe. Mi sorride, affabile, e si avvicina.
« Sei una nuova amichetta di Ben, immagino. » mi dice, continuando ad avanzare verso di me.
Io indietreggio di un solo passo e finisco col sedere contro la cucina. Mi sembra giusto.
Ma aspetta. Nuova amichetta di Ben? Nuova? Perché, ce ne sono di vecchie?
« Nuova? » mi vien fuori spontaneamente, ma poi mi pento di aver parlato.
Lui si mette a ridere, portando una mano in tasca e l’altra a coprirsi gli occhi. Poi mi guarda, ancora sorridendo ironicamente.
« Siete tutte uguali! Pensavi di essere l’unica e sola? » mi chiede, arrivando ormai a due passi da me.
Aggrotto le sopracciglia. Con le sue parole, mi viene un atroce dubbio. Ma di certo non gliela do vinta a questo damerino qua.
« E tu, invece, chi saresti? Il maggiordomo di Ben che viene a far le pulizie e a pagare cercando di rimorchiare le ragazze che sbavano per il tuo padrone? » rispondo io, sorridendo sarcasticamente e incrociando le braccia.
Lui assottiglia un attimo le palpebre e in pochi istanti mi è vicino.
« Attenta a quello che dici, ragazzina. » mi dice a bassa voce, sempre col sorrisino un po’ inquietante. « Io non ho bisogno di pagare né di servire nessuno, se voglio una cosa me la prendo, ok? » mi dice, affabilmente. Però mi sto un po’ allarmando. Ma giusto un tantino, eh. Ma chi diavolo è?
Mi prende il mento tra il pollice e l’indice, e mentre lo osservo in silenzio mi preparo per tirargli una ginocchiata in mezzo ai gioielli di famiglia.
« Devo dire che il fratellone questa volta ha scelto proprio bene, almeno sai controbattere. » mi mormora, osservandomi ancora, senza nessun ritegno.
« Potresti rimanere sorpreso di tutti i mille modi che conosco per controbattere. » rispondo io, ma proprio quando sto per tirargli la ginocchiata progettata, la porta di apre di nuovo.
« JACK! » sento tuonare mentre dei passi veloci si avvicinano. Dopo un secondo, Ben entra in cucina velocemente, e Jack, il tizio insomma, mi si allontana con altrettanta velocità, ma non abbastanza per non far vedere a Ben la posizione in cui ci trovavamo. « Lo sapevo, io! Non te le dovevo dare quelle chiavi! » sbraita contro il ragazzo. Io rimango a bocca aperta, con la gamba in procinto di ginocchiata, a guardare i due.
Ben toglie i Rayban e li posa sulla penisola della cucina, mi lancia uno sguardo, poi punta il dito minacciosamente contro Jack.
« Cosa stavi facendo, eh? Non ti azzardare mai più ad avvicinarti a lei e fare il coglione, chiaro? » gli dice Ben, agitando il ditino.
Jack scoppia a ridere.
« Ma dai, fratellone! La stavo solo mettendo alla prova! È una tipa tosta, eh?! » dice lui, sollevando le mani in segno di resa e ridacchiando.
Fratellone? Oh. Stavo per distruggere la virilità del fratello di Ben?
Ben sospira, poi si volta a guardarmi.
« Lascialo perdere, Jo, non prenderlo sul serio. Scommetto che ti ha recitato la parte della “nuova amichetta”, vero? » mi dice disegnando in aria le due virgolette. « Pensa che l’ha fatto anche con Dana, quando ha iniziato a lavorare per me e l’ha vista qui la prima volta. »
« E chi è Dana, scusa? » gli sbotto io, lasciando perdere tutto il discorso su suo fratello, mentre sento già la gelosia affiorare.
« Ma come chi è? È la mia manager, l’hai anche conosciuta in albergo, quando sei venuta a cercarmi, no? » esclama lui, avvicinandosi a me per cingermi con le braccia.
No, aspetta.
« Tesoro. Tu sapevi che io sono venuta a cercarti in albergo? » gli chiedo minacciosa, col corruccio.
« Certo, me l’ha detto Dana. » risponde lui, sorridendomi. Suo fratello osserva in silenzio, sornione.
« Cioè non mi hai chiamata pur sapendo che ti avevo cercato?! » esclamo incredula, senza ricambiare l’abbraccio.
« Volevo farti un po’ cuocere nel tuo brodo! » risponde lui, sgranando gli occhi innocentemente. Che attorone.
« Ben, amore, sei un bel pezzo di merda! » esclama suo fratello, mettendosi a ridere.
« Tuo fratello ha ragione. » gli dico annuendo.
« Mio fratello è un cretino. » mi risponde lui, ora sorridendomi allegramente, senza neanche guardare Jack.
« Anche, sì, ma ha ragione. » rispondo io prontamente.
« Grazie, io sono sempre qui. » s’intromette di nuovo Jack, ricordandoci la sua presenza, incrociando le braccia. « Ma dove l’hai trovata questa tipetta così acida?! » sbotta poi prendendomi in giro.
« Ben, sto per commettere un fratricidio. » dico girandomi verso Jack e cercando un oggetto contundente da tirargli addosso.
« Buonaaaa… » mi dice Ben, cercando di trattenermi.
Jack si allontana prontamente.
« Ehi ma è pericolosa! Mi fa paura! »
« E non hai ancora visto niente, fratellino! » grugnisco io, guardandolo torva.
« Però Ben, stavolta ci hai azzeccato, ti sei scelto una bella panterina sexy! » dice Jack, ignorandomi deliberatamente.
« Se non la smetti il fratricidio lo commetto io… » gli risponde Ben, ma trattenendo a stento una risata. China il capo con l’illusione di potersi in qualche modo nascondere da me.
« Ah bene, bella la coalizione maschile, complimenti! » esclamo andando a pizzicare con le unghie la pelle delle braccia di Ben, che ancora mi cingono la vita.
Con un urlo di dolore lui le sposta velocemente.
« Ma che ti salta in mente?! » sbotta massaggiandosi i punti in cui son rimaste delle belle mezzelune, traccia delle mie unghie.
« Non parlarmi, ce l’ho ancora con te! E adesso esco! » esclamo, girandomi e andando verso la camera da letto.
« Sì, e dove vai?! I tuoi vestiti sono tra i panni da lavare, e ti ricordo che non hai più valigie e documenti… » mi dice lui, girando l’angolo e appoggiandosi al muro, con le mani in tasca.
E che cavolo, c’ha ragione! Mi blocco, sbuffo, sollevando la frangetta, e resto immobile, con il muso, a braccia conserte.
« Però… » inizia a dire lui, cantilenando un po’. Sento un rumore un po’ plasticoso alle mie spalle. « Sono riuscito a comprarti qualcosa… Ma se non cambi quell’espressione lì, non ti do proprio niente! » conclude la frase, avvicinandosi alle mie spalle.
« Tzè, non ho bisogno dei tuoi vestiti! Aria aria! » dico agitando la mano in aria.
Lui si mette a ridere, e mi si sta avvicinando ancora, ma improvvisamente inizia a squillargli il telefono.
« Ecco che lo richiamano all’ordine! Beh fratellone, ci si vede! Io vado! » dice Jack, comparendo dalla cucina. Mi s’inchina, platealmente, con un sorrisino da schiaffi. « Signorina Non-so-come-ti-chiami, è stato un gran piacere conoscerti e battibeccare con te! » esclama poi, rialzandosi in piedi.
« Piacere mio, carissimo. » gli rispondo sarcasticamente, tendendo a stenti un sorriso.
Anche se, infondo, sembra abbastanza divertente come tipo. Ma infondo.
Mi volto verso Ben, mentre Jack lo saluta solo con la mano e esce di casa. Intanto lui è al telefono, e mi da le spalle.
« A-ah… sì… sì, arrivo subito, cioè, il prima possibile. » borbotta, portando una mano a scompigliarsi i capelli. « Ok, subito. » aggiunge dopo un po’, con un leggero tono scocciato. Chiude il cellulare, e si volta verso di me, sorridendo colpevole. « Volevo portarti un po’ in giro, ma… purtroppo devo tornare al lavoro. » si avvicina, mi tende la busta con i vestiti. « Usali per fare un giro, se vuoi? »
« Ma… » inizio io, prendendo la busta. Sospiro, metto di nuovo il muso. « Vabbè, niente. »
Ma perché non posso andare con lui? Non posso seguirlo sul set? Dio, non lo vedevo da ieri e già mi mancava da morire. Dovrei stare fino a stasera lontana da lui?
Vorrei chiederglielo, vorrei chiedergli di portarmi con lui… oh, beh, gli chiederei di portarmi anche in Antartide, pur di stare insieme.
L’angoscia cala improvvisamente su di me ed evidentemente anche sul mio volto, visto che Ben sembra accorgersene. Stringe le labbra, mi guarda qualche secondo crucciato, stringendosi un po’ nelle spalle.
« Mi dispiace Jo, so che è difficile per te spostarti da sola per il quartiere, ma devo davvero scappare. » mi dice lui, supplichevole.
Non ha capito niente.
Sospiro, guardandolo, quindi annuisco abbassando lo sguardo.
« Va bene, dai. » accenno un sorrisino « Verso che ora torni? » chiedo poi, ritornando a guardarlo.
Lui arriccia le labbra, in difficoltà. Solleva la mano a grattarsi il capo, e lo sguardo vaga oltre la mia testa.
« Ehm… Non avrei un orario preciso. Potrebbe essere tra due ore, come potrebbe essere a notte inoltrata. Dipende da come vanno le riprese. » dice vagamente.
Io lo fisso, stringo appena le labbra una contro l’altra, mentre la pericolosa voglia di tirargli in faccia la busta coi vestiti inizia a farsi spazio dentro di me. Cos’è quest’aria vaga? Questo modo di fare? Non mi piace, per niente.
Respiro, a fondo. Rilassati, Jo. È il suo lavoro, è imprevedibile. Su, fai la brava ragazza matura. Socchiudo gli occhi, ancora due profondi respiri, quindi annuisco.
« Va bene, a più tardi allora. » ripeto come poco prima, senza una particolare inclinazione vocale.
Lui mi sorride, in un misto tra l’intenerito e il mortificato, quindi si china appena, giusto per sfiorare le mie labbra con le sue, posando delicatamente la mano destra sulla mia guancia, carezzandola appena col pollice.
Trattengo il fiato, mentre un delizioso profumo di vaniglia mi avvolge. Socchiudo gli occhi per gustarmi quel fugace momento, e quando li riapro lui è già che corre di gran carriera verso la porta d’ingresso. Lo guardo allontanarsi e sparire dietro l’uscio, mentre sospiro, facendo placidamente ondeggiare la busta con i vestiti. Ma guarda te che effetto mi deve fare questo ragazzo, soltanto con un bacio così casto.
Arresa al mio amaro destino, vado a cambiarmi, indossando gli abiti che mi ha comprato Ben. Che dimostra di avere un ottimo occhio nella taglia.
Sfilo via la sua maglia, i suoi boxer, i suoi calzini. Nuda mi guardo allo specchio, osservo il mio corpo dall’incarnato pallido, percorro tutte le sue rotondità.
Poi lo sguardo sale, lentamente, fino ad incontrare il suo riflesso nello specchio. Mi sento così anonima. Così… normale. Insipida, confronto a lui. Ora lui andrà a lavorare, in mezzo alla gente, agli amici, si divertirà e s’impegnerà, non per se stesso, ma per gli altri.
E io?
Io non ho nulla da fare. Sono qui, a guardarmi allo specchio. Il fatto di aver preso e mollato in tronco l’università e gli esami imminenti sta iniziando a turbarmi. Osservo i vestiti che lui mi ha comprato, stesi ordinatamente sul letto. Non voglio fare la mantenuta. Non voglio vivere a sue spese. Sospiro profondamente, e lenta mi dirigo in bagno, per fare una doccia rinfrescante.
Sotto il getto di acqua tiepida, quei pensieri che pensavo sarebbero fluiti via con l’acqua che accarezza i miei capelli e il mio corpo, si fanno anzi più martellanti e confusi.
Non voglio che lui debba badare a me. Io, proprio io, che ho tanto lottato per riuscire a realizzarmi, per riuscire a vivere da sola e senza il sostegno di nessuno, proprio io che dal giorno di quell’incidente mi ero ripromessa che nessuno mai sarebbe stato tanto importante per me da farmi sentire perduta nel caso in cui mi avesse abbandonata… proprio io, ora esco dalla doccia di Ben, mi asciugo con il suo accappatoio, indosso gli slip e il reggiseno che lui mi ha comprato, lascio che il vestito di cotone leggero che lui ha scelto proprio per me scivoli morbidamente a coprire la mia pelle.
Mi asciugo i capelli col suo phon, spruzzo sul mio collo il suo profumo, che mi fa avvampare, perché mi ricorda dannatamente la notte che abbiamo passato insieme, qui, nel suo letto.
E tutto questo mi rende nervosa, affranta, insoddisfatta.
Esco di casa, sperando di trovar distrazione – e quindi conforto – nelle strade di Londra.
Prima di tutto mi dirigo al Commissariato, di nuovo. Sì, perché oltre ad essere mantenuta, al momento senza documenti non sono nessuno.
Che pazza, pazza, pazza che sono stata.
Solo il pensiero di Ben, i suoi abbracci, il sapore delle sue labbra sulle mie, mi fanno star serena per pochi istanti. Ma poi i pensieri riaffiorano, più violenti di prima, incessabili.
Non so cosa fare.

***

Ben P.O.V.

Stancamente, cercando di far il meno rumore possibile, giro la chiave quel che serve per far scattare la serratura dell’ingresso di casa.
Richiudo con la stessa accortezza la porta alle mie spalle. La casa è buia, illuminata solo dalla fioca luce che proviene dalla camera da letto.
Nei miei pensieri le battute del copione si accavallano. Mi fa male la testa. Mi bruciano gli occhi. Ciondolo lentamente verso la mia camera, come ipnotizzato dalla luce tremante.
E quando arrivo sulla soglia della mia camera, lì mi fermo, poggiandomi contro lo stipite. Un angelo è steso sul mio letto. Ancora totalmente vestita, con quell’abito turchese che le avvolge il corpo, le gambe esili che spiccano in netto contrasto con le coperte scure, abbandonate placidamente, leggermente piegate verso il busto. Le mani entrambe portate sotto la guancia, come fossero un cuscino per quel volto addormentato, disteso, le labbra di quel rosa così intenso schiuse a respirare gentilmente, così tanto che il respiro neanche si sente. I capelli scuri scendono morbidi sulle guance, sulle spalle scoperte, sul collo.
Accanto al corpo, un libro aperto alle prime pagine, quasi come se aspettasse da un momento all’altro che quelle mani affusolate lo accarezzino ancora. Beate quelle pagine, che si sono crogiolate sotto quel tocco, in tutto questo tempo.
Resto così, a fissarla, a contemplarla quasi, estasiato, riscaldato da quella visione. Non pensavo che sarebbe stata una sensazione così dolce, ritornare e trovarla stesa sul mio letto.
Un lieve sorriso, appena provato dalla stanchezza, nasce sul mio volto. Mi avvicino lentamente, mi siedo quasi ai piedi del letto, accanto a lei, a guardarla.
Sollevo la mano, e gentilmente vado a sfiorarle la gota calda, carezzandola come fosse fatta di cristallo scostando appena i suoi capelli morbidi.
Cosa ti ho fatto, Jo?
Non dovresti essere qui. Non dovresti stare dietro a me.
Io… Io posso provocarti solo sofferenza.
Sono un bastardo.
Le labbra di lei si chiudono, si arricciano un attimo in modo delizioso, quindi schiude gli occhi assonnati. Sbatte le palpebre un paio di volte, senza mai aprirle del tutto, prima di portare il suo sguardo color ghiaccio a cercar il mio.
Onice contro diamante.
Ogni volta è una fitta al cuore.
Le sue labbra s’increspano in un sorrisino, e io non posso più trattenermi, mi chino verso di lei, e poso le mie labbra sulle sue, quasi come a cercar riparo, ristoro con la loro dolcezza.
« Sei già tornato? » mormora lei, con la voce appena rauca, bassa, quando mi allontano appena.
Accenno una risatina. « Ma sono le quattro del mattino. » mormoro io in risposta, carezzandola ancora, mentre il mio sorriso s’allarga, di fronte all’espressione stupita che subito cerca di camuffare.
« Oh… Io… Sai, leggendo il tempo passa senza accorgersene. » dice in risposta, come a voler negare il fatto che si fosse già addormentata da tempo, a furia di aspettarmi.
Di rimando io annuisco soltanto, divertito, e quando lei va a scostarsi un attimo per farmi spazio, ne approfitto subito e mi stendo di fianco.
Mi lascio sfuggire un sospiro stanco, mentre sento la schiena chiedere pietà, e i muscoli del corpo tutti intorpiditi.
Improvvisamente il suo profumo mi avvolge, quando va a posare il suo viso sulla mia spalla, vicino all’incavo del collo. Piego appena il capo, affondo le narici tra i suoi capelli, inspiro appieno, e quel profumo è quasi come morfina per me. La stringo a me, lascio che i nostri corpi aderiscano, caldi. Per qualche meraviglioso secondo mi sento tranquillo, e rilassato.
« Mi hai lasciata da sola tutto il giorno. Questa me la paghi. » mormora lei, con voce sempre più strascicata, come se stesse già di nuovo sprofondando nel regno di Morfeo.
« Va bene » mormoro io, dolcemente, mentre le carezzo il capo, e allungo l’altra mano a spegnere l’abat-jour.
E, per fortuna, lei non può vedere l’espressione contratta del mio viso.

*-*-*-*

Ciao a tutti! Spero davvero possiate perdonare l'incredibile lasso di tempo che ho fatto passare prima di pubblicare questo capitolo. Purtroppo, quando l'ispirazione non arriva, c'è poco da fare!
Spero comunque vi possa piacere. Ho visto che nel frattempo il sito è cambiato un po', e posso rispondere direttamente alle recensioni, mi ci metto subito.
A presto (spero!)
Se volete seguirmi al di fuori di EFP, vi lascio il link del mio blog: http://multicolorlips.blogspot.com
Un bacione :3

   
 
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