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Autore: Rota    03/07/2011    2 recensioni
-Matt! Ehi, Matt! Svegliati! Matt, svegliati!-
Fu la voce di Alfred a rubarlo, con forza e prepotenza, al mondo dei sogni. Dovette stroppicciarsi più volte gli occhi, colpa anche del notevole male al cranio che gli intontiva completamente i sensi e la posizione innaturale che aveva assunto e mai più cambiato nel cadere come un masso sul proprio letto.
Il fratello lo aiutò nel processo, cominciando a scuoterlo come uno straccio sporco. Matt non ebbe neanche la forza di insultarlo o pregarlo, semplicemente, di smetterla.
Alfred aveva la pessima abitudine di trattarlo come gli pareva, senza avere molta cura di qualcosa che fosse al di là della sua persona. Matt aveva sempre pensato a lui come un bambino troppo cresciuto – e per questo impossibile da colpevolizzare – ma c’erano certe volte che avrebbe tanto voluto prendere la propria mazza da hockey e spaccargliela in testa, conservando sempre tutta la ragione possibile.
Quello era uno di quei momenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 10







Race for the morning
You can hide in the sun 'till you see the light
Oh we will pray it's all right(5)


Matt strimpellava nei momenti di pausa o la sera in camera da solo, non necessariamente proprio le canzoni che avrebbe poi dovuto suonare alla festa ma anche qualcosa che gli usciva dall’inconscio, scoperto tra i ricordi lontani e all’improvviso più chiari. Era piacevole accorgersi della propria sopita esperienza, alla quale erano legati pomeriggio di studio solitario e rilassato.
La scaletta delle canzoni da programma era sempre a portata di mano, così come il fascicolo degli spartiti. Alla fine, essendo semplicemente la chitarra d’accompagnamento, non gli era stato impossibile riuscire nell’impresa di imparare proprio tutto. La cosa, in qualche modo, lo rendeva felice e orgoglioso, semplicemente dandogli un senso di appartenenza che prima gli era estraneo. Nell’attivarsi, nel risvegliarsi da una sottospecie di sonno perenne, si era scoperto capace di sentirsi coinvolto in progetti anche stupidi e poco degni di un’alta attenzione. La cosa lo aveva semplicemente fatto sentire vivo.

Qualcuno bussò alla sua porta, all’improvviso, facendogli prendere un colpo e facendolo sobbalzare.
-A-avanti…-
Fissò la porta che si aprì, lesta, e che andò a sbattere contro il muro della sua camera in un tonfo decisamente poco delicato: suo fratello Alfred fece il suo ingresso. In mano, aveva la propria chitarra e, come a voler giustificare i propri gesti – o semplicemente far intuire i motivi che lo avevano spinto, a forza, fin lì – indicò con la mano libera lo strumento che il ragazzo teneva tra le mani.
-Ho sentito che stavi suonando!-
Entrò senza aspettare che gli venisse permesso, sedendosi accanto a Matt sul letto. Non era la prima volta che gli vedeva in mano una chitarra, almeno per quanto concerneva il tempo al di fuori delle prove della band, ma sicuramente era per lui una novità che Alfred lo cercasse proprio per quello.
Il giovane, con un sorriso a trentasei denti in viso, si avvicinò con un piccolo balzo a lui.
-Cosa stavi suonando, di bello?-
Matt si strinse nelle proprie spalle, guardandolo un po’ in imbarazzo, sconcertato intimamente da tutto quell’interesse a cui non era per niente abituato.
-Nulla, in realtà…-
Come al solito, fu Alfred a imporsi tra i due, indicando una riga sul foglio aperto davanti a suo fratello: Holy Diver, la quarta in ordine dall’alto in basso.
-Questa è una delle mie preferite! Suoniamo questa!-
Matt non disse nulla, sia perché era abituato a lasciarsi trascinare dall’altro senza porre resistenza sia perché, in effetti, non aveva proprio nulla di meglio da proporre. La canzone, oltretutto, piaceva parecchio anche a lui.
Aprì la dispensa e andò a cercare lo spartito giusto, così da integrare con la nota scritta la propria memoria. Alla fine, attaccò prima lui, seguito a ruota dal suo pimpante e vivace fratello.
Si ritrovò a sorridere, nonostante tutta l’incertezza iniziale. Durante le prove, aveva attorno persone che, relegate nel rango di sconosciute o quasi, non potevano certo rimproverargli di essere un riservato e timido oltre il limite di sopportazione. Ma con suo fratello, unica persona al mondo con il quale aveva condiviso tutti i santi giorni della sua breve vita, questa scusa non reggeva. Per questo il suo imbarazzo cresceva di più, giustificato da una reale situazione di evidente disagio.
Però, in quel momento, da solo con lui, seduti sul suo letto a suonare e a canticchiare con voce stonata e priva di grazia, gli sembrò di vivere il rapporto come mai lo aveva vissuto.
Vide davvero il sorriso di Alfred, la sua passione nel muovere le dita sulla sua chitarra pizzicandone le corde.
Respirò, seppur per poche ore, vera felicità.

-Ohi, Williams…-
Sorpreso dal risentire quella voce Matt alzò la testa dalla propria borsa.
Tra una prova e l’altra, il ragazzo si era anche ricordato di avere certi impegni universitari, e dovendo recuperare alcuni esami prima della laurea aveva ripreso a frequentare i corsi con più regolarità, anche per spingervi suo fratello con il buon esempio.
Certo era che, preso da tutto quello che gli stava accadendo di nuovo, aveva tralasciato alcune cose vecchie di dubbio gusto, come la sgradevole sensazione che lo prendeva ogni volta che si ritrovava vicino Bruce.
Abbozzò un sorriso, cercando di essere gentile come sempre – eppure l’espressione grave del ragazzo non lo tranquillizzava proprio per nulla.
-Ciao, Bruce!-
La voce gli uscì più acuta del solito, ma fu troppo tardi quando se ne accorse. Senza aggiungere una parola, tornò a sistemare la propria borsa. Riuscì pure ad alzarsi prima che l’altro ragazzo gli si parò davanti, bloccandolo sul posto. Matt si arrischiò persino ad alzare il viso verso il suo, per vedervi ancora impresso lo stesso sguardo di prima.
Canzonatorio e minaccioso allo stesso tempo.
Si fece piccolo, e provò a scansarlo andando di lato, ma con un gesto Bruce gli fu di nuovo davanti, rivelando così la propria ferma intenzione di non lasciarlo andare per nulla al mondo.
-C’è qualcosa che non va?-
Per quanto possibile, l’altro si fece più avanti, obbligando Matt ad arretrare e al contempo a sentirsi schiacciato contro il nulla. Era evidente che il suo era un fare intimidatorio.
-Williams, io non so davvero che pensare di te…-
Matt si guardò attorno, cercando qualcuno da prendere come scusa per una fuga poco onorevole. L’aula gli parve vuota all’improvviso, senza un’anima pia che lo potesse soccorrere.
Guardò in alto, stringendo la spallina del proprio zaino tra le dita.
-Cosa dovresti pensare di me, Bruce?-
Vide lo sguardo dell’altro farsi più sottile. Come se si sentisse vagamente preso in giro.
In effetti, Matt sospettava – anzi temeva con tutto il suo cuore – quale fosse l’argomento di così tanto astio, ma fare finta di nulla era sempre stata una tattica vincente. Peccato solo che in quel momento non gli garantiva proprio niente.
-La stessa cosa che penso di tuo fratello, Williams…-
Qualcosa dentro Matt scattò, facendolo irritare.
Non solo il fatto che, ancora una volta, era paragonato a suo fratello Alfred, come se fossero la stessa persona o peggio che lui dovesse rendere conto degli errori e dei pregi dell’altro, ma anche la rabbia che gli nasceva al ricordo dell’ultimo discorso che Bruce aveva fatto sulla sua sessualità – e più di tutto anche che non era riuscito a rispondere in maniera adeguata.
Confuso da questi mille motivi, divenne rosso di rabbia e farfugliò la sua risposta in maniera incoerente.
-Mio fratello è mio fratello, io sono io. E poi non mi pare che lui ti faccia qualcosa di male!-
Ma si bloccò, quando Bruce gli si fece ulteriormente addosso.
-Williams, io ti avevo già avvertito, mi pare…-
Fu una voce amica a salvarlo, a quel punto, interrompendo l’uomo e facendo voltare entrambi verso l’entrata dell’aula.
-Ehi, cosa accade qui?-
Alfred era comparso alla porta, probabilmente spinto lì dalla sospettosa assenza del gemello. Con lo stomaco che brontolava era andato a cercarlo e ora, davanti a quella scena, aveva d’istinto capito che qualcosa non andava.
Il suo sguardo non cadde neanche sulla figura di Bruce, andando direttamente a Matt. Gli sorrise, sereno, come se niente e nessuno potesse scalfire la sua sicurezza.
-Matt, perché non sei in mensa? Ho fame, vieni!-
Matt fu felice di raggiungerlo in quattro balzi, sparendo dietro di lui.
Non vide, però, lo sguardo di fuoco che Bruce lanciò alle loro schiene.

La scena che gli comparve davanti fu una specie di rivisitazione di esperienze già vissute. Eppure non poté davvero reprimere il verso agonizzante che gli salì direttamente dal petto per bloccarsi dietro le labbra serrate in una smorfia contratta.
Ivan, placidamente, gli sorrise e lo salutò con una mano, mentre l’acqua caldissima della vasca gli copriva il resto del corpo dal petto in giù.
-Ciao, Matt!-
A conti fatti, il russo aveva anche un bel sorriso – piacevole, educato, a tratti rassicurante – ma ritrovarlo per la seconda volta nudo nella propria vasca da bagno era stato un duro colpo per i poveri nervi di Matt.
Così come era entrato, meccanicamente e con lo sguardo fisso Matt uscì dal bagno, lasciando l’uomo da solo. Gli venne incontro suo fratello nel bel mezzo del corridoio e, trovandolo completamente rosso in viso, quasi si preoccupò.
-Matt, non dirmi che stai male! Fra qualche giorno c’è la festa, non puoi stare male!-
Matt lo guardò in viso, completamente stravolto. In realtà avrebbe anche voluto urlargli addosso, ma il pensiero che quell’uomo, nell’eventualità di una zuffa, potesse uscire dalla vasca e raggiungerlo così com’era, lo fece desistere da ogni tentativo di lite.
Strinse i pugni, camminando veloce.
-Se hai bisogno di me sono in cucina!-
Anche questa volta, la sua voce fu più stridula del dovuto – ma Alfred, appurato che suo fratello stava bene, non se ne preoccupò più di tanto.
Con un sorriso enorme sulle labbra, entrò in bagno, chiudendo la porta dietro di lui. La sua voce, squillante e alquanto allegra, si sentì lo stesso anche all’esterno.
-Braginski! Mi hai preceduto!-
Poi, dopo qualche secondo, il rumore di un tonfo e dell’acqua che si muoveva violentemente.
E altri, altri tonfi più ovattati. Altri rumori che Matt soffocò in sorsi rumorosi di teh e caffé.

Matt si rese conto di sapere da sé come avevano fatto, quei due, a finire in una simile relazione.
A pensarci bene, non era certo solo la seconda volta che aveva visto il russo bazzicare per casa sua, così come non era estraneo ai discorsi di Alfred. La figura di Braginski era però sempre stata qualcosa relegato al mondo magico che Alfred aveva segregato in qualche modo lontano da Matt, senza avere l’accortezza di integrare il fratello in qualche modo e renderlo partecipe di come si svolgeva la sua vita – anche se, davvero, Matt non aveva fatto storie a riguardo, giustificato quindi da una scusa fin troppo accomodante.
Pensandoci ancora meglio, Alfred aveva cominciato a nominare Ivan già qualche anno prima. E se all’inizio era qualcosa di passeggero, detto con estrema leggerezza e una punta di indifferenza, la cosa si era lentamente trasformata, aumentando di peso e importanza.
Aveva trovato una foto di gruppo della band sopra un comodino della stanza del fratello, ma solo dopo un’attenta analisi aveva visto la mano di Alfred nella mano di Ivan – e sorridevano, entrambi, davanti all’obiettivo della fotocamera. Si ricordò, anche, di aver visto sparire interi capi di vestiario dall’armadio, trovandoli poi addosso al russo, seppur in una misura che non gli andava completamente comoda.
Era evidente che per Alfred la relazione con Ivan non fosse qualcosa su cui poter scherzare a cuor leggero, benché il riso abbondava in maniera esagerata sulle sue labbra. Probabilmente, era una cosa che teneva dentro, cercando di non farla pesare al russo. Per qualche strano e assurdo motivo, suo fratello si dimostrava più delicato del solito, e questo era un’ulteriore prova della sua tesi. Benché Ivan pareva non avere un passato scabroso da nascondere o qualcosa di illecito, era sempre più evidente che quello che era stato ancora influenzava quello che era, in maniera incredibile.
Matt pensò a quanto dovesse essere triste, per uno come Alfred, limitarsi a essere un semplice amante per una persona tanto amata.
   
 
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