Il mattino seguente Sasuke si svegliò indolenzito, ma improvvisamente calmo, come se la notte lo avesse avvolto con un alone di quiete, insolito per lui. Lentamente si vestì, infilandosi la solita tuta nera a collo alto unita a pantaloncini corti, maniche corte e ventaglio Uchiha ricamato dietro la schiena. Con la stessa calma uscì dalla stanza illuminata solo da una candela dalla luce tremolante, immettendosi in un lungo corridoio, dove sulle pareti si aprivano altre porte, alcune chiuse, altre aperte. Quel luogo era simile ad un immenso labirinto e gli unici rumori udibili erano costituito dall’eco dei passi del ragazzino e il crepitio delle fiamme alle pareti, per il resto il silenzio regnava sovrano.
Quando le parole giunsero alle sue orecchie, il neo mukenin ci mise qualche secondo a metabolizzare la frase, e subito un conato di vomito si impossessò del suo stomaco costringendolo a chiudere una mano sulla gola per trattenersi, non era ancora pronto ad uccidere a sangue freddo, ma avrebbe dovuto farlo per raggiungere Itachi.. Dopotutto Itachi non si è posto alcun problema quando ha sterminato ogni singola persona che potesse attivare lo sharingan.
A questo solo pensiero Sasuke scattò in avanti, sormontato da un odio troppo grande per essere in grado di arginare da solo. Senza pensare, concentrò il chakra sulla mano che venne circondata da un alone bianco e da essa partirono alcuni fulmini che producevano il rumore di centinaia di uccelli messi insieme. Colpì l’uomo al petto, trapassandoglielo per poi estrarre la mano dal corpo ormai morto che cadde a terra con un colpo sordo, inzuppando in poco tempo l’erba verde con il proprio sangue viscoso, più facile del previsto.