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Autore: Araiha    02/06/2011    2 recensioni
Il rumore stridulo di una sveglia squarciò il silenzio. La povera ragazza presa alla sprovvista, cadde senza alcuna grazia dal letto sbattendo con il sedere sul pavimento. “ Per le mutande di pizzo di Giacomo Leopardi, che sempre sia lodato” sbraitò, lanciando con violenza quell'aggeggio infernale contro il muro. Il rumore cessò di colpo. Ovviamente l'idea di resettare la sveglia premendo l'apposito pulsante, non le aveva neanche sfiorato la mente.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, come va?

Scusate il tremendo ritardo, mi dispiace tantissimo. Spero che mi perdonerete. Come sempre grazie per i commenti,leggendoli mi commuovo. Bhè, non voglio tediarvi troppo, vi lascio al capitolo.

Baci Araiha

 

Come ogni lunedì mattina la sveglia era più isterica del solito, sembrava saltellare sul comodino urlando a squarciagola. Gala si tirò il piumone fin sopra le orecchie chiedendosi perché aveva osato comprare quello strumento del demonio.

Il sole filtrava attraverso le tendine leggere e si proiettava sul letto sfatto e tiepido. Galatea pur non avendo più sonno, avrebbe voluto rimanere tra quelle lenzuola che odoravano di biscotti. Ma non voleva fare tardi. Quindi si stiracchio con un mugolio, si alzò strofinandosi la faccia ancora impastata dal sonno, prese un cambio dall'armadio e si recò in bagno sbadigliando senza pudore. Giunta in corridoio però notò dall'altro lato il caro Emanuele che usciva dalla sua stanza. Lui la fissò un istante, poi scuotendo la testa, distolse lo sguardo e si allontanò. La ragazza intanto si faceva sempre più rossa per l'imbarazzo, difatti la maglietta che indossava per dormire, lasciava scoperte le gambe e anche una buona parte delle culottes rosa che vi erano sotto. Ma la mattina, così presto, non si ricordava nemmeno il suo nome, figurarsi ricordare le buone norme della pudicizia!

Si chiuse la porta alle spalle e sibilò con le mani schiacciate sul viso: “figura di merda!” . Ma ormai la cosa era all'ordine del giorno, quindi cerco di calmarsi. Avrebbe dovuto trovare un bravo psicologo, stava andando fuori di testa, era più che certo.

Dopo non molto abbandonò il bagno con un maglione rosa enorme che le arrivava quasi alle ginocchia e la faceva sembrare ancora più piccola ed i leggins marroni. Senza salutare il suo coinquilino uscì di casa, non prima però di avergli dato una sbirciatina. Era seduto sul sofà con il libro sulle ginocchia e una tazzina in una mano. I capelli neri gli ricadevano sul profilo aristocratico, mentre le sopracciglia nere erano leggermente corrucciate nello sforzo della concentrazione. Le pupille verde chiaro riflettevano il sole mattutino e si muovevano veloci da sinistra a destra analizzando le lettere stampate. Come avrebbe voluto che quegli occhi fissassero lei così! “ma è fidanzato”: ricordò prontamente, e irritata fece schioccare la lingua sotto il palato.

Chiudendo la porta dietro di se Galatea pensò: “ci vediamo più tardi, passa una buona giornata” ma non ebbe il coraggio di pronunciare neanche una sillaba. Scese velocemente i gradini, avrebbe aspettato l'arrivo dei suoi amici giù, non voleva la santa inquisizione a meno di 2 chilometri da Emanuele.

Salutò velocemente il volto abbronzato e scontroso del portinaio e tirò il portone. Il cielo quel giorno era grigio e pallido, nell'ultimo periodo sembrava che il sole si fosse preso una vacanza. Si strinse nel cappotto strofinando la guancia sul colletto di pelliccia. Si chiese se avrebbe dovuto dire ai suoi amici della nuova conoscenza. Non aveva sentito quei due sciagurati per tutto il fine settimana!

La 500 nota ormai alla maggior parte dei vigili di Roma e non, svoltò l'angolo a grande velocità. Il tettuccio era abbassato e mentre l'auto si avvicinava alla rossa, Riccardo si alzò nel piccolo abitacolo così che con l'intero busto fu all'esterno ed urlò agitando una mano verso di lei. Vide Lara tirarlo giù per la giacca e sbuffare. Mentre dall'altra parte della strada, due fattorini dell'albergo vicino e una vecchietta guardavano la scena stupiti.

Come mai ci hai aspettato giù?” chiese Lara mentre faceva manovra. “Volevo prendere una boccata d'aria” rispose lei evasiva, “tu che vuoi prendere una boccata d'aria a quest'ora? Avanti, sputa il rospo o il canguro che hai in gola”. Imprecò in tutte le lingue che conosceva contro Riccardo, poi borbottando disse “ha una ragazza”, scivolò sul sedile con aria depressa. “E' un fenicottero con le tette” mise il broncio ed incrociò le braccia. I suoi amici scoppiarono a ridere senza nessun riguardo, poi il biondino si girò verso di lei con il miglior sorriso del suo repertorio “era alquanto probabile, bambolina. Ma tu gli farai vedere di che pasta sei fatta.” le fece l'occhiolino, poi ritornò ad armeggiare con la radio.

La faceva facile lui, Gala si immaginò improvvisamente a flirtare come la peggior imitazione di una donna, e rabbrividì. Non ne sarebbe mai stata capace.

 

Intanto i giorni si succedevano veloci, l'autunno cedette il posto all'inverno. Ed anche tra i due coinquilini era sceso il gelo totale. Si vedevano raramente: Galatea studiava in camera e spesso mangiava anche lì; ed anche Emanuele usciva molto preso e tornava molto tardi con i libri sottobraccio e l'aria stanca. Probabilmente anche lui sotto esame. Raramente si rivolgevano la parola, solo qualche saluto di cortesia, mangiavano ad orari diversi e rientravano ad orari diversi.

Galatea si fermò a considerare che forse parlava di più quando era sola. In questo tempo però aveva imparato ad apprezzarlo, pur essendo così freddo, era gentile sotto sotto: alcune volte preparava anche a lei il pranzo, avendo ormai appurato che Galatea avrebbe potuto avvelenare entrambi; e da quando aveva scoperto che adorava il tè freddo, ogni volta che lui faceva la spesa ne comprava una o due bottiglie, sempre però facendo finta di niente. Le infilava semplicemente nel frigo, come se fosse un acquisto come tutti gli altri, quando invece, lui odiava il tè.

Dal canto suo Gala cercava di aiutarlo il più possibile in casa, faceva la lavatrice e spolverava, una volta si era anche azzardata a lavare a terra, ma dopo una serie di cadute desistette.

Le visite di Elena si erano ridotte, ma erano comunque fastidiose. Un pomeriggio di quelli, mentre il cielo turchino sembrava una fredda lastra di ghiaccio, una visita fu più disastrosa delle altre.

Era entrata di gran carriera in casa, senza neanche salutare Galatea, visto che la considerava alla stregua di una cicca. Lei però si auto-convinse che era solo invidia, per cosa poi, ancora doveva deciderlo. Diede un veloce bacio ad Emanuele che non staccò gli occhi da un grosso tomo sul quale era ricurvo da molto tempo. In effetti Gala aveva visto che il suo coinquilino stava sempre con il naso incollato alle pagine di un libro, per giorni interi fino a quando gli occhi si facevano rossi. Apprezzava la sua volontà, ma non salutare neppure la propria ragazza era strano. Elena parve alquanto irritata e sembrava proprio che volesse iniziare una petulante predica. Poi però intercettò Galatea vicino al lavello. “Allora Galatea” cominciò con un sorrisetto falso “ancora single? Potrei aiutarti io a trovare qualcuno, sai ci sono tanti ragazzi disperati.” la rossa si sforzò di rispondere al sorriso, mentre la vocina nella sua testa urlava “buttala fuori a calci, buttala fuori a calci fino a quando i vicini non chiamano la polizia”. Emanuele le fissava interessato ancora seduto al tavolo, dietro le lenti sottili degli occhiali. “Credo di potermela cavare da sola, grazie” era rossa di rabbia e vergogna. “ma è così difficile cara, però ti posso assicurare che tutte le mie amiche grazie a me hanno trovato qualcuno” la vocina melensa e subdola la fece andare su di giri. “Si, per me però, è molto più difficile, visto che cerco di non mostrare l'utero al pubblico” Galatea lanciò una eloquente occhiata alla sua microgonna di pelle scamosciata e alzato di colpo il mento con un moto di orgoglio disse “ora se vuoi scusarmi ho da fare.” La faccia sconvolta della sua rivale fu qualcosa di impareggiabile, bloccò a stento il desiderio di fare una foto. E poi le era anche sembrato che Emanuele accennasse un sorriso.

Il cellulare squillò improvvisamente e Gala dovette correre a rispondere, perdendosi, suo malgrado tutto lo starnazzare della ragazza, che sembrava essersi ripresa.

Senti...” la voce di Riccardo trillò elettrizzata dall'apparecchio, “...sono riuscito a recuperare i pass per una delle discoteche più in del momento, non chiedermi come ho fatto perché potrei turbare la tua giovane mente. Allora è stasera ci stai?” cadde nello sconforto, non aveva le forze per affrontare una serata tra il caos più nero. “Non so... sono stanca....gli esami....” riuscì a balbettare nervosa, sapeva quanto l'amico odiasse i rifiuti. “Non credere che io ti lasci a casa affogata in un barattolo di gelato a piangere perché l'Adone in casa tua si infila tra le gambe di un'altra....” “ehi, moderiamo i termini” sbottò lei scandalizzata. “Si si, certo...” minimizzò “...il punto è che adesso tu ti infili nella cosa più stretta che hai, fosse anche un guanto di lattice ti stucchi la faccia ed esci. Non si discute. Questo è perché ti voglio bene. Ci vediamo più tardi. Ciao”. Non la lasciò replicare che aveva già attaccato. Ascoltò per pochi secondo il tu-tu-tu, poi tornò in cucina. Li vide Elena in braccio al suo ragazzo, ad accarezzargli i capelli. Forse per la prima volta nella storia Riccardo aveva avuto ragione, meglio uscire.

 

 

 

   
 
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