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Autore: Lilith82    19/06/2011    8 recensioni
Questa storia è stata "necessaria" per me. Necessaria da scrivere. Necessaria da condividere. E' la prima fan fiction che abbia mai scritto in vita mia. L'ho cominciata quasi due anni fa. Rileggerla ora, mi fa un certo effetto, lo ammetto. Ma la amo come il primo giorno! Ed anche se, probabilmente, farò delle piccole modifiche, la lascerò intatta il più possibile. E' il mio seguito di Breaking Dawn, necessario, appunto, perché non sapevo rassegnarmi alla fine della saga. E' la storia di Renesmee, di Jacob, di Edward e di tutti gli altri.
Spero vi piaccia. Fatemi sapere.
dal primo capitolo:
"Poi riuscii a muovere le dita di una mano, non che lo avessi voluto, ma quel piccolo movimento mi permise di riprendere contatto coi miei confini fisici, sentii le gambe sfiorate da gambe infuocate, sentii il petto vicino ad un altro torace, grande e ardente, sentii le guance tenute in due grandi mani brucianti, sentii le mie labbra contro le sue grandi labbra scure, come ghiaccio avvolto dal fuoco e capii:
Jacob Black mi stava baciando!"
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intact world'
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ok... so di essere imperdonabilmente in ritardo... ma la mia settimana è stata ASSOLUTAMENTE un delirio!
dunque, questo capitolo è ad alto tasso glicemico.
Mi rendo conto di quanto loro siano glicemici e melodrammatici e altamente suscettibili ai più piccoli cambiamenti, ma...
sono Cullen, per la miseria! ;-)
E poi, la parte Edward-Nessie è una delle mie preferite, sempre! <3
bene... partirò per le vacanze il 1°luglio, se tutto va bene, e starò via tre settimane. :_(
ma voglio lasciarvi ad un punto interessante... per questo, arriveremo fino al capitolo 7!
Voi, però, scrivetemi tantissime recensioni, pleaseeeeeeeeeeeeeeeeeeeee...
me glicemica, melodrammatica e teatrale! :_(
me Cullen-DOC! (se non s'era capito! ;-)
bene, come al solito, grazie a chi ha recensito, aggiunto tra le seguite o ricordate ed anche a chi ha solo sbirciato. <3 <3 <3
A presto
Lilla ;-)



CAPITOLO 4: RICONCILIAZIONE

Al mio risveglio, fui certa che il disastro della mia vita era completo: la dissoluzione delle mie certezze appariva chiaramente ai miei occhi!
Primo: non ero cresciuta, lo sapevo, ne ero certa. Provai a specchiarmi e la mia delusione raddoppiò: era tutto esattamente come lo avevo lasciato la sera prima, non ero più alta né più formosa, niente che mi permettesse di assomigliare ad una donna, né ad una vera donna e neppure ad una vera vampira, solo, un miscuglio imbarazzante.
Secondo: la pace familiare era rotta ed ero stata io ad infrangerla con un gesto che non aveva precedenti: scappare di casa. Certo... mi ero rifugiata dai nonni, nella stanza che loro tenevano solo per me, per le sere in cui avevo voglia di stare con loro o con gli zii, o per quelle sere in cui gli sguardi dei miei genitori erano più appiccicati del solito e allora qualcuno, prontamente, mi invitava a dormire lì. Questo, comunque, non modificava la sostanza del gesto, né attutiva la violenza del litigio con mio padre né della ferita che gli avevo inferto. Il peggio, però, era che proprio non riuscivo a comprenderlo, proprio non potevo non provare orrore e dolore per l’immagine di lui, ferocemente chino sulla più bella delle mie certezze: Jake.
E questo mi portò alla terza, terribile constatazione: Jacob Black non c’era! Non era al piano di sotto, né in giardino, non gironzolava in forma lupesca per i boschi, né mi aspettava in sella alla sua moto per portarmi a scuola, come tutte le mattine.

Sospirai e mi giunse un odore delizioso: croissant appena sfornati. Solo in una famiglia di vampiri insonni potevano essere servite brioche a colazione: brioche appena uscite dal forno dietro casa!
Erano riservate alle grandi occasioni e loro erano tutti di sotto, tutti lì per me.
In fondo, sono solo un adolescente mezzosangue e ingrata! pensai.
Mi vestii in fretta, presi un paio di jeans, una canotta e coprii il tutto con la mia felpa preferita, rosa chiaro. Non volevo pensare a loro che mi aspettavano, a mia madre, il suo fresco odore era incantevolmente mischiato a quello dei croissant; non volevo pensare a mio padre, al nostro incontro, cosa gli avrei detto? non ci DOVEVO pensare!
In un lampo, fui di sotto.
“Buongiorno, Renesmee!” fu quasi un coro unanime, un coro di campane. Fossi stata umana non mi sarei accorta che per una piccolissima frazione di secondo avevano esitato, fossi stata umana non mi sarei accorta che a loro non si era unita la voce più bella, quella di mio padre, incerto ma sorridente, in fondo alla grande sala.
“Ti ho preparato le brioche” disse una voce dolce accostandosi a lui.
Lo sguardo amorevole di nonna Esme era irresistibile, nessuno poteva essere sgarbato con lei!
Le sorrisi, rasserenandomi.
“Ehi... il mio contributo non vale niente, allora?!” la voce tonante di zio Emmett rieccheggiò nel salone. Tornava dal retro della casa, tutto infarinato. Il più bello e muscoloso dei fornai.
Scoppiai a ridere. “Grazie a tutti e due!” riuscì a dire.
“Bene, per me è ora di andare al lavoro” il nonno diede un bacio ad Esme ed uno a me sulla fronte.
“Ed io dovrò sistemare di là!” fece la nonna voltandosi verso il disastro che lo zio doveva essersi lasciato alle spalle.
“Ti diamo una mano” le disse Alice con voce cristallina trascinando, svelta, lo zio Jasper che quella mattina mi aveva osservato un po’ curioso, un po’ circospetto.
“Dai... andiamo a darti una ripulita!” esordì zia Rose scrollando della farina dalle enormi spalle del suo compagno.
“Davvero?!” chiese lui malizioso e andò via con lei verso il bosco.
Sentii un lievissimo imbarazzo a quell’ultimo siparietto.
“Bene” mia madre si schiarì la voce esitante “Vado anch’io” e così dicendo uscì cauta.

Ci avevano lasciati soli, proprio da Cullen!
Volevano darci modo di parlare, forse, glielo aveva chiesto mio padre, oppure il nostro primo vero litigio disorientava anche loro.
I nostri dissapori non erano mai riusciti  a resistere che pochi minuti e non solo perché tra noi non era mai successo nulla di tanto grave per cui tenere il broncio, soprattutto perché, il chiarimento era immediato. Le incomprensioni non esistevano tra me e lui nel senso che ci capivamo sempre al volo, quasi non fossero necessari né il suo talento di lettore di menti né la mia capacità di persuasione piuttosto spiccata.
Dunque, forse, non ero l’unica ad essere agitata per quell’incontro.
“Non l’unica di certo!” disse lui venendomi incontro a braccia aperte.
Si fermò a qualche passo da me: “Renesmee, io...”
“No, papà!” lo precedetti, non potevo resistere a quel suo viso così bello e triste, il mio angelo, non potevo vedere il mio angelo triste!
“Scusa, se sono andata via ieri sera” ma non potevo proprio restare! aggiunsi mentalmente.
“Renesmee” mi avvolse tra le sue braccia fredde.
No, non potevo davvero litigare con lui, però...
Gli poggiai una mano sulla guancia “Però, papà, non capisco...” e glielo mostrai: gli feci vedere il suo sguardo feroce fisso sul corpo supino di Jake: “Perché?!”
Distolse lo sguardo portandolo oltre le vetrate, verso l’orizzonte.
“Volevo solo proteggerti” disse, infine.
“Proteggermi?!” non potei trattenermi dall’esclamare.
Da Jacob? pensai tentando di mostrargli la lealtà e la costanza con cui mi era stato accanto in quegli anni.
Non me lo permise, mi spostò la mano con dolcezza.
“Renesmee...” cominciò.
...ma Jacob dov’è?!
L’urgenza nei miei pensieri lo interruppe.
Perché non c’era?!
Forse, non mi voleva più vedere? Forse, se ne era tornato a La Push? Forse, era andato..
“E’ venuto prima che tu ti svegliassi” spiegò.
“Ma allora?”
“L’ho mandato via” aggiunse guardandomi, insicuro della mia reazione.
Quasi soffocai. Cosa?! Perché?! Come hai potuto?! I miei pensieri incoerenti.
“Non può starti vicino se non sa controllarsi” ringhiò piano mio padre.
“Ma lui... lui non...” fu tutto ciò che riuscii a dire, i singhiozzi non mi permisero di proseguire.
“Renesmee” disse mesto mentre mi sorreggeva.
“Papà, papà ti prego! Io non posso stare senza di lui!”
Cercò nei miei occhi quanto vere fossero quelle parole e sospirò.
“Lui non... lui non lo farà più!”
Mi guardava perplesso.
Continuai cercando di sembrare convinta: “gli farò giurare, glielo farò promettere!”
Inarcò un sopracciglio.
Non infrangerebbe mai una promessa fatta a me, pensai. Ma ne ero sicura?
“Ti prego, lo devo vedere!” feci in modo che leggesse quanto profondo era quel bisogno.
Un’espressione indecifrabile gli attraversò il volto, quindi, lo volse di nuovo verso le finestre e disse: “Va bene. Farò in modo che sia davanti alla tua scuola alla fine delle lezioni, così potrete... parlare” mi sembrò di vedergli contrarre le mascelle.
“Allora, vuoi fare colazione?” la serenità sul suo viso mentre mi mostrava la tavola imbandita.
“Sicuro! Anche se non riuscirò mai a finire tutto da sola!”
“Beh... provaci perché noi non possiamo proprio aiutarti” disse mia madre che era rientrata senza che io me ne accorgessi.
Posò le mani sulle spalle di mio padre, sorridendo. Lui prese un gran respiro in risposta, confortato.
L’atmosfera sembrava ritornata alla normalità, alla nostra tranquilla normalità familiare.
Dentro di me, sperai che potesse durare.

Il viaggio in macchina con papà fu silenzioso ma sereno, sembrava avessimo chiarito come potevamo la situazione. D’altra parte, non era la prima volta che eccedeva vistosamente nella mia protezione personale, era solo la prima volta che lui e Jacob non si spalleggiavano in quella follia. Ed era anche la prima volta che considerare il pericolo a cui, secondo lui, ero esposta era terribilmente imbarazzante!
Scrollai le spalle, evitando di farmi assalire da altri scomodi pensieri. Lo notò ma non disse nulla.
Quando fummo davanti alla mia scuola fece un respiro profondo ed esordì dolce: “Renesmee, io... sto cercando di essere un buon padre!”
Era quasi insicuro, quasi. Sorrise, del suo sorriso sghembo, solo un’ombra di tristezza negli occhi.
“Il fatto è che è più difficile di quanto mi aspettassi!”
“Beh... papà, il fatto è che... non te la stai cavando male, dopotutto!” sorrisi anch’io, di certo non avevo il suo stesso imbattibile potere di fascinazione!
“Non sai quanto ti sbagli” disse lui, dolce e intenso, e mi baciò la fronte con le labbra fredde.
“Buona giornata”
“Buona giornata a te, papà”

  
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