Il Piccolo Fiore.
Quando
Oliver aprì gli occhi la prima cosa che gli venne in mente fu un gran mal di
testa, così si portò una mano alla tempia per cercare di riuscire a mettere
almeno a fuoco qualcosa. Il sole filtrava attraverso i fitti rami degli alberi
più alti che avesse mai visto e le chiome formavano quasi una specie di tetto
con le loro foglie. Si accorse di essere chino sulla groppa del suo cavallo,
doveva aver dormito per ore, visto che sembravano nel pieno della Foresta.
Lentamente si alzò, ricordando vagamente la sera prima, ma quando vide la
persona che cavalcava di fronte a lui, rammentò improvvisamente tutto. Ma non
era finita: perché la persona avanti gli dava le spalle, ma si capiva benissimo
che era una donna. Oliver indugiò. Non poteva aggredire una femmina, andava
contro ogni suo principio, però era stata sicuramente lei a colpirlo facendogli
perdere i sensi quella notte. Un dubbio gli attraversò il cervello. Ma dove
diamine era finito Josh? Finalmente se ne era ricordato… Decise di parlare con quella donna in modo
civile, stando però in guardia. In fondo era una fanciulla e prima era riuscita
a metterlo a tappeto solo perché era già addormentato. Cautamente si avvicinò
al suo cavallo, rendendosi conto di quanto fosse assurda quella situazione.
« Ehm… M-mi perdoni, Milady, ma lei,
cioè, lei è… cosa? Sei tu! »
Dyna si
voltò verso di lui e sfoderò un sorriso smagliante. « Eccomi qua! Ti ricordi di
me allora! Mi chiamo Dyna, nel caso te ne fossi dimenticato. E tu sei Oliver… Oh, il cognome non mi entra in testa, scusami... »
« Galir »
disse Oliver con un filo di voce. Probabilmente stava ancora sognando, sì, era
l’unica spiegazione. Si era addormentato ad occhi aperti, come al solito.
Dyna si
accorse della sua esitazione, così cercò di riportarlo alla realtà,
spiegandogli cosa avesse combinato la notte scorsa. « Ecco, vedi, non so se te
lo ricordi, ma stanotte vi ho… aggredito, diciamo
così. Te e il tuo amico. Poi ti ho caricato sul cavallo (e ce ne è voluto un
po’, a dire il vero) e sono ripartita. Sei diretto al Piccolo Fiore, vero? »
Oliver si
sforzava di trovare un senso logico a tutta quella confusione, poi chiese, dato
che forse era la cosa più importante: « Josh… che fine ha fatto? »
« Oh, non
preoccuparti per lui » lo rassicurò la ragazza « Ho messo anche lui sul suo
cavallo. Sono sicuramente tornati a casa sani e salvi. »
Per niente
sollevato, Oliver stava cominciando a arrabbiarsi. « Ma tu, posso sapere che ci
fai qui? Non dovevi tornare a casa e tornare tra una decina d’anni? »
« Io voglio
diventare una Guerriera di Shidal » affermò Dyna. « E lo voglio adesso, non
posso aspettare dieci anni. »
« Torniamo
indietro » disse Oliver, sicuro come lo era poche volte.
Dyna fermò
il cavallo, che emise un lungo nitrito. « Cosa? Perché? »
« Perché non
ho tempo di badare a te! » sbottò Oliver « Non posso fare da balia a una
ragazzina alle prime armi, che sogna di compiere grandi imprese per diventare
un’eroina. Io devo salvare Semi ,lo capisci, non sto andando a divertirmi! »
« Anch’io
voglio salvare la principessa! » ribatté Dyna, con gli occhi in fiamme. « Se
proprio la vogliamo dire tutta, stanotte potevo ammazzare due Guerrieri da
sola, nessuno poteva impedirmelo, sai? »
Oliver
arrossì lievemente. Beh, Josh non era sicuramente un
cavaliere eccelso, però non tutte le ragazzine piccole come quella erano in
grado di mettere fuori combattimento un Guerriero. « Va bene, sarai stata
fortunata, ma adesso torniamo indietro, non vorrei avere il cadavere di una
quindicenne sulla coscienza. »
« Guarda che
io ho diciassette anni! E non torno indietro! » Detto questo, Dyna scrollò il
cavallo e partì come un fulmine seguendo l’intricato sentiero che gli alberi
gentilmente offrivano.
« Oh! Ehi!
Torna qui! Ragazzina! » Oliver non poté fare altro che mettersi
all’inseguimento. Non c’è che dire, cavalcava proprio bene, non aveva mentito.
In breve però la raggiunse e riuscì a sbarrarle la strada. Il cavallo impennò
pericolosamente, e Dyna venne disarcionata, cadendo sul terreno umido. Il
cavaliere scese subito per controllare se fosse ferita, allarmato. « Ragazzina,
stai bene? »
Dyna non
rispose, cercando di pulire alla meglio il mantello rovinato. « Forza, vieni »
disse Oliver, una volta accertate le sue condizioni. Le tese la mano. Dyna
esitò un attimo, poi la afferrò saldamente… e tirò
anche lui a terra, affondando i denti nel polso. Oliver gridò per il dolore e inginocchiato
tentava di farle lasciare la presa. Alla fine ci riuscì e la ragazza subito
scattò per rimontare a cavallo, ma il Guerriero la prese per la caviglia,
costringendola di nuovo a terra. I due si guardavano in cagnesco. Oliver non
sapeva cos’era a trattenerlo, ma avrebbe tanto voluto riempire quella faccia
insolente di schiaffi, e sicuramente avrebbe imparato la lezione. Dal canto
suo, Dyna si pentì di non aver spedito a casa anche lui, come aveva fatto con
l’altro, anzi, si pentì di non averlo fatto fuori del tutto quando ne aveva
avuto l’occasione. Essendo adulto, Oliver sentiva di avere un certo peso in
quella stramba circostanza, così assunse il tono più autoritario che gli riuscì
e un’aria severa. « Allora. Adesso torniamo al villaggio, ti porto a casa e ti
chiudi dentro fin quando non avrai l’età per decidere da sola della tua vita.
Quando quel momento arriverà, potrai fare tutto ciò che ti pare e piace. Ma ora
no, non davanti a me, se ti capitasse qualcosa la responsabilità sarebbe mia, e
non voglio che succeda niente di male, a nessuno. Chiaro? Perciò muoviti, mi
hai fatto perdere già troppo tempo. »
Tuttavia
Dyna rimase dov’era. « Bel discorso. Possiamo proseguire? »
Oliver ruggì
di rabbia, con le mani nei capelli.
« Oh, non
strapparteli, ti stanno bene. Non saresti così carino calvo, sai? » lo schernì
avvicinandosi a lui. « Stammi a sentire tu adesso: mancano un paio di
chilometri al massimo per la fine della Foresta. Gli alberi si stanno facendo
più radi, come vedi, quindi siamo quasi al Piccolo Fiore. Lì potremmo fare
scorta di cibo, visto che in questo bosco niente è commestibile e metterci
sulle tracce di questo mostro, ammesso che esista, certo. Ti prometto che se il
pericolo sarà troppo alto, allora mi farò da parte. Sarò buonissima, te lo
giuro! »
Che occhi… Occhi così non ne aveva mai visti. Non sembravano
neanche umani. Oliver sapeva bene che ormai aveva vinto lei. Come poteva dire
di no a una bambina così dolce, sì, quando voleva sapeva esserlo. Dimenticando
completamente che l’aveva colpito con un bastone, che aveva tramortito Josh, che l’aveva costretto a rincorrerla per il bosco, che
l’aveva morso… « E va bene. Ma se non mi ubbidisci
saranno guai! » disse alla fine.
Dyna sorrise
raggiante e gli gettò le braccia al collo, al settimo cielo.
« Su,
andiamo! Che stiamo aspettando? » esclamò felice. Si rimise in sella al
destriero e si avviò avanti.
* * *
Dyna aveva
ragione, il bosco stava per finire, ormai mancava veramente poco. A quanto
pareva, la Foresta Querciasecca non era esattamente il luogo adatto per
costruirci la casa, però non era abitato da nessuna bestia feroce. Dopo un bel po’
di silenzio, Oliver disse: « Quel mantello a chi l’hai rubato? »
« Prego? »
« Quello è
un mantello da Guerriero, proprio identico al mio. A chi l’hai preso? » chiese
il cavaliere.
Dyna si
indignò a quella accusa e rispose in modo sprezzante: « Io non ho mai rubato in
vita mia! Questo era di mia madre! »
« Oh… » fece
Oliver. Niente da fare, in quanto a gentilezza era stato delicato quanto un
cinghiale. Per togliersi dall’imbarazzo continuò a parlare. « Quindi anche lei era
una Guerriera… Per questo vuoi diventarlo? »
« No. Voglio
diventarlo e basta. Per me. E poi voglio diventare la migliore per lei. Perché
lei era la migliore » disse Dyna.
Oliver
rimase un attimo zitto, colpito dalla serietà con cui quella ragazza che era
poco più di una bambina aveva pronunciato quelle parole. In esse si leggeva un
dolore per la perdita della madre, avvenuta forse troppo presto, che lei
cercava di soffocare con rabbia, vivendo quanto più poteva. « Beh, ti posso
assicurare che tramortire un uomo addormentato non è un gesto da Guerriero, sai?
» disse, ma nella sua voce c’era un tono divertito, voleva prenderla in giro.
Dyna abbassò il capo, e non riuscì a trattenere un sorriso.
« Guarda, ci
siamo » la avvertì Oliver.
La Foresta
si era infatti ormai diramata del tutto e di fronte ai due giovani si stagliava
ora il Piccolo Fiore, troppo piccolo per essere una montagna, ma anche un po’
troppo grande per essere una semplice collina. La struttura centrale era
circondata da un sentiero verde, che sembrava creato artificialmente, ma il
difficile era salirci, dato che la liscia parete di roccia non forniva nessun
genere di appiglio. Tutto intorno, una immensa distesa di prati fioriti, su più
livelli di roccia, a volte intervallati da ponticelli in legno dall’aria
sicura. Sparsi sporadicamente qua e là alcuni abeti piccoli e qualche
animaletto selvatico innocuo. « Però… non è niente
male questo posto! » commentò Dyna, respirando a pieni polmoni l’aria satura e
pulita, dopo quella rarefatta del bosco.
« Fino a
pochi anni fa era abitata dai Breziani, sai? In effetti, fa ancora parte della
regno » osservò Oliver scendendo da cavallo.
Anche Dyna
scese e chiese, interessata: « E come mai ora non c’è nessuno? »
« Beh, per
il mostro » spiegò Oliver « Anni fa le persone fuggirono da qui e si
rifugiarono al villaggio, sostenendo che un mostro si era insediato sul colle.
Veramente solo un vecchio diceva di averlo visto, ma tutti ebbero paura e non
tornarono mai più. E naturalmente nessuno si preoccupò di andare a verificare
di persona. »
Dyna scosse
il capo, rassegnata. « Certo che la gente di qui è veramente senza speranza.
Beh, diamoci da fare, a quanto pare il mostro dovrebbe vivere sulla cima della
montagna, vero? »
Oliver
annuì, soprappensiero, poi registrò le parole appena ascoltate. « Ehi, ti
ricordi della promessa, vero, ragazzina? »
Dyna finse
di non capire. « Cosa? Quale? »
« Non fare
la finta tonta! Hai detto che una volta che il gioco si fosse fatto troppo
pericoloso, ti saresti fatta da parte » le ricordò il cavaliere.
« Davvero?
Ho detto questo? Non ne ho memoria. » Si allontanò quel tanto che bastava per
darle un certo margine di vantaggio,poi si girò e gli fece una linguaccia.
« Aspetta
che ti prendo, poi facciamo i conti! » Oliver partì all’inseguimento, ma per
quante avesse le gambe più lunghe faticò parecchio per raggiungerla. Si
divertirono da pazzi a rincorrersi per i prati, nascondersi dietro i massi o
sugli alberi, fino a quando Oliver la prese e rotolarono sull’erba, ridendo a
crepapelle, come due bambini. In quella atmosfera di rilasso, Oliver non aveva
dimenticato la sua missione, però non riuscì a fare a meno di pensare qual era
il vero motivo che l’aveva spinto a partire con tanto desiderio. Non perché si
sentisse legato al popolo, per attaccamento alla patria, perché era suo dovere
di Guerriero salvare la principessa indifesa. No, anche se non fosse stato un
Guerriero sarebbe andato comunque. Osservò una nuvola dalla forma strana
passare sopra di lui, che gli ricordò il viso più dolce e tenero che avesse mai
visto in vita sua. « Come vorrei che il suo primo sorriso fosse per me… »
Dyna si alzò
sui gomiti, scrutandolo attentamente. Era così assorto che probabilmente aveva
dimenticato di non essere solo. Certo che era un ragazzo proprio strano. « Di
che stai parlando? »
Oliver
sussultò, scendendo dalle nuvole. « Di… di nessuno! »
Si alzò in fretta e disse: « Forza, ci siamo riposati anche troppo. E’ ora di
mettersi a lavoro. »
Lasciarono i
cavalli legati vicino a un laghetto e proseguirono a piedi. Il Piccolo Fiore
non era lontano e vi arrivarono in breve tempo. Come purtroppo avevano già
intuito, la roccia era liscia e priva di rientranze o sporgenze, quindi era praticamente
impossibile salirci. « Ma se lui ci è salito vuol dire che un modo c’è! » disse
Dyna, che cominciava a perdere la pazienza.
« Magari ha
le ali, che ne sai com’è fatto? » mormorò Oliver, ispezionando a fondo la
montagna, scervellandosi su come arrampicarsi. Quando era arrivato ormai alla
triste conclusione che si dovesse per forza saper volare per salire in cima,
sentì un rumore di catene proveniente da dietro la montagna. I due ragazzi si
scambiarono uno sguardo ansioso. Ma allora qualcuno era rimasto al Piccolo
Fiore...
« Andiamo a
vedere » propose Dyna e Oliver assentì, prima di prenderle il braccio e dire in
un tono che non ammetteva repliche:
« Vado
avanti io. »
Dyna si fece
da parte con aria seccata per essere trattata perennemente come una bambina
incapace e lo seguì.
Camminando
lungo il fianco della montagna, anzi per essere più precisi, strisciando lungo
il fianco della montagna, ad un certo punto furono investiti da un odore fetido
e pestilenziale come non ne avevano mai sentiti prima. Tutti e due si
otturarono le narici con le dita, assumendo un’espressione disgustata, ma
andarono avanti lo stesso. Oliver si fermò dopo pochi passi, tendendo il
braccio per fermare anche Dyna, e si sporsero quel tanto che bastava per vedere
chi sferragliava a quel modo.
« Ma quello
è un Orco » disse Dyna a voce bassa.
L’essere che
brandiva la catena era alto almeno due metri e aveva la pelle di un arancione
sbiadito, con macchie marroni sparse ovunque. I capelli neri cadevano sulla
testa coprendo parte del viso e avevano l’aria di non aver mai visto un goccio
d’acqua pulita. Le braccia erano pelose e probabilmente lo era anche il resto
del corpo, ma non si vedeva perché coperto da un abito lercio e strappato in
più punti. Aveva i piedi lunghissimi, tanto che faceva fatica a camminare e una
grossa pancia gli pendeva sul davanti, floscia e rotonda.
« Allora è
lui il mostro che terrorizzava il villaggio » disse Oliver, sempre coprendosi
il naso. Il puzzo di quella creatura era insopportabile.
« Ma non
doveva stare sul colle? » chiese Dyna.
Oliver non
rispose, stava valutando un modo per attaccarlo. Era molto grosso e aveva una
pesante catena in mano, ma lui aveva la sua spada. Avrebbe potuto attaccarlo da
dietro, anche se non era una bella azione, ma in fondo non era quello il
momento di pensare alle regole di un leale duello, doveva solo pensare a
salvare la principessa. Sì, lo avrebbe attaccato da dietro. « Va bene… » disse
senza distogliere gli occhi dal mostro « Ora Dyna, apri bene le orecchie: io vado a sistemare quel coso
puzzolente, mentre tu te ne stai buona buona qui
senza dare fastidio, anzi forse è meglio se torni indietro, non vorrei che tu
vedessi una scena del gene… Dyna mi ascolti?... Dy… Ma dove sei? » Oliver si guardò intorno, poi si girò di
nuovo in direzione dell’Orco e scoprì con orrore che la ragazza si stava
dirigendo da sola senza farsi vedere nei pressi della creatura. In quel momento
stava risalendo una piccola collina di roccia, dalla parte opposta, in modo che
il mostro non la scoprisse. Oliver emise un grido soffocato, mentre imprecava
con frasi sconnesse e senza senso, poi si tappò la bocca con il pugno,
mordendosi la mano tremante. Cercò di chiamarla, ma era troppo lontana perché
la sentisse, dovette per forza gridare, anche se fu un urlo strozzato: « Dyna…! » Subito dopo si appiattì contro la parete di
roccia, mentre l’orco girava lentamente il pesante testone in direzione del
suono che aveva udito. Per fortuna decise di non approfondire la questione,
così Oliver prese a sbracciarsi come un forsennato boccheggiando il nome di
Dyna, ma senza emettere una sillaba. Finalmente la ragazza si girò e gli fece
segno di tacere, con l’ indice premuto sulle labbra. « Cosa…?! » fece Oliver,
con una crisi di nervi sempre più vicina. « Devo stare anche zitto..!? Sto
sudando sette camice per colpa della sua testa vuota e devo anche stare zit…!! » Si morse di nuovo la mano, maledicendo se stesso
per aver permesso a una bambina di accompagnarlo in quella missione rischiosa,
già la vedeva morta stecchita schiacciata da quel gigante arancione….
L’avrebbe avuta per sempre sulla coscienza… Ma… che
aveva in mente? « Ma quella è completamente pazza! » esclamò Oliver, senza più
preoccuparsi di tenere la voce bassa.
Dyna si era
lanciata dalla collinetta sul mostro, e si era attaccata a lui, impedendogli di
muovere le braccia. O almeno quella era la sua intenzione. Aveva pensato di
bloccargli gli arti con le gambe e colpirlo alla testa con quel bastone che era
la sua unica arma, ma non aveva calcolato che le sue gambe erano troppo esili
per trattenere le braccia possenti dell’Orco, così dopo un vertiginoso
barcollare il mostro la scaraventò al suolo.
« Ooooooohhhhhhhhh! » gridò, con una voce gutturale e atona.
Brandì la catena per usarla contro di lei, ma giusto in tempo arrivò Oliver,
che la afferrò con decisione arrotolandosela sul braccio. Con uno strattone,
trascinò la creatura a terra, con un tonfo che fece alzare un gran polverone.
Senza perdere tempo, Oliver estrasse la spada e la puntò sulla gola del mostro.
Anzi, per meglio dire sul doppio mento, visto che quell’essere era talmente
grasso che il collo era quasi invisibile.
« Liberala
subito! Hai capito, sudicio bestione? » ordinò il Guerriero a denti stretti. « Libera
la principessa! »
L’Orco
annuì, spaventato a morte, con le mani in segno di resa. Oliver lo fece alzare,
e lo seguì, sempre puntandogli la spada contro la schiena. Passandogli accanto
lanciò un’occhiataccia a Dyna, che ancora era inginocchiata sul terreno.
Nella
collinetta che Dyna aveva scalato un attimo prima era scavata una vera e
propria gabbia. Un grande cancello di ferro chiudeva l’entrata a una piccola e
buia caverna. L’Orco fece capire a Oliver di voler prendere la chiave con i
suoi gesti goffi e selvaggi e infatti prese da una tasca dei pantaloni marroni
una piccola chiave d’argento, che sembrava addirittura minuscola nelle sue manone. Con uno scatto la serratura si aprì e il cancello si
spalancò. « Principessa Semi! State bene? » gridò Oliver, con il cuore che
pulsava come un tamburo. Si addentrò nella caverna cautamente, ma dopo
qualche minuto di silenzio ne uscì correndo a ritroso, pallido come un
Fantasma. L’Orco cominciò a fare strani versi (« Ghu,
Uh, gnu, MuuMuu »), ma Oliver pensò che volesse
chiedere cosa fosse accaduto. « Ma che diavolo c’è la dentro? » esclamò il
cavaliere per tutta risposta.
Dyna si
avvicinò lentamente alla grotta, come se aspettasse il permesso di Oliver per
entrare. Lui si alzò, ancora scosso e la accompagnò dentro. C’era una strana
luce nell’ombra, una specie di riflesso argentato. Dyna però non ebbe paura
neanche per un attimo, e toccò la sagoma luminosa (« No, non lo fare... » bisbigliò
Oliver febbrilmente) come se l’attirasse in qualche modo e sentì un calore
accogliente e confortante, un tepore che le diede uno strano senso di sollievo.
Accarezzò la misteriosa creatura per quello che doveva essere il suo
collo e poi il muso, sembrava un cavallo. Ad un certo punto forse l’animale
aveva percepito la natura amichevole di Dyna, perché il pallido riflesso si
tramutò in luce abbagliante, tanto da inondare l’intera caverna. Per un attimo
i due giovani non videro nulla, ma quando il bagliore si attenuò, rimasero a
bocca aperta. Davanti ai loro occhi colmi di meraviglia, si trovava un Besil.
» L’ho diviso in due perché era lungo! Fatemi sapere un po’
che ve ne pare (: