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Autore: sayuri_88    06/06/2011    0 recensioni
Ispirato alla Bella e la Bestia.... Isabel sta per partire per l'università dove farà nuove conoscenze, nuove amicizie e qualcosa di più.... ma non tutto è come sembra.
Dal capitolo:
Isabel s’imbarcò sull’aereo con sentimenti contrastanti.
Gioia, per l’inizio di una nuova esperienza. Tristezza, per dover salutare suo padre e i luoghi dove era cresciuta e che l’avevano fatta sentire al sicuro. Timore, perché aveva come il presentimento che qualcosa sarebbe successo e che questo le avrebbe sconvolto l’esistenza, in bene o in male ancora non lo sapeva.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Beastly'
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Ciao! volevo ringraziare _stellina999 per aver inserito la storia nelle seguite e tutti quelli che spendono un po del loro tempo per leggere la storia! grazie 1000
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Capitolo 2

























 

Il viaggio era stato meno pesante del previsto ed Isabel aveva presto raggiunto Manchester e si era imbarcata sull’aereo per Hanover.
 
Si era appena seduta al suo posto e stava osservando distrattamente fuori dal finestrino quando uno spostamento d’aria le fece arrivare una fragranza forte, sapeva di muschio di quercia, le ricordava un bosco secolare. La attirava come un’ape al miele. Distolse lo sguardo dal finestrino e si girò verso destra, da dove proveniva quella fragranza.
 
Un ragazzo, forse dell’età delle sue sorelle, dall’incarnato pallido come la neve, ed anche se lo vedeva solo di profilo poteva dire che avesse dei lineamenti ben definiti, un mento leggermente pronunciato, una bocca sottile e un naso diritto.
Era ancora intenta ad osservarlo quando due occhi neri come gli abissi, si girarono di scatto verso di lei, che imbarazzata per essere stata scoperta ad osservare uno sconosciuto, gira di scatto la testa, ritrovandosi a guardare  il sedile di fronte a lei , da cui spuntava una chioma indomita nera.
Una ristata sommessa, alla sua destra, le fa sbirciare, con la coda dell’occhio, il suo vicino che sfoggia un sorriso divertito.
Isabel si sente come se fosse nuda in mezzo a una folla enorme che la osserva. Stava ridendo di gusto per la sua figura e lei non poteva certo dargli torto.
Intanto l’aereo aveva iniziato le fasi di decollo, il rombo del motore e l’accelerazione repentina del mezzo la fecero paralizzare sul posto. Afferrò i braccioli del suo sedile e chiuse gli occhi con forza.
Era immersa nei suoi pensieri, pieni di ansia e mute preghiere, che non si accorse subito del tocco delicato di una mano sulla sua, stretta con forza al bracciolo. Isabel aprì gli occhi lentamente e poté vedere la mano fredda e pallida del suo vicino che delicatamente prende la sua mano e la intreccia alla sua, accarezzandola con in pollice eseguendo gesti lenti e circolari, in un gesto intimo e che le trasmette un senso di pace e protezione.
- il trucco è immaginare di essere in un altro posto, magari dove ci sentiamo al sicuro - le disse dolcemente il ragazzo. Isabel strinse la mano con forza tanto che temette di avergli fatto male ma lui continuava a sorriderle tranquillo.
Isabel fece come le aveva detto ed effettivamente funzionò, il suo corpo si rilassò subito e anche il respiro iniziava a regolarizzarsi seguendo il ritmo di quelle lente carezze che lui le lasciava sulla mano.
Finalmente l’aereo aveva terminato le procedure di decollo e ora volava placidamente nel cielo di una tranquilla giornata soleggiata.
- tutto bene ora? - chiese premuroso il ragazzo. Lei sciolse la presa e intreccio le sue mani sul grembo, torturandosele.
- s…si grazie. I decolli e gli atterraggi sono sempre i momenti peggiori - gli rispose tirando un sospiro di sollievo e guardandolo leggermente imbarazzata.
- beh… allora potrai prendere la mia mano anche all’atterraggio se serve a qualcosa - lei le sorrise riconoscente.
- comunque io sono Daniel, tu? - le chiese sorridente porgendole la mano.
- Isabel - disse per poi stringere la mano di Daniel, impacciata, per poi girarsi verso il finestrino e annegare lo sguardo in quell’oceano di nuvole, con l’intento di sviare lo sguardo penetrante del ragazzo, che sembrava stesse leggendole dentro.
 
Durante il viaggio, non si rivolsero più la parola, anche se a Isabel sembrò di avere lo  sguardo di lui addosso, ma ogni volta che si girava per accertarsene, lui stava osservando dinanzi a se o stava leggendo una rivista dell’aereo.
 
Quando iniziarono le manovre di atterraggio, l’ansia tornò prepotente in Isabel che subito, e senza preavviso, si senti afferrare la mano destra da una mano fredda, quella di Daniel.
 
- concentrati sulla mia mano e sulla mia voce - le disse a pochi centimetri dal suo orecchio. Le gote di Isabel potevano benissimo passare per due ciliegie rosse, non si era accorta della sua vicinanza finché non aveva sentito il fiato fresco di lui scompigliarle leggermente i capelli.
Chiuse gli occhi nel tentativo di regolare la respirazione e con forza gli strinse la mano.
Isabel lo ascoltava, non sapeva cosa le stesse dicendo, forse delle domande cui lei rispondeva a monosillabi o con versi strani, semplicemente ascoltava il suono della sua voce, profonda e carezzevole.
Presto si dimenticò di essere su un aereo che stava atterrando e finalmente quando riaprì gli occhi, erano fermi e i passeggeri avevano già iniziato a scendere.
 
- grazie mille Daniel, se fossi stato anche sull’altro aereo, mi avresti risparmiato un bel po' d’ansia - disse ridacchiando. Daniel le rispose con un sorriso accennato per poi alzarsi e fermarsi in mezzo al corridoio ad aspettarla e permettendo a Isabel di osservarlo meglio.
Daniel era un ragazzo abbastanza alto, decisamente più di lei, con un fisico slanciato e ben proporzionato i capelli neri gli arrivavano fin sotto le spalle ed erano raccolti in una coda bassa.
 
Insieme escono dall’aereo e col bus raggiungono l’aeroporto. Ad accoglierli c’era una giornata uggiosa.
 
- hai bisogno di un passaggio per Dartmouth? - gli chiese Daniel quando ebbero recuperato i loro bagagli ed essere usciti dall’aeroporto.
- oh no grazie, prendo un taxi - poi fu come se una lampadina si fosse accesa nel cervello - scusa ma come fai a sapere che devo andare alla Dartmouth College? - non avevano mai parlato di lei.
Lui la guardò stupito per poi scoppiare a ridere mentre Isabel si chiese che cosa abbia detto di così divertente.
- scusa è scortese ridere così - le disse cercando di ricomporsi - comunque me lo hai detto tu prima quando cercavo di distrarti dall’atterraggio - la sua bocca si aprì in una grande “O” muta e le sue gote s’imporporarono ancora una volta. Era così ipnotizzata della sua voce che non ricordava quello che si erano detti.  Che altro gli aveva detto?
- allora vuoi un passaggio? -
- emh… no, non preoccuparti - non le sembrava il caso di accettare il passaggio da uno sconosciuto.
- praticamente non ci consociamo, è vero, ma ti assicuro che non ho brutte intenzioni. Ti prego, insisto -
- o…ok - e subito la afferrò per mano e la condusse verso una macchina nera tirata a lucido con a fianco un uomo in divisa.
- wow anche l’autista - sussurrò Isabel, credette anche di sentire la risata di Daniel ma era così bassa che forse se lo era solo immaginato.
- prego - disse Daniel dopo averle aperto la portiera
 
Il viaggio verso la casa di Isabel fu abbastanza breve, parlarono degli suoi studi e di lui, anche se spesso e volentieri lo sentiva schivo, e gli era parso di vedere preoccupazione nel suo sguardo quando lei faceva domande abbastanza personali, ma non ci dava molto peso, in fondo loro erano degli sconosciuti. Già e Isabel aveva accettato il suo passaggio, non sapeva perché ma era sicura, che lui non le avrebbe fatto del male. Sperava solo che la sua sensazione fosse vera.
 
Dopo poco più di un’ora arrivarono davanti alla casa affittata dal padre di Isabel, una piccola villetta, abbastanza isolata, preceduta da una breve scalinata e un piccolo portico.
Semplice come piace a Isabel.
Daniel la aiutò a togliere la valigia dal bagagliaio e gliela portò davanti alla porta, a fianco un piccolo campanello, dove svettava il nome “I. McKinley”.
 
- Grazie per tutto, l’aiuto sull’aereo, il passaggio - disse Isabel una volta che ebbe raggiunto Daniel.  Questi sembrava non ascoltarla, seguendo il suo sguardo, vide che osservava il piccolo campanello col suo nome sopra.
- tuo padre è John McKinley ? - chiese lui con voce stupita indicando il cartellino
- si - rispose incerta Isabel chiedendosi come il ragazzo potesse conoscere suo padre.
- beh allora non siamo proprio sconosciuti - le disse sorridendo a un Isabel che lo guardava interrogativa senza capire.
- ho finanziato un progetto di tuo padre recentemente -
- eri tu il famoso possibile cliente di Hanover! - Isabel non poteva crederci, quante possibilità c’erano di incontrarlo, una su un milione?
- Ma non sei troppo giovane? - domandò scatenando l’ilarità del ragazzo.
- mio padre - disse marcando con tono divertito la parola “padre” - mi ha lasciato una buona eredità e ho voluto investirne una parte in qualcosa. Un cliente di tuo padre, che ho incontrato in un circolo, mi ha parlato di lui e poi il resto lo sai anche te. E poi non sono così tanto giovane - concluse ricomponendosi. Effettivamente il padre era tornato entusiasta dal viaggio, dicendo che l’incontro era andato bene, anche se non era sceso nei dettagli.
- si hai ragione. Beh adesso vado, è stato un piacere parlare con te - gli disse lasciandogli un leggero bacio sulla guancia. Quando stava per allontanarsi, però Daniel l’afferrò per i fianchi bloccandola, Isabel poteva liberarsi facilmente, la sua era una presa delicata, ma non lo fece. Lui indietreggiò leggermente per guardarla in viso. Nei suoi occhi, Isabel riuscì a scorse una luce particolare che non sapeva definire, prima di vederlo avvicinarsi e lasciare un bacio sulla fronte, soffermandosi per un lungo momento, facendola arrossire notevolmente.
 
- sei ancora più bella quando arrossisci, lo sai? - le disse accarezzandole una guancia arrossata e provocandole ancora più imbarazzo.
- spero di rivederti presto - le disse dopo averla lasciata andare. Le baciò la mano, come ormai non si faceva da secoli e se ne andò, lasciandola impalata sull’uscio a guardarlo andare via nella sua macchina nera e solo quando non la scorge più che si decide a entrare nella sua nuova casa.
 
La villetta non era molto grande ma adatta per una persona. Sulla sinistra, appena dopo un breve corridoio, c’era un salotto mentre sulla destra la cucina. Le scale erano proprio davanti al corridoio e portavano al bagno e alla stanza da letto. Il tutto arredato in modo semplice col minimo indispensabile.
Dopo aver sistemato le poche cose che aveva portato con se, visto che il resto era stato pulito e sistemato da un’impresa chiamò casa. La chiamata fu tranquilla, tranne quando Isabel raccontò al padre dell’incontro fatto.
 
- Isabel, stai attenta, il Conte è una brava persona per quel che ho potuto costatare, ma non mi fido pienamente, quindi per favore stai attenta - le disse con un tono che faceva trasparire tutta la preoccupazione del padre.
- Conte? - chiese lei sbalordita, questa gli era nuova.
- sì, la sua è un’antica famiglia nobile inglese - le spiegò il padre lasciandola stupita. Dai  modi che Daniel aveva usato non lo avrebbe mai detto. Si era sempre immaginata i nobili come persone noiose e altezzose, tutto il contrario di lui.
- allora lo prometti? - incalzò il padre.
Un rumore sordo arrivò dal bosco dietro la casa facendola spaventare. Si diresse verso la finestra della cucina che dava sul bosco, ma non vide nulla di strano, il suono sembrava quello di un ramo che si spezzava, ma si disse che era normale, poteva succedere e riportò l’attenzione alla conversazione.
- ma papa, non ha fatto nulla di male, è stato gentilissimo e non è stato mai inopportuno - disse cercando di difenderlo.
- Isabel - pronunciò il suo nome con più decisione e lei sapeva che quando faceva così voleva dire che era davvero preoccupato e lei non voleva vederlo in quello stato.
Con un sospiro accettò di stare lontana dal Conte, rassicurando in quel modo il padre che sembrava notevolmente sollevato. Dopo un ultimo saluto Isabel riattaccò e si diresse verso il bagno per farsi una doccia e poi andò in camera dove dopo aver indossato un pigiama, si coricò. Erano le dieci e mezza di sera, quando Isabel cadde in un sonno profondo.
 
 

***

 
 
Era passata una settimana, i corsi erano finalmente cominciati e Isabel ancora continuava a chiedersi perché il padre era così preoccupato per una sua possibile conoscenza con il Conte, le faceva ancora un certo effetto pensarlo come un nobile.
Daniel non lo aveva più rivisto, non si erano scambiati neanche i numeri di telefono e quindi non potevano mettersi in contatto, ma era anche vero che lui sapeva dove abitava lei e Isabel si chiedeva cosa avrebbe fatto se per una qualche ragione se lo sarebbe trovato sull’uscio di casa, come mandarlo via? In fondo lui non le ha fatto nulla di male, anzi l’ha aiutata, ma il suono della campanella la distolse dai suoi pensieri ricordandole che la lezione sarebbe iniziata da lì a pochi minuti.
 
- ciao Massachusetts - disse Drew quando la vide entrare in classe. Isabel lo aveva conosciuto il primo giorno di università, era un ragazzo solare e socievole aveva già fatto la conoscenza di molti altri compagni grazie alla sua simpatia e allegria.
- buon giorno Ohio! - gli rispose lei allegra, avevano preso l’abitudine di salutarsi con i nomi degli stati da cui venivano, strano ma divertente.
- allora pronta a una nuova lezione di medicina generale? -
- oh sì, dopo due tazze colme di caffè sono più che pronta - e non ebbero il tempo di dire altro che il professore entrò in aula azzittendo tutti iniziando a spiegare.
La mattina passò tranquilla, Isabel pranzò con Drew e altri compagni con cui studiava e verso le quattro di pomeriggio si diresse finalmente a casa, sali velocemente i gradini, aprì la porta ed entrò in casa dirigendosi in cucina, buttò la borsa sul tavolo e aprì il frigo per prendere dell’acqua. Si fermò davanti alla finestra che dava sul bosco e con la coda dell’occhio le parve di vedere un movimento ma quando aprì la finestra per vedere meglio ma non vide altro che alberi pieni di rami e foglie e le loro ombre nere e così la richiuse. Non era la prima volta che succedeva, spesso le capitava di sentire o vedere qualcosa ma poi niente, forse era solo la sua immaginazione.
Verso le sette ricevette la consueta chiamata del padre che s’informava delle novità del giorno e la informò della sua decisione di passare da lei la settimana successiva, provocando la gioia della figlia.
 
- e quando arrivi? -
- mercoledì verso mezzogiorno, così possiamo pranzare insieme - Isabel accettò entusiasta, sapeva già dove portarlo.
 
 

***

  

Un’altra settimana era passata e mercoledì era arrivato. Isabel stava seguendo una lezione di anatomia e il suo piede non smetteva di picchiettare sul pavimento, un quarto d’ora e avrebbe potuto rivedere il padre che la aspettava fuori dal College.
Finalmente sentì il suono della campanella e raccogliendo velocemente le sue cose corse fuori dall’aula, in poco tempo raggiunse l’uscita e trovò il padre ad aspettarla seduto su una panchina che come lei, pochi minuti prima, continuava a controllare l’orologio. Sorrise divertita a quella scena e lo chiamò ad alta voce per attirare la sua attenzione, il padre sollevò di scatto il volto e con un enorme sorriso, che gli illuminava anche gli occhi, ricambiò lo sguardo della figlia.
 
- ciao piccola - disse abbracciandola
- ciao papa - era felice di rivederlo, gli era mancato parlarci la mattina o quando tornava da scuola e vedere le sue espressioni.
- spero che tu abbia fame perché il ristorante dove ti porterò fa delle cose buonissime - esclamò entusiasta.
- mangerei un bue - disse il padre dandole corda.
 
Lungo il cammino, il padre le chiede della mattinata, della sua nuova vita e di come procedevano le nuove amicizie mentre Isabel gli chiese delle novità sulle sorelle e della vita a casa.
 Le sembrò di vederlo un po' incerto nel parlare del suo lavoro e quando lei le chiese se andasse tutto bene, lui le rispose di sì, anche se non le sfuggì quella nota di tensione nella sua voce e anche se poco convinta non chiese più niente. Se c’era qualcosa che non andava, se lo si erano sempre detto e quindi dedusse che non doveva essere una cosa importante.
 
- e il Conte? L’hai più visto? - chiese a un tratto il padre mentre stavano mangiando fermando a mezz’aria la forchetta di Isabel.
- ehm no, non l’ho più sentito - disse per far cadere il discorso, anche se non era vero.
La settimana prima lo aveva incrociato in paese, quattro chiacchiere di circostanza e poi si era dileguata con la scusa dello studio, per quanto non capisse la preoccupazione del padre, aveva deciso di seguire il suo consiglio anche se si era sentita in colpa a trattarlo in quel modo anche se non aveva fatto nulla.
Continuarono il pranzo parlando del più e del meno, era stato piacevole Isabel era stata felicissima di poter parlare a faccia a faccia col padre. Erano fuori dal ristorante quando Isabel andò a sbattere contro qualcuno. Si affrettò a scusarsi ma quando alzò gli occhi, rimase basita nel ritrovarsi lo sguardo sorridente di Daniel.
 - buon giorno Isabel - disse Daniel prendendo la mano di lei ed eseguendo un perfetto baciamano senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi e facendola arrossire ancora di più.
- c…ciao Daniel - accennando un sorriso nervoso. Un colpo di tosse attirò l’attenzione di Daniel.
- salve Mr. McKinley, che piacere vederla - disse porgendo la mano a Mr. McKinley
- anche per me Conte, sono venuto a trovare mia figlia - e cinse le spalle di Isabel facendola avvicinare di più a lui. A quel gesto, Daniel, sorrise arricciando solo l’angolo destro delle labbra - beh ora dovremmo andare è stato un piacere Conte - disse Mr. McKinley dopo diversi minuti in cui erano rimasti in silenzio.
- certamente. Ma prima volevo chiedervi se accettereste un mio invito a cena questa sera. Visto che è in città che ne dice Mr. McKinley? - a quella richiesta il corpo di suoi padre si irrigidì e Isabel lo guardò di sott’occhi.
- non vorremo disturbare, avevamo pensato di fare una cena a casa di Isabel - cerca di giustificarsi Mr. McKinley.
- la prego, non sarete di nessun disturbo -
- beh se non è disturbo puoi venire tu a cena da noi - intervenne Isabel lasciando il padre esterrefatto. Ormai aveva capito il comportamento del padre e le sembrata assurda la promessa che gli aveva fatto fare. Era cresciuta e poteva frequentare chi voleva.
- sicura? - chiese Daniel col sorriso sulle labbra
- certamente - gli rispose convinta. Magari riusciva anche a far cambiare idea al padre, a pranzo si erano comportati come due persone normalissime e Daniel non aveva dato motivi per dubitare della sua persona.
- allora sarò onorato -
- alle otto va bene? - chiese e Daniel annui in risposta
- è perfetto -
 
 

***

 
 
- perché lo hai invitato Isabel - gli chiese per l’ennesima volta il padre.
 
Isabel sbuffò, anche lei per l’ennesima volta - perché non c’è niente di male ed è una persona simpatica e gentile, non è giusto ignorarlo- ormai era la millesima volta che rispondeva a quella domanda e prontamente il padre diceva che non era geloso, anzi era più che felice che lei trovasse qualcuno, come quel Drew di cui Isabel gli aveva parlato qualche volta.
Fortunatamente la filippica del padre venne interrotta dal suono del campanello. A bassa voce Isabel chiese al padre di smetterla e di comportarsi gentilmente prima di aprire la porta ed invitare Daniel ad entrare.
 
- puntuale come un orologio svizzero - scherzò Isabel mentre lo accompagnava in salotto dove suo padre li attendeva vicino al caminetto con un calice di vino in mano.
- amo la puntualità. Ah ho portato questo - e le mostrò una bottiglia di vino dall’aria molto pregiata.
- grazie ma non dovevi -
- era il minimo - le rispose sorridendolo dolcemente.
- beh ora che siamo tutti qui possiamo anche cenare. Accomodatevi - disse Isabel prima di andare in cucina a poggiare la bottiglia di vino e prendere gli antipasti. Subito fu raggiunta da Daniel che la aiutò a portare tutto in salotto.
Isabel aveva appena servito il primo quando la voce del padre richiese la sua attenzione.
- allora Isabel come procede con Drew? - le chiese il padre con finta aria innocente. Isabel stava bevendo un po' d’acqua e per poco non si strozzò, sapeva a cosa voleva arrivare.
- Drew è un buon amico papa, niente di più e mi sembra di avertelo già detto - gli rispose indispettita Isabel.
- Drew? - intervenne Daniel interrogativo.
- è un compagno di studi, papa si è convinto che ci sia qualcosa - disse Isabel accompagnando la frase con una scrollata delle spalle.
- ed è così? - il tono che usò era calma ma secco, la sua postura si era irrigidita, la schiena di Isabel fu percorsa da una serie di brividi e il suo cuore iniziò a pompare sangue più velocemente
- n…no non c’è nulla tra me e Drew - rispose in un sussurro, fulminando il padre con lo sguardo, e a quelle parole Daniel parve rilassarsi.
 
Si chiese per quale motivo il padre avesse iniziato quella conversazione, e contando anche la presenza di Daniel non le sembrava il caso di discutere su certe cose e fu proprio in quel momento che nella mente di Isabel si venne a formare un pensiero. E se suo padre fosse semplicemente geloso? In fondo lui la vedeva ancora come la piccola di casa, la bambina che stava sveglia la notte di Natale nel tentativo di vedere Babbo Natale scendere dal camino. Al quel pensiero le venne da ridere.
 
Erano le nove quando il campanello si mise a suonare e quando aprì la porta Isabel si trovò davanti Drew che le sorrideva imbarazzato.
 
- Drew! - disse con tono sorpreso, non capiva perché il suo amico si fosse presentato alle nove di sera davanti a casa sua
- ciao Isabel - disse impacciato passandosi nervosamente una mano tra i capelli ricci - ero venuto a riportarti gli appunti che mi avevi prestato lunedì - e dopo aver preso il quaderno dalla borsa glielo porse.
- oh grazie, ma potevi tranquillamente portarmelo domani a lezione . non c’era bisogno di venire apposta -
- non preoccuparti, ho appena finito di lavorare e visto che ero già in giro ho deciso di passare -
- beh… allora grazie. Ci vediamo domani -
- o…ok -
Isabel stava per chiudere la porta quando Drew con uno scatto la blocca obbligandola a riaprirla.
- scusa ma volevo chiederti una cosa - disse con tono basso e imbarazzato. Isabel lo guardava interrogativa aspettando che continuasse - volevo chiederti… insomma tu mi piaci molto, dovresti averlo capito ormai- le disse ridacchiando tentando forse di stemperare la sua agitazione. Ma Isabel non si era mia accorta dell’interesse dell’amico - ecco… volevo chiederti se sabato ti andrebbe di uscire con me - le chiese lasciandola a bocca aperta, non se lo aspettava una richiesta del genere ma non ebbe il tempo di rispondere che la voce del padre la fece girare nella sua direzione.
 
- Tesoro chi è? -
- è un compagno di università, papa - disse con un tono alto per farsi sentire fino al salotto.
- oh… scusami ti ho disturbato. Senti, ne parliamo domani, se ti va, ok? - disse sempre più imbarazzato iniziando a scendere i gradini. Isabel annuì semplicemente, anche perché non sapeva cos’altro fare o dire e Drew dopo un ultimo saluto ritornò alla sua macchina e parti come un fulmine.
Il padre le chiese che cosa volesse il suo amico e lei liquidò la questione dicendo che era venuto per riportarle gli appunti, non poteva certo dirgli quello che le aveva detto. Uno sguardo di Daniel però la fece rabbrividire, la fissavano intensamente. I suoi occhi neri sembravano un abisso in tumulto, come se stesse cercando di leggerle dentro, si sentiva nuda e indifesa sotto quello sguardo e non riuscendo a reggerlo, iniziò a raccogliere i piatti e portarli in cucina.
 
Alle dieci e mezza il padre dichiarò che se ne sarebbe tornato in albergo e lo sguardo eloquente che riservò a Daniel fecero capire che anche lui doveva andarsene. Dopo pochi minuti entrambi si congedarono lasciando Isabel da sola coi suoi pensieri.
Quella notte fece un sogno strano.
 
Si trovava in un roseto, indossava un bellissimo abito rosso sangue,sembrava una dama dell’800,camminava tranquillamente annusando il magnifico profumo di quelle stupende rose rosse. Tentò di raccoglierne una ma si punse un dito con una spina, il sangue iniziò a gocciolare dalla ferita, una linea fluida rossa, come il suo vestito. Poi, un movimento. Alzo lo sguardo e si scontra con due occhi neri in cui lottavano mille e più emozioni. Un solo nome nella sua mente. Daniel.
Lui si avvicinò lentamente e con delicatezza la prese per mano, avvicinando il dito offeso e lo portò alle labbra mentre lei rimaneva a guardarlo incantata. La sua lingua raccolse tutto il nettare vitale che usciva dal piccolo taglio, soddisfatto lo baciò e lentamente e avvicinò le sue labbra ancora rosse del sangue di Isabel al viso di lei. Poteva sentire il suo alito fresco accarezzarle il viso. Si fermò a pochi centimetri dalla sua bocca sussurrandole poche parole prima di annullare le distanze.
 
Isabel si svegliò di soppiatto, ansante. Guardò il dito e vide un piccolo graffio ma ormai cicatrizzato, probabilmente li da giorni e lei non se ne era mai accorta. Si ripeteva che era stato solo un sogno, nulla di più ma quando tornò a sdraiarsi le parole pronunciate da Daniel non ne volevano sapere di uscire dalla sua testa, e con quelle parole di sottofondo si addormentò.
 
Tu sei mia
 
 

***

 
 
Il giorno dopo Drew non si presentò a lezione della prima ora né alle successive. Se da un lato era sollevata perché non sapeva cosa rispondergli, o meglio lo sapeva ma non voleva trovarsi in quella situazione imbarazzante dall’altra era preoccupata perché non era da lui senza dirlo a qualcuno dei compagni.
Era in caffetteria per un pranzo veloce quando ricevette una chiamata da un numero sconosciuto.
 
- pronto? - nessuno gli rispose dall’altra parte, riprovò e questa volta dopo alcuni rumori indistinti, riuscì a percepire un respiro spezzato, poi più niente. La linea era caduta.
- stupidi scherzi telefonici - disse furibonda gettando il telefono nella borsa.
 
Un altro giorno era passato e di Drew non c’erano notizie, nessuna chiamata o messaggio, non si era presentato neanche al lavoro. Quando Isabel, aveva provato a chiamarlo, il telefono suonava a vuoto o passava alla segreteria e aveva perso il conti di quante chiamate lei e gli altri gli avevano lasciato. Anche il sabato passò senza avere notizie, preoccupati lei e alcuni amici avevano chiamato la polizia denunciandone la scomparsa. Avevano contattato anche i genitori, sperando in qualche notizia ma non sapeva niente. Le ricerche iniziarono subito e sabato sera Isabel si coricò sperando che almeno il giorno dopo porti qualche notizia.
 
Ed è proprio quello che successe, ma non furono le notizie che Isabel sperava. Quando quella domenica mattina si svegliò con un peso enorme che gli opprimeva il petto.
Scese stancamente le scale, recuperò il giornale della mattina, che il ragazzo dei giornali gli aveva lasciato davanti alla porta, e si diresse in cucina. Quel peso non ne voleva sapere di andarsene e quando aprì il giornale, non fece altro che incrementarsi. In prima pagina, poteva leggere del ritrovamento di una macchina esplosa dopo essersi schiantata contro un palo della luce per poi precipitare in un piccolo dirupo. Il conducente sembrava essere morto sul colpo, e dai documenti ritrovati la macchina apparteneva a Drew Carter, uno studente del Dartmouth College. Quando lesse il nome dell’amico, il suo cuore si fermò.
E’ morto. Era l’unica frase che la sua mente ripeteva.
 
 

***

 
 
Il funerale di Drew si svolse quattro giorni dopo a Dayton, il suo paese natale in Ohio, Isabel e gli altri amici non potendo parteciparvi organizzarono una serata in suo onore. Lo conoscevano da poco più di un mese ma tutti si erano affezionati a quel ragazzo allegro e sempre gentile con tutti.
 
- era un bravo ragazzo vero? - esordì la voce di Jaqueline, una sua compagna di università.
- già - disse Isabel lasciandosi sfuggire un sospiro stanco.
Isabel continua a rivivere gli avvenimenti di mercoledì sera quando se lo era trovato sull’uscio di casa, impacciato e imbarazzato a chiederle un appuntamento.
- chissà che cosa è successo… - mormorò Jaqueline pensierosa.
- sabato le strade erano bagnate, andava a una velocità troppo elevata e ha perso il controllo - Isabel aveva riletto e riletto l’articolo dell’incidente almeno una decina di volte, lo aveva imparato a memoria. Jaqueline la guardava tra lo scettico e il divertito, come se ritenesse la cosa assurda.
- Drew era un ragazzo che rispettava il codice stradale alla lettera, era sempre attento. E’ strano che sia morto così -
Dopo di che né Jaqueline né Isabel aggiunsero altro, rimasero in silenzio ognuno perso nei suoi pensieri.
Alle otto e trenta salutò i suoi compagni e si diresse verso casa. Era buio e tirava un’aria fredda che s’insinuava fin dentro il corpo di Isabel che per cercare sollievo si strinse maggiormente nel suo cappotto. Era a pochi metri di casa quando una macchina attirò la sua attenzione facendola rallentare l’andatura. Era nerva e lucida e anche se l’aveva vista una sola volta, la riconobbe. Quando ormai era vicina la portiera del conducente, si aprì rivelando la figura di Daniel in tutto il suo splendore.
 
- buona sera Isabel - le disse con voce dolce, quasi volesse carezzare il suo nome.
- Daniel -
- ti vedo provata, è successo qualcosa? - le chiese con tono preoccupato. Le si avvicinò, e con delicatezza, come se fosse la cosa più preziosa del mondo, le carezzò la guancia e quando Isabel alzò lo sguardo verso di lui poté scorgere nel suo volto la sincera preoccupazione per lei.
Imbarazzata, si allontanò di qualche passo per sfuggire a quel contatto che le aveva fatto battere forte il cuore. Daniel le sorrise, complice, come se sapesse quello che provava.
 
- no… tutto bene - cercando di far cadere il discorso, ma Daniel sembrava non essere d’accordo e dopo un attimo di silenzio la sua voce risuonò nel silenzio della notte.
- ho saputo di quel Drew - disse facendola rattristare di colpo. Quella breve camminata era riuscita a distrarla da quello che era ormai il suo pensiero fisso e le parole di Daniel cancellarono quei momenti di tranquillità che si era ritagliata.
- non dovresti dispiacerti così per lui - e le sembrò di notare una lieve sfumatura infastidita nella sua voce.
- era un mio amico ed è morto. E’ logico che io sia dispiaciuta - e senza aggiungere altro lo sorpassò e salì i pochi gradini che l’avrebbero portata al sicuro dentro casa.
- Isabel, scusami non volevo essere indelicato - le disse prendendole il polso e facendola girare verso di se - solo che non mi piace vederti così. Per quanto doloroso la morte è un fatto naturale, un fatto da accettare e poi andare avanti -
- lo so, ma pensare che il giorno prima ridevamo e scherzavamo, mentre quello dopo non c’ere più… - Isabel interruppe la frase sul nascere, non riusciva ad articolare una frase, un groppo alla gola gli impediva di proseguire. Daniel parve irrigidirsi leggermente ma subito si rilassò abbracciandola di slancio e stringendola a se con forza. Isabel si rilassò sotto le sue carezze dolci e rassicuranti lasciandosi andare completamente su di lui.
 
Quella sera Isabel e Daniel la passarono insieme, Daniel la convinse a guardare un film comico, Isabel gli fu grata del suo tentativo di tirarle su il morale, e tra battute e risate la serata era passata velocemente.
 
- forse è meglio che vada - le disse Daniel dopo il suo ennesimo sbadiglio. Erano seduti sul divano a guardare uno stupido telefilm argentino e Isabel era accoccolata sul petto di lui che la abbracciava teneramente lasciandoli delicate carezze lungo il braccio destro.
Isabel mugugnò qualcosa d’incomprensibile persino a se stessa. Non voleva che se ne andasse, stava bene con lui. Aveva scoperto in Daniel un ragazzo gentile e dolce, non capiva perché il padre fosse così preoccupato per una loro possibile vicinanza. Quella sera Daniel si era preso cura di lei l’aveva fatta svagare, non aveva bisogno di parlare che lui sapeva come comportarsi, pareva che le leggesse dentro e per un istante le era parso di essere in un modo parallelo con solo loro due come abitanti. In definitiva Daniel era un ragazzo d cui si poteva innamorare facilmente, e Isabel sospettava di essere già sulla buona strada. Tutte le volte che lo vedeva il suo cuore aumentava i battiti, le sue mani diventavano sudaticce.
 
- Isabel sabato sera ti andrebbe di venire a cena da me? - le chiese Daniel quando raggiunsero la porta lasciandola spiazzata - vorrei ripagare la cena della scorsa settimana - continuò nel tentativo di convincerla. Ma Isabel non aveva bisogno di altro, sapeva già cosa rispondere.
- mi farebbe molto piacere -
 
 

*

 
 
 Quell’agitazione dei titoli azionari gli aveva fatto perdere un sacco di soldi. Quelli che erano i suoi migliori investimenti ora stavano colando a picco.
La suoneria del cellulare lo fece sobbalzare. Odiava quegli aggeggi infernali.
 
- pronto - disse con voce stanca senza guardare chi era.
- PAPI! - era Clare
- tesoro - Mr. McKinley era agitato come avrebbe detto alle figlie che non potevano più permettersi vestiti firmati, vacanze in località di lusso. Non poteva deluderle così.
- papa ho bisogno che versi  10.000 dollari sul mio conto e su quello di Heather. - le disse con voce stridula.
- come avete fatto a spendere tutti quei soldi! - le chiese sconvolto Mr. McKinley. Aveva versato la stessa somma solo due settimane prima.
- Papa! abbiamo dovuto fare diverse spese essenziali, come saremmo sopravvissute a Dubai senza? Erano di vitale importanza - la voce della figlia ora era scocciata e irritata. 
Mr. McKinley si maledisse per aver inveito contro la figlia. Si era ripromesso di renderle felici e se Clare dicevano che erano necessarie lui ci credeva e non aveva mai fatto storie. Purtroppo la situazione ora era più complicata.
- senti tesoro, ora non posso. Potete usare quelli che avete guadagnato dal lavoro - disse cercando di trovare una soluzione. Al momento 20.0000 dollari erano troppi.
- papa - le disse con voce autoritaria - ne abbiamo bisogno. Come puoi trattarci così! Perché devi sempre fare tutti questi problemi -
- ok…ok… tesoro calmati - Mr. McKinley sbuffò sconfitto - va bene per ora vo verserò 7.000 dollari a testa. Settimana prossima i restanti. Va bene? -
- perfetto papi! - trillo felice Clare - sei il miglior papi del mondo. Baci, baci - e riattaccò senza aspettare la risposta del padre.
- che cosa farò ora - si chiese dando voce ai suoi pensieri.
Poi il suo occhio cadde su un fascicolo. Il resoconto delle azioni di Mr. Connor e un’idea gli balenò nella mente.
 Mr. McKinley sapeva di star giocando con il fuoco ma che poteva fare per non deludere le sue figlie? Clare, Heather e soprattutto Isabel credevano in lui. Aveva deciso.
Avrebbe sistemato tutto, quando la bufera sarebbe passata, avrebbe rimesso tutto a posto senza che qualcuno se ne accorgesse.
 

*

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Spero di leggere qualche vostro parere : ) 
 
   
 
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