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Autore: KLMN    04/07/2011    2 recensioni
Una storia sui Malandrini, su Remus, su come si sono conosciuti e su come hanno affrontato assieme sfide e difficoltà, durante i sette anni di studi ad Hogwarts con tutti i loro compagni di scuola. Non so quanto sarà lunga né quanto ci metterò a finirla, ma spero vi piaccia. Read&Review. ♥
Genere: Avventura, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I, Malandrini, Lily, Evans, Serpeverde, Severus, Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Era l'1 di settembre, primo giorno di scuola. La stazione di King's Cross era molto affollata: persone che correvano per raggiungere in tempo il loro binario, controllori che giravano per le banchine guardando tutti come potenziali terroristi e, cosa abbastanza insolita, moltissimi ragazzi che spingevano carrelli per i bagagli carichi di bauli e gabbie per gufi, animali non propriamente domestici... Intorno a questi ragazzi c'erano i loro familiari, che facevano mille raccomandazioni e salutavano i giovani, in partenza per chissà quale meta lontana. Il controllore che sorvegliava i binari 8, 9 e 10 li teneva sempre tutti d'occhio, controllando che non facessero danni, ma non appena li perdeva di vista per un secondo questi sparivano senza che lui se ne accorgesse. Ma il controllore osservava in modo particolare i ragazzi "nuovi", quelli che non aveva mai visto gli anni precedenti e che sembravano sempre furtivi: si aggiravano tra i binari guardandosi intorno e studiando ogni minimo dettaglio della stazione, spingendo sempre quei carrelli carichi di bagagli insoliti. In particolare quell'anno, c'erano dei ragazzini quanto mai sospetti. Uno sembrava essere molto ricco: camminava per la banchina sicuro di sé, con sguardo fiero e orgoglioso mentre spingeva un carrello. Accanto a lui un ragazzo biondo, ben più grande che sembrava fargli una predica infinita. Erano seguiti a breve distanza da due ragazze, una bionda e una mora, forse coetanee. Il controllore distolse lo sguardo dal gruppetto per concentrarsi su una coppia, una ragazza dai capelli rossi e un ragazzo coi capelli neri, che salutavano le rispettive famiglie. Più in la ancora un ragazzino grassoccio stava correndo, spingendo affannato il suo carrello, accompagnato dal padre e la madre, altrettanto affannati. Probabilmente erano in ritardo, pensò il controllore. Spostò ancora lo sguardo, che cadde su un ragazzo con i capelli neri arruffati e degli occhiali tondeggianti. Aveva un sorriso smagliante, mentre annuiva alle parole dei genitori, che probabilmente facevano le classiche raccomandazioni. Un passante chiese al controllore da dove partisse il treno per Brighton, e lui nel distrarsi si perse la sparizione di tutti quei ragazzini che, appoggiatisi distrattamente a una colonna o correndole incontro, l'avevano attraversata ritrovandosi sulla banchina del binario 9 e 3/4 . Quando alzò lo sguardo era troppo impegnato a controllare la situazione per accorgersi della mancanza di quei ragazzi. Circa dieci minuti dopo notò un ragazzino che si guardava intorno spaesato, trascinandosi dietro un baule dall'aria pesante. Non appena vide il controllore si diresse verso di lui, titubante, e quando lo raggiunse lo guardò con degli occhi che sembravano d'oro.
– Mi scusi, dove si trova il binario 9 e 3/4? – gli chiese.
L'uomo lo guardò sconcertato. Era ovvio che stesse scherzando, ma i suoi occhi sembravano sinceri...
– Scherzi, vero? Qui non c'è nessun binario contrassegnato con quel numero! – gli rispose.
Il ragazzino lo fissò allibito, come se avesse appena scoperto una cosa terribile. Lo ringraziò e si allontanò trascinando il suo bagaglio. Si sedette su una panca e si prese la testa tra le mani. Possibile...?, pensò. Sollevò lo sguardo puntando gli occhi sulle rotaie, ma qualcosa di scintillante sulla banchina catturò la sua attenzione. Si alzò e si avvicinò al piccolo oggetto. Si chinò a raccoglierlo, scoprendo che era una spilla su cui era inciso uno stemma, come di un casato nobiliare. Se la rigirava tra le mani, cercando di capirne la provenienza, quando una scritta gli svelò il mistero: "Proprietà della famiglia Black". Si chiese chi potessero mai essere, quando con un gesto improvviso qualcuno gli tolse l'oggetto dalle mani.

– Questa non è roba tua, pezzente. – disse un ragazzo dai capelli biondi, quasi bianchi, sprezzante. – Tieni, e vedi di non perderla di nuovo, sciocco. – Si era rivolto a un ragazzo alle sue spalle, cui la mise sul palmo destro. Il ragazzo bofonchiò qualcosa, forse un "grazie" e con la coda dell'occhio guardò l'altro allontanarsi. Dopodiché si rivolse all'altro, dicendo: – Grazie per aver trovato la mia spilla – con tono gentile.
– Oh, figurati. – rispose quello con un sorriso timido.
Il moro non aggiunse nulla, ma si voltò e lanciò con furia il piccolo oggetto in mezzo alle rotaie.
– M... Ma che fai?! – gli disse guardandolo allibito.
– Cosa c'è? – chiese l'altro.

– È sicuramente preziosa! Io se avessi un oggetto del genere non lo butterei... –
– Se avessi una famiglia come la mia, rappresentata dallo stemma su quella spilla, la getteresti anche tu, fidati. –
Il ragazzo non rispose, ma abbassò lo sguardo, imbarazzato. Poi gli venne in mente una cosa.
– Ah... Senti, non è che per caso sai dov'è il binario...? –, non fece in tempo a finire la domanda che questo rispose.
– Ma certo, seguimi! Sai, sono anch'io del primo anno! –, disse con aria allegra. Forse perché almeno ora conosceva qualcuno all'infuori del ragazzo di poco prima, un suo probabile parente? Comunque, il ragazzo corse a recuperare il suo baule ma non appena si voltò l'altro era sparito.
Si chiese che fine avesse fatto, quando si sentì chiamare. Guardò in direzione della voce e quasi gli venne un colpo: la testa di quel ragazzo spuntava da una colonna, come se ci fosse cementata dentro!
– Ehi, che ci fai li imbambolato? Così attiri l'attenzione! Vieni qui! – gli sussurrò.
Un sussurro rumoroso, a dire il vero, dato che il controllore si voltò nella loro direzione. Quando vide una testa che spuntava da una colonna prima spalancò gli occhi, poi li chiuse un paio di volte, e poi se li stropicciò. Quando finì la testa non c'era più, così come il ragazzo li di fronte, che era stato trascinato con tutto il baule nella parete. Quest'ultimo fu molto sorpreso quando, anziché spiaccicarsi sui mattoni della colonna, si ritrovò su tutta un'altra banchina. Sulle rotaie un treno a vapore scarlatto aspettava quieto i suoi passeggeri, ragazzi di varie età che salutavano per l'ennesima volta i genitori che li avevano seguiti fin li e che iniziavano a salire sul treno per poter trovare un buon posto. Alcuni controllori erano impegnati a caricare pesanti bauli e gabbie dagli ospiti inquieti nel vagone bagagli, mentre altri soffiando nel loro fischietto davano il segnale che il treno era in prossimità di partire.
– Lascia la il tuo baule, te lo metteranno sul treno. – disse il moretto.
– Ah... Va bene! – rispose l'altro, un po' intimidito dal tono autoritario del ragazzo.
Una volta lasciato il baule, sentì la voce dell'altro dirgli: – Comunque... Il mio nome è Sirius Black. –

– Oh... Molto piacere! Io sono Remus Lupin. – disse.
Voltandosi vide che il ragazzo era rimasto sulle scalette davanti ad uno degli ingressi del treno ad aspettarlo. Quando vide che lo osservava gli sorrise dicendogli: – Sbrighiamoci a trovare posto, il treno sta per partire. Non vorrai restare qui, vero? –
– Oh... Certo che no! – rispose sorridendo di rimando.
Sirius salì sul treno, seguito subito da Remus. Iniziarono a viaggiare per i vagoni, cercando uno scomparto vuoto, finché non si ritrovarono in un vagone pieno di ragazzi più grandi, probabilmente del sesto anno. Erano quasi a metà del corridoio quando una porta si aprì lasciando spuntare fuori la testa di una ragazza dai capelli neri.
– Ehi, Sirius! Perché non vieni qui con il resto della famiglia? Vogliamo far vedere agli altri il nuovo acquisto dei Serpeverde! – disse.
– Bella, quante volte ti ho detto che io non sarò un Serpeverde come voi? Voglio essere un Grifondoro! – ribatté l'altro, visibilmente contrariato.

La ragazza replicò a quell'affermazione con una smorfia di disgusto, quasi l'altro avesse detto chissà quale oscenità.
– Come ti pare, ci rinuncio. Tanto si sa già dove ti porterà il tuo sangue, e la risposta è: Serpeverde! – sibilò, per poi scomparire subito dopo nel proprio scomparto.
Remus aveva assistito allo scambio in un silenzio attonito, quasi non riuscisse a capire il perché di tutto quell'astio tra due membri della stessa famiglia. Osservò Sirius, il quale fece un gesto abbastanza eloquente in direzione del punto nel quale la sua parente era appena scomparsa. Poi si voltò e riprese a camminare come se nulla fosse, sebbene i suoi occhi tradissero un certo nervosismo. Remus sperò che quel ragazzo tanto gentile solo un attimo prima non fosse mutato in un prepotente come sembravano essere i suoi familiari a causa di quel breve diverbio, e lo seguì nonostante questo suo timore per forza di cose: non ci teneva a restare da solo. Neanche era arrivato ad Hogwarts e già si sentiva un potenziale bersaglio per i bulli, come era sempre stato nella sua vecchia scuola babbana!

Ma il sorriso dell’altro, che si era voltato per segnalargli che aveva trovato uno scompartimento libero, bastò a rincuorarlo a sufficienza. Lo seguì senza esitazione, sedendosi nel sedile accanto al finestrino, di fronte a quello di Sirius, che ora continuava a scrutarlo sorridendo. E ci vollero pochi istanti perché Remus arrossisse, a disagio sotto il suo sguardo curioso.
– Sei un Mezzosangue, vero? – domandò improvvisamente Sirius, e Remus volle sprofondare all’istante nel proprio sedile. Era così evidente che non discendesse da una famiglia di stirpe magica come l’altro?
Si agitò nel proprio posto, a disagio, prima di annuire. – Si, i miei genitori non sono maghi. – sussurrò, guardandosi i piedi. Chissà che questo non significasse che la loro amicizia era giunta alla fine ancor prima di incominciare. Ma di nuovo, Sirius si limitò a sorridere ed annuire, allegramente.
– Questo significa che dovrò insegnarti tutto ciò che c’è da sapere su Hogwarts, eh? – disse, come se ne fosse felice. Ma perché mai avrebbe dovuto esserlo?
Stava proprio per chiederlo quando la porta del loro scomparto si aprì di colpo, rivelando un ragazzo moro come Sirius, con gli occhi vivaci coperti da un paio di spessi occhiali tondi. Remus non fece in tempo a domandarsi chi fosse che già il suo nuovo amico si era alzato per accoglierlo. Non proprio calorosamente.
– Cosa vuoi, Potter? – chiese infatti, sprezzante.
– Non fa piacere neanche a me, ma a quanto pare tutto il treno è invaso dai tuoi parenti, Black. – replicò l’altro, storcendo il naso. – Per cui questo è l’unico posto disponibile. Relativamente. – aggiunse, come a far capire che mal sopportava l’altro.
– Sono anche parenti tuoi, cugino. – ghignò Sirius, tranquillo. Non ce l’aveva con lui, alla fine; era uno dei parenti che apprezzava di più. Peccato che...
– Sono imparentato con un gruppo di Serpi, ma che bello! Come mai non fai loro compagnia? Sono certo che sarebbero lieti di dirti come ci si comporta da principini a scuola, mh? –
Sirius sospirò, scuotendo la testa. Remus invece restò in silenzio, ascoltando quello scambio di battute acide come se si trattasse di una partita di tennis. Non seppe che fare quando Sirius si limitò a scrollare le spalle e a poggiare il gomito sul ripiano accanto al finestrino, posando poi il volto sulla propria mano per guardare il paesaggio che iniziava a muoversi.
Un fischio acuto si espanse nell’aria, segnalando la partenza del treno.
“Potter”, come era stato chiamato dall’altro, adocchiò con diffidenza Remus, che ricambiò il suo sguardo duro con uno più timido. Fu probabilmente questo che convinse l’altro ad occupare il posto accanto al suo, lontano dal cugino che continuava a guardare fuori dal finestrino.
Per un istante Remus fece guizzare lo sguardo dall’uno all’altro, e poi si fece coraggio e si voltò verso il suo vicino, dicendo con voce incerta ma chiara: – Sono certo che ti sbagli. Sirius non è una Serpe; ha detto di voler essere un Grifondoro... Qualunque cosa questo significhi. –
Entrambi gli occupanti dello scompartimento sussultarono, come se gli avesse appena detto di avere una testa mozzata nel baule.

– Davvero non sai come funziona Hogwarts? Anche se ci stai andando? Devi essere un mezzosangue! – esclamò James. Remus arrossì, capendo perché fosse così evidente la sua estraneità a quel mondo, e annuì piano. Ecco una delle prime cose che si  sarebbe dovuto far spiegare da Sirius... Che, stando alla sua frase precedente, sembrava intenzionato a restare con lui per insegnargli tutto ciò che ignorava.
E infatti, come se gli avesse letto nel pensiero, Sirius si voltò e interruppe il cugino, che era rimasto a bocca aperta per lo stupore e stava per dire qualcosa, dicendo: – Pensavo che sapessi almeno queste cose! Ad Hogwarts ci sono quattro case – Tassorosso, Corvonero, Serpeverde e Grifondoro – dove gli studenti vivono come se fossero in famiglia. – iniziò pazientemente a spiegare, mentre Remus lo guardava con aria concentrata. In famiglia... Quindi...?
– Quindi i membri della stessa famiglia finiscono nella stessa casa? – domandò cauto; aveva notato che non era quello che Sirius desiderava, e il suo presentimento fu confermato dall’espressione dell’altro, che s’indurì come a voler contenere una smorfia similare a quella della sua parente di poco prima, in corridoio.
– Può capitare, si, ma non è detto. E in tutta onestà spero che non capiti a me. –
Quest’affermazione attirò l’attenzione di Potter, che si mise ad osservare il cugino. Lui lo ignorò.
– Ogni casa ha il suo tratto distintivo. Tassorosso ha la lealtà, Corvonero l’intelligenza, Grifondoro il coraggio e... – e qui l’altro lo interruppe.
– E Serpeverde il viscidume, come s’intuisce dal nome. – Probabilmente voleva fare una battuta sprezzante sui propri parenti per offendere Sirius, che si limitò ad annuire. E ad aggiungere: – E non solo. –
L’espressione di Remus si fece ancora più confusa per un istante, prima che il ragazzo accanto a lui sbuffasse: – Piantala con questa recita, Black. Sappiamo tutti che sei marcio come tutti i tuoi parenti! –
Lupin restò a bocca aperta, colpito dalla durezza di quella frase, e sobbalzò quando sentì una specie di ringhio provenire da di fronte a lui.
– Non osare paragonarmi a quella gente, Potter! – disse, rabbioso, e Remus già temeva che potesse scoppiare una specie di rissa, verbale o meno.
Ma, per sua fortuna, la porta dello scompartimento si aprì e un ragazzo dall’aria impacciata sporse la testa all’interno. Tutti si voltarono a guardarlo, e fu come se la tensione uscisse dal piccolo spazio in cui si trovavano.
– Uhm, s–scusate, i–io non so d–dove sedermi... – balbettò il nuovo arrivato, incerto, probabilmente intimorito dagli sguardi freddi di due dei tre occupanti dello scomparto, che però annuirono semplicemente, dando il loro consenso, prima di tornare uno a guardare fuori dal finestrino e l’altro il pavimento, le braccia incrociate al petto in un gesto di stizza.
Remus era molto a disagio, per cui osservò il ragazzo sedersi sul sedile opposto a quello di Sirius, tentando di stare lontano da entrambi i cugini. Esitò un attimo, e poi si rivolse gentilmente a lui: – Piacere, io mi chiamo Remus Lupin! – disse, con un sorriso.
L’altro sembrò arrossire a disagio, ancora più timido di lui stesso; la cosa lo intenerì.
– Io sono P–Peter Minus, piacere di conoscerti... – rispose, balbettando ancora.
Gli altri due si presentarono all’unisono, scoccandosi poi un’occhiata omicida prima di ripetere i propri nomi con freddezza ma più calma.
– Sirius Black. –
– James Potter. –
Dopodiché, il silenzio calò nello scompartimento. Remus si rassegnò al pensiero che la conversazione fosse finita e tirò fuori un libro dalla tasca del cappotto che indossava. Iniziò a leggere, la testa piena di pensieri e il cuore di emozioni,
impaziente di arrivare alla scuola. Talmente tanto che riuscì a leggere solo un paio di pagine fino al momento in cui la porta si aprì di nuovo.
Sollevò lo sguardo dal volume, curioso, notando che ora sull’uscio c’erano un ragazzo e una ragazza ridente.
– Possiamo sederci qui? – chiese lei, cortesemente. A questo punto era evidente che il treno fosse pieno. I ragazzi annuirono tutti tranquillamente, più calmi rispetto a poco prima, ma Peter saltò nervosamente sul sedile accanto al suo, finendo vicino a Sirius, quando il ragazzo dai capelli neri che accompagnava la ragazza dai capelli rossi gli lanciò un’occhiataccia abbastanza eloquente. L’altra sembrò non notarlo mentre occupava il posto accanto a James.
– Io sono Lily Evans, piacere! – cinguettò, allegra, l’emozione palese nella sua voce – E lui è il mio amico, Severus Piton! – presentò l’altro con un sorriso, ma ricevette un’altra occhiata torva: era chiaro che egli non volesse far sapere il proprio nome a degli sconosciuti con così tanta leggerezza.
Ci fu un altro giro di nomi da parte dei ragazzi, che osservarono la coppia di nuovi arrivati con curiosità e, nel caso di Peter, ulteriore timore.
I due si misero a chiacchierare come se fossero soli, parlando delle loro aspettative e dell’impazienza di lei di arrivare, fin quando Lily non voltò lo sguardo e notò il volume tra le mani di Remus.
– Oh! James Joyce? – domandò, iniziando ad intrattenere col ragazzo una conversazione sull’autore, che a quanto pare era il suo preferito. James, in mezzo a loro, non poté non seguire il dibattito su quale fosse la sua migliore opera con un’espressione annoiata sul viso, mentre i due scoprivano di avere una passione in comune: la lettura. E il fatto che fossero entrambi figli di babbani agevolava la cosa.
L’unica differenza era che Lily, conoscendo altri maghi come Severus, aveva avuto modo di informarsi e studiare qualcosa di magia e soprattutto sul mondo dei maghi, che a Remus appariva ancora come ignoto e misterioso.
Presto ebbero fatto amicizia e la conversazione si spostò su argomenti interessanti anche per gli altri: si parlò delle lezioni che avrebbero affrontato, le varie materie scolastiche, gli sport praticabili a scuola, le mille persone che si sarebbero incontrate e conosciute.
L’intero scompartimento iniziò a parlare: tutti e sei, eccezion fatta per Severus, più chiuso degli altri, dissero la propria sul loro futuro, e anche Peter una volta che si fu rilassato si rivelò essere un chiacchierone.
Tutto andò bene fin quando Sirius e James iniziarono a discutere con Severus, il quale sosteneva di preferire l’insegnamento delle Arti Oscure, piuttosto che la difesa contro di esse. Gli altri due ragazzi lo attaccarono quasi, e Lily s’intromise. Il battibecco finì con i due che abbandonavano lo scomparto, stizziti e arrabbiati, sbattendo la porta alle loro spalle mentre James e Sirius continuavano a parlare tra loro di quell’argomento sul quale sembravano stranamente concordare.
Remus era atterrito: e lui che pensava di essersi fatto due amici! E così, senza pensarci due volte, si alzò e seguì gli altri due fuori dallo scompartimento, ignorando la voce di Peter che gli chiedeva dove stesse andando.
Raggiunse in breve Lily e Severus, ancora in cerca di un altro posto a sedere, e li fermò nel mezzo del corridoio.
– Mi dispiace per quello che hanno detto i miei amici. – si scusò, senza sapere perché si riferisse a dei quasi sconosciuti con quell’aggettivo.
Lily sospirò e si fermò, incrociando le braccia al petto e guardandolo accigliata. – Non ce l’ho con te, ma mi da molto fastidio quel genere di comportamento. Attento a non farti rovinare; mi sembri simpatico. – si limitò a dire prima di girare sui tacchi e sparire in un altro vagone, seguita in silenzio da Severus.
Remus sospirò a sua volta, tornando al proprio scomparto.

Ma proprio mentre si stava avvicinando, una porta si aprì e una mano lo afferrò per il polso, trascinandolo dentro.
– Ma guarda che bel ragazzino! Sei un amico di Sir, uh? Chissà che ci trova in un patetico Mezzosangue come te! – disse crudelmente una voce conosciuta.
Lupin aprì gli occhi solo per trovarsi al centro dell’attenzione di ben sei ragazzi e ragazze riccamente vestiti, tutti con la stessa spilla che aveva trovato in stazione. E quella ragazza dalla voce familiare, era niente di meno che la cugina di Sirius, quella che lo aveva insultato prima!
Il povero ragazzo non poté fare a meno di arrossire a disagio. Non fece in tempo ad aprir bocca per replicare che un’altra voce femminile disse: – Che carino, è proprio un peccato che sia un pezzente! –
– E un moccioso. – aggiunse qualcuno, un uomo questa volta.
Remus si sentì a disagio come non mai mentre quelle parole di scherno piovevano su di lui come grandine, e per questo si guardò intorno in cerca di aiuto.
Pensò di trovare conforto in Sirius, seduto in un angolo, ma subito realizzò di sbagliarsi: si, quel ragazzo somigliava in maniera impressionante a Sirius, ma non poteva essere lui! Era più grande, e indossava una divisa scolastica bordata di verde. Non parlava, si limitava a fissarlo. E se possibile questo lo rese ancora più inquietante degli altri.
Remus tentò di fuggire dallo scompartimento, aprendo la porta e saltando fuori, seguito da altre risate, ma non poté fare un passo in direzione del proprio scomparto che si schiantò contro un ragazzo più alto di lui, dai sottili capelli biondi. Lo riconobbe come quello che, in stazione, aveva ammonito Sirius per aver perso la spilla. Il suo sguardo era superbo e freddo, e Lupin non riuscì a non arrossire dall’imbarazzo, indietreggiando appena, incapace di scusarsi.
L’altro sembrava in procinto di dire qualcosa quando una voce venne in suo soccorso.
– Oh, signor Prefetto, presto, c’è un emergenza nel reparto Serpi velenose! – disse, beffarda.
Il ragazzo si voltò e scoccò un’occhiata sprezzante a Sirius, alle sue spalle, prima di rivolgersi nuovamente a Remus. Un ultimo sguardo e lo scansò con la mano come se fosse immondizia di poco conto, rientrando nel proprio scomparto senza una parola.
Il povero ragazzo, a questo punto, schizzò in direzione di Sirius, deciso ad allontanarsi da li il prima possibile. Guardò imbarazzato e confuso il suo amico, che con un sorriso rassicurante gli spiegò: – Non ti vedevo tornare e mi sono preoccupato. – come se fosse la cosa più naturale del mondo. – E a quanto pare ho fatto bene; quello è Lucius Malfoy, un altro mio caro cugino. Cerca di stargli alla larga, non è un tipo raccomandabile. Non farti ingannare dalla spilla da Prefetto e dall’aria nobile. Anzi, più precisamente è di tutti i Serpeverde che devi diffidare. – disse mentre tornavano insieme al proprio scompartimento.
Remus annuì, confuso. – Ma perché ce l’avevano con me? – chiese, ancora scosso.
L’altro gli mise un braccio attorno alle spalle, confortante.
– Nessuna ragione in particolare, fanno così con tutti. Forse se la sono presa con te perché prima eri con me. – disse, scrollando le spalle come se fosse normale.
Quando vide l’altro abbassare lo sguardo preoccupato però si affrettò a correre ai ripari.
– Ah, ma devono solo provarci a farti qualcosa di male! Se feriscono uno qualunque dei miei amici gliela farò pagare cara! Quindi, d’ora in poi ti difenderò io! – disse con un sorriso smagliante.
Remus rimase quasi a bocca aperta, sorpreso da tale dichiarazione. Ma non si chiese il perché: capì semplicemente che Sirius doveva essere davvero diverso dal resto della famiglia, e che aveva un cuore d’oro.
Per cui si limitò a sorridere e a seguirlo all’interno dello scompartimento, sperando che il resto del viaggio potesse essere tranquillo.
   
 
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