Salve a tutti!
Siete riusciti a sopravvivere al prologo?
Meglio cosi, forse riuscirete a sopportare il resto! Questo capitolo fa
entrare
la storia un po’ più nel vivo, e il titolo si
spiega da solo. Premetto che
siccome si tratta delle loro vite passate, i personaggi di Kanda e Alma
potrebbero essere lievemente OOC. Ci si vede ai commenti finali!
Presentazioni
Spalancò
gli occhi e
scattò seduto sul letto, guardandosi attorno, non scorgendo
altro che la luce
del mattino che penetrava dalla finestra.
-Bene
-pensò- era solo
l’ennesimo incubo.-
Ogni volta che
si
concedeva un momento di riposo, seppur minimo, non riusciva ad evitare
che il
passato venisse a bussare alla porta dei suoi sogni.
All’inizio erano soltanto
dei piccoli frammenti di memoria, fastidiosi come il morso di un
insetto:
pizzicavano per un paio di giorni, ma poi se ne dimenticava
completamente. Poi,
col passare del tempo, le immagini si erano moltiplicate, diventando
quasi
tangibili, e ogni notte si divertivano a tormentarlo con la loro
presenza
indesiderata. Sospirò e si mise in piedi, stropicciandosi
gli occhi col palmo
della mano.
Erano ormai
dieci anni
che Kei era stato accolto fra le mura del Quartier Generale
dell’Ordine Oscuro,
eppure ancora non riusciva a chiamarlo ‘home’, come
facevano alcuni esorcisti.
Quando la mattina si svegliava, non provava la sensazione rassicurante
di essere
nella propria casa, bensì quella di ritrovarsi in una
prigione. E di una cella
quella stanza aveva tutto l’aspetto. Era estremamente
piccola, anche per una
persona sola, e la finestra era munita di grosse sbarre di ferro, come
tutte le
finestre dell’Ordine, allo scopo di prevenire la fuga dei
‘residenti’; gli
unici ornamenti erano una scrivania di legno graffiata, con accanto un
armadio
vistosamente ammaccato, una sedia con una gamba spezzata ed una
brandina dura
come una lastra di cemento, che il supervisore aveva avuto il coraggio
di definire
‘letto’. Gli incubi, poi, non contribuivano certo a
rendere la sua camera più
confortevole.
Si
infilò i vestiti e
uscì nel corridoio, legandosi nel frattempo i capelli
corvini, che oramai gli
arrivavano ben oltre le spalle. Se Tsuchi l’avesse visto in
quello stato, gli
avrebbe sicuramente dato della femminuccia e l’avrebbe preso
per il culo, ma si
sarebbe stancato presto e messo a progettare assieme a lui uno scherzo
idiota
da fare al signor Yoshi. Sorrise lievemente a quel pensiero, ma il
sorriso gli
morì sulle labbra un istante dopo. Inutile continuare a
pensare a Tsuchi, ai
suoi dispetti, alle loro risate.
Era un membro
dell’esercito ecclesiastico adesso, l’unica cosa
che contava era fermare gli
Akuma, e gli Akuma non si fermavano certo con i sentimentalismi.
Strinse i
pugni e affrettò il passo.
--
La mensa comune
dell’Ordine era una sala enorme, con grandi finestre dai
vetri colorati che
raffiguravano diversi episodi biblici, pareti bianche e decorate da
curiosi
ghirigori di stucco e lunghi tavoli sempre bianchi dove gli esorcisti e
i
finder si affollavano a mangiare assieme. Per quanto odiasse
ammetterlo, Kei
amava quel salone, non tanto per le prelibatezze che i cuochi
offrivano, quanto
perché esso, luminoso e solare, era l’unico posto,
in tutto il Quartier Generale,
in cui si sentisse davvero a proprio agio. Non per niente, era il primo
a
presentarsi li la mattina, anche se il personale arrivava sempre
un’ora dopo di
lui o se aveva delle missioni importanti e avrebbe fatto meglio a
riposarsi di
più. Ma nessun essere umano sano di mente si sarebbe mai
azzardato a criticare
il comportamento di Kei Yamamoto, a meno che non fosse animato da
istinti
suicidi. L’ultima persona che l’aveva infastidito,
un finder appena assunto che
gli aveva fatto notare come la sua perenne incazzatura fosse una
naturale
conseguenza, visto che invece di passare notte con una donna la passava
con i
cuochi, era stato scaraventato contro una finestra, mandandola in
frantumi e
aggiudicandosi sei mesi di riabilitazione in infermeria.
Il ragazzo si
sedette a
peso morto su una sedia, alzando lo sguardo verso una vetrata dalle
tinte
azzurre e blu, raffigurante l’episodio di Mosè che
apriva al suo popolo la via
della salvezza attraverso il mare. Quella mattina sarebbe dovuto
partire per
una missione in Norvegia: alcuni nomadi avevano iniziato a sparire
misteriosamente in un bosco, che aveva la fama di essere stregato, ma
sicuramente
era opera del Conte. Inoltre il supervisore Carter voleva vederlo prima
che
partisse, molto probabilmente per renderlo partecipe dei danni causati
da Kei stesso
al villaggio di Faehn, durante la sua missione di pochi giorni prima,
dei quali
l’Ordine si doveva far carico, e che gli sarebbero costati un
altro mese di
lavoro presso la sezione scientifica. Rabbrividì al solo
pensiero.
-Ehilà
c’è nessuno in
casa?- chiese qualcuno dietro di lui, bussandogli piano sulla testa.
Il giapponese
afferrò
la mano che gli dava quei colpetti e si voltò di scatto.
Davanti a lui c’era
una ragazzina, una finder probabilmente, visto che era molto giovane e
non
portava la divisa dell’Ordine. Aveva lunghi capelli color
miele, legati tutti
dietro da un nastro rosso chiaro; indossava un abito marrone in stile
vittoriano e sul viso, piuttosto grazioso, era stampato un largo
sorriso.
-Che cazzo credi
di
fare?!
-Beh, ti ho
visto qui
tutto solo e ho pensato di venire a farti un po’ di
compagnia, no?
-Non ho bisogno
della compagnia
di nessuno, tantomeno di chi non conosco.
-Infatti-
replicò lei-
sono venuta anche per fare conoscenza..
-Allora hai
scelto la
persona sbagliata con cui socializzare, ragazzina.
-Non credo. Sei
tu Kei
Yamamoto?- insistette lei.
Kei si
passò una mano
sul viso: non aveva mai alzato le mani su una donna, ma in quel momento
la
tentazione era davvero forte. Decise di cambiare tattica, prima che la
situazione
gli scivolasse di mano …
-Si, sono io.
Senti,
ragazzina, so bene che voi finder considerate noi Esorcisti come degli
apostoli
semidivini, ma …
-Guarda che io
non sono
una finder- rispose lei, ridendo- sono un’Esorcista come te!
Kei
alzò leggermente un
sopracciglio.
-Un’Esorcista?
Tu?
-Si, sono
arrivata qui
ieri sera e oggi stesso mi è stata assegnata la una missione.
Un brutto
presentimento
si fece strada fra i pensieri del giapponese.
-E questo che
cosa
dovrebbe centrare con me..?
-Non
l’hai capito?- disse
lei, allargando il sorriso sempre di più- hai davanti a te
la tua nuova
compagna di viaggio!
--
-Cerca di
ragionare
Kei, è davvero in gamba, l’Ordine non poteva fare
un acquisto migliore in
questo momen…
-Senti, Carter,
non me
ne frega un cazzo dei nuovi Esorcisti, per me potrebbero anche farsi
spaccare
il culo, ma questo fottutissimo lavoro l’ho sempre fatto da
solo!
-Non
è questo il pun …
-Se poi mi
affiancate
anche a quella, fate molto prima a dirmi che sono stato degradato a
babysitter!
Il supervisore
Carter,
posati i gomiti sulla scrivania colma di scartoffie del suo ufficio,
prese a
massaggiarsi le tempie. Sapeva che Kei non avrebbe mai accettato, anzi
ne era
certo, eppure non poteva fare altrimenti: non era stato lui a dare
quell’ordine.
-Kei, questo
è un comando
che arriva da Sua Santità in persona, non posso farci niente.
Il giapponese
sgranò
gli occhi a questa affermazione.
-Che cazzo
centra il
Papa con quella li …?
-Non lo so, e in
realtà
non mi interessa, figliolo. So solo che la ragazza è davvero
forte e capace, e vincere
la guerra è la sola cosa che conta. Mi dispiace che
l’abbia dovuta affiancare
proprio a te, ma gli ordini sono molto chiari a riguardo. Non so dirti
di più.
Kei
sentì la bile
ribollirgli come se fosse stato dentro ad un calderone. Quella faccenda
era
semplicemente assurda: che cosa poteva fare di tanto straordinario
quella
specie di bambolina da garantirle l’assistenza di colui che
era secondo in
comando solo a Dio? E perché avevano insistito a fare di lui
il suo compagno di
squadra? Più ci pensava, meno capiva. Quindi, per una volta,
preferì lasciar
perdere.
-D’accordo
Carter, le
darò una possibilità, ma ti avverto che se mi
rompe i coglioni, la rispedisco
subito al mittente, sono stato chiaro?
Carter sorrise a
trentadue denti, con le lacrime agli occhi, incredulo della gloriosa
impresa
appena compiuta, e strinse come un forsennato la mano del ragazzo, fra
i ‘vedrai
non te ne pentirai’ e i ‘se non avessi accettato mi
avrebbero utilizzato come
cavia da laboratorio’, poi si congedò da lui e lo
invitò a scendere verso il
canale, dove avrebbe trovato la barca che l’avrebbe portato
presso la stazione.
Ad accompagnarlo, oltre alla nuova arrivata, ci sarebbero stati due
finder.
Il giovane
uscì dall’ufficio
del supervisore chiedendosi se per caso quella non fosse una punizione
divina
per tutti i casini che aveva provocato all’Ordine.
--
La barca
dondolava
leggermente sul pelo liscio dell’acqua. Attorno ad essa si
propagavano piccoli
centri concentrici, che raccoglievano la luce delle lampade ad olio
sorrette
dai due finder e diffondevano un lieve bagliore, e Kei era seduto con
aria
contrita sul ponte.
Tutti erano
ormai
pronti alla partenza. O meglio, tutti eccetto la nuova arrivata, che
non si era
fatta viva, nonostante fosse passata una buona mezz’ora. Il
ragazzo sbuffò,
alzandosi in piedi.
-Ci conviene
partire-
disse d’un tratto.
-Ma, Onorevole
Esorcista, la signorina non è ancora …
-La signorina
è stata
attesa abbastanza, finder. Adesso partiamo.
I due finder si
guardarono un attimo negli occhi, poi, con fare rassegnato, salirono
sull’imbarcazione
assieme al giovane, che iniziò a sciogliere la fune che
ormeggiava la barca …
-Ehiiiii
aspettatemiiiiii!
La voce della
ragazza
echeggiò per tutto il canale. Correva ad una
velocità umanamente impossibile,
trascinandosi dietro un gigantesco baule nero e inciampando ogni tanto
nella
lunga veste marrone. Una volta raggiunto il ponte, prese fiato per
qualche
minuto, si rassettò i capelli scarmigliati per la corsa, e,
dopo essersi
schiarita leggermente la voce, esplose.
-Ti sembra il
modo di
trattare una signora, brutto zuccone???- sbraitò a Kei, e
tirandogli un pugno
in testa.
-Deficiente, a
te
sembra il caso di farci aspettare?!
-Solo
perché ho dovuto
prima salutare tutti, mi sembra ovvio!
-Oh allora hai
una
scusa valida … muoviti e porta il culo qui, abbiamo
già perso abbastanza tempo!
-Cafone
… - mormorò lei
senza farsi sentire.
-E comunque-
riprese,
mentre la barca si avviava verso lo sbocco del canale- per tua informazione io non
mi chiamo ‘deficiente’,
ma Alana Liang! Vedi di ricordarlo!
‘Come
desidera, vostra altezza papale …’ rispose tra se
e se il giapponese.
Non so proprio
come mi sia venuta quest’idea, ve l’assicuro.
E’ solo che leggendo di questi due splendidi personaggi della
Hoshino, siccome la
loro storia non è molto approfondita e nutro seri dubbi sul
fatto che possa
esserlo in futuro, ho scritto di getto questa cosa. In
realtà non succede ancora
gran che, e non so davvero cosa inventarmi per il prossimo capitolo,
sicuramente dovrò infilarci un po’ di azione!
Kanda- Kei e Alma- Alana sono
venuti a mio parere molto meno OOC del previsto, almeno per ora: direi
che è da
Kanda prendersela con chiunque o qualunque cosa gli capiti a tiro
(inclusa una
povera vetrata …) ed è da Alma essere gentile ma
al contempo forte e spigliato.
Forse la scena più curiosa è quella della mensa,
ma a me nel manga dava proprio
l’impressione di una sala molto più piena di vita
delle altre, cosi come Kanda
che mangiava li tutto solo mi suscitava una tenerezza indescrivibile.
Credo di
non aver commesso tremendi ‘orrori grammaticali’ o
sintattici, ma se mi fosse
sfuggito qualcosa, anche a livello di costruzione della trama, potete
tranquillamente farmelo presente nelle recensioni, apprezzo molto le
critiche
costruttive, soprattutto se mi aiutano a migliorare la storia!
Detto questo,
spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla
prossima!