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Autore: Lilith82    06/06/2011    9 recensioni
Questa storia è stata "necessaria" per me. Necessaria da scrivere. Necessaria da condividere. E' la prima fan fiction che abbia mai scritto in vita mia. L'ho cominciata quasi due anni fa. Rileggerla ora, mi fa un certo effetto, lo ammetto. Ma la amo come il primo giorno! Ed anche se, probabilmente, farò delle piccole modifiche, la lascerò intatta il più possibile. E' il mio seguito di Breaking Dawn, necessario, appunto, perché non sapevo rassegnarmi alla fine della saga. E' la storia di Renesmee, di Jacob, di Edward e di tutti gli altri.
Spero vi piaccia. Fatemi sapere.
dal primo capitolo:
"Poi riuscii a muovere le dita di una mano, non che lo avessi voluto, ma quel piccolo movimento mi permise di riprendere contatto coi miei confini fisici, sentii le gambe sfiorate da gambe infuocate, sentii il petto vicino ad un altro torace, grande e ardente, sentii le guance tenute in due grandi mani brucianti, sentii le mie labbra contro le sue grandi labbra scure, come ghiaccio avvolto dal fuoco e capii:
Jacob Black mi stava baciando!"
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intact world'
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prima di tutto: le scuse!
dovevo postare ieri ma ho passato l'intera giornata a smaltire un mal di testa epico che non mi permetteva nemmeno di stare in piedi!
perdono! :-(
Ora, questa settimana è particolarmente delirante e venerdì ho da postare la quinta parte della mini long fiction su Taylor.
In più, ogni volta che apro il file di Imprinting mi metto a ri-ri-ri-correggerlo e ci vuole un po' di tempo anche per quello...
Perciò il prossimo capitolo domenica sera!
Perdonissimo! :-(((

Qualche premessa: l'inizio di questa storia è l'inizio di un cambiamento, di una nuova fase.
Queste "nuove possibilità" disorientano i nostri protagonisti, che cercheranno di "prendere le misure" con la nuova situazione, tanto attesa eppure ugualmente inaspettata... e nel farlo, diciamo che, in principio, tenderanno ad essere un po' "eccessivi e melodrammatici", specie quelli che di cognome fanno Cullen! ;-)
fatemi sapere cosa ne pensate... please! *_*

un ringraziamento speciale alla mia cdb (correttrice di bozze) Raffaella T. <3
Se c'è ancora qualche errore, non è lei che non l'ha visto, ma io che ho dimenticato di correggerlo...
love you soooo much <3

Lilla ;-)


CAPITOLO 2: CAPOVOLGIMENTO

In un istante, il mondo si capovolse: Jacob non era più dove lo avevo appena ritrovato, chino sopra di me, perché qualcosa di incredibilmente veloce lo aveva strappato via! Tanto rapidamente che non avrei potuto dire cosa fosse anche se, ora, riuscivo a vedere di nuovo. Poi, ringhiò feroce e lo riconobbi. Quel ringhio, il suo ringhio era inconfondibile, anche se lo usava di rado: lo usava solo se lo riteneva estremamente necessario!
Edward Cullen aveva scagliato via Jacob da me ed, ora ,lo fissava in tutta la sua ferina natura vampiresca, ruggendo forte. Jake era a terra, a quasi quaranta metri dalla roccia su cui mi aveva adagiata, guardava il suo assalitore senza reagire, con aria colpevole.
“Papà!” strillai.
In un attimo ero in piedi, diretta verso quella impossibile situazione.
“No Ness...” Jake aveva sollevato una mano come volesse tenermi lontana, ma il gesto gli si era interrotto a metà e la sua faccia era stata attraversata da una smorfia di dolore.
“Jake...” già correvo verso di lui.
“Allontanati, Renesmee!” sibilò mio padre sbarrandomi la strada, sembrava non riuscisse a smettere di ringhiare.
“Papà, sei impazzito, Jacob...” feci per scansarlo, ma era ancora davanti a me, una espressione indecifrabile sul volto contratto.
”Papà, potresti avergli staccato un braccio!” oramai, gridavo.
Doveva permettermi di avvicinarmi a Jacob, dovevo essere sicura che stesse bene!
Quei pensieri lo fecero sussultare, come se si fosse improvvisamente ricordato qualcosa di vitale.
Serrò i pugni e se li strofinò contro le tempie, come per calmarsi.
“Sta bene, Renesmee” disse infine, la voce nient’affatto regolare “forse, gli ho lussato la spalla” aggiunse voltandosi minaccioso verso la sua vittima.
“Non è me che stai facendo soffrire, lo sai!” gli rispose Jacob, il viso più arrabbiato che addolorato.
Però, doveva fargli davvero male il braccio: stava cercando di mettersi a sedere ma non riusciva a poggiare la mano sinistra.
Feci per andare in suo soccorso ma, di nuovo, mio padre mi bloccò.
“Lo aiuto io!” soffiò, ancora furioso. Sollevò Jacob sorreggendolo per la spalla che non gli aveva lussato, permettendogli di rimettersi in piedi. “Riesci a camminare?” gli chiese in un modo che definire sgarbato sarebbe stato come minimo un eufemismo. Jacob annuì.
“Dobbiamo andare da Carlisle” disse il vampiro e mi fece cenno di incamminarmi.
“Ma Jacob...” provai a dire, il ringhio fu istantaneo.
“Maledizione... che ti prende?!” gli urlai in faccia.
“Davvero, Ness, ce la faccio” intervenne Jacob.
Ora lo difende pure! Quell’assurdo vampiro di mio padre per poco non gli staccava un braccio e lui si metteva a difenderlo! Bene, voleva che fossi infuriata con entrambi, molto bene!
Per un momento sentii che, forse, avrei dovuto davvero essere arrabbiata con Jacob, ma scacciai veloce quel pensiero, per ora, mi sarei concentrata sull’ira nei confronti di mio padre.
Lo sentii sospirare ai miei pensieri. Ben gli sta!
Non desideravo altro che sentisse quanto ero infuriata, totalmente arrabbiata con lui.
Cosa gli era saltato in mente? Evidentemente, stava impazzendo!
Non aveva proprio nessuna scusa, niente poteva giustificare quello che aveva fatto!
Digrignò i denti e sbuffò ma non gli diedi la soddisfazione neanche di guardarlo.
Continuavo a sbirciare verso Jacob, qualche passo dietro di noi: poteva camminare, ma, di certo, non correre, quanto stava soffrendo?!
Ci seguiva, silenzioso e assorto, ancora con quella espressione mortificata in viso.
Perché? Perché mai non era furioso anche lui? E perché non si era difeso dall’attacco di Edward? Perché l’aveva subito, quasi come lo meritasse?
Di nuovo imbarazzo, fastidioso imbarazzo.
D’un tratto, sentii il bisogno di arrestare i miei pensieri, ma non potevo, ormai stavo ricordando! Ricordavo ciò che aveva preceduto l’aggressione di mio padre: il bacio, il bacio in riva al torrente, il mio primo bacio!
 Il senso di vergogna tracimò, mi sentì arrossire da capo a piedi.
Istintivamente, cominciai a correre.

Giunsi alla grande vetrata dietro casa Cullen prima che mio padre potesse raggiungermi, con mio enorme sollievo, il nonno era già lì.
“Renesmee, che è successo?”
Bello e biondo come il dio Sole, mi era venuto incontro con la più amorevole delle espressioni.
“Sto bene, Carlisle. E’ Jacob,” spiegai ”credo che Edward gli abbia lussato una spalla”
“Tuo padre...” provò a dire, incredulo, ma l’espressione sul volto del vampiro che era appena arrivato lo convinse a rimandare a più tardi le spiegazioni.
“Dov’è?” chiese svelto.
“Sta arrivando” lo informò mio padre.
“Fallo venire da me, vado a preparare l’apparecchio per le radiografie”
Mio padre annuì appena e Carlisle entrò in casa diretto al suo studio ed all’adiacente stanza per le apparecchiature mediche.
Veniva usata troppo spesso quella sala, e troppo spesso per Jacob!
Lo vidi spuntare, barcollando, tra gli alberi. Nonostante non avesse dovuto, aveva provato a correre,  probabilmente, era in ansia, per me! Avrei voluto andargli incontro, ma l’imbarazzo, quella inedita inspiegabile emozione mi tenne inchiodata al suolo.
Mio padre mi rivolse un’occhiata pensosa, poi, si voltò verso Jacob: “Carlisle vuole farti una lastra” 
“Bene!” disse il lupo alzando gli occhi al cielo “Ci mancava solo questa!” e mi  guardò con uno sguardo afflitto che non riuscì a sostenere.
Sembrò volesse esitare, ma Edward lo incalzò: “Serve una mano, Jacob?” disse, in evidente tono di minaccia.
“Grazie, conosco la strada!” gli rispose Jake, questa volta col suo stesso tono.
Forse, diede un’altra occhiata verso di me, ma io fissavo l’erba del prato senza riuscire a sollevare lo sguardo.

Quando fummo soli, mio padre fece per avvicinarmi: “Renesmee, io...”
“TU, tu sei impazzito!” urlai adirata.
Non mi ero mai rivolta così a mio padre, mai... ma la furia che avevo dentro aveva bisogno di uscire: “Tu hai completamente perso la testa!”
“Come hai potuto?” la rabbia si stava velocemente trasformando in dolore “ è Jacob, lui... è Jake!”
Lo guardai e vidi il dispiacere sul suo viso perfetto, sembrava soffrire quasi quanto me, quasi...
“Cosa ha fatto?” proseguì tra i singhiozzi “Lui non ha fatto niente!”
“LUI TI HA BACIATO!” la furia si era velocemente riappropriata di lui, stringeva i pugni, i denti serrati, un espressione di odio negli occhi.
Per un attimo restai basita, era quello, allora, il problema? ma anche se fosse stato quello...
“Non sono affari tuoi!” diedi voce ai miei pensieri.
“Sono decisamente affari miei!” scandì, lento e furioso.
“No, invece no!” urlai sfidando il suo sguardo, ma non riuscì a reggerlo.
C’era di nuovo l’imbarazzo, sembrava mi soffocasse. Come aveva potuto?! Come aveva potuto immischiarsi, mettersi in mezzo in quella faccenda; peggio: spiarci, peggio ancora: spiarmi!
Corsi via imbarazzata, arrabbiata e delusa.

Poche falcate e mi ritrovai davanti alla nostra casa. Non mi aveva seguita, stavolta.
Forse, era dispiaciuto anche lui.
Decisi che non m’importava: se l’era meritato e, comunque, non mi sarebbe stato possibile sostenere il suo sguardo, per ora.
Entrai in quella casetta che mi era sempre sembrata incantata, piccola ed accogliente, un porto sicuro: la mia casa. Ma non ora!
Non sapevo che fare, avrei tanto voluto nascondermi, ma non sapevo dove. Neppure camera mia riuscì a calmarmi, ovunque, sulle pareti gialle erano appiccicate foto mie, mie e di Jacob, mie e di mio padre, non mi erano affatto d’aiuto!
Mi chiusi in bagno, sperando di poterci stare a lungo a piangere.
Ma non piangevo più, ero solo incredibilmente irritata!
Incrociai il mio sguardo allo specchio, ma, come avevo previsto, peggiorò la situazione. Non mi riconobbi: i riccioli ramati erano mezzi fradici, privi del loro consueto volume, anche se le guance erano arrossate, il resto della faccia sembrava più bianco del solito, le labbra leggermente gonfie, forse per la rabbia o il pianto. E lo sguardo, il mio sguardo era indecifrabile, irritato, forse, ma anche inquieto, e impaziente, come avesse appena intravisto una qualche nuova, allettante scoperta.
Impossibile! Tutta quella situazione era solo imbarazzante, terribilmente imbarazzante!
Decisi che avevo bisogno di una doccia: i vestiti erano ancora bagnati. Quando li ebbi tolti, mi ritrovai allo specchio. Imbarazzante, ero imbarazzante! sembravo... non so cosa sembrassi! Non una bambina, non più, quel pensiero mi fece sospirare senza che sapessi dirmi il perché, né una donna, non una donna come la mamma o zia Rose, di nuovo, sospirai.
Basta! Era proprio ora di una doccia.

Sollievo, infine, sollievo. Il getto caldo sembrò lavare via l’irritazione. Ora, non sentivo più il nervosismo, sentivo solo lo scorrere caldo su di me, quel mantello mi avvolgeva totalmente: mi impediva di pensare, ero tutt’una con le mie sensazioni. Il collo e le spalle poterono rilassarsi, le gambe riaversi, le braccia distendersi; sospirai forte e mi sentii le labbra pizzicare. Me le accarezzai, non avrei dovuto, perché mi riportarono al ricordo di un altro calore, più intenso ed imbarazzante. Maledizione! La rabbia divenne sbigottimento: cosa sta succedendo alla mia vita?!
Cosa mi sta succedendo?!

  
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