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Autore: Douglas    30/06/2011    1 recensioni
In una coppa posta nella stanza dei trofei di Hogwarts, viene ritrovato un diario scritto da una studentessa vissuta molti anni prima che racconta la vita di una sua coetanea coraggiosa e determinata che affrontò l'odio, l'amore, i pregiudizio e i pericoli sempre a testa alta...
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George, e, Fred, Weasley, Il, trio, protagonista, Minerva, McGranitt, Nuovo, personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti, sono Douglas e inanzitutto voglio scusarmi per, come diceva la mia profe  di italiano, non un errore ma un ORRORE da film Horror infatti Minerva non è la moglie di Zues!!!

e per questo voglio ringraziare di cuore la lettrice che l'ha notato... perdonatemi!

 

A testa alta

 

George e Fred Weasley erano troppo sconvolti dalla notizia per non condividerla con qualche buon vecchio amico Grifondoro.

Così, terminata la loro estenuante punizione con addirittura un’ ora d’anticipo ed evitando di incrociare lo sguardo austero della McGrannit per non scoppiarle a ridere in faccia, si precipitarono nella sala comune della loro Casa e si guardarono ansiosamente intorno in cerca di qualche volenteroso disposto ad ascoltarli.

Fortunatamente trovarono soltanto il Trio più famoso e conosciuto dell’intero Mondo Magico: Ron Weasley: l’attuale portiere della nazionale inglese di Quidditch e fratello dei due gemelli, Hermione Granger: fondatrice dell’organizzazione internazionale per la difesa dei Folletti e la punta di diamante di questo straordinario agglomerato di menti geniali e astute: il grandissimo e inimitabile Harry Potter,  capo degli Auror ed ex candidato alla carica di Ministro della Magia che rifiutò per trascorrere la sua vecchiaia nell’antica scuola di stregoneria di Hogwarts come Insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.

A quell’epoca, però, Harry Potter non era altro che uno smilzo ragazzino che portava occhiali tondi spessi come il fondo di una bottiglia e che si meravigliava ancora della aura misteriosa che sprigionava la scuola ad ogni suo ritorno dalla prigionia estiva tra i babbani.

 

Quella sera, per i tre amici, era una sera come tante altre: Harry e Ron avevano cominciato uno dei loro interminabili tornei di Scacchi Magici ed anche Hermione aveva deciso di affrontare qualcosa di veramente interminabile: la lettura del manuale sulle piante magiche e i loro effetti prestatole dal suo amico Neville Paciock.

Immaginatevi, cari lettori, la sorpresa di quei tre nel vedere i gemelli Weasley vistosamente trafelati e scarmigliati corrergli incontro con aria disperatamente ansiosa.

– Harry! Ron! Hermione!- li chiamarono i due gemelli distraendo i tre dai loro rispettivi passatempi – Avete appena lottato contro un Ippogriffo, voi due?- esclamò il fratello scoppiando in una fragorosa risata – Molto divertente Ronnie caro, se non fossimo così sconvolti probabilmente avresti un incontro ravvicinato con il bagno delle ragazze… Mirtilla Malcontenta sente ancora la tua mancanza- disse George rivolgendosi con tono minaccioso al fratello minore – e io potrei accidentalmente diffondere la vostra foto dello scorso Natale, quando siete stretti alla mamma con quei due ridicoli maglioni babbani che vi ha regalato papà- esclamò quello puntando un dito prima verso uno poi verso l’altro – se non sbaglio in quella foto c’eri anche tu abbracciato alla mammina- lo canzonò Fred facendo tacere immediatamente la sua risata lievemente isterica.

Come di consueto, toccò ad Hermione fargli smettere di litigare – Ehi, ma voi due non eravate sconvolti per qualcosa?- domandò ai due gemelli riportandoli alla realtà – se Ronnie rimanesse zitto per almeno qualche secondo, forse potremmo riuscire a spiegarvi di cosa si tratta- esclamò Fred scrutando malamente i fratello minore che, incrociando le braccia contro il petto, si sedette impettito su una delle comode poltrone rosso sangue della sala Comune.

-Molto meglio- esclamò Fred facendo apparire un sorrisetto soddisfatto sul volto – Per prima cosa voglio farvi una domanda, tanto per creare la giusta suspence tipica di quei film babbani dove muoiono tutti che piacciono tanto a papà. Scusate, sto divagando! allora… Qual è la cosa più sconvolgente che avete mai letto?- chiese Fred sdraiandosi comodamente sul tappeto intessuto con fili dalle sfumature rosso- dorate.

Harry ed Hermione li scrutarono con aria confusa.

- Ma che razza di domanda era quella?- si chiesero mentalmente entrambi senza che nessuno uno dei due avesse il coraggio di porgergliela. Ron, d’altro canto, ebbe subito la risposta pronta – Il mio certificato di nascita che attesta che sono fratello di due sciroccati come voi due…- esclamò con tono scorbutico.

In tutta risposta, Fred e George lo ignorarono facendolo arrabbiare ulteriormente tanto da rivolgere la schiena non solo verso i suoi due fratelli maggiori ma anche verso i suoi due migliori amici.

Harry, a quel punto, per evitare di deludere i due gemelli, pensò sinceramente ad una risposta convincente e stranamente la trovò in un attimo – Beh, credo che la lettera che ha sconvolto totalmente la mia vita sia quella ammissione ad Hogwarts – esclamò il ragazzo facendo illuminare gli sguardi dei due ragazzi – finalmente, grazie a Dio qualcuno che dice qualcosa di sensato.

Pensavo che Hermione ci arrivasse prima di te ma credo che la so-tutto-io stia perdendo colpi - esclamò George rivolgendosi a una Hermione che sfoggiava la stessa espressione di quando qualcun altro che non fosse lei rispondeva in modo esatto ad una domanda posta da un professore.

- Questa pomeriggio, mentre pulivamo con tutto il nostro impegno quelle migliaia di coppe tagliandoci persino le dita dalla passione con cui lo facevamo, abbiamo trovato qualcosa di assolutamente sconvolgente… Rullo di tamburi, prego!- esclamò George rivolgendosi al suo gemello che fingeva di impugnare due bacchette da batterista e produceva con la bocca un rumore simile a quello di tamburi.

Il Trio della meraviglie al completo, attirato da quella strana presentazione e incuriosito da comportamento dei gemelli, rivolse uno sguardo trepidante verso George che teneva le mani dietro alla schiena impedendo ai tre di vedere cosa quei due sciroccati, come definiva Ron, nascondevano. Improvvisamente, quando il suono di tamburi si fece abbastanza rumoroso da attirare una piccola folla di Grifondoro, George mostrò il libretto che aveva trovato nella coppa appartenuta alla brufolosa Marion Swanson. Le piccole lettere luccicanti brillarono mestamente alla luce del focolare facendo accendere di curiosità gli sguardi di quegli spettatori improvvisati.

–Che cos’è?- domandò finalmente Neville Paciock dopo che tutti si erano scambiati sguardi incuriositi – è un diario- esclamarono all’unisono i gemelli, soddisfatti di tutte quelle attenzioni rivolte alle loro scoperta.

Al Trio, infatti, si erano aggiunti altri storici personaggi come l’unica Weasley donna della loro interminabile cucciolata ossia Ginny Weasley, il futuro professore di Erbologia Neville Paciock e la strampalata Luna Lovegood fondatrice originaria del Cavillo.

– Un diario? Sapete che non mi piacciono i diari… sono inquietanti- esclamò Ginny rabbrividendo nel ricordare la sua oscura esperienza passata – stai tranquilla Ginny, non è incantato. È un semplice libretto come tanti altri. Non vi incuriosisce chi possa averlo scritto?- domandò Fred tentando di mantenere la calma. Aveva voglia di vuotare il sacco e di vedere le loro facce quando avrebbero scoperto chi fosse il proprietario o meglio la proprietaria… e che proprietaria!

-Minerva McGrannit- esclamò tranquillamente Hermione, l’unica non assalita da quella specie di frenesia collettiva. Tutti si voltarono verso di lei mostrandole espressioni stupite e quasi inebetite.

Fred e George si sentirono subito un po’ infastiditi perchè avrebbero voluto rivelare solo loro, alla fine di una qualche accesa disputa, il vero proprietario di quello strano diario.

–E tu come fai a saperlo?- domandò Fred cercando di limitare la rabbia da quella domanda ma con scarsi risultati.

–Ho tirato ad indovinare. Ho visto quanto il libro fosse vecchio e mi sono detta che non poteva essere di uno studente della nostra epoca, poi ho riflettuto sul titolo e mi è venuto in mente che Minerva era il nome della  figlia di Giove e che l’autrice è una certa MiMì: Minerva McGrannit- spiegò attirando su di se ancora più sguardi.

–Wow Hermione non è un caso che tu sia la più brillante dell’intera scuola. Peccato che Fred e George si sentano un po’ messi in disparte dalla tua deduzione- esclamò una voce proveniente da dietro un buffo giornale dalle tonalità sgargianti… Quella doveva essere un’altra della scomode verità raccontate da Luna Lovegood, trascinata lì dentro dalla sua amica Ginny.

Dopo qualche attimo di silenzio snervante, i due gemelli decisero di attirare nuovamente la attenzione su di loro aprendo la prima pagina e leggendo le prime cinque parole che li avevano stupiti l’ora precedente.

Sentendo quello strano brusio aleggiare nella sala comune, altri studenti appartenenti alla squadra di Quidditch si aggiunsero al gruppo con i capelli ancora umidi per le docce post- allenamento.

In pochi secondi, infatti, era insorta l’accesa discussione fra tutti i presenti su chi avesse veramente scritto quel diario della discordia: secondo molti quel diario poteva essere uno scherzo di qualche studente più grande che poi era stato abilmente nascosto lì per essere trovato dai due gemelli.

Magari erano stati proprio quei luridi Serpeverde a crearlo…

-Impossibile, nessuno sapeva della punizione a meno che non sia stato Gaz..- ma la frase di Neville Paciock fu interrotta da un ululato improvviso proveniente dalla bocca di Fred Weasley che aveva appena ingerito una caramella “Animo da animale”.

-Finalmente… Grazie Fred- esclamò l’altro gemello quando tutte le voci si furono zittite – io propongo di continuare a leggere e di discutere più tardi su questi dettagli… sto morendo dalla curiosità- esclamò spalancando di nuovo la prima pagina.

Ma, prima di posare gli occhi su quella pagina tanto bramata, un incantesimo d’appello fu scagliato dalla bacchetta ancora sollevata di Hermione Granger che fece roteare il diario in aria fino a cadere dritto dritto fra le mani della ragazza.

– Credo che non sia una buona idea: dovremmo consegnarlo alla McGrannit. Un diario è una cosa molto personale- esclamò la ragazza girandoselo fra le mani con fare incerto e allo stesso tempo incuriosito –  Hermione si vede lontano un miglio che tu muori dalla voglia di leggerlo… La McGrannit è il tuo idolo!- esclamò Ron capendo al volo le intenzioni della sua migliore amica.

–Questo non significa che, anche se io lo desideri, sia una cosa giusta da fare… voglio dire, stiamo parlando della vita privata di una ragazzina innocente. Ginny, almeno tu sai cosa si prova!- esclamò la ragazza rivolta all’amica.

Ginny corrugò la fronte ed esclamò – Forse Hermione ha ragione- . Quelle parole,però, furono sotterrate da una marea di voci insoddisfatte che si fecero largo per la sala comune ormai brulicante di marmocchi primini e persino di qualche studente dell’ultimo anno.

–Io ho un idea- esclamò improvvisamente Harry catalizzando l’attenzione su di sé – e se fosse Hermione a leggerlo! Potrai controllare quali parti reputi troppo private per leggerle a noi e potrai  anche saltarle. Sei la più sveglia, quindi capirai immediatamente se questo diario sia una bufala o se è proprio il diario della McGrannit, prima di chiunque presente in questa sala- spiegò saggiamente il ragazzo.

Tutti i Grifondoro, incluse Ginny ed Hermione, approvarono l’ idea di Harry e, disponendosi a gambe incrociate attorno alla poltrona su cui era seduta la ragazza, aspettarono in trepidante attesa la loro storia, come un ammasso di bambinoni quindicenni o ultraquindicenni che aspettavano la loro favola della buona notte raccontato da nonna Hermione.

La ragazza si schiarì la voce poi, aprendo la prima pagina fragile e ingiallita lesse mentalmente il primo capitolo di quello che non sembrava essere esattamente un vero e proprio diario ma più un romanzo a capitoli sulla vita due ragazzine e poi si decise a raccontarlo anche agli altri…

 

I.

- BAMBOCCIOSA BANDA DI BABBUINI BALBETTANTI!- queste furono le prime parole che la mia migliore amica mi rivolse. Certamente non erano delle parole molto cortesi da rivolgere ad una sua coetanea appena conosciuta ma se si pensa che Minerva le pronunciò proprio mentre correva per la banchina sovraffollata da genitori e parenti vari del binario nove e tre quarti trascinando dietro di sé un grosso carrello, sul quale sostavano un pesante baule e una gabbia di un gatto che miagolava indispettito, si poteva anche comprendere la furia che sprizzava ogni singola B di quella stramba frase. Stramba come era la persona che la pronunciò.

– Dite al macchinista di fermare questo diavolo di treno!- disse a me e tutti i ragazzi che, ancora sporti dal finestrino del treno rosso, salutavano i loro cari ignorando quella voce tanto potente da risultare fuori dal comune, troppo potente per una bambina di soli undici anni.

– Non si può- le urlai finalmente dopo aver preso un po’ di coraggio  visto che gli altri studenti avevano già chiuso i loro finestrini e pensavano ai fatti loro – non si fermerà fino ad Hogwarts!- le urlai sbracciandomi a più non posso per farmi capire.

Lo sbuffare del treno, però, comprì la mia voce già debole di per se e fu allora che mi accorsi che il treno stava prendendo velocità lasciandosi dietro di sé quella sfortunata ragazza.

Improvvisamente, mossa da un moto di compassione per lei, serrai il finestrino e mi lanciai in una corsa disperata per il corridoio ingombro di carrelli beccandomi diversi spigoli di bauli sugli stinchi e numerosi insulti che evito di trascrivere per l’oscenità del contenuto. Alla fine arrivai finalmente alla porticina di legno dell’ultimo vagone del treno e la spalancai.

– Che stai facendo?- esclamò la voce arrabbiatissima di un Prefetto alle mie spalle che era sbucato da una cabina. Fortunatamente era troppo lontano per bloccarmi.

All’esterno, come avevo previsto dal suo sguardo acceso e testardo, la ragazza correva gridando come una pazza. La banchina stava per finire e presto non sarebbe più potuta salire.

-Salta!- le urlai esprimendo a voce l’unica soluzione possibile che mi era passata per la mente, quella mi squadrò con uno sguardo misto di gratitudine e disperazione – prendimi ,mi raccomando!- esclamò lei inaspettatamente.           

 Si era ciecamente fidata di me, una ragazza che conosceva da sola qualche secondo e, senza aver paura, si era addirittura fermata per prendere la rincorsa e per poi saltare.

Un salto che oltre a essere altissimo fu pieno di grazia e di portamento, quasi quanto quello di una gazzella che si lanciava per la savana sterminata.

Di quel sorprendente talento, però, me ne accorsi solo successivamente poiché in quel momento ero concentrata a salvarle la vita, come diceva lei, o semplicemente a trascinarla con me nel corridoio cadendo sulla moquette rossa.                                                                                                                                                                                                                                                       Gli attimi successivi sono ancora confusi nella mia mente, ricordo soltanto il dolore lancinante della mia testa che si scontrava contro il suolo duro, le voci dei prefetti che gridavano e infine l’esplosione.

BOOM!!!

Una bomba nucleare forse avrebbe prodotto meno rumore di quella strana esplosione e per qualche attimo crebbi che il treno fosse deragliato andandosi a impiastrare contro qualche albero ma quando riaprii gli occhi non vidi altro che migliaia di sguardi curiosi che mi trafiggevano infierendo gravi colpi alla mia autostima.

Cercai di non pensarci osservando la ragazza ancora stretta a me che, al contrario della sottoscritta, si guardava attorno con aria sicura e quasi sollevata.

–Stai bene?- mi chiese improvvisamente incrociando il mio sguardo ed io riuscii solo a pronunciare un debole sì.

 Improvvisamente una strana tosse ci sorprese entrambe e guardammo nella direzione opposta alla porticina che sembrava essere stata definitivamente chiusa.

Un ragazzo moro disteso a terra si risollevava a fatica dal pavimento polveroso tossendo come un forsennato e spingendo via dal suo torace una strana gabbia di ferro miagolante.

–Adrian! Tutto bene?- esclamarono all’unisono la ritardataria e una seconda ragazza molto alta e imponente rivolte però una alla gabbia e l’altra al ragazzo moro che riconobbe come un Prefetto quando vide brillare la spilla sul suo petto.

–Che diavolo è successo qui? Chi è stato a usare una magia?- esclamò il Prefetto rialzandosi barcollante e rivolgendoci uno sguardo fiammeggiante da incubo che mi bloccò totalmente le corde vocali, ero troppo fifona per rispondere ad uno sguardo del genere.

–Diamine! I miei vestiti!- esclamò invece la ritardataria osservando i suoi vestiti sparsi per tutto il corridoio affollato da curiosi e il ragazzo si concentrò su di lei, infuriato forse anche dal suo totale disinteresse.

–Ragazzina! Sei stata tu a usare la magia?- disse il ragazzo fermando la sua frenetica raccolta di vestiti e calpestandole volutamente una camicetta azzurra. La ragazzina, come la chiamò quella volta il Prefetto, lo osservò con uno sguardo truce.

–Ehi, dittatore quella camicetta mi è costata ben venti galeoni!- esclamò quella sfilando con forza la camicetta da sotto il suo piede e facendolo barcollare.

Il Prefetto strinse i pugni, digrignò i denti e levò più in alto la bacchetta che teneva ancora in mano-RISPONDIMI O TI FARÒ SOSPENDERE!- ordinò quello urlandole in faccia – non sono stata io! È stata la mia elfa domestica. È risaputo che la magia elfica è più potente di quella magica- esclamò quella sfoggiando improvvisamente un tono serio e austero.

Fu il ragazzo quella volta a non ascoltarla  poiché rivolse uno sguardo atterrito alla sua bacchetta, o meglio quello che ne rimaneva… probabilmente l’impatto con la gabbia del gatto aveva fatto spezzare in due la bacchetta di quel sadico Prefetto.

– La mia bacchetta! È rotta! Tu e quello stupido gattaccio me la pagherete…- esclamò quello strepitando e dibattendo i pugni come un pazzo – Lascia stare Adrian o giuro che me la pagherai, anche se tu fossi il Preside in persona- urlò lei estraendo a sua volta la bacchetta e puntandola verso il naso lievemente schiacciato del Prefetto.

–Adrian? QUEL GATTACCIO NON PUÒ CHIAMARSI ADRIAN!!!- urlò furioso più che mai attirando l’attenzione persino della signora del carrello dei dolciumi.

La ragazza dietro di lui, un'altra prefetta visto la stessa spilla che luccicava sulla divisa nera, lo trattenne per un braccio – Smettila di fare il bambino! Stai spaventando tutti qui dentro! Ora le porto in uno scompartimento e alla fine del viaggio ne parleremo con il Preside- le sussurrò lei all’orecchio non sfuggendo però al mio orecchio attento.

Lui, dopo aver preso un respiro profondo, scoccò un occhiataccia di puro odio verso la mia compagna e poi si voltò sfrecciando inviperito fra i curiosi che si erano accerchiati e poi sparì alla nostra vista.

 

La Prefetta, dopo che lo vide sparire, ci rivolse un sorrisetto divertito trattenendo a lungo lo sguardo sull’ altra ragazza che ormai aveva raccolto tutto il contenuto della valigia e aveva preso con sé la gabbia.

– Ehi, non c’è niente da vedere qui! Tornate tutti dentro!- esclamò quella rivolta a tutti i curiosi che lentamente tornarono ai loro scompartimenti.

Non preoccupatevi per Olivander… è sempre il solito scorbutico!- esclamò facendo l’occhiolino ad entrambe  e tralasciando volutamente il nome dello sclerotico prefetto.

– Ho io lo scompartimento giusto per voi!- disse infine girandosi e camminando a passo spedito per il corridoio buio del treno. Alla fine, la vedemmo aprire uno dei primi scompartimenti di quell’ultimo vagone.

Ci stava invitando ad entrare.

Facendomi coraggio, aiutai la mia compagna di sventure a trasportare la gabbia di un gatto piuttosto mingherlino e fragile dal pelo grigio scuro e poi, scambiandoci un occhiata speranzosa per incoraggiarci a vicenda entrammo nello scompartimento indicato.

Seduti lì dentro, c’erano due ragazzi che erano l’uno l’opposto dell’altro.

Il primo, quello che sembrava essere il più grande fra i due, era un ragazzo altissimo e dal fisico prestante, con i capelli bruni sul quale si stagliava un'unica ciocca biondo grano e, pur essendo molto alto, dimostrava portamento quasi principesco anche stando piegato sopra un librone voluminoso.

Il secondo, invece, era uno scricciolo: talmente gracile che un soffio di vento avrebbe sicuramente potuto spezzarlo in due e che, al contrario del primo, non stava fermo un attimo continuando ad soffermare lo sguardo prima sul paesaggio, poi sul suo compagno di viaggio e poi sulla porta d’entrata. Davvero snervante!

–Buon divertimento!- ci disse infine la ragazza con un tono fastidiosamente sarcastico prima di scompigliare amichevolmente i capelli allo bambinetto che non sembrò gradire quello slancio d’affetto.

Entrambi però, quando entrammo, ci rivolsero la stessa espressione incuriosita.

Probabilmente era dovuta alla scenetta affrontata da qualche attimo con quei due Prefetti rompiscatole. -Proprio quello che mi serve, della notorietà!- pensai stampandomi sul viso un aria funerea.

Nei minuti successivi, rimasero entrambi zitti e muti guardando fuori dal finestrino con aria annoiata le case e gli alberi sfrecciare all’indietro, come se fossero immersi entrambi in uno stato catatonico.

–Grazie!- esclamò improvvisamente una voce al mio fianco e solo allora mi accorsi che si trattava della voce ritardataria, così stranamente alta anche quando sussurrava.

Mi sorrideva con un sorriso fantasticamente gioioso.

Talmente gioioso che la sua luce mi fece sentire addirittura serena ed appagata, o forse mi sentivo così perché era la prima persona che mi rivolgeva la parola senza farlo in modo vagamente annoiato.

– Di nulla- risposi semplicemente dimostrando a tutti lì dentro la mia stupida vocazione per discorsi brevi e prettamente informativi – Come ti chiami?- domandò quella risparmiandomi la grossa fatica di intavolare un discorso convincente – Millicent- esclamai semplicemente.

– Bene Millicent, io mi chiamo Minerva. Perdona la mia curiosità ma mi stavo chiedendo come mai non hai con te il tuo baule- mi disse cogliendomi di sorpresa e io trasalii a disagio evitando di incrociare gli sguardi degli altri due che sembravano ascoltare la nostra conversazione.

– L’ho dimenticato nell’altro scompartimento. Vado a prenderlo!- dissi alzandomi improvvisamente e attirando ancora l’attenzione degli altri due studenti inclusa quella del ragazzo attraente. Questo mi provocò una momentanea paralesi che mi bloccò li come una stupida.

–Millicent!- mi chiamò di nuovo Minerva con un tono dolce e quasi supplichevole e mi girai ad osservarla incuriosita – tornerai ancora qui dopo?- mi chiese cautamente rivolgendomi uno sguardo supplichevole con quegli occhi blu affilati come quelli di un gatto.

Mi sentii subito meglio.

Fino a qualche giorno prima mi ero abituata alla quasi totale certezza che non avrei mai potuto avere degli amici in quella scuola ed ora mi ritrovavo con una ragazza che sembrava totalmente dipendere da me.

–certo- dissi sentendo una nuova forza crescere dentro me e, con una sicurezza mai avuta prima, aprii la porta e uscii in corridoio a testa alta.

Quando tornai allo scompartimento con il mio baule e la gabbia del mio gufo  Sparks al seguito, sentii delle risate provenire da lì dentro…- RISATE???- pensai stupita.

Confusa provai a ricontare gli scompartimenti ma arrivai alla stessa conclusione di qualche attimo prima.

 Senza ulteriori indugi, spalancai la porta e mi ritrovai immersa in un atmosfera totalmente cambiata.

Il piccolino non la smetteva più di ridere rotolandosi quasi a terra per le risate e il bel ragazzo sembrava trattenersi a fatica stringendo lo stomaco e porgendosi la mano sulla bocca come per trattenersi.

Minerva invece non sembrava essere la stessa.

Aveva sciolto i capelli provocandomi quasi uno shock  per la sorpresa poiché i capelli erano lunghissimi tanto da raggiungere il bacino. Non indossava più le scarpe ma stava beatamente a piedi nudi. Era intenta a raccontare con grandi movimenti di braccia e smorfie facciali qualcosa di estremamente divertente.

Quando mi videro entrare partì un applauso e io arrossii cercando di evitare i loro sguardi facendo ricadere i miei capelli ricci sul viso ormai bordeaux.

– Ed ecco la mia salvatrice!- esclamò Minerva indicandomi e, alzandosi, mi cinse le spalle e mi fece accomodare accanto a lei – ho raccontato la nostra storia a Andy e Nick- esclamò lei spiegandomi la situazione.

Andy e Nick… Bene, ma chi dei due è Andy e chi è Nick?

- Piacere io sono Millicent, sei Nick?- provai tendendo la mano verso quello piccolo e gracilino – in realtà io sono Andy ma piacere lo stesso- esclamò quello con una voce molto squillante – e io sono Nick – esclamò il bel ragazzo stritolandole la mano in una morsa accogliente.

- Piacere io sono Millicent, sei Nick?- provai tendendo la mano verso quello piccolo e gracilino – in realtà io sono Andy ma piacere lo stesso- esclamò quello con una voce molto squillante – e io sono Nick – esclamò il bel ragazzo stritolandole la mano in una morsa accogliente.

Sentii il mio povero cuoricino fare le capriole sotto la maglia.

– Milly, indovina di chi è amico questo bestione?- esclamò Minerva provocando un occhiataccia finta -furibonda di quello che non era affatto un bestione ma il mio nuovo principe azzurro.

Risposi alla domanda di Minerva scuotendo soltanto il capo rispondendo negativamente.

– Di Adrian Olivander… il pazzoide che ci ha fatto la predica qualche minuto bene… si hai sentito bene, si chiama Adrian come il mio gatto. Soltanto che al contrario quello, il mio micio è più peloso e meno fuori di testa- mi disse facendo una carezza sul dorso del gatto che si sgranchiva le zampe passeggiando tranquillamente sui sedili. Il viaggio trascorse così, tra scorpacciate di Cioccorane ed esilaranti imitazione del Prefetto in questione da parte della mia nuova amica.

Erano secoli che non piangevo dalle risate.  

  
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