Salve ragazze.
Scusate se mi faccio viva solo ora.
per quanto sia banale la mia giustificazione, l'università
mi sta totalizzando. non tanto lo studio ma tutto ciò che ci
gravita intorno. tanti corsi = tanti esami tutti insieme. ormai non
dormo più per poter studiare.
Spero che tutta questa fatica valga un bel voto all’esame
perché ci sto perdendo dietro troppe ore di sonno. Sembro
uno zombie. Magari
fossi come un vampiro… quanti vantaggi!!!
E invece no. E da umana sono passibile di fallire. E di
deludere. Spero che però non sia così almeno per
quanto riguarda questa storia.
Parlando di
“cose
serie” per modo di dire… la domanda più
gettonata è stata: Ma si
riavvicineranno?
Beh… voi mi conoscete… non posso certo
spoilerarvi tutto…
però, mettiamola così: ci saranno sviluppi che
sono certa non vi spetterete.
Per chi ha letto Harry Potter… è una O. oltre
ogni
aspettativa.
Non sarà un semplice riavvicinamento. Proprio per essere
esplicita.
Ma non saranno neanche tutte rose e fiori. Bella non si
sbottonerà tanto facilmente con Edward.
Si sente troppo male a pensare anche solo di raccontare ciò
che le è successo, almeno per ora.
Per quanto riguarda la memoria latitante di Bella…
tornerà a
ondate, nel puro senso della parola.
Questo la confonderà e la disorienterà. Anche
perché non si
confiderà subito con Edward e quindi cercherà di
affrontare tutto da sola.
Ok, credo di aver parlato (scritto) fin troppo. Sperando di
non avervi annoiate, vi lascio agli sviluppi.
PS: senza voler spoilerare… non ricordo se in questo o nel
prossimo cap ma
presto (molto presto) il ricongiungimento spirituale si
trasferirà dal piano
metafisico a quello molto più concreto fatto della
realtà quotidiana. E quindi
i nostri due pischelli… si beh, si sa come vanno queste cose.
Ho cercato di tagliare (e sono stata davvero mani di
forbice) per permettere a tutte di leggere senza che io incorressi in
un
bellissimo sforamento di rating (non potevo farlo schizzare al rosso.
Mi capite
vero?) e spero quindi di non turbare nessuna delle vostre candide anime.
Ho cercato di rimanere sul soft perché, oltretutto, non mi
piace quando si è troppo espliciti. Quando si
“descrivono” dei rapporti
sessuali si rischia sempre di valicare la sottile linea della pudicizia
e
scivolare nella volgarità gratuita e superflua.
Per questo spero di non aver peccato di sovrabbondanza di
dettagli.
Ciò premesso, spero di non arrecare a nessuna di voi un
disagio nel leggere.
Nel caso, mi scuso anticipatamente e, se ricevessi da voi
segnalazione, provvederei a eliminare quelle parti che vi risultassero
sgradevoli.
Edward’s Pov
cap 25
I feel
alive, When you're beside me
Mi sento vivo quando sei accanto a me
Ma
quella non si rivelò una notte tranquilla.
Bella
si agitò, scalciando e
tremando. Più
volte gridò parole sconnesse.
Ognuna
era per me una pugnalata.
“fermati”
“lasciami” e poi tante, troppe volte,
urlò il nome di Phil.
Stava
avendo degli incubi che le facevano battere furiosamente il cuore.
La
stringevo a me nel tentativo di darle conforto. La vedevo soffrire,
rivivere i
maltrattamenti e le violenze che aveva patito. A ogni suo sospiro
addolorato mi
chiedevo come avrei potuto lasciarla sola, di nuovo. Sentivo la
necessità di
proteggerla. Non avrei permesso a nessuno di farle del male, di nuovo.
Strinse
i pugni con così tanta forza da conficcarsi le unghie nella
carne tenera del
palmo delle sue mani, portandosele a sanguinare. Si notava in uno dei
due
palmi, una
cicatrice netta e lunga che
lo attraversava e i segni di alcuni punti. Era un taglio relativamente
recente
quello a cui le nuove ferite si intersecavano formando cupi arabeschi.
Stille
di rubini rilucevano nella notte.
Quell’odore,
che si disperdeva intorno a me goccia dopo goccia, era una tentazione
tale che
non sapevo se avrei resistito.
Mi
limitai ad inspirare il profumo dei suoi capelli, nel tentativo di
calmarmi.
Nell’agitarsi
si scoprì un braccio. Sulla sua pelle candida lunghe e
sottili cicatrici
violacee. I segni tangibili del suo dolore. Constatai che non ve ne
erano di
troppo recenti. Erano tutte anteriori di almeno un mese. Non si era
più ferita
da quando Alice era partita. Forse questo era un indice che quanto
aveva detto
Carlisle era vero. Forse non aveva più sentito la
necessità di farsi del male
perché Phil aveva smesso di maltrattarla…
Lambii
quegli sfregi con le mie labbra recriminandomi di non esserle stato
accanto quando
aveva avuto bisogno. Ognuno di quei segni mi ricordava quanto avesse
sofferto.
Pensai
a Phil che la picchiava. A lei che mi implorava di andarla a prendere e
portarla via…
A
Jason che la palpava spogliandola.
Dei
pensieri insopportabili.
Ad
un certo punto il suo corpo venne scosso da singhiozzi tali che si
svegliò.
Ansante,
riaprì gli occhi e si accorse che la tenevo stretta a me.
Spostò la mano, che
si era portata al cuore impazzito, sul mio viso.
<
Edward… >
<
Sono qui, non preoccuparti… > le sussurrai
conciliante, accarezzandole i
capelli. <
Torna a dormire. Cerca di
riposare un po’. È notte fonda. >
<
Scusami… ho fatto un incubo. Mi spiace se non ti ho fatto
dormire… >
<
Non preoccuparti per me. Riposa… > e le carezzai le
reni.
La
vidi mordicchiarsi le labbra, il suo viso imporporato sulle gote.
<
Va tutto bene? > le domandai apprensivo. Lei non mi rispose.
Le
carezzai il collo e la schiena. Il suo corpo rispose al mio tocco
inarcandosi.
<
Edward… > Ansimò cercando le mie labbra,
in cerca del conforto che io stesso
volevo darle.
<
Bella > le sussurrai nella bocca dischiusa.
Le
sue dita esploravano il mio viso, alla ricerca di cosa non mi
è dato sapere.
Trovò
i miei capelli e vi si aggrappò.
Il
suo cuore palpitava così velocemente da confondermi la mente
già ottenebrata
dalla sua presenza totalizzante.
Mi
azzardai a carezzarle il petto. Scesi a scostarle la maglietta,a
lambirle la
pancia e a cercare i suoi fianchi. La sentivo fremere al mio tocco e
ciò mi
invogliò a proseguire nella ricerca della sua pelle.
Rividi
Jason pensare a come Bella lo avesse respinto, a come si fosse ritratta
spaventata, a come si fosse allontana da quel ragazzo, sottratta alle
sue mani.
Non
voleva farsi toccare da lui in quel modo.
Nel
modo in cui la volevo toccare anche io.
Nel
modo in cui la stavo toccando.
Voleva
quel contatto.
Ma
mi dovevo trattenere.
Per
evitare di darle false idee e per evitare di carpirle la
virtù.
Non
potevo illuderla di un amore vero e sincero ma impossibile.
Eppure
era così calda… così
profumata…
la
volevo.
L’avevo
sempre voluta.
La
sua mano si insinuò sotto alla mia camicia.
<
Edward… ho caldo… >
Sorrisi.
< Come sarebbe a dire? >
<
Oh… insomma! Non capisci niente! > e
allontanò il petto da me per sfilarsi
la maglietta. Sorrideva, fingendosi irritata.
Deglutii
a vuoto quando i miei occhi si soffermarono sul suo seno. Mi affrettai
a
distogliere lo sguardo.
Si
appoggiò lentamente al mio petto e mi accarezzò
la guancia.
Sentii
una macchia bagnata espandersi sulla mia camicia.
Lacrime?
<
Perché piangi? >
<
Perché non mi guardi? > mi domandò lei con
voce rotta.
<
Perché non ce la faccio… > le sussurrai
con voce arrochita dallo sforzo di
trattenermi.
Cercò
di allontanarsi da me, ferita, ma io la trattenni stringendola tra le
mie
braccia. Baciandole i capelli le sussurrai: < No, no…
ti prego. Non volevo
ferirti. È solo che… con te qui,
così… non riesco a controllarmi. >
<
E allora non controllarti! > sbottò lei rossa di
vergogna.
Gli
occhi arrossati erano nuovamente asciutti.
<
Ma Bella, tu non capisci. >
<
Hai ragione, non capisco! >
Cercò
di divincolarsi ma la trattenni afferrandola per i polsi. Esercitai
poca forza
ma temetti di averle fatto male. Lei infatti aveva sussultato,
inspirando
l’aria velocemente.
La
lasciai andare immediatamente, preoccupato, e la vidi raggomitolarsi su
se
stessa stringendosi le braccia al petto, sul reggiseno.
Mi
diede le spalle.
<
Bella… scusa, non volevo farti male. > le sussurrai
mortificato.
<
No, no. Non è niente. Non mi hai fatto male. Non
è colpa tua. >
Con
gentilezza le posai la mano sulla spalla, costringendola dolcemente a
voltarsi.
Supina, mi fissava.
Mi
portai a cavalcioni su di lei senza sfiorarla, senza gravare con il mio
peso
sul suo corpo fragile.
Teneva
ora le braccia spalancate poggiate sul cuscino, sopra i capelli sparsi.
I suoi
occhi arrossati mi trasmettevano una tristezza che era per me dolorosa
da
sopportare. Il suo respiro era ostacolato da qualcosa che non riuscivo
a
cogliere. Nel suo sguardo avrei potuto perdermi.
Nel
dolore che vi scorgevo avrei potuto annegare.
Le
carezzai il viso.
<
Bella? >
Schivò
il mio sguardo voltando il capo. Non si muoveva.
Inerme
davanti a me, fissava un punto indefinito della stanza.
Il
suo seno si abbassava e alzava al ritmo del suo respiro accelerato,
invogliandomi ad accarezzarlo.
Quando
la vidi piangere lì, così indifesa, tutte le
barriere che avevo cercato di
impormi crollarono come sabbia trasportata da una marea.
Mi
chinai su di lei e le lambii le guance con le labbra, carpendole le
lacrime.
Il
suo ventre nudo sfiorava la mia camicia.
Non
potevo sopportare che la stoffa mi separasse dal suo calore e me ne
disfai.
Il
mio bacino scivolò sul suo finchè le nostre gambe
non entrarono in contatto.
Lei
non reagiva. Piangeva in silenzio, immobile. Una bambola di porcellana.
Scesi
a baciarle la clavicola, il collo…
<
Edward… > sussurrò con un filo di voce.
sperando,
contro ogni buonsenso, che mi chiedesse invece di continuare le chiesi:
<
vuoi che mi fermi? >
A
quelle mie parole sussultò poi, in silenzio,
portò le sue braccia dietro alla
mia schiena,tentando di stringermi a sé. Io
l’assecondai avvicinandomi. Il suo
seno, racchiuso nella stoffa nera del reggiseno, sfiorava la mia pelle
nuda.
<
No. Voglio che tu vada avanti. Per favore. >
Mi
scostai per fissarla negli occhi. Erano le parole che volevo sentirmi
dire ma,
allo stesso tempo, speravo non pronunciasse.
E
poi, ciò che mi disse contrastava così tanto con
la sua voce addolorata, con le
sue lacrime, che mi riusciva difficile assecondarla.
<
Bella, va tutto bene? >
Si
strinse a me, nascondendosi nell’incavo del mio collo e, in
questo modo,
sollevando il busto dal materasso. Il suo peso leggero gravava tutto
sulle sue
braccia incrociate dietro alle mie spalle.
Feci
scivolare le mie mani dietro alla sua schiena, che presi a carezzare
dolcemente.
<
Sì, ora che tu sei qui con me va tutto bene. > mi
sospirò ad un orecchio.
Le
mie dita trovarono il gancetto metallico. La sentii fremere mentre la
liberavo
da quell’indumento.
Avrei
dato tutto ciò che era in mio possesso per sapere cosa
pensasse in quel
frangente ma la sua mente era muta e dalle sue labbra non sfuggiva
neanche una
parola. Solo qualche lieve gemito che mi invogliava a continuare nel
massaggiare la sua pelle.
Intrecciò
le sue gambe alle mie, stringendosi ancora di più a me.
<
No, aspetta… > le sussurrai scendendo con le mani
lungo la sua schiena. Le
afferrai le ginocchia, allontanandole le gambe dalle mie.
Lei
si immobilizzò, come se l’avessero colpita.
<
No… no… non preoccuparti, non volevo fermarmi.
> la rassicurai prima di
salire con le mani sull’elastico dei suoi pantaloni.
Glieli
sfilai con un gesto fluido. La vidi, con la coda dell’occhio,
arrossire e
mordicchiarsi il labbro inferiore malcelando un sorriso imbarazzato.
Gli occhi
erano ancora lucidi.
<
Ora tocca ai tuoi pantaloni… > mi sussurrò
in imbarazzo.
<
C’è tua madre, di sotto. > le dissi
cercando di convincere più me che lei.
Non
potevo cadere nella tentazione più grande della mia vita.
Nel mio frutto
proibito.
<
Non mi importa. Non si sente niente, di sotto. Questa casa è
vecchia. Ha i muri
spessi. >
<
No. >
<
Come no? Non puoi lasciare me così e tu rimanertene con le
braghe… >
sussurrò con voce tremante di imbarazzo.
Non
so cosa mi passò per la testa in quegli istanti. Ero
totalmente e
incondizionatamente prigioniero dei suoi occhi. La mia mente non era in
grado
di elaborare pensieri coerenti.
<
Per favore… un attimo solo… > le sussurrai
posandole un dito sulle labbra
piene.
Dovevo
farlo. Dovevo sapere.
Infilai
la mano libera nella tasca dei pantaloni e ne estrassi il piccolo
gioiello
lucente. Lo tenni nel pugno della mano.
<
Ecco, ho fatto. > le sussurrai prima di riaccompagnare le sue
dita tremanti ai
miei pantaloni. Prima che cercassero di sbottonarli.
Entrambi
eravamo ormai seduti l’una dinanzi all’altra.
Ci
mise tanto di quel tempo che dubitai volesse slacciarli per davvero.
<
Scusami… sono così imbranata. >
Mi
chinai a baciarle i capelli e lei si fermò, poggiando il
capo sul mio petto.
Ma
perché piangeva ancora?
Le
presi con delicatezza le mani che ancora armeggiavano con i bottoni dei
miei
pantaloni.
Gliele
guidai sul mio petto. Mi disfai dello scomodo indumento e poi le
sfiorai il
volto.
<
Bella, devo chiederti una cosa importante. > le sussurrai
stringendola tra
le braccia. Le mano che racchiudeva l’anello era stretta in
un pugno sulla sua
schiena. Con la mano libera le contavo le vertebre. Il suo seno premeva
dolcemente sul mio petto.
<
Cosa vuoi sapere? >
La
sua voce era esitante e scossa dai tremori che le scuotevano il corpo.
Sembrava
fosse spaventata. Non riuscivo a resisterle ma, soprattutto, non potevo
sopportare l’idea di perderla di nuovo.
<
hai paura? >
Alzò
lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono.
<
Non più. Non ora. >
<
Mi dispiace così tanto… > le confessai e,
questa volta, mi credette. Poggiò
le sue mani calde sulle mie guance e, come se volesse consolarmi, mi
carezzò il
viso.
<
Perché? Perché sei dispiaciuto? >
<
Per così tante ragioni che non potrei neanche elencarle
tutte. >
Mi
baciò la fronte. < Non preoccuparti. Mentivo, quando
ti ho detto che non
posso perdonarti. >
Chiusi
gli occhi e confessai: < Sono io che non posso perdonare me
stesso… per
averti lasciata sola. >
Si
immobilizzò udendo le mie parole.
Mi
sedetti in ginocchio. Sentii le sue dita ricominciare ad accarezzarmi
le
palpebre.
<
Edward, ho esagerato, prima. Tu non hai nessun dovere nei miei
confronti. E non
è colpa tua. E poi, dopo tutto questo… non devi
credere di avere degli
“obblighi” nei miei confronti. Siamo adulti e
vaccinati. Emancipati… >
Socchiusi
le palpebre e la vidi. Teneva il capo chino. Era impallidita,
praticamente nuda
dinanzi a me… Nei suoi occhi intravidi un’ombra di
terrore e malinconia.
Con
la mano libera presi le sue e le guidai sul mio pugno ancora stretto.
<
Isabella… >
<
Sì? >
<
Ti chiedo di fidarti di me, anche se sono consapevole di non meritarmi
la tua
fede. >
<
Perché? >
<
Tu non sai quante bugie sono stato costretto a dirti. A quante volte
abbia
dovuto mentirti. Ma l’ho fatto solo per il tuo bene. E ogni
volta soffrivo.
Pativo le pene dell’inferno per ciò che ero
costretto a dirti. Ho cercato di
salvarti ma è stato tutto vano. >
Percepì
la mia frustrazione perché strinse le sue dita intorno alle
mie e guidò la mia
mano chiusa sul suo seno nudo.
<
Non posso rivelarti ancora la verità. Non so se
potrò mai. L’unica cosa che ti
chiedo è di avere fiducia in me.
Adesso,
ho una domanda importante da porti. Ti capirò se mi
risponderai di no e non ti
serberò alcun rancore. Non aver paura di rispondermi con
sincerità.
Nel
caso tu mi risponda in modo negativo, voglio che tu contini a pensare a
me come
ad un amico. Intesi? Non cambierà nulla. >
Nel
silenzio annuì lentamente, prendendo un profondo respiro.
Rilasciai
il pugno e lasciai scivolare il piccolo anello nelle sue mani.
Quando
si accorse di quel minuscolo cerchio freddo nel suo piccolo pugno
rilasciò le
dita e sul palmo della sua mano, solcato dalle ferite sanguinanti che
si era
procurata nell’ansia dell’incubo,
l’oggetto metallico rilucette.
Luccicava
nella luce soffusa della notte, riflettendo sui diamanti il risplendere
dei
suoi occhi.
<
Edward… > sussurrò con voce soffocata.
Alzò lo sguardo e vidi quanto fosse
spaventata.
Le
impedì di
proseguire baciandola.
Mi
separai dalle sue labbra solo per chiederle: < Isabella, vuoi
sposarmi? >
Mi
sentivo sciocco a porle quella domanda per la seconda volta. Ricordai
con un
misto di dolore e malinconia come, la prima volta entrambi non fossimo
seminudi.
In
agitazione Bella si cominciò a sistemare i capelli.
<
Ehi, va tutto bene. Non importa. Però, ti prego, tienilo tu,
l’anello… >
Scoppiò
a piangere e mi gettò le labbra al collo. I suoi singhiozzi
le scuotevano il
corpo facendo premere il suo seno sul mio corpo, suscitando in me i
desideri
disdicevoli che non riuscii a trattenere.
<
Sei un cretino! > mi urlò prima di cominciare a
tempestare il mio petto di
pugni.
Quella
notte non aveva fatto altro che piangere… questa volta
però il sorriso sulle
sue labbra era molto più marcato, sebbene malinconico.
<
Certo che voglio sposarti! Se tu solo… se tu
solo… sei un idiota! >
E
poi mi baciò con un tale slancio che per poco non caddi
all’indietro.
La
afferrai per i fianchi e lasciai che si sporgesse verso di me in una
posizione
poco pudica.
Smise
di baciarmi per nascondersi nelle mie braccia. Ero a dir poco euforico.
Nonostante
tutto, nonostante ciò che era avvenuto, il nostro legame non
era stato reciso.
Il mio più grande desiderio, quel sì che tanto
avevo desiderato, mi suonava più
dolce di qualsiasi nettare.
Rimanemmo
abbracciati, baciando l’uno la pelle dell’altra, a
lungo, senza ansia o fretta
alcuna.
Accarezzandola,
azzardai ad introdurre un argomento delicato e doloroso: <
Bella, quando
partirò non potrò portarti con me ma non
preoccuparti… >
<
Tu non vai a Syracuse, vero? >
<
Vero. Ma non posso dirti la verità e me ne dolgo.
È per la tua sicurezza. Un
giorno, forse, potrò finalmente raccontarti tutto. >
<
Sei in pericolo? > mi domandò accorata,
accarezzandomi il viso ansiosa.
<
No, ma voglio evitare che lo sia tu. È per questo che
è più sicuro che tu non
sappia, ancora… ma non posso più sopportare di
sapere che potresti stare con
qualcun altro all’infuori di me. Ti amo troppo e in modo
così intenso… non ho
mai smesso di amarti. >
<
Neanche io. >
Non
avrei voluto chiederle del suo ex ragazzo ma non riuscii a trattenermi.
Ero
troppo geloso.
<
Ma quel Jason… >
Pensai
di averla offesa e invece lei mi rispose: < Lui si che era un
idiota. Non
come te che lo sei solo per modo di dire. Lui proprio non capiva.
>
<
E allora perché? >
<
Edward…ero così sola. Lui era stato molto gentile
con me e io cercavo di
dimenticarti con tutta me stessa. Era troppo doloroso… ho
cercato di costruirmi
una vita ma… >
Si
stava torturando le mani. Glielo impedì prendendole tra le
mie.
<
Mi dispiace di averti costretta a cercare affetto presso chi non era
degno di
dartelo. >
Leggevo
la vergogna nei suoi lineamenti contratti.
<
Non preoccuparti. Non mi importa cosa sia successo tra voi. >
La
sua pelle assunse un vivido colorito rossastro.
<
Veramente, non è successo nulla. O per lo meno, non quello.
Ogni volta che ci
abbiamo provato io non riuscivo a rilassarmi. Mi sentivo male. Lui non
mi
faceva sentire come… > indugiò imbarazzata
poi riuscii a trovare il coraggio
per dire: < Come mi fai sentire tu.
L’ultima
volta mi ha fatto così male… era così
violento e brutale quando mi toccava… non
sono riuscita a resistere. L’ho costretto a fermarsi. Non me
la sentivo. >
La
voce le morì in gola. Le sue parole alleviarono il dolore
cocente della
gelosia. Non si era concessa a quel ragazzino perché lui non
la faceva sentire
come la facevo sentire io…
La
strinsi a me per non vedere le sue lacrime. Capii che comunque mi
nascondeva
qualcosa ma non volli indagare ulteriormente per non turbarla troppo.
<
Non preoccuparti. È tutto finito. > le cantilenai
cullandola tra le mie
braccia.
Quando
il suo respiro tornò normale le presi la mano.
<
Allora accetti? Desideri diventare mia moglie? > le domandai
emozionato.
Se
asciugò il viso e mi rivolse uno di quei sorrisi ai quali
non avevo mai saputo
resistere.
Era
così felice che sentii il mio cuore scaldarsi di gioia. Il
suo batteva
impazzito.
<
Sì. Sì… > e nei suoi occhi
lessi la felicità più profonda.
Le
infilai con delicatezza l’anello al dito.
Lei
lo osservò a lungo, muovendo le dita per esaminare le mille
sfaccettature del
diamante e poi mi abbracciò.
Imbarazzata,
pose termine al bacio e si portò la mano con
l’anello all’inguine,stringendo le
gambe.
Gliela
afferrai e gliela baciai assaporando le gocce dolciastre che le
imperlavano i
polpastrelli.
Nell’impeto
del mio amore lei si abbandonò alle lenzuola.
Il
suo cuore impazzito scandiva il ritmo dei miei movimenti.
Le
feci scorrere le dita sui suoi fianchi, sulle sue cosce, sulle sue
natiche. Le
sfiorai gli slip.
Ricordai
come quel moccioso avesse fatto lo stesso e di come lei, terrorizzata,
si fosse
ritratta.
Le
chiesi con tutta la dolcezza di cui ero capace: < Posso?
> e lei, invece
che rispondermi, guidò le mie mani sull’elastico
del piccolo indumento. Glielo
sfilai e poi le accarezzai quella parte proibita del suo corpo.
Ormai
mi ero spinto troppo oltre per tornare indietro.
Tutto
il mio bel piano, tutti i miei progetti erano ormai saltati.
Inutile
negare l’ovvietà dei fatti.
Le
avevo chiesto di condividere con me la vita e, invece che essere
pentito per i
rischi a cui l’avrei esposta, ero euforico. Mi amava. Mi
amava a tal punto da
sposarmi…
A
dirmi di sì, di nuovo.
come
potevo voltare le spalle al destino?
Percorsi
l’interno delle sue cosce con attenzione mentre sentivo,
dentro di me, crescere
l’esaltazione. Ero euforico perché la sentivo
così vicina.
A
ogni mio tocco un po’ più audace rispondeva
inarcandosi, gemendo, arrossendo.
Quando
le sue mani calde e tremanti sfiorarono i miei boxer fui io a gemere.
Le
sue mani inesperte mi aiutarono a disfarmi di quell’ormai
inutile e fastidioso
capo intimo.
Riavvicinati si sono riavvicinati.
Ma Edward ha solo una decina di giorni. Cosa farà? Come si
comporterà?
Bhe… lo
sto scrivendo
in questi momenti (invece di studiare l’arco di settimio
severo. Sono una
SCELLERATA!!!!!!!!!) a presto, credo subito prima o subito dopo
l’esame (che è il 23 giugno)
Tra l'altro, domani parto per Roma e
non avrò accesso a PC ed Internet quindi, se per caso non
dovessi rispondere a varie ed eventuali, non preoccupatevi, lo
farò appena torno (il 20)
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Nella speranza che il prossimo cap non mi venga censurato,
vi aspetto per la prossima puntata.