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Autore: Fe85    30/05/2011    2 recensioni
Tutto questo era molto strano, ma Yuriy era sicuro che prima o poi avrebbe chiarito questa faccenda, dopotutto uno dei suoi migliori pregi (o difetti, dipendeva dalle situazioni) era proprio la testardaggine.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Rei Kon, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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La verità non ha bisogno di effetti speciali:

a volte basta un po’ di silenzio ed affiora da sola.

(G. Gottini)

 

Una volta atterrato all’aeroporto di Okinawa, Kei era salito su un taxi e aveva ordinato al conducente di lasciarlo a mezz’ora di cammino dai laboratori: sicuramente Andrew aveva già intuito che si sarebbe mosso da solo, tuttavia era sempre bene contare sul fattore sorpresa per tentare di cogliere impreparato l’avversario.

Evitò di dare corda al tassista che si lanciò in un monologo riguardante le condizioni atmosferiche della città marittima. La parlantina di quell’uomo gli ricordò Sachiko e il breve discorso che avevano intavolato qualche ora prima.

Quando Andrew aveva riattaccato e l’aveva messo al corrente della situazione, il presidente della Hōno aveva subito iniziato ad organizzarsi, ma venne interrotto quasi subito da Sachiko, ferma sulla porta con dei fogli da fargli firmare tra le mani.

«Kei, che cosa è successo?» gli domandò lei con un tono di voce che esigeva delle risposte. Risposte convincenti, non allusive.

Sentendosi inchiodato dallo sguardo severo della donna, Hiwatari sospirò e si lasciò cadere sulla sua poltrona di pelle.

«Mc Gregor tiene Yuriy in ostaggio a Okinawa.»

Sachiko soppesò le parole del suo principale, e si morse il labbro inferiore, togliendo così parte del rossetto fucsia di una nota marca di cosmetici.

«E tu stai andando là da solo- sottolineò “da solo” con una certa insistenza- a salvarlo?»

Il Dranzerblader non sopportava l’ovvietà, quindi si limitò ad annuire con il capo, apprestandosi poi ad alzarsi e a sorpassare la donna con incedere frettoloso.

«Bene, allora riporta a casa chiappe d’oro, non può assolutamente mancare al mio matrimonio!»

Sachiko non poté vederlo perché era voltata di spalle, ma le labbra di Kei si dischiusero in un mezzo sorriso. Un’altra persona al suo posto avrebbe cercato di dissuaderlo, inculcandogli nella testa il valore dell’amicizia e l’importanza della cooperazione, Sachiko, però, era diversa.

Così come Kei, era un’individualista, e la sua rapida ascesa nella scala gerarchica dell’azienda ne era una chiara dimostrazione.

Entrambi erano disposti a tutto pur di perseguire gli obiettivi che si erano prefissati.

Entrambi erano abituati a proseguire per la propria strada, senza guardare in faccia nessuno.

Sotto certi punti di vista, erano molto simili, sebbene Sachiko fosse di gran lunga più loquace di lui.

«Quest’improvvisa secchezza ci ha fatto preoccupare e…»

«Si fermi qui, grazie.» ordinò Kei perentorio all’autista, porgendogli la somma esatta di denaro che gli doveva per la corsa e scendendo dal taxi piuttosto velocemente. Non ne poteva più di sentirlo blaterare. Il nipponico si incamminò lungo un viale di palme che si piegavano al vento che, a tratti, rinfrescava quella giornata afosa. La presenza di alcune piante grasse e di alcuni fiori dalle tinte brillanti, unita al cinguettio degli uccellini, colorava e animava quel posto altrimenti desertico.

In lontananza, erto su una collina, si poteva intravedere l’immenso laboratorio, in cui Yuriy era prigioniero. Dovette ammettere che quell’edificio moderno e imponente strideva con la natura selvaggia che lo circondava. Non c’era più tempo da perdere, perciò Kei aumentò l’andatura in modo da arrivare il prima possibile, quando sentì dei passi dietro di lui.

«Possibile che siano già gli scagnozzi di Andrew?»

Decise di fermarsi e si frugò nelle tasche: non avendo armi con sé, estrasse il suo fedele Dranzer e, giratosi, lo puntò contro i suoi inseguitori, che si rivelarono essere Boris, Rei e…gli ex blader della BEGA?

«Che diavolo ci fate qui?» li aggredì bruscamente.

«Innanzitutto, ciao Kei.» esordì Boris saccente, incrociando le braccia al petto e guardando di sottecchi il suo compagno di squadra «Tetsu ci ha raccontato tutto, e siamo venuti qui per darti una mano. Il tuo autista è stato molto gentile e ci ha fatto viaggiare con un jet super veloce!»

«Non è necessario. Tornate a casa.» li liquidò Kei, riprendendo a camminare.

Rei stava per dire qualcosa, ma Boris lo bloccò e gli fece cenno di bloccarsi.

«Senti, onestamente non mi va che tu faccia la parte dell’eroe impavido. Quindi, dovrai, anzi no, sarai costretto a sopportare la nostra presenza. Forza, ragazzi!» li incitò il Phalborgblader, mettendosi a capofila e affiancando Kei.

Il cinese fu piacevolmente sorpreso dall’atteggiamento del suo fidanzato, solitamente insicuro e titubante, e lo seguì compiaciuto.

Al contrario, Kei pareva spazientito, ma non provò a ribattere per evitare di perdere altri minuti preziosi.

«Deve venire anche lui?» domandò indicando malamente Brooklyn che sorrideva serafico.

«Certo che sì! A proposito, prima Rei e Garland hanno preparato una strategia da attuare una volta arrivati al laboratorio.» lo mise al corrente il russo, dando un calcio ad un sassolino «adesso ti spieghiamo tutto.»

                                                                       *

La dottoressa Vee, fautrice del progetto «Artemide», stava confrontando i dati raccolti sul suo pc, tra le labbra una sigaretta accesa, che però non sembrava soddisfarla ampiamente.

La sua sete di vendetta sarebbe stata senz’altro appagata di lì a poco.

Appoggiarsi a delle famiglie importanti quali quelle dei Majestic si era rivelata una mossa vincente: non essendo più i fondi un problema di vitale importanza, aveva potuto dedicarsi con tranquillità e dedizione alle sue ricerche.

Le stesse ricerche che suo padre, il celebre dottor B[1], non aveva potuto portare a termine a causa della sua scomparsa.

Mentre lui era riuscito nell’impresa di creare dei bit power artificiali, lei si era spinta ancora più in là, ai confini della scienza: aveva creato una macchina che trasformava gli esseri umani stessi in bit power. I suoi colleghi all’università avevano denigrato il suo lavoro e l’avevano additata come pazza, tuttavia il tempo aveva dato ragione a lei.

Era incredibile cosa potesse scaturire da sentimenti negativi quali il rancore e lo sdegno.

La donna legò i lunghi capelli neri in una coda alta, recuperando dalla tasca del suo camice bianco una fotografia, un po’ sbiadita a causa del tempo, scattata undici anni prima che ritraeva un ragazzo e una ragazza sorridenti e abbracciati.

«Perdonami se puoi, Anthony.»

Sistemò l’istantanea in un cassetto che si premurò di chiudere a chiave, dopodiché raggiunse l’ala alfa del laboratorio, dove vi era la sua nuova e preziosa cavia.

Yuriy Ivanov.

                                                                       *

«Sì, credo che dividersi sia la scelta migliore, così ognuno di noi ispezionerà una parte dello stabile.» convenne Kei, desideroso di affrontare Andrew faccia a faccia.

«Allora buona fortuna a tutti, eventualmente utilizzeremo i cellulari per tenerci in contatto.» sentenziò Garland che, senza indugi, si fece largo tra le guardie appostate all’entrata principale. Finalmente, gli anni di allenamento impiegati a perfezionare le tecniche di arti marziali tramandate nella sua famiglia, stavano dando i loro frutti.

Rei, invece, si occupò delle sentinelle sul retro, mentre Mystel e Brooklyn ne approfittarono per addentrarsi  al’interno della base nemica. Percorsero un lungo corridoio dal pavimento a scacchi, e alla fine di esso, trovarono ad accoglierli Olivier e Gianni, quest’ultimo stava fissando il suo orologio da polso con un certo nervosismo.

«Salve, credo che non abbiamo mai avuto l’occasione di presentarci. Il mio nome è Olivier Bouringer, e questo al mio fianco è Gianni Tornatore. Sono desolato, ma non potete procedere oltre.»

Mystel estrasse Poseydon, imitato subito dopo dal francese.

«Perché non facciamo parlare i nostri beyblade?» propose Mystel preparandosi a lanciare. Brooklyn, immobile al suo fianco, fissava divertito Gianni che pareva alquanto spazientito.

«Ehi, ehi. Fermatevi un attimo!» l’italiano si frappose tra i due che lo stavano osservando con gli occhi sgranati «è proprio necessario combattere? Il vostro scontro potrebbe protrarsi per diverse ore e io, onestamente, avrei di meglio da fare.» mostrò loro un’agendina sulla cui copertina era riportato lui in una posa di dubbio gusto.

«Alle nove ho appuntamento con Kanako alle terme, poi alle dieci Sumire mi aspetta al karaoke, alle undici è la volta di Nagisa che ha già prenotato una stanza in un hotel a ore. Come recita un famoso proverbio delle mie parti, “carpe diem!”, cioè “cogli l’attimo!”, ribattezzato da me in “cogli Gianni”, vi piace?»

«Combattere è stancante, perché non andiamo a rilassarci all’ombra di una pianta?» suggerì Brooklyn sorridente, appoggiando a modo suo la tesi di Gianni.

Olivier e Mystel rimasero basiti (nonostante fossero entrambi abituati alle stranezze dei rispettivi amici), e furono praticamente obbligati a seguire Brooklyn e Gianni che si erano già allontanati da loro.

«Gli italiani sono così poco raffinati. Appena vedono una bella donna o un piatto di pasta, perdono il lume della ragione.» si lamentò Olivier con il suo solito modo di fare da snob.

                                                                          *

«Yu!» urlò Boris correndo tra i sotterranei del laboratorio, decorati unicamente da porte di legno scardinate, polvere, ragnatele e umidità. Non ottenendo alcuna risposta, proseguì fino ad una scala a chiocciola, che, probabilmente, conduceva al piano superiore.

Tuttavia, venne bloccato da una voce famigliare.

«Boris, ti stavo aspettando.» Alfred, appoggiato ad un muretto di pietra, stava lanciando in aria un oggetto dalla forma squadrata.

«Al! Che cosa ci fai qui? Hanno preso anche te?» gli chiese preoccupato, avvicinandosi a lui e appoggiandogli una mano sulla spalla.

Per tutta risposta, l’inglese scostò in malo modo la mano del barman e lo scrutò freddamente.

«Possibile che tu sia talmente ingenuo da non aver capito? Sono stato io a rapire Yuriy e a portarlo qui, sono stato pagato da Andrew Mc Gregor.»

Quelle parole furono una vera e propria doccia fredda per Boris: si vide passare davanti tutti i bei momenti trascorsi con Alfred e gli altri colleghi al Taka, oppure quando doveva chiedergli consigli riguardo la sua complicata situazione amorosa.

Alfred c’era sempre stato per lui, e benché taciturno, la sua presenza era diventata fondamentale per il Phalborgblader. Non voleva credere che proprio lui fosse il responsabile della cattura del suo capitano, com’era possibile?

Forse, le frustate di Vorkov e i suoi allenamenti sarebbero stati meno dolorosi di quella notizia.

«Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi portato a casa vostra, così ho potuto anche recuperare la chiavetta USB di Kei Hiwatari. Sei davvero un ingenuo, Boris. Ti fidi troppo facilmente delle persone.» lo schernì con un ghigno stampato sul volto.

Quell’ultima frase fu la goccia che fece traboccare il vaso, e senza pensarci due volte, Boris si scaraventò contro l’inglese, sferrandogli un pugno in pieno volto.

«Sei un bastardo!» sibilò a denti stretti, sollevandolo per il colletto della maglietta. Era come se il vecchio e spietato Boris fosse ricomparso repentinamente. La rabbia accumulata stava prendendo il sopravvento su di lui, e dovette far leva su tutto il suo autocontrollo per evitare di picchiare ulteriormente il teenager. In quel momento lo detestava anche più di Kei, il che era tutto dire.

«Dammi una motivazione per il tuo gesto. Muoviti!»

Alfred si asciugò con il dorso della mano il rivolo di sangue che gli colava dal labbro, ormai spaccato, e si ricompose.

«Chiedere aiuto è da deboli, bisogna contare unicamente sulle proprie forze.»

«Ti sbagli, Alfred. Domandare aiuto è sinonimo di grande forza di volontà; crescendo capirai il significato della mia frase.» gli ripeteva in continuazione il suo psicologo, il dottor Campbell.

«A dire il vero, io non ti ho mai considerato mio amico, Boris. Anzi, non ti ho mai sopportato.» esordì Alfred pacatamente, sfilandosi dal collo una catenella che reggeva un beyblade viola e giallo.

«Non ti sono mai piaciuti i beyblade, come mai ne possiedi uno?» sembrava quasi che Boris fosse un detective e stesse perpetrando un interrogatorio ad un criminale. La quiete di quel posto isolato era interrotta unicamente dagli ansimi del russo e dal respiro regolare di Alfred.

Prima di rispondere, Alfred restò in silenzio qualche minuto, valutando il da farsi. Arrivato a quel punto, non aveva nient’altro da perdere, quindi tanto valeva raccontargli la verità.

«Accadde tutto undici anni fa. All’epoca ero un bambino allegro e vivace e, soprattutto, ero l’ombra di mio fratello maggiore che aveva già diciotto anni. Lui era il mio modello e, non appena terminavo di fare i compiti, correvo in giardino a farmi insegnare qualche trucco per lanciare meglio il mio beyblade. Anthony adorava quello sport, e per lui era diventato una ragione di vita. Tuttavia, all’università incontrò una ragazza di un paio d’anni più grande di lui, e cominciarono a frequentarsi. Lui era follemente innamorato di lei, ma non si accorse che lei, invece, lo stava solo sfruttando per i suoi loschi scopi. Anthony diventò sempre più scostante nei miei confronti e passava il suo tempo libero con la sua fidanzata che lo elogiava in continuazione per le sue doti di blader. Un giorno, lei venne a prendere mio fratello in macchina, e io curioso com’ero, decisi di seguirli, infilandomi clandestinamente nel bagagliaio. Vee, questo il nome della ragazza, lo fece entrare in un capannone fatiscente, illuminato solamente da una misera lampadina.» Alfred fece una pausa, mentre il suo corpo venne scosso da alcuni tremiti. Non aveva parlato nemmeno ai suoi genitori di quella vicenda, temendo che reputassero il suo resoconto una sciocca fantasia di un bimbo di sei anni.

«Scoprii solo in seguito che lei era una scienziata, ideatrice di un progetto denominato «Artemide» che era finanziato da molti politici, ansiosi di ricavarne guadagni e di aumentare la propria fama. Mio fratello venne spinto in una specie di capsula, e l’unica cosa che sentii prima di tapparmi le orecchie e coprirmi gli occhi, furono le sue urla. Quando Vee riaprì la capsula, di Anthony non vi era più traccia...stentai anche io a crederlo, ma lui si era trasformato in un bit power.»

Boris ascoltò le parole del ragazzino sconvolto: ignorava totalmente l’esistenza di bit power umani o di studi inerenti a quel settore. Anche Alfred come lui e gli altri cresciuti al Monastero, non aveva avuto un’infanzia felice e immaginò cosa avesse dovuto provare in seguito alla scomparsa di quel fratello che adorava tanto. Il Phalborgblader dilatò le pupille non appena l’altro gli mostrò il bit chip del suo beyblade: su di esso vi era raffigurato il volto di un ragazzo biondo dagli occhi azzurri.

«Questa è la prova che non ti sto raccontando frottole, ma torniamo a noi. Uscii dal mio nascondiglio, e recuperato un coltello dalla scrivania di Vee, tentai di colpirla, ferendola solo ad un braccio e macchiandomi del suo sangue. Lei fuggì immediatamente, e nonostante io avvisai tempestivamente la polizia, arrivarono sul posto troppo tardi, accusandomi addirittura di aver ucciso mio fratello.» pronunciò l’ultima frase con un velo di amarezza e si asciugò gli occhi che si erano inumiditi durante la sua relazione.

«Il caso venne insabbiato, soprattutto perché erano coinvolti parecchi nomi prestigiosi, e io mi rinchiusi nel mio mondo. I miei genitori mi portarono da un analista che pian piano riuscì a farmi reagire, anche se il dolore per la perdita di Anthony è ancora vivo in me. Quando fui più grande, iniziai ad indagare, sperando di racimolare notizie e informazioni di Vee, fino a che non conobbi Andrew, dal quale venni a sapere che la sua famiglia aveva contatti con la scienziata. Senza pensarci troppo, mi aggregai a lui e bè, il resto lo conosci già. Ingenuamente, ho sempre desiderato di poter salvare mio fratello, ma solo ora mi rendo conto che è effettivamente morto. Acquisire la consapevolezza di qualcosa è davvero terribile.» Alfred dovette fare uno sforzo enorme per ricacciare indietro le lacrime che volevano prepotentemente farsi strada sulle sue guance.

«Teoricamente non è scomparso del tutto. Quel bit power è un po’ come se fosse la sua anima.» intervenne Boris impacciato. Cosa poteva dire in un momento del genere? Un “mi dispiace” sarebbe sicuramente risultato banale e scontato «guarda che piangere non è sinonimo di codardia. Aiuta a liberarci di tutto ciò che grava sulla nostra coscienza.»

Alfred guardò il russo per un momento che parve interminabile, scoppiando poi a piangere come un bambino. Era la prima volta da quando Anthony lo aveva lasciato, che trovava il coraggio di cacciare fuori quelle lacrime che non aveva mai potuto permettersi di esternare.

Si rannicchiò su se stesso, continuando a singhiozzare per una decina di minuti. Boris si grattò la testa, decidendo infine di avvicinarsi a lui e di dargli una pacca sulla schiena in segno di conforto. Non era molto bravo in quel genere di cose, ma era convinto che i gesti valessero più delle parole.

«Al, ascoltami.» la voce profonda di Boris attirò l’attenzione dell’altro che alzò il viso, incontrando gli occhi verdi del Phalborgblader «capisco le tue ragioni, ma non posso perdonarti il fatto di aver rapito Yuriy. Avresti potuto parlarmi dei tuoi problemi, dopotutto per me eri veramente un amico. Evidentemente non ero degno della tua fiducia.» constatò freddamente «Ora ho bisogno di sapere una cosa: perché proprio Yu?»

Alfred temporeggiò qualche secondo, dopodiché si alzò e si asciugò i residui delle lacrime.

Mi sento calmo e rilassato, come se mi fossi liberato di una pesante zavorra. Blu. Sì, il blu è il colore più adatto per descrivere il mio stato d’animo attuale.

«Il sacrificio per il beyblade. E’ questa la componente necessaria a Vee per tramutare un essere umano in un bit power. Solo chi è disposto a tutto pur di salvaguardare l’integrità di questo sport, può essere uno degli eletti.» gli spiegò con voce personale.

«Yu finì addirittura in coma dopo aver combattuto contro Garland per preservare il beyblade da Vorkov.»

«D’accordo, adesso mi è tutto chiaro. Ti ringrazio.» disse Boris con un mezzo sorriso, facendo per allontanarsi.

«Aspetta, Bò. Ho un ultimo favore da chiederti.»

 

 

 

FE SCRIVE…

Salve a tutti, non sono ancora morta!XD

Eccomi qui con un nuovo e succulento aggiornamento per farmi perdonare la mia lunga assenza: ormai ci stiamo avviando verso la fine ed è tempo di spiegazioni. Spiegazioni che Alfred ha fornito in questo capitolo, spero che quella parte sia stata chiara, e soprattutto, mi auguro che non sia stata eccessivamente noiosa>__< Per stemperare un po’ la tensione che si respira in seguito, mi sono avvalsa di Gianni, Olivier, Mystel e Brooklyn XD

Ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la storia in una delle tre liste, chi legge soltanto, e in special modo coloro che hanno commentato lo scorso capitolo. Grazie davvero!

Aphrodite: credo che ormai il destino a cui sta per andare incontro Yuriy sia piuttosto chiaro, spero che le spiegazioni risultino esaurienti, devo ammettere che questo capitolo è stato peggio di un parto!XD Grazie ancora, besos, Fe.

lexy90: anche in questo capitolo Kei sfoggia il suo “amorevolissimo” *ironia mode-on* carattere, ma d’altronde è fatto così XD Grazie per avermi detto la tua, besos, Fe.

Qualora vi va di lasciare un commentino (sia positivo che negativo), sarei molto felice^^

Alla prossima!

Fe



[1] Nemico di Takao & C. nella serie «Beyblade V Force»

   
 
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