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Autore: CassandraLeben    13/06/2011    9 recensioni
La memoria del passato è la chiave per affrontare il futuro.
Ma se proprio questo passato su cui facciamo tanto affidamento venisse meno?
E se improvvisamente Bella si trovasse sola, sperduta in un mondo che non riconosce più?
Cosa succederebbe a lei, a Edward, ai Cullen se un giorno la pioggia portasse via con sé anche i ricordi di Bella?
Ff ambientata tra Eclipse e Breaking Dawn (ed ideata prima dell’uscita del quarto libro).
Dal 1° cap: Mi trovavo proprio in mezzo alla strada quando, improvvisamente, un’auto uscì da un incrocio a destra. Correva a tutta velocità sull’asfalto bagnato. Tutto durò una manciata di secondi appena. Troppo poco perché persino Alice potesse aiutarmi.
Venni accecata dall’auto per un istante. Cercai di tornare
indietro ma le mie gambe non rispondevano.
Feci appena in tempo a portarmi le braccia sopra al capo in un infantile tentativo di proteggermi e poi sentii un suono acuto e spaventoso. Il guidatore, accortosi di me, aveva cercato di sterzare.
Ma l’asfalto era bagnato e lui perse il controllo del veicolo.
E poi tutto divenne nero...
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve ragazze.

Scusate se mi faccio viva solo ora. per quanto sia banale la mia giustificazione, l'università mi sta totalizzando. non tanto lo studio ma tutto ciò che ci gravita intorno. tanti corsi = tanti esami tutti insieme. ormai non dormo più per poter studiare. 
Spero che tutta questa fatica valga un bel voto all’esame perché ci sto perdendo dietro troppe ore di sonno. Sembro uno zombie. Magari fossi come un vampiro… quanti vantaggi!!!
E invece no. E da umana sono passibile di fallire. E di deludere. Spero che però non sia così almeno per quanto riguarda questa storia.
 Parlando di “cose serie” per modo di dire… la domanda più gettonata è stata: Ma si riavvicineranno?
Beh… voi mi conoscete… non posso certo spoilerarvi tutto… però, mettiamola così: ci saranno sviluppi che sono certa non vi spetterete.
Per chi ha letto Harry Potter… è una O. oltre ogni aspettativa.
Non sarà un semplice riavvicinamento. Proprio per essere esplicita.
Ma non saranno neanche tutte rose e fiori. Bella non si sbottonerà tanto facilmente con Edward.
Si sente troppo male a pensare anche solo di raccontare ciò che le è successo, almeno per ora.
Per quanto riguarda la memoria latitante di Bella… tornerà a ondate, nel puro senso della parola.
Questo la confonderà e la disorienterà. Anche perché non si confiderà subito con Edward e quindi cercherà di affrontare tutto da sola.
Ok, credo di aver parlato (scritto) fin troppo. Sperando di non avervi annoiate, vi lascio agli sviluppi.

 


PS: senza voler spoilerare… non ricordo se in questo o nel prossimo cap ma presto (molto presto) il ricongiungimento spirituale si trasferirà dal piano metafisico a quello molto più concreto fatto della realtà quotidiana. E quindi i nostri due pischelli… si beh, si sa come vanno queste cose.
Ho cercato di tagliare (e sono stata davvero mani di forbice) per permettere a tutte di leggere senza che io incorressi in un bellissimo sforamento di rating (non potevo farlo schizzare al rosso. Mi capite vero?) e spero quindi di non turbare nessuna delle vostre candide anime.
Ho cercato di rimanere sul soft perché, oltretutto, non mi piace quando si è troppo espliciti. Quando si “descrivono” dei rapporti sessuali si rischia sempre di valicare la sottile linea della pudicizia e scivolare nella volgarità gratuita e superflua.
Per questo spero di non aver peccato di sovrabbondanza di dettagli.
Ciò premesso, spero di non arrecare a nessuna di voi un disagio nel leggere.
Nel caso, mi scuso anticipatamente e, se ricevessi da voi segnalazione, provvederei a eliminare quelle parti che vi risultassero sgradevoli.

 

Edward’s Pov

cap 25                                

                                                                                                                         I feel alive, When you're beside me
                                                                                                     Mi sento vivo quando sei accanto a me

   

 
Ma quella non si rivelò una notte tranquilla.
Bella si agitò, scalciando e  tremando. Più volte gridò parole sconnesse.
Ognuna era per me una pugnalata.
“fermati” “lasciami” e poi tante, troppe volte, urlò il nome di Phil.
Stava avendo degli incubi che le facevano battere furiosamente il cuore.
La stringevo a me nel tentativo di darle conforto. La vedevo soffrire, rivivere i maltrattamenti e le violenze che aveva patito. A ogni suo sospiro addolorato mi chiedevo come avrei potuto lasciarla sola, di nuovo. Sentivo la necessità di proteggerla. Non avrei permesso a nessuno di farle del male, di nuovo.
Strinse i pugni con così tanta forza da conficcarsi le unghie nella carne tenera del palmo delle sue mani, portandosele a sanguinare. Si notava in uno dei due palmi,  una cicatrice netta e lunga che lo attraversava e i segni di alcuni punti. Era un taglio relativamente recente quello a cui le nuove ferite si intersecavano formando cupi arabeschi. Stille di rubini rilucevano nella notte.
Quell’odore, che si disperdeva intorno a me goccia dopo goccia, era una tentazione tale che non sapevo se avrei resistito.
Mi limitai ad inspirare il profumo dei suoi capelli, nel tentativo di calmarmi.
Nell’agitarsi si scoprì un braccio. Sulla sua pelle candida lunghe e sottili cicatrici violacee. I segni tangibili del suo dolore. Constatai che non ve ne erano di troppo recenti. Erano tutte anteriori di almeno un mese. Non si era più ferita da quando Alice era partita. Forse questo era un indice che quanto aveva detto Carlisle era vero. Forse non aveva più sentito la necessità di farsi del male perché Phil aveva smesso di maltrattarla…
Lambii quegli sfregi con le mie labbra recriminandomi di non esserle stato accanto quando aveva avuto bisogno. Ognuno di quei segni mi ricordava quanto avesse sofferto.
Pensai a Phil che la picchiava. A lei che mi implorava di andarla a prendere e portarla via…
A Jason che la palpava spogliandola.
Dei pensieri insopportabili.
Ad un certo punto il suo corpo venne scosso da singhiozzi tali che si svegliò.
 

Ansante, riaprì gli occhi e si accorse che la tenevo stretta a me. Spostò la mano, che si era portata al cuore impazzito, sul mio viso.
< Edward… >
< Sono qui, non preoccuparti… > le sussurrai conciliante, accarezzandole i capelli.  < Torna a dormire. Cerca di riposare un po’. È notte fonda. >
< Scusami… ho fatto un incubo. Mi spiace se non ti ho fatto dormire… >
< Non preoccuparti per me. Riposa… > e le carezzai le reni.
La vidi mordicchiarsi le labbra, il suo viso imporporato sulle gote.
< Va tutto bene? > le domandai apprensivo. Lei non mi rispose.
Le carezzai il collo e la schiena. Il suo corpo rispose al mio tocco inarcandosi.
< Edward… > Ansimò cercando le mie labbra, in cerca del conforto che io stesso volevo darle.
< Bella > le sussurrai nella bocca dischiusa.
Le sue dita esploravano il mio viso, alla ricerca di cosa non mi è dato sapere.
Trovò i miei capelli e vi si aggrappò.
Il suo cuore palpitava così velocemente da confondermi la mente già ottenebrata dalla sua presenza totalizzante.
Mi azzardai a carezzarle il petto. Scesi a scostarle la maglietta,a lambirle la pancia e a cercare i suoi fianchi. La sentivo fremere al mio tocco e ciò mi invogliò a proseguire nella ricerca della sua pelle.
Rividi Jason pensare a come Bella lo avesse respinto, a come si fosse ritratta spaventata, a come si fosse allontana da quel ragazzo, sottratta alle sue mani.
Non voleva farsi toccare da lui in quel modo.
Nel modo in cui la volevo toccare anche io.
Nel modo in cui la stavo toccando.

 Eppure, alle mie carezze rispondeva in modo così diverso… così disponibile. Non era fredda come era stata con quel ragazzino… no, con me era così partecipe…
Voleva quel contatto.
Ma mi dovevo trattenere.
Per evitare di darle false idee e per evitare di carpirle la virtù.
Non potevo illuderla di un amore vero e sincero ma impossibile.
Eppure era così calda… così profumata…
la volevo.
L’avevo sempre voluta.

 Non riuscivo a pensare.
La sua mano si insinuò sotto alla mia camicia.
< Edward… ho caldo… >
Sorrisi. < Come sarebbe a dire? >
< Oh… insomma! Non capisci niente! > e allontanò il petto da me per sfilarsi la maglietta. Sorrideva, fingendosi irritata.
Deglutii a vuoto quando i miei occhi si soffermarono sul suo seno. Mi affrettai a distogliere lo sguardo.
Si appoggiò lentamente al mio petto e mi accarezzò la guancia.
Sentii una macchia bagnata espandersi sulla mia camicia.
Lacrime?
< Perché piangi? >
< Perché non mi guardi? > mi domandò lei con voce rotta.
< Perché non ce la faccio… > le sussurrai con voce arrochita dallo sforzo di trattenermi.
Cercò di allontanarsi da me, ferita, ma io la trattenni stringendola tra le mie braccia. Baciandole i capelli le sussurrai: < No, no… ti prego. Non volevo ferirti. È solo che… con te qui, così… non riesco a controllarmi. >
< E allora non controllarti! > sbottò lei rossa di vergogna.
Gli occhi arrossati erano nuovamente asciutti.
< Ma Bella, tu non capisci. >
< Hai ragione, non capisco! >
Cercò di divincolarsi ma la trattenni afferrandola per i polsi. Esercitai poca forza ma temetti di averle fatto male. Lei infatti aveva sussultato, inspirando l’aria velocemente.
La lasciai andare immediatamente, preoccupato, e la vidi raggomitolarsi su se stessa stringendosi le braccia al petto, sul reggiseno.
Mi diede le spalle. 
Potevo vederla tremare. Non capivo quella reazione. Cercai di parlarle, di scusarmi.
< Bella… scusa, non volevo farti male. > le sussurrai mortificato.
< No, no. Non è niente. Non mi hai fatto male. Non è colpa tua. >
Con gentilezza le posai la mano sulla spalla, costringendola dolcemente a voltarsi. Supina, mi fissava.
Mi portai a cavalcioni su di lei senza sfiorarla, senza gravare con il mio peso sul suo corpo fragile.
Teneva ora le braccia spalancate poggiate sul cuscino, sopra i capelli sparsi. I suoi occhi arrossati mi trasmettevano una tristezza che era per me dolorosa da sopportare. Il suo respiro era ostacolato da qualcosa che non riuscivo a cogliere. Nel suo sguardo avrei potuto perdermi.
Nel dolore che vi scorgevo avrei potuto annegare.
Le carezzai il viso.
< Bella? >
Schivò il mio sguardo voltando il capo. Non si muoveva.
Inerme davanti a me, fissava un punto indefinito della stanza.
Il suo seno si abbassava e alzava al ritmo del suo respiro accelerato, invogliandomi ad accarezzarlo.
Quando la vidi piangere lì, così indifesa, tutte le barriere che avevo cercato di impormi crollarono come sabbia trasportata da una marea.
Mi chinai su di lei e le lambii le guance con le labbra, carpendole le lacrime.
Il suo ventre nudo sfiorava la mia camicia.
Non potevo sopportare che la stoffa mi separasse dal suo calore e me ne disfai.
Il mio bacino scivolò sul suo finchè le nostre gambe non entrarono in contatto.
Lei non reagiva. Piangeva in silenzio, immobile. Una bambola di porcellana.
Scesi a baciarle la clavicola, il collo…
< Edward… > sussurrò con un filo di voce.
sperando, contro ogni buonsenso, che mi chiedesse invece di continuare le chiesi: < vuoi che mi fermi? >
A quelle mie parole sussultò poi, in silenzio, portò le sue braccia dietro alla mia schiena,tentando di stringermi a sé. Io l’assecondai avvicinandomi. Il suo seno, racchiuso nella stoffa nera del reggiseno, sfiorava la mia pelle nuda.
< No. Voglio che tu vada avanti. Per favore. >

Mi scostai per fissarla negli occhi. Erano le parole che volevo sentirmi dire ma, allo stesso tempo, speravo non pronunciasse.
E poi, ciò che mi disse contrastava così tanto con la sua voce addolorata, con le sue lacrime, che mi riusciva difficile assecondarla.
< Bella, va tutto bene? >
Si strinse a me, nascondendosi nell’incavo del mio collo e, in questo modo, sollevando il busto dal materasso. Il suo peso leggero gravava tutto sulle sue braccia incrociate dietro alle mie spalle.
Feci scivolare le mie mani dietro alla sua schiena, che presi a carezzare dolcemente.
< Sì, ora che tu sei qui con me va tutto bene. > mi sospirò ad un orecchio.
Le mie dita trovarono il gancetto metallico. La sentii fremere mentre la liberavo da quell’indumento.
Avrei dato tutto ciò che era in mio possesso per sapere cosa pensasse in quel frangente ma la sua mente era muta e dalle sue labbra non sfuggiva neanche una parola. Solo qualche lieve gemito che mi invogliava a continuare nel massaggiare la sua pelle.
Intrecciò le sue gambe alle mie, stringendosi ancora di più a me.
< No, aspetta… > le sussurrai scendendo con le mani lungo la sua schiena. Le afferrai le ginocchia, allontanandole le gambe dalle mie.
Lei si immobilizzò, come se l’avessero colpita.
< No… no… non preoccuparti, non volevo fermarmi. > la rassicurai prima di salire con le mani sull’elastico dei suoi pantaloni.
Glieli sfilai con un gesto fluido. La vidi, con la coda dell’occhio, arrossire e mordicchiarsi il labbro inferiore malcelando un sorriso imbarazzato. Gli occhi erano ancora lucidi.
< Ora tocca ai tuoi pantaloni… > mi sussurrò in imbarazzo.
< C’è tua madre, di sotto. > le dissi cercando di convincere più me che lei.
Non potevo cadere nella tentazione più grande della mia vita. Nel mio frutto proibito.
< Non mi importa. Non si sente niente, di sotto. Questa casa è vecchia. Ha i muri spessi. >
< No. >
< Come no? Non puoi lasciare me così e tu rimanertene con le braghe… > sussurrò con voce tremante di imbarazzo.
Non so cosa mi passò per la testa in quegli istanti. Ero totalmente e incondizionatamente prigioniero dei suoi occhi. La mia mente non era in grado di elaborare pensieri coerenti.
< Per favore… un attimo solo… > le sussurrai posandole un dito sulle labbra piene.
Dovevo farlo. Dovevo sapere.
Infilai la mano libera nella tasca dei pantaloni e ne estrassi il piccolo gioiello lucente. Lo tenni nel pugno della mano.
< Ecco, ho fatto. > le sussurrai prima di riaccompagnare le sue dita tremanti ai miei pantaloni. Prima che cercassero di sbottonarli.
Entrambi eravamo ormai seduti l’una dinanzi all’altra.
Ci mise tanto di quel tempo che dubitai volesse slacciarli per davvero.
< Scusami… sono così imbranata. >
Mi chinai a baciarle i capelli e lei si fermò, poggiando il capo sul mio petto.
Ma perché piangeva ancora?
Le presi con delicatezza le mani che ancora armeggiavano con i bottoni dei miei pantaloni.
Gliele guidai sul mio petto. Mi disfai dello scomodo indumento e poi le sfiorai il volto.
< Bella, devo chiederti una cosa importante. > le sussurrai stringendola tra le braccia. Le mano che racchiudeva l’anello era stretta in un pugno sulla sua schiena. Con la mano libera le contavo le vertebre. Il suo seno premeva dolcemente sul mio petto.
< Cosa vuoi sapere? >
La sua voce era esitante e scossa dai tremori che le scuotevano il corpo. Sembrava fosse spaventata. Non riuscivo a resisterle ma, soprattutto, non potevo sopportare l’idea di perderla di nuovo.
< hai paura? >
Alzò lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono.
< Non più. Non ora. >
< Mi dispiace così tanto… > le confessai e, questa volta, mi credette. Poggiò le sue mani calde sulle mie guance e, come se volesse consolarmi, mi carezzò il viso.
< Perché? Perché sei dispiaciuto? >
< Per così tante ragioni che non potrei neanche elencarle tutte. >
Mi baciò la fronte. < Non preoccuparti. Mentivo, quando ti ho detto che non posso perdonarti. >
Chiusi gli occhi e confessai: < Sono io che non posso perdonare me stesso…  per averti lasciata sola. >
Si immobilizzò udendo le mie parole.
Mi sedetti in ginocchio. Sentii le sue dita ricominciare ad accarezzarmi le palpebre. 
< Edward, ho esagerato, prima. Tu non hai nessun dovere nei miei confronti. E non è colpa tua. E poi, dopo tutto questo… non devi credere di avere degli “obblighi” nei miei confronti. Siamo adulti e vaccinati. Emancipati… >
Socchiusi le palpebre e la vidi. Teneva il capo chino. Era impallidita, praticamente nuda dinanzi a me… Nei suoi occhi intravidi un’ombra di terrore e malinconia.
Con la mano libera presi le sue e le guidai sul mio pugno ancora stretto.
< Isabella… >
< Sì? >
< Ti chiedo di fidarti di me, anche se sono consapevole di non meritarmi la tua fede. >
< Perché? >
< Tu non sai quante bugie sono stato costretto a dirti. A quante volte abbia dovuto mentirti. Ma l’ho fatto solo per il tuo bene. E ogni volta soffrivo. Pativo le pene dell’inferno per ciò che ero costretto a dirti. Ho cercato di salvarti ma è stato tutto vano. >
Percepì la mia frustrazione perché strinse le sue dita intorno alle mie e guidò la mia mano chiusa sul suo seno nudo.
< Non posso rivelarti ancora la verità. Non so se potrò mai. L’unica cosa che ti chiedo è di avere fiducia in me.
Adesso, ho una domanda importante da porti. Ti capirò se mi risponderai di no e non ti serberò alcun rancore. Non aver paura di rispondermi con sincerità.
Nel caso tu mi risponda in modo negativo, voglio che tu contini a pensare a me come ad un amico. Intesi? Non cambierà nulla. >
Nel silenzio annuì lentamente, prendendo un profondo respiro.
Rilasciai il pugno e lasciai scivolare il piccolo anello nelle sue mani.
Quando si accorse di quel minuscolo cerchio freddo nel suo piccolo pugno rilasciò le dita e sul palmo della sua mano, solcato dalle ferite sanguinanti che si era procurata nell’ansia dell’incubo, l’oggetto metallico rilucette.
Luccicava nella luce soffusa della notte, riflettendo sui diamanti il risplendere dei suoi occhi.
< Edward… > sussurrò con voce soffocata. Alzò lo sguardo e vidi quanto fosse spaventata.
Le impedì  di proseguire baciandola.
Mi separai dalle sue labbra solo per chiederle: < Isabella, vuoi sposarmi? >
Mi sentivo sciocco a porle quella domanda per la seconda volta. Ricordai con un misto di dolore e malinconia come, la prima volta entrambi non fossimo seminudi.
In agitazione Bella si cominciò a sistemare i capelli.

< Ehi, va tutto bene. Non importa. Però, ti prego, tienilo tu, l’anello… >
Scoppiò a piangere e mi gettò le labbra al collo. I suoi singhiozzi le scuotevano il corpo facendo premere il suo seno sul mio corpo, suscitando in me i desideri disdicevoli che non riuscii a trattenere.
< Sei un cretino! > mi urlò prima di cominciare a tempestare il mio petto di pugni.
Quella notte non aveva fatto altro che piangere… questa volta però il sorriso sulle sue labbra era molto più marcato, sebbene malinconico.
< Certo che voglio sposarti! Se tu solo… se tu solo… sei un idiota! >
E poi mi baciò con un tale slancio che per poco non caddi all’indietro.
La afferrai per i fianchi e lasciai che si sporgesse verso di me in una posizione poco pudica.
Smise di baciarmi per nascondersi nelle mie braccia. Ero a dir poco euforico.
Nonostante tutto, nonostante ciò che era avvenuto, il nostro legame non era stato reciso. Il mio più grande desiderio, quel sì che tanto avevo desiderato, mi suonava più dolce di qualsiasi nettare.
Rimanemmo abbracciati, baciando l’uno la pelle dell’altra, a lungo, senza ansia o fretta alcuna.
Accarezzandola, azzardai ad introdurre un argomento delicato e doloroso: < Bella, quando partirò non potrò portarti con me ma non preoccuparti… >
< Tu non vai a Syracuse, vero? >
< Vero. Ma non posso dirti la verità e me ne dolgo. È per la tua sicurezza. Un giorno, forse, potrò finalmente raccontarti tutto. >
< Sei in pericolo? > mi domandò accorata, accarezzandomi il viso ansiosa.
< No, ma voglio evitare che lo sia tu. È per questo che è più sicuro che tu non sappia, ancora… ma non posso più sopportare di sapere che potresti stare con qualcun altro all’infuori di me. Ti amo troppo e in modo così intenso… non ho mai smesso di amarti. >
< Neanche io. >
Non avrei voluto chiederle del suo ex ragazzo ma non riuscii a trattenermi. Ero troppo geloso.
< Ma quel Jason… >
Pensai di averla offesa e invece lei mi rispose: < Lui si che era un idiota. Non come te che lo sei solo per modo di dire. Lui proprio non capiva. >
< E allora perché? >
< Edward…ero così sola. Lui era stato molto gentile con me e io cercavo di dimenticarti con tutta me stessa. Era troppo doloroso… ho cercato di costruirmi una vita ma… >
Si stava torturando le mani. Glielo impedì prendendole tra le mie.
< Mi dispiace di averti costretta a cercare affetto presso chi non era degno di dartelo. >
Leggevo la vergogna nei suoi lineamenti contratti.
< Non preoccuparti. Non mi importa cosa sia successo tra voi. >
La sua pelle assunse un vivido colorito rossastro.
< Veramente, non è successo nulla. O per lo meno, non quello. Ogni volta che ci abbiamo provato io non riuscivo a rilassarmi. Mi sentivo male. Lui non mi faceva sentire come… > indugiò imbarazzata poi riuscii a trovare il coraggio per dire: < Come mi fai sentire tu.
L’ultima volta mi ha fatto così male… era così violento e brutale quando mi toccava… non sono riuscita a resistere. L’ho costretto a fermarsi. Non me la sentivo. >
La voce le morì in gola. Le sue parole alleviarono il dolore cocente della gelosia. Non si era concessa a quel ragazzino perché lui non la faceva sentire come la facevo sentire io…
La strinsi a me per non vedere le sue lacrime. Capii che comunque mi nascondeva qualcosa ma non volli indagare ulteriormente per non turbarla troppo.
< Non preoccuparti. È tutto finito. > le cantilenai cullandola tra le mie braccia.
Quando il suo respiro tornò normale le presi la mano.
< Allora accetti? Desideri diventare mia moglie? > le domandai emozionato.
Se asciugò il viso e mi rivolse uno di quei sorrisi ai quali non avevo mai saputo resistere.
Era così felice che sentii il mio cuore scaldarsi di gioia. Il suo batteva impazzito.
< Sì. Sì… > e nei suoi occhi lessi la felicità più profonda.
Le infilai con delicatezza l’anello al dito.
Lei lo osservò a lungo, muovendo le dita per esaminare le mille sfaccettature del diamante e poi mi abbracciò.

 La baciai con tanta passione e tanto ardore, le mie mani l’accarezzavano con tanto sentimento che presto sentii un odore umido pervadere l’aria.
Imbarazzata, pose termine al bacio e si portò la mano con l’anello all’inguine,stringendo le gambe.
Gliela afferrai e gliela baciai assaporando le gocce dolciastre che le imperlavano i polpastrelli.
Nell’impeto del mio amore lei si abbandonò alle lenzuola.
Il suo cuore impazzito scandiva il ritmo dei miei movimenti.
Le feci scorrere le dita sui suoi fianchi, sulle sue cosce, sulle sue natiche. Le sfiorai gli slip.
Ricordai come quel moccioso avesse fatto lo stesso e di come lei, terrorizzata, si fosse ritratta.
Le chiesi con tutta la dolcezza di cui ero capace: < Posso? > e lei, invece che rispondermi, guidò le mie mani sull’elastico del piccolo indumento. Glielo sfilai e poi le accarezzai quella parte proibita del suo corpo.
 

Ormai mi ero spinto troppo oltre per tornare indietro.
Tutto il mio bel piano, tutti i miei progetti erano ormai saltati.
Inutile negare l’ovvietà dei fatti.
Le avevo chiesto di condividere con me la vita e, invece che essere pentito per i rischi a cui l’avrei esposta, ero euforico. Mi amava. Mi amava a tal punto da sposarmi…
A dirmi di sì, di nuovo.
come potevo voltare le spalle al destino?
Percorsi l’interno delle sue cosce con attenzione mentre sentivo, dentro di me, crescere l’esaltazione. Ero euforico perché la sentivo così vicina.
A ogni mio tocco un po’ più audace rispondeva inarcandosi, gemendo, arrossendo.
Quando le sue mani calde e tremanti sfiorarono i miei boxer fui io a gemere.
Le sue mani inesperte mi aiutarono a disfarmi di quell’ormai inutile e fastidioso capo intimo.

 Ok… evidentemente questo è solo l’inizio. Spero che vi sia piaciuto come si è evoluta la vicenda.
Riavvicinati si sono riavvicinati.
Ma Edward ha solo una decina di giorni. Cosa farà? Come si comporterà?
Bhe…  lo sto scrivendo in questi momenti (invece di studiare l’arco di settimio severo. Sono una SCELLERATA!!!!!!!!!) a presto, credo subito prima o subito dopo l’esame (che è il 23 giugno)

Tra l'altro, domani parto per Roma e non avrò accesso a PC ed Internet quindi, se per caso non dovessi rispondere a varie ed eventuali, non preoccupatevi, lo farò appena torno (il 20)

Fatemi sapere cosa ne pensate.
Nella speranza che il prossimo cap non mi venga censurato, vi aspetto per la prossima puntata.

 

 

 

  
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