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Autore: Irine    29/06/2011    4 recensioni
La mia vita scorreva tranquilla, era semplice, normale, a volte anche un po’ noiosa, ma mi piaceva, mi lasciavo condurre da essa.
Finché non è arrivato lui. Quel ragazzo. Il ragazzo con gli occhi del mare, colui che mi ha fatto tornare indietro, in un mondo sconosciuto, nel quale avevo vissuto in passato.
Non ricordavo niente del mio passato, della mia vita prima di compiere sei anni.
Più cercavo di far luce su quel periodo, più la mia mente si confondeva.
Non avrei mai immaginato che fosse tanto cruento, tanto orribile.
Ma d’altronde, non avrei neanche mai immaginato che dopo dieci anni, il mio passato sarebbe tornato a cercarmi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi misi a sedere sul letto con molta fatica. Continuavo a ripensare a quella voce e a come il mio cuore l’avesse riconosciuta, e a come la mia mente si rifiutava di accettare quel riconoscimento. Non ero certa di aver udito quella voce con le mie orecchie, mi sembrava di averla sentita solo con la mia mente. Rabbrividii.  Apparteneva al mio passato, e questo bastò a farmi tremare di paura. Non ricordavo nulla della vita che avevo avuto prima di compiere sei anni, i miei genitori mi avevano sempre detto che da piccola avevano fatto un incidente molto grave che mi aveva fatto perdere la memoria; ma ogni volta che chiedevo qualche informazione in più, loro sviavano il discorso innervositi, cambiando argomento e chiedendomi se avessi già finito i compiti. Non avevo mai fatto domande su cosa fosse successo di preciso in quell’incidente, ma sapevo che c’era di più. Sapevo bene che i miei genitori mi stavano nascondendo qualcosa, che forse tutt’ora nascondevano. Dovevo saperne di più, sì avrei parlato con loro, probabilmente il sogno non significava nulla.
Guardai la sveglia, le cinque e mezzo. Perfetto! Non solo era troppo presto per svegliarsi, ma ormai era anche troppo tardi per riaddormentarsi! E ora che ci pensavo, tra meno di tre ore sarebbe avvenuta la mia carneficina. Sapendo che non sarei riuscita comunque a riaddormentarmi girai per la casa in cerca di qualcosa d’interessante da fare, ed entrai nello studio di papà. Mio padre aveva una marea di libri che non leggeva mai, li conservava nello studio molto gelosamente. Guardai la montagna di libri che mio padre non aveva ancora letto e che probabilmente non avrebbe mai neanche aperto, erano tutti nuovi, davvero non capivo perché li comprasse se poi li lasciava lì a marcire. Secondo la sua filosofia i libri nuovi lo ispiravano. Mah.
Era proibito entrare nel suo studio, io c’ero stata al massimo quattro o cinque volte, perché mio padre diceva che dopo gli mettevamo a giro le cose, che succedeva un casino e che poi toccava sempre a lui mettere tutto a posto. Era un po’ paranoico, lo sapevo.
In fondo, ero sollevata di non avere il permesso di entrare nel suo studio; ogni volta che entravo in quella strana stanza un’ondata di tristezza si abbatteva su di me, e mi perseguitava senza darmi tregua. Anche se non ci fosse stato il divieto da parte di mio padre, avrei cercato di evitare quel luogo il più possibile. Infatti non so perché ci entrai quella volta; ma i miei piedi si muovevano da soli, e non ascoltavano più ciò che il cervello gridava. Non volevo entrare lì dentro, ogni volta che lo facevo me ne pentivo all’istante. Sapevo che me ne sarei pentita anche quella volta.
E infatti fu così. Ma quella volta fu diverso. Fu diverso perché avvertivo intorno a me un pericolo, che mi attendeva. Un pericolo che mi aveva atteso per tanto tempo.
Una sensazione di gelo pungente si riversò sulla mia pelle, mettendomi i brividi; sentii il freddo su tutto il corpo, finché non arrivò dritto al cuore, tramutandosi in un dolore acuto. Cominciai a tremare. Mi inginocchiai a terra, e mi presi la testa tra le ginocchia, nel tentativo di calmarmi.
Il dolore continuava a persistere, era talmente forte da farmi male, talmente forte da desiderare di non essere mai entrata nello studio; ma nonostante questo dolore acuto che mi trafiggeva, non riuscivo ad alzarmi e ad uscire da quella stanza. Sentivo una sorta di legame con quel luogo, che non avevo mai sentito prima, che non avevo mai provato. Non capivo da cosa fosse scaturito questo legame, né da cosa fosse provocato il dolore che ogni volta mi avvolgeva. Era più intenso delle altre volte, molto più intenso. Percepivo la mia stessa tristezza come una minaccia, la sentivo stringere il mio cuore in una morsa, e non sembrava essere intenzionata a liberarlo. Ma più il dolore cresceva, più il legame con quello strano studio aumentava.
Alla fine la morsa intorno al cuore mi liberò dalla sua presa, e mi lasciò andare; ma si lasciò dietro una scia di emozioni contrastanti. Tristezza e felicità. Gioia e dolore. Sollievo e rimpianto.
Cosa mi era successo? Non capivo. Come poteva una comune stanza farmi provare delle emozioni così contrastanti? Una stanza poi! Neanche fosse una persona.
In quel momento notai una scritta sul muro in fondo alla stanza, che non avevo mai visto prima. Mi avvicinai.
“ Torna indietro” – c’era scritto.Tornare indietro, dove?  E perché non l’avevo mai notata prima d’ora?
Non potevo sapere che non avevo mai notato quella scritta, per il semplice fatto che non c’era mai stata.
Avvicinai la mano per sfiorare quella scritta, che prese inaspettatamente a brillare. Bloccai la mano. La ragione mi gridava di scappare, ma il mio istinto era desideroso di sfiorare quella scritta. La guardavo brillare, ipnotizzata.
Alla fine vinse la ragione, ritrassi la mano e la scritta smise di brillare. Ero scioccata.
Cercai di trovare il lume della ragione, e di convincermi che avevo avuto un’allucinazione. Soltanto un’allucinazione.
Presi un libro a caso e cominciai a sfogliarlo. Adoravo i libri, mi mettevano a mio agio, e sentire il fruscio della pagina e il foglio sottile sotto le mie dita, mi dava sicurezza e calma. Guardai il libro che avevo preso: “Persuasione” di Jane Austen. Che ci faceva qui questo libro? Non era di mio padre, ma di mia madre. Lei adorava Jane Austen, aveva letto tutti i suoi libri. Peccato che aveva letto solo quelli, e nessun altro libro. Quando mia madre leggeva un qualsiasi libro, la cui autrice era Jane Austen, si concentrava al massimo su quel libro, e non staccava mai gli occhi. Era vietatissimo disturbarla mentre era immersa nella lettura, ma anche se l’avessi fatto, non si sarebbe neanche accorta che qualcuno le stava rivolgendo la parola. Peccato che per il resto non amasse leggere. Non aveva alcun minimo interesse per la lettura, la considerava un’inutile perdita di tempo, al contrario di me. Leggere un libro, per me era un’esperienza fantastica. Era l’unica cosa che riusciva ad allontanarmi dalla realtà, che mi trasportava in un nuovo mondo; mi rendeva felice, a prescindere dal fatto che il libro mi piacesse o no.  Questo era il principale motivo di attrito tra mia madre e me. Lei non mi capiva. E a dire il vero nessuno della mia famiglia riusciva a capirmi. Né mio padre, né mia sorella avevano mai avuto una passione particolare come la mia, per i libri; questa cosa spesso mi faceva sentire sola. Ultimamente la cosa succedeva abbastanza spesso. Da qualche mese cominciavo a sentire un sentimento di distacco verso le persone che mi circondavano. Talvolta anche un sentimento di avversione. Ma si trattava di un istante, poi quella strana sensazione spariva, veloce come era arrivata, tanto che ogni volta non riuscivo a capire da cosa era stata scaturita.
 Continuai a sfogliare il libro che avevo in mano, ma distrattamente mi tagliai un dito, da cui uscì una minuscola goccia di sangue. La goccia colò sul libro, sporcandolo di rosso.
Merda. Se mia madre l’avesse saputo mi avrebbe ucciso, e non stavo scherzando. Mi alzai in fretta, corsi in cucina e cercai in fretta e furia un fazzoletto o un qualsiasi altro pezzo di carta, per pulire la pagina del libro. Mi accontentai di un pezzo di scotex, strappato alla rinfusa, e volai verso lo studio. Dovevo asciugare il libro prima che il sangue impregnasse la pagina.
Mi precipitai verso il punto in cui avevo lasciato il libro di mia madre; ma quello che vidi non fu certo quello che mi aspettavo. Quello che vidi fu ben altro.
Vidi qualcosa che mi lasciò senza parole. Vidi quello che sarebbe stato il segno, che avrebbe dovuto avvisarmi.
L’inizio del ritorno al passato.
Mi chinai e presi ciò che restava del libro tra le mani, lo feci scorrere tra le dita, per essere sicura che non fosse un’allucinazione.
 
Adesso, al posto del libro c’era soltanto un mucchio di cenere.
 
Rimasi scioccata. Se non avessi visto con i miei occhi la cenere che avevo tra le mani, non ci avrei mai creduto, e anche ora che la vedevo non ci credevo lo stesso. Come? Cosa? Era impossibile. Forse stavo sognando. Mi pizzicai il braccio. Ahia, no decisamente non stavo sognando. Oppure forse stavo davvero avendo una serie di allucinazioni. In quel mentre mi accorsi di una cosa: la ferita sul mio dito si era rimarginata, adesso era visibile solo un taglio rosa che stava svanendo a sua volta. Non potevo crederci. Stavo diventando matta! Dovevo farmi curare. Le mie ferite, anche le più piccole, ci mettevano settimane per guarire. Questa cosa non aveva senso. Sentii un rumore, mio padre e mia madre si erano svegliati. Non sapevo chi di loro due fosse peggio da affrontare: mio padre, arrabbiato perché non avevo rispettato il divieto, o mia madre, che mi avrebbe trovato con un mucchio di cenere in mano, che rappresentavano i resti del suo libro preferito. Forse era peggio mia madre . . . come gli avrei spiegato quello che era successo? Non potevo. Come avrei potuto, se neanche io sapevo quello che era successo? Non riflettei molto sulla cosa, l’importante adesso era uscire dallo studio il più in fretta possibile. Accostai leggermente la porta della stanza, cercando di non fare rumore e corsi velocemente in camera. Erano le sei. Ed io ero ancora più spaventata di prima.
Ma che stava succedendo? Era stata davvero tutta un’allucinazione? Eppure sembrava così reale! Perché il libro si era bruciato? Perché? Non riuscivo a trovare una spiegazione, nonostante desiderassi averla al più presto.
Poi mi venne in mente un dettaglio, che finora non avevo considerato, o almeno non lo avevo considerato rilevante.
Il mio sangue.
Prima che il libro bruciasse, il mio sangue c’era colato sopra . .
.  
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio Serew, Nedynadietta, Francesca_90 e Lady Greece per aver recensito e per aver messo la storia tra le seguite o le preferite. Ringrazio anche tutti quelli che hanno visitato la storia senza recensire. Per favore recensite, così mi dite cosa ne pensate!!!
  
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