Anime & Manga > Escaflowne
Segui la storia  |       
Autore: Vespa    18/03/2006    1 recensioni
Se Hitomi tornasse su Gaea?
E se all'orizzonte si prospettasse una nuova guerra?
Bhe', se volete trovare risposta a questi interrogativi, basta leggere.
Buon divertimento.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hola, gentaglia ^___^!
Innanzitutto, voglio ringraziare tutti coloro che hanno lasciato commenti, grazie mille!
Eccomi qui che mi accingo a scrivere il terzo capitolo.
Che cosa succederà? (E chi cavolo se ne frega!!! ndtutti; T__T nda)
Comunque abbiamo fatto due nuove conoscenze....eh eh eh (non so cosa ci sia da ridere, -_-').
Ma Hitomi?!
Sinceramente, non ho idea di cosa stia combinando la ragazza della Luna dell' Illusione, però, mi inventerò qualcosa.
La storia, lo so, sta decollando faticosamente... ma che ci volete fare, sono barbosa di natura (tranquilli, ho adottato l'uso della ceretta!).
-__- vabbè, lasciamo stare ste battute idiote, che, tra l'altro, non fanno ridere nessuno...
Ora vi lascio in pace, non si sa se sono più pallosi i miei discorsi insensati o la fan-fic, mha!
A voi il giudizio!
E mi raccomando lasciate commenti (anche negativi nda; ma perchè, speri di riceverne di positivi?!? ndtutti).


CAP 3
Van si gettò, irritato, sul letto; ma cosa erano tutte quelle domande?
Quando era arrivato alle porte di Fanelia con quella fanciulla, tutto il palazzo si era mostrato indignato,
non capiva.
Avevano, addirittura, avuto il coraggio di chiedergli di cacciarla dalla città.
Che lo volessero o no, lui era sempre il re e le decisioni, fino a prova contraria, le avrebbe prese lui.
Si girò, con un movimento brusco, su un fianco, così che i suoi occhi potessero scrutare il cielo stellato, dalla finestra socchiusa.
Quella notte la Luna dell' Illusione era veramente bella.
Una, singolare, sensazione di benessere lo pervase.
Stranamente, quella sera, si sentiva tranquillo e in pace con sé stesso, era da tanto che non provava questa serenità interiore; da quando era piccolo.
Che fosse merito di quella ragazza?
Non si erano detti pressochè niente, ma percepiva in lei qualcosa di particolare.
Il suo corpo la riconesceva come se fosse stata, un tempo, parte di esso.
Tutte le volte che il suo sguardo si posava sulla sua persona, immediatamente si sentiva felice.
E Hitomi? Fino a poche ore fa la desiderava, e ora?
Che fosse, in realtà, così vulnerabile?
Che il suo desiderio di avere qualcuno che non lo rifiutasse, per quello che era, aveva proiettato in Hitomi la figura di colei che lo avrebbe reso felice?
Era estremamente confuso.
Ultimamente pensava troppo.
Tutti quegli enigmi senza soluzione gli causavano un gran mal di testa.
Si passò le dita attraversò i lucidi capelli neri, prese la spada che aveva ricevuto il giorno dell' incoronazione e si recò fuori, nell' oscurità.


Il giardino del palazzo era appena illuminato dalla fievole luce dei due astri, il minimo necessario per consentire i movimenti.
Van impugnò deciso la spada e menò qualche fendente nell' aria; era da tanto che non si allenava un po'.
All'inizio durò una certa fatica poi, pian piano, i suoi movimenti divennero più fluidi e coordinati, fino a diventare in simbiosi con la lama.
Era molto rilassante.
Vedendolo ora, Bulgas sarebbe stato fiero di lui.
Van era molto concentrato, tanto che era entrato in una specie di trance, e impegò un po' di tempo per capire che due occhi, grandi e limpidi, lo stessero osservando.
"Chi va là? Vieni fuori, se hai il coraggio!" esclamò verso un cespuglio di rose odorose, da cui aveva sentito provenire strani fruscii.
Impugnò la spada più saldamente e aspettò.
Da dietro la pianta spinosa uscì fuori Sirya.
Van, sorpreso, rilassò i muscoli tesi, ripose la spada e si mise a sedere su un muricciolo, leggermente coperto di muschio.
"Che fai alzata a quest'ora? La stanza non è di tuo gradimento, per caso?"
"No, no...La stanza è molto bella, grazie. Non riuscivo a prendere sonno, e poi, questa, è una serata veramente splendida. " disse, pacata.
"E' un peccato stare in una stanza chiusa, quando la natura ti regala questi spettacoli, non trovi?"
"Si, le notti di Fanelia sono meravigliose."
Sirya si sedette accanto a lui.
"Che bella spada! Di così pregiata qualità non se ne vedono più." disse la ragazza, osservando la lama lucente e le rifiniture con cui era ornata.
"Questa spada appartiene ai sovrani di Fanelia da molte generazioni, la sua storia si perde nelle origini."
"Davvero? Allora hai un pezzo di storia di Gaea tra le mani!" disse, sfoderando un sorriso luminoso.
Il vento in quel momento si alzò e i lunghi capelli della ragazza si mossero, capricciosi, in mille spirali d'acqua.
Il profumo della sua chioma si diffuse nell' aria circostante.
A quell' odore Van sentì una fitta, era un profumo familiare.
"Qualcosa non va?" chiese la ragazza.
"Bhe', no, ma si è fatto tardi, è meglio andare a coricarsi" disse, frettoloso di allontanarsi da lei.
"Si, il vento si sta alzando, domani ci sarà bufera." concluse, caustica, lei.
Entrambi si alzarono dal freddo muricciolo e, dopo esser rientrati al castello, senza neanche darsi la buonanotte, si recarono nelle rispettive stanze.


"Che mi è preso, stavo così bene e poi, improvvisamente, quel profumo..."
Già, quel profumo gli aveva causato nostalgia, non sapeva esattemente di cosa, ma quella nostalgia gli faceva male.
Gli faceva venire la voglia, irrefrenabile, di piangere e lui, adesso, era un uomo, era il re, non poteva piangere senza sapere, neanche, il perchè.

Le parole della ragazza erano state come una perdizione.
Il giorno seguente, infatti, il sole ridente era solo un bel ricordo; i venti turbinavano feroci, facendo fluttuare le foglie e smuovendo le fronde degli alberi.

Sirya uscì dalla stanza, impeccabile come sempre, e scrutò, attenta, i sontuosi corridoi del palazzo.
La sera precedente, nella fretta, non aveva avuto tempo per strabiliarsi davanti alla bellezza dell' edeficio.
Era felice, felice di esser riuscita nel principio della sua missione.
La strada era, ancora, lunga e tortuosa ma, dopo aver conosciuto Van, era sicura che ce l'avrebbe fatta.
Avrebbe ridato vita al suo popolo.
Quando si risvegliò da i suoi pensieri si accorse, con stupore, che una strana ragazza la stava osservando severa e curiosa.
" E tu chi sei?" chiese Sirya, perplessa.
"Come chi sono io! Chi sei tu, casomai!" disse Merle, piccata.
" Io sono Sirya."
"Io sono Sirya..." le fece il verso la gatta.
"E poi? Possiamo sapere qualcos' altro? Ci è concesso a noi, miserabili, mortali???" rincarò Merle, ora furiosa.
Non aveva, proprio, digerito il fatto che il signorino Van avesse portato quella sconosciuta al palazzo.
"Mi spiace, ma non ricordo nulla del mio passato." mentì, malvolentieri, la ragazza dai capelli dello smeraldo.
"Eccone un' altra! Ultimamente a Fanelia si presentano tutti in stato di amnesia?" borbottò Merle, quasi a sé stessa.
"Che vuoi dire?" chiese Sirya, incuriosita.
"Nulla, nulla, non sono affari che ti riguardano!!!" disse Merle, avviandosi verso la camera del re.
"Ah, un' ultima cosa! Stai alla larga dal signorino Van, ci siamo intesi???" esclamò, voltandosi di scatto.
La ragazza rimase basita davanti la sfacciataggine di quella donna gatto.
Merle agitava la coda, furiosa.
Quella scena le ricordava, fin troppo, l'arrivo di Hitomi al palazzo.
Non voleva che qualcuno, per quanto bella e fine nei modi, prendesse il posto dell' amica, che aveva imparato ad apprezzare e ad amare col tempo.
Bussò, energica, alla porta del signorino Van.
Come la mattina precedente non ottenne alcuna risposta.
Attese, nervosa; questa volta non l'avrebbe fatto uscire da solo dal castello; un' intrusa bastava e avanzava.
Merle, stanca di aspettare, aprì la porta della camera.
Con sua sorpresa, però, la stanza era vuota.
"E ora? Dove sarà andato il signorino Van?? Se è da quella io la strozzo!!!" esclamò, ad alta voce, imbufalita.

Sirya, intanto, era uscita, nonostante il tempo, e camminava assorta nei suoi pensieri, mentre il vento, ululante, la sbatacchiava di qua e di là.
I delicati fiorellini venivano sbarbicati e gettati lontano dalle correnti dispettose.
Senza rendersene conto era arrivata davanti le stalle del palazzo.
Qualcuno stava nutrendo e tranquillizzando gli animali, impauriti.
Quel qualcuno era un ragazzo dai capelli rossi con una voce calda ed armonica.
Improvvisamente lui si girò di scatto.
Lei lo vide, lui la vide.
La ragazza ebbe un tuffo al cuore e rimase paralizzata per qualche istante.
Non era possibile, che ci faceva lui, lì?
Il ragazzo, per tutta risposta, non la riconobbe e la guardò, ammaliato da cotanta bellezza.
"E tu..tu.. chi sei?" chiese la ragazza, con voce tremante.
"Il mio fascino fa strage di cuori; non credevo di scatenare tali emozioni, in una fanciulla, alla sola vista." disse scherzoso, osservando il rossore che si era creato sulle gote di porcellana di Sirya.
"No, non è quello..." disse la ragazza, annaspicando, alla ricerca delle parole giuste per togliersi il dubbio che l' arrovellava.
"Tu chi sei?" ripetè, infine, semplicemente.
"Ehi, non potresti trovare una domanda un po' più semplice, non lo so nenach' io chi sono e lo vuoi sapere tu???"continuò in tono ironico Frederick.
"L'unica informazione che ti posso dare è il mio nome: Frederick." concluse, dopo qualche secondo.
Gli animali si erano tranquillizzati grazie alle cure del ragazzo, le stalle erano pulite.
Ma il cuore della ragazza, ora, era pieno di dubbi, agitato.
"Quel nome, allora è proprio lui; non ci sono dubbi." pensò confusa e, allo stesso tempo, felice la fanciulla.
Ma la felicità svanì subito, com'era arrivata, offuscata da un dubbio che si faceva strada, doloroso e lacerante, nel cuore di Sirya.

Van era impegnato nelle solite trattative; questa volta, purtroppo, non si era potuto sottrarre ai suoi doveri di re.
Ascoltava, distratto, quei fiumi di parole inutili e superflue.
Intanto guardava, con la coda dell'occhio, fuori.
Aveva visto Sirya passeggiare e parlare con quello strano amico di Merle.
Non sapeva molto di quel tipo, e, ad essere sincero, fino ad ora non gli era interessato, un gran che, scoprire i suoi misteri.
Lo aveva accolto al palazzo soltanto grazie all' insistenze di Merle.
Il suo sguardo lo metteva a disagio.
Uno strano sentimento, misto a gelosia, lo stava attanagliando alla vista di Sirya, che guardava, amorevolmente, Frederick.
Dio, non voleva che lei lo guardasse così.
L' aveva condotta lui al palazzo, era soltanto sua.
"Allora, re Van, lei è d'accordo?" intervenne l' ambasciatore di Cesario, con tono arrogante.
Van tornò coi piedi per terra e annuì, benchè, non sapesse minimamente di cosa stesse parlando.

Appena uscito dalla sala del trono, Merle gli saltò, affettuosa, al collo e gli leccò, felice, la faccia.
L' ambasciatore guardò la scenetta disgustato.

Andarono tutti quanti nella sala da pranzo.
Era una stanza molto bella; un lungo tavolo rettangolare, di legno scuro e massiccio, faceva da padrone, un grosso candelabro era posizionato al centro di esso e le sedie sobrie ma eleganti lo contornavano.
Le pareti erano ricche di dipinti e antiche spade.
Il simbolo di Fanelia sovrastava, imponente, su una parete dai colori chiari e rilassanti; infine una porta finestra, con delle tende porpora, sprigionava la fievole luce di quel giorno tempestoso.
Al suo interno Sirya, in tutta la sua eleganza, li stava già aspettando, in piedi.
Van non la degnò, neanche, di uno sguardo e Merle, a quella vista, le lanciò un' occhiata soddisfatta.
Il pranzo fu silenzioso; sulla stanza era calata una cappa di gelo.
Van era ancora innervosito dalla scena che aveva visto poco prima.
Il silenzio fu interrotto dall' ambasciatore.
"E' possibile conoscere il nome di questa meraviglia che siede al nostro tavolo?" disse, con finta galanteria, e facendo, contemporaneamente, l'occhietto a Sirya.
"Sirya." si limitò a dire la ragazza, senza alzare gli occhi dal piatto.
"E scommetto, re Van, che questo splendore è la sua dolce metà..." continuò, imperterrito.
Van lo guardò, estremamente irritato.
"No, è arrivata solo ieri sera ed è mia ospite per tempo indetermineto."
"Capisco, non ha avuto ancora l'occasione di fare una conoscenza più approfondita..." disse allusivo.
"Il signorino Van ha già una persona speciale!" intervenne Merle, arrabbiata.
"E questa donna-gatto, cosa ha da mettersi in mezzo? Zitta, mocciosetta; porta più rispetto a chi è più grande di te e, soprattutto, importante." tuonò.
Merle stava per rispondergli per le rime, ma Van la bloccò con lo sguardo; ci avrebbe pensato lui, dopo.
Nella sala calò nuovamente il silenzio.
Quando il pranzo finì tutti tirarono un sospiro di sollievo, felici di potersi ritarare nelle proprie stanze.
Van aveva il desiderio di poter parlare, ancora, con Sirya, di poterla guardare in silenzio; voleva capire perchè lei lo affascinasse tanto e come mai esercitasse quell' attrazione su di lui, come se fossero due poli opposti; ma vide che lei era persa nei suoi pensieri e rimandò, questi chiarimenti, ad un secondo momento.

Merle, furibonda per le parole di quel ciccione sgradevole e viscido, si recò, per sfogare le sue frustrazioni, da Frederick che stava riposando nella sua camera.

"Capisci come mi ha trattata? Come una nullità!" disse Merle con foga, accoccolata sul misero letto di Frederick.
Il ragazzo per farle posto si era accomodato sull'unica sedia della camera.
Quella stanza era piccola, striminzita e povera nell'arredamento.
"Bhe', infondo, lo capisco, pover'uomo, hai una lingua lunga tu..."
"Ma che cosa significa, si era permesso di dire che quella là fosse la fidanzata del signorino Van, inaccettabile!" lo apostrofò la gatta.
"Chi, Sirya?"
"Cooome, come fai a conoscerla?" esclamò Merle, quasi urlando.
"C' ho parlato stamattina, si stava aggirando per il giardino...è già pazza di me!!!" rispose, orgolioso di poter dimostrare il suo fascino disarmante.
"Ma che cavolo fai? Ma quella è solo una vipera, voi uomini siete tutti uguali, come ti fa a piacere una come quella dico io!!! E' pure brutta!"
"Ehi, ehi, ehi, siamo gelosetti qui, eh?"
"Non capisci veramente nulla, sei uno stupido!" disse Merle, con le lacrime agli occhi, correndo via dalla stanzetta.
"E dai, fermati, Merle..." la richiamò, inutilmente, il bel ragazzo.

Merle correva verso la sua camera come una furia.
Stupido, stupido, stupido.
Possibile che non la capisse; possibile che tutti rimanessero ammaliati da quella là?
Prima il signorino Van, ora lui.
La odiava e li odiava.
Se aveva detto quelle cose era solo per il suo bene, che cavolo centrava quel "gelosa", dove voleva andare a parare.
Lei gelosa di lui, tsk.
Improvvisamente qualcosa frenò la sua corsa folle, o meglio, qualcuno l' aveva presa per un polso.
Merle si divincolò, furiosa, e non riuscendosi cominciò di nuovo a piangere, sentendosi debole e impotente.
Frederick le prese il viso con la mano libera e la costrinse a guardarlo.
"Ehi, piccola Merle, scusami..." disse, piano, dolce.
Una strana sensazione di calore la pervase e delle scosse elettriche le passarono dalla schiena.
Com'erano belli quegli occhi, adesso così tristi e dispiaciuti.
Sentì il suo corpicino esile a contatto con quello di lui, robusto e muscoloso.
"E non chiamarmi piccola!" disse, invece, assestandogli un calcio nelle parti basse. ( T_T povero Frederick nda)
Il ragazzo allentò la presa e la gatta ne approfittò per scappare.
Il rosso, però, fu più veloce di lei e non gli ci volle molto per bloccarla nuovamente.
"Merle, ti prego, ascoltami. Scusa, mi dispiace davvero tanto..." disse, con il viso vicinissimo a quello della ragazza.
Lei era confusa, prima lo avrebbe uscciso e ora il suo piccolo cuore batteva, timido e impazzito, sentendo il fiato caldo di Frederick sulla sua pelle.
Merle fece per dire qualcosa, ma il ragazzo la bloccò in anticipo, abbracciandola.
Lei si lasciò andare e strinse quel corpo caldo e muscoloso.
Braccia forti e possenti la circondavano.
Sentiva il suo profumo, un po' aspro, penetrare nelle sue nari.
Era stordita, ammaliata.
Toccò quei capelli di fuoco.
Poi, pianse, sulla sua spalla muscolosa, senza un motivo.
Un pianto, lungo, di bambina.

In un' altra ala del castello, stava per accadere una scena analoga, ma con protagonisti diversi.
Sirya era inchiodata sul suo letto, mentre l'ambasciatore di Cesario stava sopra di lei, bloccando ogni suo possibile movimento.
La guardava con occhi avidi e desiderosi.
Era visibilmente eccitato.
Voglioso di cogliere i frutti nascosti dall' abito sontuoso della fanciulla.
Respirava affannato.
Sirya aveva smesso di divincolarsi, una benda le impediva, perfino, di emettere alcun suono, teneva gli occhi chiusi; orgogliosa, nella sua dignità femminile.
Emise un piccolo gemito, quando l'uomo le infilò un mano sotto la veste.
L'ambasciatore si innervosì, constatando che la veste era molto attillata; in un raptus d'ira strappò il vestito dal corpo di Sirya e rimase a bocca aperta, alla vista di tutto quel ben di dio.
I suoi seni turgidi e perfetti, bianchi come il latte, la sua pancia piatta.
L'uomo mise, subito, una mano sopra il seno morbido, voglioso più che mai.
Poi si slacciò i pantaloni, prese una mano della ragazza e la mise sul suo membro, ormai, già dritto e turgido.
Lei, con un ultimo guizzo di energia, riuscì a divincolarsi, aiutata, dall'evidente eccitazione dell'uomo.
Si tolse la benda dalla bocca ed emise un urlo, prima che l'uomo la raggiungesse nuovamente.


Van, intanto, si stava recando nella stanza di Sirya, non sapeva bene cosa dirle, ma sapeva solo che voleva parlare con lei.
Era quasi giunto davanti la sua porta, quando un urlo gli ghiacciò il sangue nelle vene.
Porveniva dalla camera di Sirya.
Abbattè la porta con furore, tutti i muscoli del suo corpo erano in tensione.
La scena che si mostrò alla sua vista gli fece andare il sangue al cervello.
Impugnò la spada, con la vista offuscata, proprio come quando combatteva contro i Guymelef di Zaibach.
Il cervello non connetteva più, il corpo agiva da solo, furioso.
In un attimo, fu al collo dell' uomo con la lama della sua spada.
Quello, ora, aveva perso tutta la sua spavalderia ed era riversato, pietoso, sul pavimento, nudo.
Van gli lanciò un' occhiata schifata.
"Sparisci. E ringrazia solo che non voglio più spargimenti di sangue sulla mia terra." disse in un sussurro, rauco, pensando agli ultimi desideri di suo fratello Folken.
L'uomo fuggì impaurito, con la coda tra le gambe.

(qui ci starebbe bene, come sottofondo, la canzone di Escaflowne Chain; quindi, se l'avete accendetela subito!nda)

Sirya intanto, si era rivestita, e aveva riacquistato la dignità e l' eleganza che la contraddistinguevano.
Van non era mai stato bravo con le parole, non sapeva cosa dire.
"Sirya..., scusa." sussurrò.
Lei andò, lenta, verso di lui, fino a che non si trovò davanti al ragazzo.
Lei lo guardò, per qualche istante.
Poi lo abbracciò, lo strinse forte a sé.
Van sentiva il suo corpo, caldo e formoso, avvinghiarsi al suo; i suoi seni tondi schiacciati su i suoi pettorali scolpiti; i suoi capelli sul suo collo.
Di nuovo, quel profumo.
Lei si allontanò un attimo, per poi riavvicinarsi subito.
Gli accarezzò, delicata, i lucidi capelli neri e giocherellò per qualche istante con un suo ciuffo ribelle.
Il respiro di Van si fece più affannato.
Poi, piano, lei gli prese la testa tra le mani e lo baciò.
Un bacio casto.
A Van mancò il fiato e tutti i pensieri diventarono sconnessi.
Pensò ad un' ultima cosa, solo una, a lei, ad Hitomi.
Ma il tradimento era compiuto.
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Escaflowne / Vai alla pagina dell'autore: Vespa