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Autore: Lorelaine86    11/06/2011    3 recensioni
orfana e disperata, Rosalie è costretta a fuggire quando il castello viene attaccato.
C'è solo una persona che può aiutarla....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emmett Cullen, Rosalie Hale, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Nella puntata precedente….

 “La vostra condizione non è compatibile con l’affermazione che siete il fiore dell’est…”quegli occhi verdi mi scrutarono, cercando di liberarmi dallo sporco e dal travestimento.

“O almeno suggerisce una storia alquanto strana. Venite con me”si voltò e cominciò ad avviarsi verso la fortezza.

 

Capitolo 4

Non riuscivo in nessun modo a costringere i miei piedi a muoversi più veloce.

McCarty si voltò con espressione contrariata, poi fissò i miei piedi e capì. Con un movimento veloce mi si avvicinò e mi prese tra le braccia, sussultai ma non potei essergli grata per avermi evitato quell’agonia.

“Puzzate” mi disse.

“Mi spiace” risposi con tutta la dignità che la posizione mi consentiva “credo di avere anche i pidocchi che in questo momento stanno passando con sollievo dal mio capo al vostro pulito”.

Mentre iniziava a salire, i gradini mi ordinò di togliermi il copricapo.

Io obbedii e osservai la smorfia dell’uomo nel vedere la mia massa sporca e unta.

Non potei fare a meno di notare che il mio cavaliere era molto forte.

Saliva le scale svelto e senza ansimare. Poiché avevo cercato io quell’uomo affinché mi aiutasse, avrei dovuto compiacermi della sua forza, e invece mi rendeva nervosa.

La forza di quell’uomo sortiva su di me un effetto strano, in quel momento, sotto la mia mano sentivo il contatto con una spalla solida come la roccia eppure calda e guizzante.

Le sue braccia, il suo torso, il suo corpo avevano quella vitale robustezza.

Ma la domanda che continuavo a ripetermi era se potevo fidarmi di quell’uomo.

McCarty mi trasportò attraverso un androne che conduceva nel salone del castello, si diresse dentro una torre verso una stretta scala a chiocciola, qui ebbe qualche difficoltà a passare ma alla fine ci riuscì senza farmi sbattere la testa o i piedi. Dovetti ammetterlo: non era per niente maldestro.

Il piano superiore era diviso in una serie di semplici stanze, in una delle quali fui accomodata.

“Vi manderò le donne con la vasca da bagno. Ho deciso di accettare che voi siate Rosalie di Durham fino a prova contraria. Ma non lasciate questa stanza senza il mio permesso”

McCarty si voltò per andarsene ma lo fermai con un grido: “Aspettate, che ne è stato dell’uomo che era con me?”

Lui si voltò di scatto e con lo sguardo si soffermò sulla mia pancia. “Cosa rappresenta quell’uomo per voi?”

“E’ il mio siniscalco” risposi pronta “siate gentili con lui”.

“Gli sarà riservato lo stesso trattamento” di nuovo fece per andarsene.

“Lord McCarty” lo richiamai “mi aiuterete davvero a riconquistare Durham?”

McCarty sorrise. “Ma certo lady Rose. Erano in corso già i preparativi e domani saremmo comunque partiti. Naturalmente potete accompagnarci, se lo volete”

La frase fu pronunciata con un tono di sfida, ma io ricambiai il sorriso. “Insisto nell’accettare, mio signore”

Con un cenno lui uscì. Quando mi ritrovai sola, però, persi tutta la sicurezza e il coraggio e mi accasciai sul pavimento. Ero tentata di dar sfogo alle lacrime ma riuscii a trattenerle.

Tre donne entrarono nella stanza con una tinozza e ne rivestirono l’interno con spessi panni di lino. Fui tranquillizzata da quella manifestazione di vita cortese in un luogo tanto austero. Uscirono e tornarono con secchi pieni d’acqua con cui riempirono la vasca, versandovi anche erbe profumate. Una serva mise degli abiti puliti.

Le cameriere si lanciarono sguardi sottecchi al mio aspetto orribile, ma erano troppo rispettose per trapelare qualsiasi commento. Le congedai e loro si allontanarono senza farsi pregare troppo, dovetti ammetterlo: persino io avrei fatto a meno di toccarmi.

Appena fui sola, mi tolsi gli abiti stracciati e sporchi e anche la pancia posticcia e m’immersi nell’acqua con un immenso sospiro. I piedi mi facevano male. Quando iniziai a sfregarli il bruciore, era talmente forte da convincermi a desistere, così ripresi a strofinare il resto del corpo.

Quando il risultato mi sembrò accettabile, provai ad alzarmi ma una fitta ai piedi mi costrinse a sedermi di nuovo. Alla fine riuscii a trascinarmi fuori e ad asciugarmi con le lacrime agli occhi per il dolore. Adocchiai il giaciglio e arrancai per raggiungerlo, una volta fatto legai la pancia posticcia e mi vestii sperando che la mattina seguente sarei stata in grado di camminare.

Perché mi sentivo così impaurita, visto che mi trovavo nel castello di un alleato?

A parte la sua freddezza, McCarty si era dimostrato un perfetto cavaliere.

All’improvviso mi chiesi come mai McCarty non si fosse mai fatto avanti per chiedere la mia mano. Capivo che lui era stato molto occupato ma altri uomini altrettanto impegnati avevano se non altro trovato il tempo di manifestare il loro interesse.

Le donne diedero un’occhiata dentro la stanza, sorrisi loro e le invitai a entrare, una di loro tirò fuori un pettine e cominciò a districare i capelli.

In quel momento una delle damigelle lanciò un grido e indicò una macchia di sangue sul lenzuolo.

Prima che riuscissi a fermarla, la donna era già corsa fuori per cercare aiuto. Di lì a breve fece la sua comparsa, un monaco seguito dal padrone del castello.

Mentre il monaco iniziò a esaminare le ferite, lord McCarty si appoggiò a una parete con le braccia conserte e osservò il monaco mentre mi puliva le ferite e le spalmava con un unguento.

“Sono gravi?” chiese McCarty,

“Non così gravi come sembrano, purché non sopraggiunga un’infezione, ma guariranno presto”

Trattenni il fiato al pensiero di una possibile infezione, ricordai che mio padre era morto tra atroci dolori per una ferita infetta e fui percorsa da un brivido. Alzai gli occhi e incrociai quelli di McCarty.

“Guariranno a meno che non vi comporterete da sciocca” disse lui “ne ho viste di ferite…”nonostante il tono brusco era come se l’uomo avesse intuito le mie paure e stesse offrendo conforto.

Si avvicinò al letto. “Il vostro aspetto, in effetti, corrisponde abbastanza alla descrizione dell’ereditiera di Durham”.

“Questo non dovrebbe stupirvi”

Un lampo illuminò gli occhi di McCarty “Snella” disse “con i capelli rossicci”

Inorridii. “Non sono rossicci”

Lui prese una ciocca tra le dica e mi lasciò andare prima di riuscire a schiaffeggiarlo “Se non sono rossicci allora voi non siete l’ereditiera di Durham. Mi domando quale sia la pena per una donna che usurpa un titolo di una nobile dama”

“Non avete nessun diritto di punirmi”

“Vi siete messa sotto la mia protezione”

Gli lanciai un’occhiata furiosa: “Non è vero. Sono venuta come vostra pari per chiedervi aiuto contro i miei nemici”

Il monaco aveva terminato. “Vi consiglio di non camminare per due giorni, mia signora”.

La discussione con McCarty mi aveva distratto dai dolori della medicazione. Due giorni di riposo però erano troppi.

“Non posso restare a letto cosi a lungo” protestai.

“Dovete farlo se volete che i vostri piedi guariscano” ribatte il monaco “e non provate a infilare le scarpe”

Il frate e le ancelle mi lasciarono sola alla mercé di McCarty, il quale si allontanò da me e si andò a sedere su una panca sotto la piccola finestra.

“Girano voci” disse infine “su alcuni passaggi segreti. Ne siete a conoscenza?”

 Ebbi un sobbalzo. Non era proprio ciò che mi aspettavo: l’esistenza dei passaggi era un segreto di famiglia, gelosamente custodito. Rimasi in silenzio.

“Se King sta occupando il vostro castello, voi volete che se ne vada?”

“Sì”

“In tal caso mi direte tutto ciò che sapete”

 

Scoprii di stare ancora peggio il giorno seguente: ogni parte del corpo mi doleva.

Riuscii a vestirmi a fatica, con l’aiuto di due ancelle, ma quando fui pronta, il mio umore migliorò. Una delle due ancelle andò a cercare un uomo che mi portasse fino al cavallo ed io mi preparai a veder comparire McCarty.

Invece entrò nella stanza uno sconosciuto. Era un bel giovane di alto lignaggio con addosso la cotta di maglia e la chioma bionda scoperta.

“Lady Rose” disse inchinandosi “sono Jasper e ho l’onore di accompagnarvi al vostro destriero”.

Mi appoggiai senza alcun imbarazzo contro la cotta. Notai che sebbene fosse forte come McCarty, Sir Jasper non m’intimoriva fino a darmi le vertigini.

Mi baciò la mano galantemente quando mi fece montare sulla sella dietro un soldato di mezza età che disse in tono burbero di chiamarsi Charlie. Era chiaro che non aveva accettato il suo compito di buon grado.

Era una giornata adatta a cavalcare, senza nemmeno la fatica di guidare il cavallo, decisi di godermela.

Le terre di McCarty sembravano avere dato un buon raccolto e sui prati pascolavano mucche panciute.

I contadini erano alle prese con le ultime fatiche del raccolto.

Quando il loro signore passava, alzavano il capo e lo guardavano, non si udivano saluti amichevoli che accoglievano me o mio padre quando visitavamo le terre, ma nemmeno scontroso risentimento.

McCarty stava facendo le sue regolari ispezioni quando notò la mia espressione e si accostò di fianco al mio cavallo.

“Siete accigliata milady. Avete dolore?”

“No, mio signore”

“Siete stanca allora? Se è così, sono spiacente ma non possiamo fermarci”

“Non ho nessun problema a parte la noia”

“Ci sono persone che pregano tutti i giorni per un po’ di noia. Temo dovrete aspettare l’inizio della battaglia per provare un po’ di eccitamento”

Purtroppo, si era già allontanato prima che trovassi una risposta esatta.

Nonostante McCarty avesse detto che non ci saremmo fermati, in realtà facemmo tre soste, per far riposare e abbeverare i cavalli.

Era già passato mezzogiorno e la giornata stava diventando calda. Quando Sir Jasper tirò indietro il cappuccio della maglia, vidi che i suoi capelli erano fradici.

“Detesto combattere d’estate” borbottò lui “solo un mostro inumano come te non patirebbe il caldo con indosso l’armatura”

“Lo sento anche io il caldo” rispose McCarty, poi rivolgendosi a me guardando la mia pancia disse: “spero per voi che non stiate soffrendo il caldo, milady. Le donne nelle vostre condizioni tendono a soffrirlo”

Sentii le guancie arrossarsi. Dovevo cambiare argomento. “Potete dirmi che ne è stato del mio siniscalco?”

“Strano” si meravigliò lui “ogni volta che accenno alla vostra gravidanza, sembra che vi venga in mente quell’uomo”

“Lui è il mio servitore più fedele” dissi in tono gelido.

“In questo caso il vostro fedele servitore è al sicuro al castello”

 

Arrivammo nei pressi del castello nel tardo pomeriggio. McCarty fece fermare la maggior parte dei soldati al riparo nel bosco, poi andò con Jasper in avanscoperta a controllare la situazione.

Mi si serrò la gola alla vista della mia casa, ancora integra e indenne.

Mi ero preparata a trovare desolati i resti del castello, ma lo vidi solido come sempre.

“Se n’è andato”mormorai.

McCarty si voltò a guardarmi. “Oppure aspetta un vostro passo falso”

Se fossi tornata, sola avrei cavalcato senza indugi fino all’entrata. “Allora cosa facciamo?”

“Osserviamo e aspettiamo”

Ci sedemmo su di un’altura da cui si poteva tenere d’occhio il castello senza essere visti. Rimasi molto più attratta da lui che osservava il castello e non dalla mia dimora. Rimasi a osservarlo a lungo finché non mi venne un’idea.

“Se King e i suoi uomini se ne fossero andati e ci fossero solo i servi nel castello, non avrebbero motivo di nascondersi”

“Esattamente”

“E’ un segreto di famiglia, vi è un passaggio vicino alle rocce a valle dell’altura. Il passaggio è molto buio e angusto”

Gli occhi di McCarty non erano più così verdi, le pupille erano stranamente dilatate.

“Andate avanti”

“L’oscurità a un certo punto si attenua, questo significa che siete arrivati al castello. A quel punto troverete la porta che conduce ai magazzini sotterranei”

“Bene prepariamoci” disse Jasper guardando tutti i soldati.

I soldati a cavallo si lanciarono su per la collina e poi giù verso il castello, impazienti di gettarsi nella mischia.

Rimasi a guardare, ancora in ginocchio mentre il cuore mi batteva per l’eccitazione e la paura.

Gli uomini diedero l’assalto al castello senza incontrare resistenza.

“E’ libero!” gridai cercando con lo sguardo Charlie “devo andare anch’io, vi prego!”

L’uomo non si mosse. “Lord McCarty ha detto di aspettare un suo segnale”.

“Ma se King è nascosto nel bosco non siamo più in pericolo qui? Ci catturerebbe senza fatica”

Gli uomini si guardarono l’un l’atro e iniziarono a parlottare, ma oramai la decisione era presa. Un soldato mi sollevò in sella e partimmo verso il castello.

Entrato nella galleria che passava sotto le mura difensive, mi accolse una scena infernale. Uomini armati erano illuminati dal chiarore rosso sangue del fuoco.

Cavalli senza cavaliere che giravano in tondo impazziti. Urla, schianti, grida e agonia.

L’euforia che mi aveva sostenuto svanì e mi aggrappai a Charlie chiudendo gli occhi.

Aprii gli occhi per un attimo, in tempo per vedere un cavallo imbizzarrito che polverizzava un cadavere con gli zoccoli d’acciaio. Li richiusi subito.

“Tranquilla non è uno dei nostri” mi disse dolcemente Charlie.

Feci un sospiro di sollievo e mi domandai dove fossero finiti tutti i sudditi. Pregai che non fossero fra i cadaveri che giacevano a terra. Probabilmente erano fuggiti.

In quel momento, una sagoma scura si lanciò verso di noi. Io gridai, Charlie fu disarcionato. Per fortuna riuscii a mantenermi in sella con la faccia sulla groppa dell’animale afferrando il pomello.

L’aggressore colpì Charlie con il pugnale e l’urlo di dolore si confuse con il mio.

“No! Aiuto ”

Finalmente riuscii ad agguantare le redini ma un’altra mano le afferrò insieme a me.

Qualcuno cercava di montare a cavallo.

Vidi una faccia distorta da una smorfia e mi sentii stringere la caviglia. “Voi venite con me”

Gli tirai un pugno sul naso.

“Cagna!” l’aggressore alzò il pugnale e l’abbasso tentando di colpirmi sulle mani che trattenevano le redini, ma le ritrassi appena in tempo e la lama affondò nel cavallo, il quale nitrì e indietreggiò, sbalzandomi a terra.

Ero caduta su qualcosa di morbido. Un cadavere.

Alzai lo sguardo sull’aggressore, che nel frattempo aveva estratto la spada.

Mentre l’aggressore sorrideva e si preparava a uccidermi chiusi gli occhi e mi preparai al peggio.

  
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