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Autore: velocity girl    07/07/2011    7 recensioni
In un mondo tutto suo, dove le parole non possono turbarlo. E se adesso non vede i mille difetti che questa caratteristica può portare - e porterà sicuramente - è solo perché infatuato.
Tanto vale approfittare di questa predisposizione, si dice, mentre negli occhi dell'altro passa un pensiero - gli scurisce le iridi, le illumina di un sentimento - ed accetta ugualmente. Come se niente fosse.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ottavo capitolo:
Human.



Sono rimasti al Jazz Club fino alla fine, anche sforzandosi per restare. Questa volta ad aiutarli c'è anche la curiosità che li divora, nata quando hanno visto Val sparire in una delle stanzette del locale per poi uscire prima degli altri con un sorriso strano. Sincero ma ambiguo, quel tipo di espressione che ti terrorizza per quanto poco chiara.

Val è la differenza di quello spettacolo.
Concerto che si muove sulle solite note basse, calme, quasi viola nel contrasto del blu. Il concerto si muove ed ognuno è perfettamente capace di fare la propria parte: da Joanne che con la sua voce tenta di accompagnare gli altri musicisti e tutti i clienti attenti, a David con il suo impegno quasi isterico, a Val con le sue note profonde.
Ed in quelle sta sistemando il suo addio.
Gli altri sono scomparsi di fronte alla sua determinazione, alla sua volontà di passare un messaggio individuale fregandosene del suono collettivo. Il piano lo ha di certo aiutato in questo scopo, ma gli occhi di Joanne non hanno fatto altro che pregarlo.

Cambia idea. Resta. Non andare. Torna con noi.
Ma questo non è nel suo stato d'animo.

Una volta finito non si è fermato a ringraziare, come fa di solito, né si è girato per sorridere alla sua cantante. No, è andato direttamente verso il tavolo dei suoi amici, sedendosi con loro come se niente fosse, per niente stanco da tutta l'interpretazione, deciso a spiegare che ha lasciato tutto.
Che da adesso si può considerare un solista.

Ed è così contento della sua scelta! Sorride, scherza, fa qualche battuta, pare quasi ubriaco da tutte le possibilità che gli si pongono davanti. Al tempo stesso è così triste che non vuole cambiare posto per andare a festeggiare.
Se n'è andato dopo poco, continuando ad elencare qualche progetto, nel tentativo di non pensarci troppo, di lasciar perdere, di concentrarsi solo sulle future melodie e sulle persone alle quali potrebbe chiedere un po' di aiuto. Che sa suonare da solo di fronte una folla si sa, lo hanno visto tutti, quindi la notizia non dovrebbe provocare troppo scalpore fra chi conosce.

Se n'è andato.
E loro sono rimasti. Dopo tutti quei giorni senza nemmeno parlarsi o confrontarsi, carichi di una nuova consapevolezza.

«Mi piaci in un modo strano,» gli ripete Jude, «quindi non dare di testa come ha fatto lui.»
«Certo.» Risponde, ancora vagamente preoccupato per il suo trombettista. In realtà crede di essere già impazzito, ma se l'altro non lo ha notato può tranquillamente continuare a fingere. Fingere: come ha fatto fin'ora, come ha fatto anche Jude.
Magari è il caso di smetterla: «Sono già pazzo.»

«Perfetto.»
«E... beh, non è uscita come volevo.»
«Cosa?»
«No, niente, lascia stare. O stai fingendo?»
«Fingendo?»
«Sì, insomma, di non capire.»
«Non ti seguo proprio... di non capire? Che cosa dovrei capire?»
«Che sono pazzo.»
«Va bene,» annuisce, come se la rivelazione non costituisse un problema per lui, «ma perché dovrei fingere di non capire che sei pazzo?»
«...Mi confondi!»
«Sì, anch'io mi confondo spesso. C'è da dire che di solito sono da solo in questo.»
«Siamo soli insieme, come sempre,» sospira, «Jude... proviamoci, ok?»
«A stare insieme?»
«Vedi? Sei molto meglio quando non fingi di avere la testa completamente vuota: sei sempre lì che non capisci, ma almeno sei più naturale.»
«Mi sto impegnando molto.» Ride l'altro, cogliendo il tentativo di alleggerire la strana tensione creatasi fra loro due.

«Ti prego...?» Prova a chiedere. Di nuovo, di nuovo, di nuovo. Sente che ad un certo punto cederà, si arrenderà e gli dirà tutto il problema; così magari capirà interamente perché secondo la sua testa questa cosa non può funzionare.

Jude cede, infatti: boccheggia per qualche secondo, chiaramente senza nessuna idea su che cosa dire, per poi buttare un isterico: «Non so nemmeno da dove iniziare! O che cosa fare, ecco. Mio padre parla sempre male di queste cose e da ciò che dice lui pare qualcosa di davvero terribile... non che lui lo abbia mai fatto, credo, ma sì. Terribile.»
«Non è che devi prendere tutto ciò che dice tuo padr-»
«Terribile.»
«Ok,» prova a ragionare, «la tua amata ex fidanzata. Conta che si tratta della stessa cosa, solo al maschile.»
«No, non è la stessa cosa. Lei era più carina di te ed era tutte curve. Morbida. E quando volevo dormire la potevo usare come cuscino, infat-»
«Smettila.»
«Tu sei anche americano! Chissà come lo fate voi in America. Fate sesso - sesso! - per poi bere birra? Con la partita in sottofondo? O tutto insieme nello stesso momento?»

«No, tu non fingi di essere un cretino,» sospira Robert, sconsolato, «ma sono felice che iniziano a spuntare fuori luoghi comuni stupidi anche su di me, vuol dire che stai entrando nell'ottica di avermi come fidanzato.» Lo stuzzica.
«In minima parte, ti ho detto.»
«Ti darebbe così fastidio?»
«Non ne ho idea. Non lo avevo proprio considerato...»
«E cosa c'è di diverso?» Domanda amaro, più a se stesso che a Jude.

Si alza, paga il conto per entrambi senza chiedere niente, poi si dirige verso la porta con fare deciso. Sarebbe una bellissima uscita epica se non fosse che l'inglese lo sta seguendo passo dopo passo, come se fosse il suo nuovo cagnolino.
Questo è il muto segno che effettivamente ci tiene, che ha paura di perderlo, che è tentato dalle sue parole. Jude è bloccato dalla sua paura, non ci vuole un genio a capirlo.

«Ti accompagno a casa?» Gli chiede, quando oramai sono all'aria aperta ed il freddo ha preso a ricoprirli.
«Grazie.»

I discorsi si sono fatti freddi mentre, camminando piano piano, si rendono conto che a tutto c'è un limite. Che potrà anche salire quelle scale per l'ennesima volta, attraversare quel corridoio, chiudersi in una stanza qualsiasi con Jude.
Ma il problema rimane e rimarrà sempre: non potranno andare avanti così.

E mentre fa quel percorso - quello stesso che ha fatto fino ad adesso, che continuerà a fare, che non potrà mai smettere di compiere qualsiasi cosa pensi - Robert formula un lieve discorso nella testa: se avrà abbastanza coraggio da rischiare glielo farà.
Sì, ha intenzione di parlare.
Come cosa, da sola, potrebbe bastare - no?

Val si è dichiarato con una semplice intenzione. Lui lo ha fatto con un bacio, ma non ci ha ottenuto ancora niente.

Così sono tornati a casa di Jude, salendo piano le scale che portano al suo appartamento condiviso, strisciando lungo le pareti dei corridoi pur di arrivare silenziosamente nella sua stanza, il teatro di tutta la loro storia.
Il palco dove si sono esibiti.
Una volta arrivati, si rendono conto che il silenzio che hanno portato fino ad ora va spezzato.

«Credo davvero che potremmo provarci. Che dovresti provarci, ecco.» Dice il primo attore in scena.
«Non so.» Risponde il secondo, non preoccupandosi troppo dell'intonazione: tanto conoscono entrambi il copione, sanno che cosa dirsi e come rispondersi senza modulare troppo la voce.
«Potresti.»
«Ma...»
«Lo sai anche tu, non c'è nessun problema e non fa schifo, ricordi?»
«Sì.»
«Non era un addio, Jude.»
«No, infatti.»

E qui il sipario potrebbe anche calare, far scendere gli attori dai rispettivi posti. Solo che non succede: tutto rimane fermo come si trova. Statico. Finché Robert si avvicina, non troppo invasivo, la volontà di replicare il gesto compiuto da Jude il mercoledì precedente.

Gli lascia un bacio sulle labbra, leggero, poi un altro.
Ed un altro ancora.
Delicati, poco decisi, quasi pallidi per la loro assenza di tempo. Ognuno di loro dovrebbe essere l'ultimo anche se, semplicemente, non riesce a smettere.

Continua.
Fin quando Jude non si arrende.

Ed il bacio diventa davvero un bacio.
Mentre loro diventano una vera coppia.

*


«In pratica l'unica differenza è che adesso tu puoi baciarmi quando ti pare?»

Lunedì, primo pomeriggio, prima di andare al Fish and Chips che finalmente ha riaperto - cosa sia poi successo di quella vicenda non lo sa, in effetti, pare quasi passata inosservata - e prendere così a lavorare.
Stanno ancora parlottando, vicinissimi, come se si trattasse di un segreto di stato, un qualcosa di tutto loro.

«Puoi farlo anche tu, sai?»
«Oh, è vero,» ed in effetti lo bacia, per poi separarsi un attimo e guardargli le labbra. «E...»
Tenta di aggiungere, prima che l'altro lo interrompa con un: «Jude, è impossibile che tu abbia altre domande. Le hai chieste tutte, più volte, e non so perché ti rivolgi a me come se me ne intendessi!»
«Ma sì, sarai pratico.»
«Eh?»
«Di queste cose. No?»
«In effetti no...»
«Ah!» Esclama, come se gli avesse appena fatto un regalo, «Davvero?»
«Sì.» Sbuffa.
«Sono il primo? Il primo-primo?»
«Sì.»
«Che bello!» Continua, visibilmente felicissimo.

La cosa diverte Robert, per qualche motivo che non sa bene come spiegarsi: sarà che l'atmosfera che sente non è pesante, ma gioiosa, ed il tono di Jude non è di presa in giro. Lo si direbbe davvero così emozionato da poter improvvisare un balletto.
«Perché sei contento?» Chiede quando la curiosità si fa troppa.

Lui cambia espressione, sembra imporsi una specie di tranquillità, «Così.» Sminuisce, mentre scrolla leggermente le spalle.
«Non vale come risposta, sai?»
«L'ho dimenticato.»
«Non vale nemmeno questa.»
«Aaaah, va bene,» si arrende, «perché così non sarò l'unico imbranato.»
«Stai dicendo che son-»
«Lo sei.»
«Ovviamente!» Risponde acido ed in risposta riceve un casto bacio sulla guancia, quasi frettoloso nella sua semplicità.
«Sono perdonato?»
«Perdonato? Il mi-» e si ferma. Si interrompe quando si rende conto che stava per dire "mio ragazzo" quando l'altro non ha ancora accettato in quel senso: non ha mai avanzato una richiesta specifica da quando si sono chiariti, in effetti.

Jude nota il tentennamento ma non riesce ad individuarne la causa esatta, così domanda: «Dai, non fare così. Non è il caso.»
«Non è questo...»
«Stavi per dire qualcosa di osceno?» Prova allora, l'angolo sinistro delle sue labbra leggermente sollevato in alto, in un sorrisetto malizioso che non si sarebbe mai aspettato di vedergli addosso.
«Nemmeno. È che...» Si mordicchia le labbra, «...noi.»
«Cosa?»
«No, niente.»
«Dillo, non mi scandalizzo. Prometto.»
«Eh? Ma che cosa hai capito?»
«Ben poco. Pensavo mi volessi chiedere del sesso. O delle pratiche che fate voi.»
«"Pratiche che facciamo noi?" E tu? Guarda che devi cominciare ad includerti nella categoria,» lo stuzzica, sperando così di distrarlo, «e non sei per niente romantico. Un caso disperato.»
«Ci sei tu per quello.»
«Come fai a saper-»
«Ti conosco.»

Maledettamente vero, probabilmente lo conosce meglio di quanto Robert stesso crede.

«Volevo chiederti,» fa un profondo respiro, realizzando che è anche stupido tentennare così tanto ora, «se ci hai riflettuto. Se stiamo insieme.»
«Vedi che ci pensi tu? Strano che non mi hai portato un mazzo di rose.»
«Rispondi.»
«Sì.»
«Sicuro?»
«Sì, adesso sì.»
«Persino sulle nostre pratiche o come le chiami tu?»
«Mh,» questa volta è lui a mordicchiarsi le labbra, «diciamo che per quelle aspettiamo un po'.»
«Ovvio! Quando vuoi!»
«Mi disp-»
«No, non serve. Facciamo tutto lentamente, ok?» Lo rassicura, per poi scherzare: «Mi dispiace solo per le rose. Te le avrei portate, se sapevo.»
«Se sapevi? Guarda che non le volevo. Ti prendevo in giro.»
«Niente,» ride, «ti prendevo in giro anch'io. Sono piuttosto contento.»
«Lo sono anch'io.» Risponde l'Inglese, mentre ride con lui.

Sono felici - è vero - nessuno dei due sta mentendo: sono davvero rilassati nella loro gioia quando oramai è ora di andare. Quando Robert pensa che il tempo dovrebbe fermarsi con il solo scopo di aiutarli a far crescere quella relazione.

*


Morbido, caldo, gioia, affetto, Jude, Robert, lenzuola, I've had enough dei The Who in sottofondo e la consapevolezza di avere fra le braccia ciò che desiderava. Perché sì: non sono mai stati così contenti insieme.

Val aveva ragione, alla fine: la differenza tra il loro essere una coppia di amici ed il loro essere una vera coppia è sottile, si può tranquillamente ignorare il fatto che fino a due settimane prima erano ancora nel loro limbo di confusione e scelte ancora non prese.

Sembrano fatti per stare in questa maniera, stretti. Ma era una sensazione che già provava, una verità che ha sentito nel primo secondo.

Praticamente si impedisce da solo di commentare qualcosa sul destino, cosa che farebbe, se non fosse che si sta impegnando per tacere questa voce - nella sua testa e nella sua gola - e fare qualche piccolo cambiamento al suo modo di vedere le cose.
Migliorare un po', giusto per la vita di coppia.

Jude lo sta facendo: non si è più lamentato di possibili dubbi, non ha più fatto finta di non capire, non ha ancora mosso nessun passo falso; si sta comportando straordinariamente bene, anche se certe volte sente una qualche resistenza da parte sua - probabilmente dovuta al suo essere straordinariamente appiccicoso quando ci si impegna - ma indipendentemente da questo ci sta provando come Robert gli aveva chiesto di fare.
Riuscendoci.

Non ha pretese, non chiede, non si impone: lascia che sia Robert a fare tutto, che si presenti alla sua porta e che lo trascini nei suoi discorsi, nella sua vita, più o meno come hanno sempre fatto da quando si frequentano.

Si può dire che le loro dinamiche non sono cambiate, in un certo senso.
Che forse manca ancora qualcosa.

Ma sono passate solo due settimane ed oramai è chiaro che le cose meritano il giusto tempo fra di loro. A Robert sta anche bene, mentre è praticamente stretto al suo corpo e sdraiato sul suo letto - quando finalmente riesce ad annusare il suo odore - perché una parte di lui sa che facendo così non bruceranno troppe tappe tutte insieme.
L'altra parte fa notare che di tappe non ne hanno proprio bruciate.

Tuttavia non può chiedere tutto e subito, no?
Una sua mano scivola sotto la maglietta di Jude.

«Robert?»
«Che c'è?»
«Ma come "che c'è". Cosa stai facendo?»
«Niente,» le cose nostre omosessuali, «sta tranquillo.»
«Ok.»
«Ok? Vuoi dire che ti fidi?»
«Sì.»
«Bene,» replica emozionato, «benissimo!»
«Ora mi spaventi, però.»
«Eh?»
«Quando sei contento fai una faccia strana, tipo-» e lo imita «-così. Mi preoccupavi all'inizio.»
«Ed adesso?»
«Ed adesso pure. Che stai facendo?»
«La stessa cosa di prima.»

Jude sbuffa, forse scocciato, poi assume un'aria un po' più seria, «Mi fido davvero.» Dice, cercando il suo sguardo - come per confermare che sì, davvero, non ci sono dubbi e lui è pronto a fare qualsiasi cosa.

Robert rimane qualche secondo senza rispondere, la mano ancora poggiata sotto la sua maglietta, sopra le pelle calda, «Grazie,» mormora quando il silenzio si fa un po' pesante, tuttavia senza sapere se va bene risponder così brevemente, «sono contento.» Aggiunge, incerto ma sincero.

«Mi facevo tanti problemi, ma mi sono sempre fidato,» continua lui senza nemmeno badare alla sua scarna risposta, «credo sia solo un po' strano.»
«Cosa?»
«Che non sia così brutto stare così. Sai, si pensa sempre peggio.»
«Te lo avevo detto.» Sorride.
«Lo so,» gli ruba un bacio leggero, quasi sbarazzino, «colpa mia.»

Potrebbe aggiungere mille parole. Mille ancora, ancora discorsi, potrebbe stringersi ancora di più, continuare a scherzare, battibeccare per le minime sciocchezze, potrebbe fare tutto questo ed eppure non fa nulla. Non ne ha bisogno.
Con la mano continua ad accarezzare, a tastare, rendendo vero il fatto di stare lì. Perché se lo può toccare significa che non lo sta più solo immaginando, che va tutto bene, che si può tranquillamente fare, che se volesse potrebbe spingersi oltre quelle lievi carezze.

Lascia un bacio sulla stoffa.

Love reign o'er me.
Love reign o'er me.
Love.


Sente dire la canzone, sempre la stessa.

Amore - perché di quello si tratta - e nella sua testa torna ciò che un tempo rappresentava quel sentimento: che coinvolge tutto, la mente, i pensieri, i sensi, le parole, il sesso.

Amore e sesso. Interessante, pensa, forse persino da provare.

Improvvisamente la sua carezza si fa più insistente, più ruvida, pretende qualcosa, improvvisamente anche l'altra sua mano si muove verso Jude, su Jude, per tenerlo fermo nel caso voglia scappare - ed ha davvero paura che lo faccia, che si tiri indietro proprio ora che sta andando tutto bene, nonostante la sua promessa di fidarsi.
Di sicuro non vuole spaventarlo, ma come potrebbe? Nemmeno lui ha idea di come cominciare, da dove iniziare, come provarci solamente. Avverte solo l'istinto di andare avanti e già l'idea - che comunque lo ha toccato più volte nelle ultime settimane - basta per fargli sentire qualcosa al basso ventre.

Had enough of living, continua ad ascoltare, mentre si avvicina anche con il resto del corpo, Had enough of dying, poggia la testa sul suo petto quando oramai gli è addosso, con il naso riesce a cogliere ogni suo odore, con le orecchie sente i suoi respiri accelerati, quasi più intensi della canzone che continua a suonare in sottofondo, Had enough of smiling, had enough of crying, ed è probabilmente così perché è nervoso, perché sicuramente nemmeno lui sa che cosa fare. Forse è addirittura più perso di lui.

Si sistema fra le sue gambe quando è sicuro di non ottenere resistenza, aderendo perfettamente al suo corpo.

E non c'è niente di strano nel Jude che - forse - resiste un po', chiaramente a disagio in quella posizione, probabilmente pensando che se proprio deve succedere è sicuramente meglio per lui invertire le parti. Se lo aspetta persino, Robert, lo vede che sta considerando l'idea.

A sorprenderlo c'è invece il fatto che Jude non si tira indietro né lo spinge via.
Lo sente muoversi, lo sente stringerlo, lo sente cercare qualcosa, lo sente lamentarsi per gli stimoli - ma non con il tono scocciato che stava usando prima.

Taken all the high roads, e quello che si danno è un bacio dal sapore diverso, un contatto che sa di saliva e frustrazione, una carezza sicuramente più dolce di quella che stanno dando le sue mani. Le sue mani, ragiona, mentre scende un po' verso il basso.
Piano piano - I've squandered and I've saved - per arrivare ai suoi pantaloni, ottenere un consenso nel tempo che impiega per scendere; lo trova sulle labbra, lo sente quando la sua lingua va a stuzzicare l'altra.

I've had enough of childhood, mentre gli sbottona i pantaloni, I've had enough of grades, mentre fa scendere la lampo, I've had enough of dancehalls, mentre Jude tenta di sfilargli la maglia e lui stesso provvede a togliersi i vestiti. Ha appena scoperto di non vergognarsi, se non altro, si sente perfettamente a suo agio in quella condizione.
Ma non con il fatto che i pantaloni di Jude siano ancora lì.

I've had enough of streetfights, e li fa scendere insieme ai boxer, osservandolo, guardandolo mentre lui imbarazzato annuisce - a cosa poi? - con la testa e posa le sue mani sul suo intimo. Una manciata di secondi che nessuno dei due sa quantificare, un'altra maglietta viene abbandonata sul pavimento, e sono nudi.
Completamente.

Guardandosi in questo modo capiscono che va bene. Che avevano tutti ragione, si può fare, non sembra sbagliato - per quanto diverso - e quello strano che Jude ama ripetere ha una connotazione più positiva di quanto sperava.

Ed è Jude stesso a tirarselo addosso, a cercare un contatto più intimo, sorprendendo entrambi.

Quando finalmente questo contatto arriva, l'unico pensiero che Robert riesce a formulare è il caldo. Caldo, caldo e qualcosa che non capisce, piacere probabilmente, senso di appartenenza e gioia, dolcezza in quei momenti lenti - languidi, soffocanti, pesanti.
Ci sono solo loro due adesso, niente finzioni di mezzo.

I've seen my share of kills, parlano i The Who per lui, mentre le mani di Jude prendono a toccarlo, tastarlo come prima stava facendo lui, arrivando ovunque con quasi più malizia. Esplorazione. Fino a quando non si fermano proprio lì - proprio lì, sì! - e lo stuzzicano, come se stesse semplicemente curiosando, come se stesse riscoprendo qualcosa. Non è vergine come lui, Jude, ma in questo momento non lo si direbbe.

I'm finished with the fashions, quando ad un certo punto il movimento dell'Inglese si fa più deciso, certo, ancora confuso, ma comunque più determinato contro la sua pelle. Più veloce. E Robert non può che abbandonarsi a quella velocità, cedere, decidendo che va bene così, che i sentimenti possono aspettare, nella sua testa non c'è tempo per quelli.

Prende a muovere i fianchi - and acting like I'm tough - seguendo il movimento di Jude, spostandosi, strusciandosi addosso di rimando. Non importa se non ha idea di che cosa sta facendo, il suo movimento pare quasi mimare un atto che, in sé, non esiste.

Resta la voglia, l'incapacità di pensare ad altro che non sia lo spingere, il bisogno di baciare ed i morsi - piuttosto deboli, in verità - che tenta di imprimere dove arriva, giusto per liberarsi di quella sensazione, giusto perché ha bisogno di sfogare tutta l'eccitazione che prova e che ora è raccolta in un punto unico del suo corpo.

Tutto intorno non c'è più nulla che non sia Jude, Jude che ha preso a strusciarsi di rimando, che tenta quasi di fondersi con lui per quanto lo sta assecondando, che non smette un secondo di muovere la sua - benedetta, oh, sì - mano e che adesso sta sospirando per tutta quella frizione, immerso nei rumori di un gesto combinato e scoordinato che stona con la canzone, I'm bored with hate and passion.

Fino a quando non diventa semplicemente troppo.
E lì, nel suo orgasmo, sente la liberazione mischiata alla consapevolezza di avercela fatta. Lì Robert si sente amato. Spinto da questo anche i suoi gesti si fanno più risoluti: non ha importanza se non lo ha avuto o non è stato suo, la soddisfazione la proverebbe comunque nel sentirlo venire - non è per questione fisica, ragiona - ed è questo che sta cercando.

Una contrazione sotto di lui - nel ragazzo sotto di lui - ed un sospiro molto più intenso dei precedenti lo portano a capire che è riuscito. Che è una sorta di vittoria, quasi, almeno per lui. No? No, se solo ad averlo pensato si sente meschino.

Si sposta, cercando di ignorare il fatto che sia umido fra di loro, si avvicina di nuovo al suo volto e lo bacia, giusto per regalargli un po' di tenerezza.
I've had enough of trying to love.
Lo guarda come guarderebbe una Dèa, con la stessa ammirazione negli occhi, ne riceve in cambio il più splendente dei sorrisi.

Non ha finito di provarci, no, assolutamente.





Note:
Che imbranati, questi due ŏ_o
Comunque: ho tenuto il rating Arancione. In sé non c'è una vera scena di sesso e comunque non si tratta di qualcosa di particolarmente descrittivo... però sono aperta a consigli, visto che non sono molto sicura di questa scelta. Ditemi voi, devo alzare?

I've had enough non c'entra niente né con l'atmosfera né con i tempi della scena in sé, lo so, ed infatti l'ho scelta per il testo nella sua interezza e perché in questo c'è anche un riferimento a Love reign o'er me (che era già apparsa qualche capitolo fa, storpiata da Jude, e che apparirà ancora). Nella mia testa suona molto bene, lo ammetto~

I ringraziamenti per questo capitolo (non sono contenta se non ne faccio qualcuno, LOL) vanno a Barbara - che continua a sopportarmi quando mi lagno ed è sempre disposta a leggere questa fic prima del tempo pur di farmi stare zitta - e Giada - che mi ha assillata su msn per avere questo aggiornamento - entrambe carinissime. Ve lo dico, se non fosse stato per queste due donnine non avrei postato oggi. Ed invece!

Il solito ringraziamento anche a chi legge, segue, commenta, perde un po' del proprio tempo con me. Se vi mostrate vi dono un cuoricino - ok? So che lo volete. La vostra vita non è completa senza un mio cuoricino.

Bene, dette queste scemenze posso pure andare.
A presto!

ps: ♥
  
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