Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Bikachu    01/07/2011    2 recensioni
Essere l'unica persona su cui possono fare affidamento.
L'unica che possa nasconderli e tenerli al sicuro dalle telecamere.
Un'amica, una persona importante capace di far tornare il sorriso a chi davanti alla propria vita ha trovato il buio tutto d'un fiato.
Tom ha bisogno di lei e Bill ora più che mai teme di non riuscire a controllare se stesso.
Ma quando il sostenere un amico diventa un qualcosa di più, ecco riaffiorare i ricordi passati che metteranno a dura prova una storia d'amore tenuta sospesa fra il presente, il passato e il futuro di due gemelli che vedranno in pericolo la loro notorietà e di una ragazza che, offuscata dall'amore ma per niente ingenua, tenterà di non fare l'ennesima scelta sbagliata.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Casa Keller
21 Ottobre
Ore 03:30am

...
La notte era impossibile: mi giravo e rigiravo nel letto non riuscendo a trovare una posizione abbastanza comoda per addormentarmi. Pensavo al giorno che sarebbe arrivato e alle novità che avrebbe portato in casa mia.
Sapevo che quando avrebbe varcato quella soglia dovevo sdoppiare la mia personalità: la Kim di sempre, contro la Kim Anti - Bill.
Ma più pensavo, meno riuscivo a collegare tutto e a sistemare quel mix di confusioni drastiche e repentine che mi avevano invaso il cervello stipandosi per bene nella mia testolina.
Bill sarebbe tornato e l'avrei rivisto, ci avrei parlato ed era inveitabile. L'unica cosa che potevo fare era rimanere il più possibile lontano da casa ma comunque c'era sempre il fattore "Tom" che non poteva essere trattato con superficialità e soprattutto non poteva rimanere da solo con un fratello psicopatico che lo fissava 24 ore su 24!
Era come un labirinto: intrappolata nella mia stessa casa.
Poi la mia mente mi giocò un brutto scherzo e fece un rewind concentrato della storia con Bill, dell'incidente, delle ore passate in ospedale aspettando uno straccio di notizia che non arrivava mai, della sua perdita di memoria e della sua partenza ma il ricordo che bruciava più di tutti era l'immagine del led della segreteria telefonica lampeggiare incessantemente... e il terribile shock che il messaggio vocale mi provocò: la sua voce era limpida e le sue parole erano tanto chiare quanto riuscirono a freddarmi l'anima.
Le ricordo come se le avessi sentite ieri, quando in realtà erano passati anni.
- Ciao Kim, sono io... ehm Bill. Ti ricordi quando in ospedale i medici ti hanno detto che avevo perso la memoria? Bhè... ecco, non era vero. La memoria l'ho sempre avuta ma non potevo lasciarti come un ragazzo normale... non volevo lasciarti! Cerca di capirmi, sto facendo uno sforzo enorme a parlarti così ma io dovevo partire e non potevo allontanarmi da te semplicemente mettendo fine alla nostra storia come avrebbe fatto un Tom della situazione. Pensavo che parlandone saremmo arrivati ad una soluzione insieme, ma non ne ho avuto il coraggio... - abbracciai forte il cuscino ripensando a quel maledetto momento e ai conati di vomito che mi venivano mentre ascoltavo la registrazione. - Le nostre strade si sarebbero divise comunque, forse questo era il modo più indolore per fartelo sapere. Sono stato un vigliacco e so che con questo messaggio ti ho spezzato il cuore, quindi non mi aspetto che tu mi perdoni... ma prometto che non intralcerò più la tua vita e che di me non avrai più notizia. Sei una ragazza d'oro e ti auguro tutto il bene di questo mondo, tutto quello che non sono stato in grado di darti. Scusami... - di quei frangenti mi ricordo che, una volta finito il nastro, rimasi a fissare la segreteria per un tempo interminabile e che quando riuscii a capire cosa era successo mi sentii tradita e talmente ingenua di aver creduto alla sua perdita di memoria che mi infuriai con me stessa e scaraventai a terra l'apparecchio, che fino a pochi attimi prima aveva trasmesso per tutta casa la sua voce, con rabbia disumana.
Ma tutta quella rabbia alla fine sfociò in un pianto dolorosissimo perché ero certa che lo avrei amato... anche dopo quell'episodio.
Mi addormentai stremata dai ricordi e una lacrima nuova scese cauta, andando a bagnare il cuscino.


...
- Senti, io e te dobbiamo parlare. -
- Ohh adesso ti ci metti anche tu, ma che cos'è mi avete scambiata per la psicanalista di zona? - la mia unica e migliore amica Kate Millan, meglio detta "Cherry Bomb", mi diede due colpetti con il gomito per attirare la mia attenzione durante il corso di Letteratura Tedesca. Ero talmente concentrata sulla lezione che la sua interruzione mi mandò in bestia e poi tutto mi andava di fare quel giorno, tranne che di parlare.
- Fai poco la scontrosetta, voglio parlarti seriamente di questa storia e vorrei sapere da te se posso esserti utile in qualche maniera. - la adoravo: lei sapeva tutto di me e anche quando ero di pessimo umore sapeva come farmi ridere, ma non penso ci sarebbe riuscita anche in questo giorno, specialmente in questo giorno.
Mi voltai verso di lei e le sorrisi cercando di essere gentile e di recuperare al malo modo in cui mi ero rivolta prima.
- Se avrò dei problemi sarai la prima che chiamerò. - sbuffò.
- Certo... sono l'unica di cui ti fidi in questa città, mi pare ovvio che chiameresti me.-
- Non è vero, posso sempre chiedere un favore a Mandy. -
- Quello del mercatino della domenica? Il venditore di spezie turco? - domandò a raffica con un'ironia che solo lei riusciva a trasmetterti in maniera così eclatante, facendomi sbottare in una risata che dovetti soffocare con una mano davanti alla bocca per non stordire i compagni di corso. - Ma ti prego, quello sta lì solo perché prima o poi tu gli comprerai una qualche erba che ti manderà al ceratore con quella sua faccia che ride sempre, mi puzza. -
- Bhè... è un ottimo pusher. - la informai e intanto continuavo a ridere e a pronunciare a fatica quelle parole. - Una volta ho fumato una sua spezia con il narghilè e ho riso per i due giorni seguenti, ti ricordi? -
- Oddio ma che era la sera del post Oktoberfes? - chiese strabuzzando gli occhi e non riuscendo più a trattenersi dalla ridarella.
- Ahahahahah siii quella sera là! -
- Oddio che delirio. -
- Folli. -
- Tu con il narghilè, e io invece che ero talmente fuori che avevo cominciato a girare per casa tua con indosso le mutande in testa e cantavo con il telecomando sbarellando di qua e di là "Noo woman no cryy, no woman no cryy!". -
- Che spettacolo che eri! - finimmo di ridere e le strinsi la mano intrecciando le sue dita con le mie. - Grazie Kate. -
I suoi occhioni trapelavano bontà ad ogni battito di ciglia, era adorabile. Ancora, però, non mi capacitavo del perché non riusciva a trovare un ragazzo.
- Di nulla... -
- Senti, fai una cosa... alle 7:30 di questa sera, quando ho finito di lavorare, fatti trovare fuori dal bar così torniamo a casa insieme. Sinceramente non so quanto potrò reggere la botta della sua visione dentro il mio appartamento... - Le parole pesavano come macigni dentro di me, sia per un fatto di orgoglio sia perchè era la verità: non ero sicura al 100% di rimanere in uno stato mentale sano.
- Non c'è problema, sarò là alle 7:30 spaccate! - mi diede due colpetti sulla mano per rassicurarmi e sospirai sentendomi leggermente più sollevata.
Tornai alla lezione con il pensiero che almeno non sarei stata sola nel frangente in cui lo avrei rivisto.

Finite le mie ore di Part - Time, appesi il gilet rosso bordeaux nel piccolo sgabuzzino del bar, salutai JJ il mio superiore e uscii in fretta cercando Kate.
Lei era appoggiata alla portiera della mia macchina: una Chevrolet Spark verde mela come quella del film Transformers 2 e che tra l'altro avevo chiamato proprio come quella nel film "Skids".
- Dai non fare quella faccia da cane bastonato, non sarà poi così drammatica la cosa... - mi assicurò Kate.
- Ah bhè, se lo dici tu allora... - controbbattei sarcasticamente e di rimando mi fece la linguaccia mentre saliva dalla parte del passerggero.
Per tutto il tragitto rimasi in silenzio, nella mia bolla immaginaria del "Ci" ("l'equilibrio" in lingua cinese). Stringevo lo sterzo così forte che le unghie trafissero il palmo della mano.
- Stai calma Kim, stai calma... -
- Io sto calma. - ma più che una rassicurazione per Kate, sembrava più un'autoconvinzione che lo fossi veramente e continuai a ripetermelo in testa finché non arrivai nel mio garage.
Aprii il portone del palazzo e lo tenni aperto per far passare la mia amica.
- Scale o ascensore? -
- Scale. - risposi secca. Più allungavo la distanza fra me e la porta di casa e più mi illudevo che potevo tranquillamente aprirla senza trovare alcuna persona al suo interno.
L'eco dei tacchi risuonava in tutto l'androne, ad ogni scalino in cuore batteva sempre più forte fino a sentirmelo pulsare in gola.
Arrivata sul piano camminai fino a trovarmi la porta dell'appartamento di fronte.
"Interno 44", si era il mio.
Presi le chiavi dalla borsa e la mano cominciò a tremarmi freneticamente, mentre quella di Kate sulla mia spalla mi ricordò che non ero sola.
Fuori dalla porta non c'era segno di scatoloni o quant'altro che poteva rimandare ad un trasloco, ma questo non significava nulla.
"Fai che non mi senta male, fai come se lui non ci fosse" continuai a dirmi mentre giravo la chiave nella serratura.
Uno, due giri, la porta era chiusa probabilmente dall'interno.
La tensione saliva, il respiro era affannato, tachicardia presente.
La serratura scattò e aprii la porta spingendola quasi furtivamente, ma entrando avevo paura che tutte le emozioni represse degli anni passati si riversassero in un secondo.
Azzardai due passi in corridoio ma le luci erano spente.
- Entra Kate, è tutto spento non credo siano ancora arrivati. - gettai le chiavi su una mensola e sospirai di sollievo.
- Non c'è nessuno? - chiese curiosamente quasi non credendoci.
Vedendo la sua espressione attonita non potei fare a meno di sorriderle.
- Bhè, se non sono qua arriveranno fra poco tranquilla. Intanto finisco di sistemare un paio di cose in casa. -
- Ti aiuto? - le sentii chiedere mentre andavo in cucina.
- Magari, devo cambiare le lenzuola del letto e sistemare il bagno non ho avuto tempo stamattina di... - superata la porta ad arco che conduceva in salone, mi paralizzai. Le mie gambe erano bloccate così come le mani sul muro.
- Si non ti preoccupare ti aiuto io poi stasera possiamo... hey, perché ti sei ferm... oh... - Kate mi arrivò da dietro le spalle e non vedendomi dire una parola guardò in salone rimanendo sorpresa e sconcertata al tempo stesso.
Due paia di occhi ci fissavano: uno dei due mi sorrideva e salutò con la mano, l'altro invece non si muoveva di un millimetro e non battè ciglio.
Con la coda dell'occhio vidi che Kate guardava me e poi i ragazzi alternando e controllando ogni singolo movimento. Sapevo che se avessi fatto qualcosa di sconveniente o strano, lei mi avrebbe placata immediatamente.
Kate era una garanzia.
Poi gli occhi del ragazzo impassibile si chiusero, prese un respiro profondo come per prendere atto del momento e li riaprì all'improvviso.
- Ciao Kimberly. - disse tutto d'un fiato, come se quelle parole fossero di un'altra lingua difficilissime da pronunciare.
Ed eccomi, faccia a faccia con il passato. Quel passato che aveva promesso di non intralciarmi più la vita e che non sarebbe tornato, di cui non avrei più avuto notizia.
Ma la notizia, volente o nolente, era nuovamente parte di me.
- Ciao Bill. - aprendo e chiudendo i saluti con un tono di voce piatto e senza alcuna emozione.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Bikachu